Urbanistica INFORMAZIONI

Nuova pianificazione del territorio e riforma istituzionale in Piemonte

In occasione delle prime fasi attuative della legge 56/2014 (la riforma Delrio), l’INU Piemonte e Valle d’Aosta ha organizzato un Convegno (Torino, 2 luglio 2014) [1] per sottolineare la necessità di dare corso ad una nuova stagione della pianificazione e del governo delle città e del territorio in Piemonte coerente con il complesso quadro delle riforme istituzionali in corso nel Paese. Si pensi soprattutto al rinnovamento del modello delle autonomie, fondato su due soli livelli territoriali di diretta rappresentanza dei cittadini e quindi elettivi di primo grado: le Regioni (perché dotate del potere legislativo) ed i Comuni (perché base fondamentale del principio di sussidiarietà) quali perno della democrazia, della cittadinanza, della responsabilità e del fare. Questi due livelli si affiancheranno alla democrazia elettiva di primo grado della Camera e troveranno la propria rappresentanza in un Senato riformato nelle competenze ed elettivo di secondo grado.

In forza di tali condizioni di contesto, è evidente che l’innovazione dell’assetto istituzionale e territoriale delle Unioni di comuni, della Città metropolitana e delle Province e soprattutto le nuove forme di governance che potrebbero svilupparsi, richiamino l’utilità (oltre che la necessità) di un modo nuovo di pianificare il territorio e le città con nuovi piani e programmi formati e progettati con il metodo della copianificazione, in cooperazione con gli enti che governano l’area vasta (Regione) o che sono protagonisti intermedi (la Città metropolitana e le nuove Province) e locali (le Unioni e le Fusioni dei Comuni) di un’innovativa governance di essa.
Per il successo di un nuovo modello di governance istituzionale, va colta l’importanza e la pertinenza della funzione della pianificazione del territorio (non perdendone di vista la complessità, la transcalarità e l’incrementalismo) che si configuri come una sorta di offerta innovativa rispetto a finalità, metodi, procedure e soprattutto agli strumenti che è in grado di offrire; contemporaneamente va altresì considerato come il nuovo modello di governance possa rappresentare anche una nuova domanda di pianificazione efficace e coerente con il nuovo modello stesso.
Ragionare attorno a queste potenzialità, richiede una nuova valutazione della forma e degli strumenti della pianificazione, da affrontare a partire dalla riconsiderazione dei rapporti tra Regione, nuovo ente intermedio (metropolitano e non), Unioni o Fusioni di Comuni ed i rispettivi piani e compiti di pianificazione del territorio.

Due appaiono essere gli ambiti tematici prioritari su cui sviluppare la discussione e il confronto (ed attorno ad essi è stato organizzato il Convegno).
Il primo riguarda il complesso tema della Città metropolitana di Torino, a partire dalle tre tipologie di pianificazione che la legge Delrio le assegna, senza peraltro chiarire con quali strumenti di piano (mentre alle nuove Province viene confermata la sola pianificazione territoriale di coordinamento):

  1. la pianificazione territoriale di coordinamento, già prevista dalla L. 142/90 assieme allo strumento del Ptcm;
  2. la nuova pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali;
  3. l’adozione del Piano strategico del territorio metropolitano (di durata triennale) ed il suo aggiornamento annuale, che costituisce atto di indirizzo della Città metropolitana e per l’esercizio delle funzioni dei Comuni e delle Unioni compresi nel territorio metropolitano.

Nel quadro così definito serve dunque un nuovo modello di pianificazione che consenta contemporaneamente di avvalersi delle esperienze e degli strumenti di piano (ovvero dei contenuti) già disponibili per l’intero territorio (come nel caso del vigente Ptc2 della Provincia di Torino) ma, dall’altro, preveda un mirato nuovo piano redatto dalla nascente Città metropolitana che potrebbe significativamente assumere il profilo di un Piano strutturale metropolitano, lasciando ai Comuni competenza e ruolo nella redazione e gestione di Piani operativi e di Regolamenti urbanistici, coerenti con il Piano strutturale metropolitano (in tal modo limitando di molto la sottrazione di potestà o sovranità comunale, che costituisce un terreno di confronto-scontro problematico fra i Comuni e l’ente metropolitano). Il Piano strutturale metropolitano potrebbe interpretare correttamente proprio quella funzione di pianificazione territoriale generale assegnata dalla legge Delrio.
Per la Città metropolitana, oltre a quello strutturale, assume però particolare pertinenza l’approccio ed il profilo strategico della pianificazione (soprattutto nella prospettiva della nuova programmazione dei Fondi europei). Un Piano strategico metropolitano appare cioè un’espressione fondamentale e tipica per le politiche, le azioni ed i progetti integrati urbani e territoriali definiti e selezionati per la loro capacità di dare sostegno ad una vision ed ad obbiettivi condivisi.
Nel modello di governante così sinteticamente delineato, si svilupperebbe un processo di pianificazione del territorio differenziato ed interrelato, in una filiera più accorciata ed efficace, basato su rapporti di cooperazione-condivisione (agevolati dalla forma di rappresentatività elettiva di II grado) e su strumenti individuabili in prima battuta in protocolli, accordi di pianificazione e di programma, perequazione territoriale, programmi e progetti complessi, convenzioni.
In tal modo alla Città metropolitana spetterebbe il compito di redigere la pianificazione configurativa del territorio, di vision ed indirizzo strategico per le politiche e le progettualità, mentre ai Comuni metropolitani spetterebbero i piani operativi e gli strumenti regolativi, conformativi della proprietà, in coerenza ed interazione con i piani della Città metropolitana.

Il secondo ambito tematico prioritario (solo apparentemente più semplice ma in realtà più incerto) è costituito dai territori non metropolitani del Piemonte per i quali il modello di governance della riforma Delrio appare più in ritardo nell’avviarsi ad una fase operativa. Le questioni da affrontare riguardano, fra gli altri, temi come la dialettica fra nuove Province elettive di secondo grado e/o le Unioni per la pianificazione territoriale; la gestione delle competenze nuove e di quelle ereditate dalle Province; la formazione di aggregazioni territoriali ed aree omogenee; la fondamentale definizione dei bilanci e la perequazione territoriale): tutti aspetti fortemente intrecciati con la necessità/opportunità di una nuova pianificazione del territorio vasto e locale.
In particolare va affrontato il tema dei Ptc provinciali vigenti, che costituiscono tuttora riferimento di conformità per la pianificazione urbanistica comunale.
L’opportunità offerta, da gennaio 2015, dalla definitiva entrata in funzione dei nuovi soggetti istituzionali della Città metropolitana, va prontamente colta per costruire, attraverso procedure di copianificazione, nuovi piani attenti all’integrazione fra dimensioni sovra locali e locali dei fenomeni, dei territori e dei rispettivi attori pubblici e privati.

Riprendendo il tema della Città metropolitana di Torino, va infine preso atto che lo scorso 15 luglio la Provincia di Torino, guidata in questa fase dal vicepresidente Alberto Avetta (poichè Antonio Saitta è stato chiamato al ruolo di assessore alla Sanità dal neo eletto presidente della Regione Sergio Chiamparino) ed il sindaco di Torino nonché presidente Anci, Piero Fassino, hanno avviato i lavori dell’assemblea dei 315 sindaci per condividere il percorso, gli adempimenti e gli obiettivi del costituendo nuovo ente. I presupposti su cui fondare la nascita della Cm (che vedrà la luce il 1° gennaio 2015) sono stati riassunti in tre punti: bilancio sano, percorso condiviso con i 315 Comuni ed equilibrio territoriale nella rappresentanza del prossimo Consiglio metropolitano. Lo slogan assunto per perseguire tale intenzione dichiarata è quello di fare della Città metropolitana di Torino una “città di città”, in cui i Comuni siano i protagonisti della gestione dei servizi di area vasta.
Il futuro neopresidente Fassino, ricordando che la Cm di Torino è la più grande in Italia per estensione territoriale (comprende un vasto territorio alpino e confina con la Francia) e numero di Comuni, ha affrontato cinque nodi tematici:
- il ridisegno dell’architettura istituzionale del Paese, che ha un filo che connette le diverse riforme nel ruolo dei Comuni, cui viene assegnata una centralità molto forte e che vengono riconosciuti come cellula fondamentale. Uno dei nodi da risolvere nel caso torinese è la diversa dimensione demografica dei 315 di cui si compone;
- i poteri, che il nuovo ente vedrà attribuiti senza per questo sottarli ai Comuni ed anche ripensando alle deleghe che negli anni la Regione aveva dato alle Province, nella consapevolezza che la Regione intende ridurre all’essenziale le funzioni regionali in forza del principio di sussidiarietà;
- le risorse, rispetto alle quali è necessario chiarire quali saranno proprie e quali arriveranno dalla regione;
- il sistema della governance, una parte del quale è definito dalla legge ma da completare con lo Statuto, che dovrà prevedere degli organi di governo aggiuntivi e possibilmente anche un sistema elettorale non solo “per liste” ma anche “per collegi”, per garantire la rappresentanza dei territori.
Infine ha richiamato al fatto che la Città metropolitana è una dimensione istituzionale che però ha bisogno di un processo di identificazione dei cittadini e che dunque è necessario prevedere nello statuto la costruzione di essa nella sua dimensione sociale e partecipativa.
In sintesi, tale sfida complessa Fassino la intende vincere facendola diventare un’impresa collettiva del territorio.

[1I materiali del Convegno sono disponibili al sito http://www.inu.it/piemonte-e-valle-...

Data di pubblicazione: 28 luglio 2014