Giovanni Astengo, uno dei Padri della rinascita dell’INU nel secondo dopoguerra, si definì un “Urbanista Militante”.
In questa occasione, nella quale ci confrontiamo con allievi della sua scuola, come Angela Barbanente, vale la pena pensare a questo concetto non come a qualcosa di “vetero”, ma di sempre attuale e sempre in discussione e rielaborazione.
Un urbanista non è solo un esperto che fa piani; o un esperto che li istruisce per approvarli, o un esperto che insegna teoricamente a farli.
E’ un soggetto che opera in una comunità, portando la sua esperienza, che ha una visione ampia della società, della sua maniera di vivere gli insediamenti e il territorio, ma anche quella di soggetto attivo che pone la sua esperienza al servizio della società e si proietta oltre i confini del suo ruolo.
In questa ottica l’INU invita tutti gli interlocutori dei processi di Governo del Territorio ad andare oltre il racconto del proprio ruolo.
Il lavoro dell’assessorato alla qualità del territorio e dei suoi funzionari non ha necessità di essere racco tanto. Per esso parlano la produzione di leggi, e di strumenti più poderosa della storia della Puglia. Nell’attività dell’assessorato è leggibile una visione politica del territorio, delle sue contraddizioni e delle sue risorse. Ed è su di un lavoro interpretativo che siamo oggi tutti chiamati a rispondere. Nel congresso Nazionale INU di Livorno del 2011. L’INU allora approvò un documento articolato in 10 Punti, con l’ultimo mandato di Federico Oliva, il principale dei quali partiva dall’assunto che il “piano era morto”.
Chi scrive queste righe allora manifestò delle perplessità su questa posizione, provenendo da una Regione nella quale si metteva finalmente in atto la legge 20 del 2001 con una interpretazione – quella del DRAG – che rappresentava una svolta metodologica nel fare i piani che alimentava le speranze della primavera pugliese. La azione Regionale si è sviluppata su tutti i fronti. La rigenerazione urbana, la pianificazione paesaggistica e il metodo nella redazione dei PUG.
La sostenibilità e il contenimento del consumo del suolo, e dei costi delle urbanizzazione sono stati posti al centro della visione urbanistica.
Quindi l’attività urbanistica della Regione non ha bisogno di raccontarsi perché parlano i fatti. Ma ciò che oggi si chiede, nella produzione di “piani ai tempi della crisi”, è quella di una lettura non dei piani, ma della Puglia, dei suoi sistemi sociali economici ed ambientali, che ci aiuti a dare nuovo impulso per un aggiornamento degli strumenti, a partire proprio dal DRAG, che sviluppati dal 2007 al 2010, necessitano per chi scrive di una revisione.
Quindi tentiamo di rileggere il territorio nelle sue dinamiche andando oltre i nostri ruoli di docenti, dirigenti pubblici, professionisti o operatori economici, rilevando i conflitti e tentando di trovare una ricomposizione.
I conflitti ambientali
Il territorio della Puglia è quello dei quadri paesaggistici descritti nel PPTR, ma è anche quello dei conflitti ambientali che nascono dalla presenza dell’ILVA, per la quale il Governo Italiano sarà sottoposto ad una seconda procedura di infrazione dalla corte di Giustizia Europea per la sua limitata interpretazione delle norme in Materia di Valutazione Ambientale. L’INU è un ente morale, ma è anche un Ente di Tutela Ambientale.
E’ opinione di chi scrive che giustamente questioni come quelle del futuro di Taranto, siano crucialmente conflittuali come e più di quelle di ogni altra questione ambientale, e che tali conflitti debbano far rivendicare un intervento Politico Nazionale perché non è la sede regionale quella giusta per risolverli.
Questo quale che sia il punto di vista:
quello maggioritario (anche all’interno dell’Istituto stesso si Urbanistica) che ritiene che sia necessaria la ricerca di un compromesso per la coesistenza della economia del metallo con quella della fruizione dell’ambiente e del patrimonio culturale in Puglia;
o quello minoritario - ma che è anche quello di chi scrive - che ritiene che la metallurgia, infrangendosi contro la low-carbon policy europea non solo, non possa e non debba avere un futuro in questa regione nel medio –lungo termine, se si vuole davvero valorizzare il paesaggio e l’ambiente come risorsa economica.
La Puglia è anche la regione in cui non si vuole la TAP ma si accetta l’ILVA.
Per questo conflitto il Presidente Regionale dell’INU sottopone ai suoi soci, e ai suoi interlocutori, la richiesta di un intervento nazionale più serio, per tentare una risoluzione definitiva e con le giuste risorse, in una programmazione della riduzione della presenza dell’industria metallurgica pesante in Puglia.
Il consumo di suolo
Un secondo rilevante tema è quello del consumo di suolo:
I dati a prescindere dalla loro mera quantificazione dimostrano che la Puglia consuma suolo più di quasi tutte le altre Regioni.
Chi scrive ritiene che il suolo vada considerato alla stregua di tutte le risorse ambientali non rinnovabile gestito come tale. In Parlamento sono depositate una dozzina di proposte di legge sul consumo di suolo.
In questo il conflitto è tra la necessità di lasciare un margine alla trasformazione a basso costo – che ancora oggi si traduce in espansione urbana – e la necessità di conservare il suolo nelle sue funzioni ecologiche.
Il PPTR tenta di dare risposte a questo conflitto proponendo innovativamente una progettazione di maggiore qualità e di maggior valore economico.
Ma la possibilità che la maggiore rendita generata dalla buona progettazione non è automaticamente garantita.
La rigenerazione urbana spesso è anch’essa attuata come variante urbanistica di Piano. Nel caso dell’edilizia residenziale pubblica, attuata nelle zone 167 (come in alcuni PIRP), a volte la ricerca di aree per incrementare l’offerta di ERP di maggior qualità, e la possibilità di riconvertire zone a servizi non attuate, che rappresentano superfici in esubero rispetto alle quantità minime di legge, ha in qualche modo favorito il consumo di suolo e la nuova costruzione anche a scapito della rigenerazione delle aree consolidate.
La copianificazione
Un terzo punto è quello dei tempi della pianificazione comunale. Si evidenzia una discrasia tra buone pratiche e situazioni di drammatica inefficienza.
Nei casi in cui i Piani sono arrivati alla loro definizione, i tempi di approvazione, anche nel caso del ricorso alla conferenza di servizi, si sono rivelati più brevi del passato.
A fronte di questa maggiore efficienza dell’istruzione dei Piani giunti a compimento, persiste una lentezza della redazione dei piani in numerose realtà locali. In alcuni casi questa lentezza è da ascrivere a conflitti politici e visioni del territorio differenti che non trovano una ricomposizione. In altri alla difficoltà di condurre l’iter del piano per difficoltà tecniche, di risorse, di organico ecc.
Un possibile cambiamento sta nel rendere la conferenza di copianificazione nei fatti, e non solo nella forma una conferenza che segna dei paletti, dei punti di non ritorno. In pratica spesso gli intervalli di tempo tra la prima e la seconda conferenza di co-pianificazione sono così lunghi da prospettare, da una all’altra quadri di descrizione e di proposizione dei piani molto differenti.
Molti enti non hanno inoltre dimostrato di avere una cultura della co-pianificazione. Soprattutto le Soprintendenze, l cui ruolo con l’avvento del PPTR avranno un ruolo cruciale, non partecipano quasi mai. Inoltre, realtà complesse da un punto di vista ambientale, ma poco rilevanti sul piano demografico e socioeconomico (come ad esempio i comuni del Sub-appennino) vengono letteralmente snobbati.
Per cui si ha il paradosso che la copianificazione viene sviluppata come pratica solo tra Assessorato alla qualità del territorio e comuni.
E’ ovvio che questa criticità è generata spesso dai comportamenti degli enti locali, delle autorità procedenti. D’altro canto si riscontra spesso una necessità di una migliore preparazione delle conferenze di copianificazione, una possibilità di lettura anticipata reale dei documenti, che possono oggi essere pubblicati nei siti e quindi direttamente scaricabili. La conferenza dovrebbe essere convocata solo dopo l’accertamento dell’avvenuta pubblicazione dei documenti preparatori nel sito dell’autorità procedente.
Questo argomento è stato più volte ripreso dall’INU, e la Regione ha manifestato la sua consapevolezza della problematica. Un esempio della necessità di andare oltre il proprio ruolo può essere proprio quello di concordare proposte e idee , se condivise, come quella della pubblicazione anticipata come precondizione della indizione della conferenza di copianificazione.
Fatto salvo il diritto dell’autorità procedente comunale di approvare anche con modifiche il DPP e il PUG rispetto alle versioni presentate in conferenza, alcuni “paletti” possono essere fissati.
Uno di questi paletti può ad esempio essere il dimensionamento del piano. Se la prima conferenza di copianificazione è (secondo il DRAG) destinata a supportare e facilitare l’approvazione del DPP, è evidente che il principale tema è quello del dimensionamento del Piano e del quadro delle tutele. In qualche modo va concretizzata la possibilità di rendere la conferenza realmente decisoria, per evitare che le scelte su questi punti vengano rimesse in gioco nella seconda conferenza.
In questo secondo caso, ci troviamo di fronte ad una questione di ragion pratica. La pianificazione non deve rendere liberi da una assunzione di responsabilità realmente efficace rispetto a ciò che si discute. E’ un vizio di sistema, e non di procedura..
Infine è necessario un riallineamento tra pianificazione e VAS. La conferenza di copianificazione può essere affiancata da una conferenza di co-valutazione (prendendo spunto da altre realtà regionali) nella quale i soggetti competenti in materia ambientale si confrontano sul piano ai fini della VAS.
Questo concetto è implicitamente introdotto dal PPTR, con la possibilità data dalle Norme Tecniche di Attuazione, che prevedono che l’espressione dell’Servizio Paesaggio in fase di consultazione VAS sia considerato accertamento di compatibilità paesaggistica.
Il titolo è: una nuova urbanistica militante. I punti Aggiornamento del drag I tempi della pianificazione Consumo di suolo e rigenerazione come contenimento Le facilitazioni possibili agli operatori economici Nuove forme di copianificazione
Pianificazione ordinaria e straordinaria
In questo contesto, diventa spesso necessario il ricorso agli strumenti straordinari, quali conferenze di servizi. I piani si modificano con numerose micro varianti, in nome della pubblica utilità. La regione è sempre disponibile a mettere in pratica la co-pianificazione anche attraverso le CdS, ma l’uso frequente di questo strumento lo rende quasi ordinario nella trasformazione del territorio.
I tempi
Il tempo diventa un elemento di blocco della rendita: gli interessi passivi che si accumulano in un processo di durata biennale o triennale erodono tutto il profitto che gli operatori della trasformazione (le imprese) che agiscono sempre in condizioni di esposizione al debito bancario, possono ottenere da un intervento. In un contesto nel quale il rapporto tra capitali mobili e assets fissi sbilanciato, la debolezza del tessuto imprenditoriale, e l’impossibilità di ridurre ulteriormente i tempi, creano grandi problemi di convenienza non risolvibili senza un supporto finanziario pubblico oggi sempre meno probabile.
Una possibilità è che le amministrazioni pubbliche si facciano carico di alcuni interventi che possono essere considerati di pubblica utilità. Servono nuove idee: ad esempio, facendo riferimento ad una serie di interventi svolti all’estero: esempio può essere che i costi di bonifica di alcune aree interne alla città, e di non elevato rischio ambientale, disponibili per l’edificazione, siano anticipati dal pubblico, e restituiti a tassi agevolati dai promotori immobiliare e dalle imprese nel tempo.