Introducendo i temi della sezione, l’articolo propone una presa di distanza da interpretazioni della ‘città dei 15 minuti’ come un modello automaticamente in grado di migliorare le prestazioni urbane. Un suo punto di forza è la capacità di portare a sintesi molte questioni oggi in agenda, in risposta alle crisi pandemica e ambientale: prossimità, mobilità dolce, accessibilità e inclusività degli spazi dell’abitare, del lavoro e delle attrezzature pubbliche; ruolo delle tecnologie nell’avvicinare e mettere in rete risorse, persone e dotazioni; dimensioni ecologiche come leva del riassetto di formazioni insediative e stili di vita. I principi spaziali che tale modello propone non sono però del tutto nuovi; persistente è stato il riferimento, nella pratica disciplinare, all’organizzazione delle città per unità di ‘dimensione conforme’. Esperienze e riflessioni qui raccolte intendono mostrare l’uso, radicato nel tempo (e nell’urbanistica italiana), di dispositivi di progetto vicini a quelli rilanciati dalla città dei 15 minuti. L’auspicio è che questi ‘esercizi di memoria’ supportino l’utilizzo critico di un’idea, la cui traduzione presuppone il trattamento di questioni concettuali, contestuali e operative sempre più complesse e, in parte, diverse dal passato.