Le note che seguono costituiscono una sorta di “richiamo alle radici” della riforma legislativa regionale del 2013 (Riforma 2013). Una riforma che ha indubbiamente bisogno di essere attualizzata e verificata, ma che ha soprattutto bisogno di non essere stravolta.
Ogni testo legislativo non può essere separato dal suo contesto politico.
La riforma della Lr 3/2013 era stata concepita nel contesto della «rispettosa collaborazione tra uguali» che portò al ciclo di oltre 50 presentazioni del testo di legge presso i Comuni, ad oltre 300 incontri diretti con i Comuni in 4 anni, alla puntuale risposta a quesiti ed alla loro pubblicazione in rete, alle grandi sintesi approvative dei Prg di Bra, Alba, Ciriè.
Non esiste legge, in assenza di giurisprudenza: il testo di legge va letto ed applicato in questo spirito, comprendendo che l’interruzione nell’emissione e nella pubblicazione dei “pareri” (suggerimenti interpretativi formulati gratuitamente dalla Regione a favore dei Comuni) costituisce un insuperabile ostacolo a tutto il dispiegarsi della Riforma 2013.
Dialogare sempre e comunque con i Comuni; avere il coraggio di celeri e motivati pareri: sono questi gli imprescindibili pilastri non solo della Riforma 2013, ma di ogni patto che voglia legare Regione a Comuni, in una solidale costruzione del governo del territorio.
L’importanza della Conferenza di copianificazione e valutazione: centralità della visione territoriale-
Il compito del rappresentante regionale in seno alle Conferenze è quindi molto più complesso del «perseguire l’applicazione della disciplina in materia di governo del territorio» (art. 3, comma 2, del Nuovo Regolamento).
Il Comune (e le sue aggregazioni) è la sede del potere pianificatorio: la Conferenza presso il comune è atto di rispetto per gli amministratori eletti e di doverosa conoscenza diretta del territorio, dei suoi problemi ed attese.
Da questa riflessione – tutta basata sulla centralità del Comune nel sistema pianificatorio del Piemonte - deriva quindi un fermo giudizio negativo all’art. 5, comma 2, del Nuovo Regolamento (DPGR 23 gennaio 2017, n. 1/R, "Disciplina della Conferenza di copianificazione e valutazione prevista dall’articolo 15 bis della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) e del ruolo e delle funzioni del rappresentante regionale"). Il corollario finale di questo ragionamento (che costituisce la base della Riforma 2013) è che la struttura regionale copianifica, non giudica. Copianificare vuol dire:
comprendere
rispettare
valutare
interagire
correggere
mai dimenticando che la voce dell’amministrazione direttamente eletta è, per sua natura, più forte di ogni voce funzionariale.
Il punto d’inizio del processo di piano: Documento programmatico o Proposta tecnica?
Il testo della Riforma 2013 ha introdotto un concetto innovativo: «il Comune […] definisce la proposta tecnica del Progetto preliminare[…] avvalendosi […]dei materiali informativi messi a disposizione dalla Regione[…]»(art. 15, comma 1).
La visione della Riforma 2013 presuppone che:
la collaborazione tra Regione e Comune inizi da subito, cioè dal momento in cui il Comune avvia la definizione dello strumento urbanistico;
la Regione collabori attivamente;
colloqui e i pareri costituiscano i binari su cui si muove la definizione del Prg.
Su queste basi, è comprensibile la scelta in favore di una «proposta tecnica del progetto preliminare»: il lavoro fatto insieme, durante la fase di formazione del piano, evita l’ «effetto sorpresa» da parte della proposta tecnica comunale, all’atto della prima Conferenza di copianifiazione.
In assenza di una fase di backstage - come quella sopra descritta - nella definizione del Piano, allora è meglio partire da un Documento programmatico, dai contenuti più leggeri e generali. Ma lo spirito della Riforma 2013 è stato un altro: iniziare da subito a dialogare insieme (Regione e Comune) in modo tale che la proposta tecnica arrivasse alla prima Conferenza su un terreno già fertilizzato da reciproca conoscenza ed incontri.
Non dimentichiamo inoltre che il vecchio “Documento Programmatico” era stato abusivamente caricato, nel corso del tempo antecedente alla Riforma 2013, di contenuti tecnici (le “schede”), perdendo così buona parte della sua freschezza innovativa.
Un mito radicato nella “vecchia 56”: le correzioni d’ufficio, a livello di dettaglio
Chi ha vissuto le lunghe stagioni della pianificazione piemontese, ben conosce la prassi con cui sono stati approvati centinaia di Prg: le impostazioni stravolte, le norme riscritte, le minute modifiche alle zone.
Il quieto vivere ha quasi sempre prevalso sulla giurisprudenza del TAR che aveva chiaramente folgorato questo modo “abusivo” di intervenire sulle proposte dei Comuni.
(Ricordiamo che il vecchio art. 15, comma 11, ammetteva esclusivamente: «correzioni di errori, chiarimenti su singole prescrizioni e adeguamenti a norme di legge», non di certo i “rifacimenti d’ufficio”).
La copianificazione vuole superare questo vulnus, introducendo il concetto del “piano che si costruisce insieme”. Costruire insieme non può tuttavia voler dire “applicare formule”.
Il “mito del 3%” (come ogni altro limite, o obbligo, alla crescita urbana) è quanto ci sia di più lontano dalla copianificazione.
Qualità del progetto e qualità ambientale devono essere i pilastri della copianificazione: da questo assioma discende il fermo rifiuto di ogni meccanicismo, di ogni rito volto a verificare “la formula” prima ancora di (o al posto di…) entrare nel merito della qualità del progetto urbano e delle effettive esigenze della collettività locale, personificata dal Comune.
Come procedere nella riforma urbanistica?
La vicenda umana è vicenda di continuo miglioramento e di faticoso superamento degli obiettivi già raggiunti: anche la Riforma 2013 è pertanto superabile e migliorabile, ma nella duplice strada della maggiore operatività e del rispetto dei Comuni; dunque nel segno della continuità nel lavoro di copianificazione.
Credere nella copianificazione e nel “rapporto tra uguali” tra Regione e Comuni è antitetico ad ogni iniziativa per:
unire forzatamente i Comuni in gruppi di pianificazione
obbligare i Comuni a rifare la propria strumentazione urbanistica.
Un altro quesito si affaccia tuttavia, prepotentemente, a chi lavora e studia i temi di pianificazione urbanistica e territoriale: in un’epoca che pare aver messo da parte la crescita quantitativa (di abitanti, di insediamenti, forse meno di infrastrutture…): qual è l’urbanistica che effettivamente serve?
Non serve probabilmente più l’urbanistica delle zone d’espansione, degli indici e delle formule, dei grandi strumenti attuativi. Serve invece l’urbanistica – o la normativa – del riuso e della sostituzione edilizia, perché riuso e sostituzione edilizia sono le due figure centrali nel processo edilizio di oggi.
Un cambio epocale, in quanto riuso e sostituzione edilizia sono fenomeni complessi e spesso sfuggenti, che mal si governano con indici e formule: cambia allora anche il modo d’essere della legge urbanistica, meno perentoria e più aperta ad una serie di casi imprevedibili, ma che sono comunque da affrontare e risolvere.
Anche in un contesto così mutato restano quindi pertinenti i presupposti di base della Riforma 2013: la copianificazione (come momento di continuo e costante dialogo paritetico tra Regione e Comuni) e la produzione di pareri regionali (unico modo per far coincidere la fissità della norma con la mutevolezza della realtà).