La Regione Piemonte fa parte dell’Autorità di bacino del Fiume Po, costituita dai Ministeri con competenze in materia di ambiente, infrastrutture, beni storici e paesaggistici, protezione civile e dalle Regioni Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Provincia di Trento, Toscana ed Emilia Romagna. I Comuni che costituiscono il bacino idrografico del fiume Po sono oltre 3.200; tutti i territori del bacino del Po sono soggetti al Piano di bacino ed ai suoi stralci adottati dall’Autorità di bacino e approvati con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il 26 aprile 2001 - dopo l’alluvione del 2000 - fu adottato, poi approvato, il Piano stralcio per l’assetto idrogeologico (Pai) che interessa anche i 1.206 Comuni della Regione Piemonte.
Il Pai delimita le fasce fluviali a tutela del fiume Po e dei principali affluenti; individua le opere idrauliche da realizzare, gli argini e le casse per l’espansione controllata delle piene; individua, delimita e caratterizza la pericolosità dei dissesti, quelli già noti, sui versanti (frane, conoidi, valanghe) e delle esondazioni e dei dissesti sul reticolo idrografico minore; individua, delimita e caratterizza le aree a rischio molto elevato, sia sul reticolo idrografico che sui versanti.
L’articolo 18 delle Norme di attuazione del Pai vigente prescrive che tutti i Comuni debbano verificare la compatibilità idraulica e geologica delle disposizioni cartografiche e normative dei Prg vigenti sia a seguito dell’approvazione del PAI che contestualmente all’adozione di successive Varianti.
L’omissione di tale verifica di compatibilità idraulica e geologica costituisce violazione della legge n. 183/1989, abrogata dall’art. 175 del Dlgs n. 152/2006; tuttavia, l’obbligo di adeguare gli strumenti urbanistici al Pai è stato ribadito dall’art. 65 dello stesso Dlgs n. 152/2006 (cfr. artt. 65-68).
E’ noto che la misura del rischio è pari al prodotto dei seguenti fattori: la pericolosità, la vulnerabilità degli insediamenti, i valori dei beni socio-economici esposti, persone e beni materiali.
Le misure per mitigare il rischio sono tutte riconducibili a tre tipi: le misure strutturali, le opere di difesa, attive e passive; le misure non strutturali, le norme dei regolamenti e dei piani territoriali ed urbanistici; le misure di protezione civile.
In occasione degli ultimi eventi alluvionali che hanno colpito tragicamente Genova e la Liguria, Parma ed altri territori si è sentito spesso, anche autorevolmente, imputare tali effetti alla eccezionalità degli eventi, all’abusivismo, ai condoni edilizi, alla cementificazione. Al riguardo, è bene ricordare che una portata idraulica caratterizzata con tempo di ritorno Tr=200 anni - come quelle che furono stimate, nel corso dell’alluvione del 2000, su alcuni corsi d’acqua in Piemonte, ha una probabilità su cinque di manifestarsi in un periodo di soli 20 anni.
In ordine all’abusivismo, si deve sottolineare che un’opera è abusiva solo se è stata costruita in assenza del permesso edilizio comunale, comunque denominato. In Piemonte, le opere abusive sono state complessivamente di entità non rilevante e, in ogni caso, non avrebbero dovuto essere condonate qualora realizzate in zone inedificabili.
Peraltro anche in Piemonte, talvolta, sono gli stessi Prg a consentire il mantenimento di insediamenti in ambiti soggetti a condizioni di pericolosità elevata, presenti o potenziali; oppure, a subordinare l’edificabilità o la trasformabilità degli insediamenti esistenti alla realizzazione di generiche ed indeterminate opere di riassetto, la cui realizzazione, talvolta, è incerta nel se, nel come e nel quando.
Decorsi ormai 13 anni dall’entrata in vigore del Pai, circa 400 Comuni non sono ancora dotati di Piani regolatori adeguati alle sue prescrizioni che imponevano a tutti i Comuni di effettuare una verifica di compatibilità idraulica e geologica delle prescrizioni del Prg.
Il Pai prescrive la costruzione di una cassa per l’espansione controllata delle piene sulla Dora Riparia, a monte della Città di Torino, nel territorio dei Comuni di Alpignano, Caselette ed altri la cui superficie sarebbe superiore a 250 ettari. La realizzazione di tale opera idraulica è essenziale per il controllo del deflusso delle portate di piena in Torino, così da mitigare i danni attesi sui ponti, sugli attraversamenti, sulle opere idrauliche e sugli insediamenti urbani adiacenti al corso d’acqua.
Nonostante siano decorsi 13 anni dall’entrata in vigore del Pai, la cassa di espansione non è stata realizzata e non risulta nemmeno approvato il progetto della stessa.
A Torino, l’alveo della Dora Riparia a monte di corso Principe Oddone fu coperto, per un tratto esteso alcune centinaia di metri, a mezzo di una soletta in calcestruzzo armato, posta su due muri in elevazione, costruiti nell’alveo del corso d’acqua. Le opere di copertura furono realizzate dai soggetti proprietari delle aree industriali ora dismesse (la cosiddetta Spina 3 del Prg vigente), previa concessione del bene demaniale - l’alveo della Dora Riparia - da parte del competente Ufficio del Demanio dello Stato, a seguito di nulla-osta tecnico dell’Autorità idraulica competente pro tempore. Allo stato attuale i lavori di demolizione della predetta copertura hanno interessato solo una minima parte della soletta ed i muri sono ancora presenti nell’alveo fluviale, appartenente al Demanio dello Stato.
Poiché la cassa di espansione prevista dal Pai a monte della Città di Torino non è nemmeno stata progettata, constatato che un esteso tratto della Dora Riparia è ancora coperto, con la presenza di murature in alveo, sarebbe ragionevole ed opportuno chiedere all’Autorità di bacino, alla Regione Piemonte ed all’Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPo), l’autorità idraulica ora competente, se quanto detto è conforme o comunque compatibile con il cosiddetto assetto di progetto della Dora Riparia, come disposto dal Pai, con le fasce fluviali delimitate nel territorio della Città di Torino, con le relative portate ed i livelli idrometrici ad esse associati.
Nel 2014 l’Autorità di bacino del Po, al fine di ottemperare a quanto richiesto dalla Direttiva alluvioni della Comunità europea (2007/60/CE), ha definito il Progetto di Piano di gestione del rischio di alluvioni (Pgra). In sintesi, l’iter ha seguito le fasi di seguito indicate.
Lo Schema di Pgra è stato assunto dal Segretario generale dell’Autorità di bacino in data 20.6.2014; la Regione Piemonte ne ha pubblicato gli atti sul sito dell’Arpa Piemonte ed ha convocato alcune Conferenze con i soggetti istituzionali interessati; entro il termine del 31.7.2014 sono state presentate circa 200 osservazioni delle quali 190 a cura di Comuni; il Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino, nonché la Giunta della Regione Piemonte, hanno preso atto del Progetto di Pgra in data 22.12.2014, per quanto di rispettiva competenza; nella predetta delibera della Giunta regionale è espressamente prevista la formazione di una Variante al suddetto Piano stralcio per l’assetto idrogeologico; è stabilito che il Pgra dovrà essere approvato entro il 22.12.2015.
Va evidenziato che la formazione del Progetto di Pgra è avvenuta in assenza della auspicabile attenzione dei Comuni interessati ed è privo di un apparato normativo cogente ‘erga omnes’.
Di contro, il Pai vigente reca prescrizioni immediatamente cogenti; altre devono essere assunte nella prescritta revisione dei Piani regolatori, territoriali e paesaggistici e nella formazione di ogni successiva Variante; altre norme sono di indirizzo.
Pertanto, il Progetto di Pgra fa salve le prescrizioni del Pai vigente del quale, va sottolineato, si prevede la formazione di una Variante, conseguente e congiunta al Pgra.
I destinatari del Progetto di Pgra sono, in primis, i Comuni; essenzialmente con riferimento alle loro competenze in materia di protezione civile. I Comuni sono pure chiamati a compiere una ricognizione delle previsioni e prescrizioni del Prg, al fine di informare i soggetti che realizzano interventi urbanistici ed edilizi anche in ordine alle condizioni di pericolosità e di rischio idraulico accertate e dichiarate dal Pgra. Pertanto, si ritiene che i funzionari comunali preposti debbano riportare sul cosiddetto Certificato di destinazione urbanistica anche quanto risulta dal Progetto di Pgra; in difetto, potrebbero configurarsi responsabilità a loro carico, anche di natura penale.
Non va dimenticato che il mancato adeguamento - obbligatorio ex lege - dei Prg al Pai, la sopravvenuta presa d’atto del Progetto di Pgra con gli effetti anzidetti, la prevista formazione di una Variante al Pai, devono dar luogo ad azioni tecniche ed amministrative da parte dei Comuni interessati, coerentemente volte ad assumere tempestive ed efficaci misure di mitigazione delle condizioni di pericolosità e di rischio idraulico e geologico.
Con riferimento ai possibili rilievi di natura penale, si ricorda che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino ha intrapreso, lo scorso anno, un’indagine conoscitiva su 30 Comuni, volta ad accertare quali misure sono state adottate ai fini della mitigazione di condizioni di rischio idraulico e geologico. La stessa Procura della Repubblica, già nel 1994, condusse un’inchiesta volta a conoscere le aree a rischio idraulico e geologico; ipotizzando il ‘delitto colposo di pericolo’, reato previsto dall’art. 450 del codice penale.