Succede raramente di incappare in un territorio le cui potenzialità di sviluppo e valorizzazione sono così intuitivamente evidenti come nell’ex Commenda Mauriziana di Stupinigi. E, crediamo fortunatamente, capita ancor più di rado che tali ipotesi siano così palesemente disattese.
Questo lembo di territorio si è eccezionalmente mantenuto integro nelle sue caratteristiche componenti storico-architettoniche, agricole e naturalistiche, e oggi è sostanzialmente ricompreso nel perimetro del Parco naturale di Stupinigi, una delle più importanti e ampie aree protette regionali, sita a mezzogiorno dell’area suburbana torinese.
Ha sicuramente contribuito a questa conservazione la sostanziale continuità gestionale e patrimoniale del compendio, affidato a partire dal 1573 all’Ordine Cavalleresco dei SS. Maurizio e Lazzaro e mantenutosi attraverso le principali vicende che segnano il territorio come lo vediamo oggi.
Tra le principali tappe vale forse la pena ricordare: la riorganizzazione territoriale definita da Juvarra a contorno della settecentesca realizzazione della Palazzina di Caccia e del Borgo e la successiva caratterizzazione per le attività di caccia e loisir della Corte, anche verso i territori adiacenti di Mirafiori e del Drosso; la sostanziale unitarietà patrimoniale conservatasi anche a seguito del periodo di occupazione napoleonica e, più recentemente, il mantenimento dei compiti gestionali del sito affidati all’Ordine Mauriziano nella disposizione transitoria XIV della Carta Costituzionale repubblicana.
A gennaio 2009, al momento dell’acquisto da parte della Regione Piemonte di gran parte dei beni mauriziani adiacenti alla Palazzina di Caccia, la Real Tenuta appariva dunque come un territorio ancora sostanzialmente integro, ma che cominciava a presentare il conto di una gestione che negli ultimi decenni non aveva potuto prevedere un adeguato recupero e valorizzazione dei beni storici, rurali e ambientali. Questo tanto per le finalità prevalentemente ospedaliere affidate all’Ordine dal dopoguerra, quanto per le più recenti difficoltà economiche dello stesso, che dal 2004 hanno posto la subentrata Fondazione Ordine Mauriziano nell’obbligo di alienare molti beni per onorare i debiti dell’attività ospedaliera pregressa.
Il suddetto subentro della Regione Piemonte nella proprietà (circa 1.400 ettari su 1.700 complessivi del Parco naturale) ha avuto come conseguenza anche l’affidamento della gestione contrattuale degli affitti e delle locazioni in essere all’Ente Parco, strumentale della Regione, che si trova pertanto oggi ad essere per molti aspetti un punto di riferimento e coordinamento per le molteplici entità operanti nell’area.
Non è questo lo spazio per un’analisi delle realtà che agiscono sul territorio e che determinano le prospettive progettuali dell’area: ai nostri fini basti citare il fatto che agli specifici vincoli di tutela storico-architettonica, paesaggistica, ambientale (il Parco è sostanzialmente ricompreso nel SIC IT1110004 della rete natura 2000, oltre a essere censito nei boschi da seme piemontesi) e alla classificazione di una parte dell’area come buffer-zone dall’Unesco in riferimento alla residenza reale identificata come patrimonio dell’umanità, si aggiungono specifiche competenze di molti altri enti. Sono infatti patrimonialmente coinvolti Regione, Fondazione Ordine Mauriziano, Comuni di Torino e Nichelino, Fondazione IRCC, oltre alle viabilità prevalentemente in capo alla Città metropolitana di Torino. Il tutto è connesso strettamente ad un tessuto economico e sociale che, quasi irridendo alla complessità della situazione amministrativa, prosegue attivamente la sua operatività, garantendo la vitalità del contesto produttivo e una continuità nella gestione del territorio. In questo ruolo spiccano le circa 25 attività agricole e commerciali operanti nel Parco e le ormai poche decine di residenti.
E’ facile e ovvio intuire che questo territorio, in seppur vaga analogia con il Sistema Reggia di Venaria, possa diventare un ulteriore valido propulsore per il turismo dell’area piemontese, partendo dalla valorizzazione della Palazzina di Caccia, che è forse il più fulgido esempio di barocco europeo. Non è altrettanto semplice individuare i meccanismi di proposizione e coordinamento atti a condurre alla riqualificazione del patrimonio storico pubblico circostante: il cosiddetto Concentrico, costituito dai Poderi juvarriani disposti sul Viale verso Torino (circa 15.000 mq di superficie coperta in buona parte in disuso) e fabbricati storici isolati quali il complesso del Castelvecchio e il medievale Castello di Parpaglia. In un periodo di carenza di risorse pubbliche, ogni iniziativa, deve in ogni caso confrontarsi con la complessità e la potenziale fragilità del tessuto economico e sociale del territorio.
In questo scenario spicca la novità del Protocollo d’intesa tra i Comuni operanti presso il territorio del Parco, accordo programmatico sottoscritto il 17/4/2015 presso la sede dell’Associazione dei produttori locali a Stupinigi. E’ sostanzialmente una dichiarazione d’intenti per una valorizzazione del Parco, inteso principalmente come Borgo storico, e di proposte e suggestioni per un rilancio soprattutto quale risorsa economica. Il testo è facilmente reperibile presso i siti dei Comuni firmatari (a titolo di esempio si veda il Comune di Nichelino http://www.comune.nichelino.to.it/i....
Posto che il profilo delle proposte risulta essere ancora necessariamente abbozzato (che parrebbero volutamente vago anche per lasciare spazio ad ogni futuro contributo), preme rilevare gli elementi di valore del documento.
1) Ambiti di operatività.
L’azione promossa dalle amministrazioni comunali firmatarie parrebbe privilegiare un pragmatico atteggiamento propositivo e collaborativo, piuttosto che una progettazione autonoma del “sistema Stupinigi”: uno sforzo di singoli che, pur encomiabile, rischierebbe di rimanere potenzialmente sterile se non condiviso. In questo senso vengono individuati:
I proponenti: il documento varca l’ambito territoriale ristretto del Parco (Candiolo, Nichelino e Orbassano), e già in fase iniziale ricomprende l’intera area confinante, che è interessata al rilancio de sito, e in tal senso sono firmatari tutti i comuni direttamente confinanti: Beinasco, None e Vinovo, con l’obiettivo di ampliare ancora la platea degli attori;
I referenti per il confronto: l’accordo si rivolge espressamente alla Regione Piemonte, anche tramite l’Ente di Gestione del Parco, sia per le molteplici competenze in merito, quanto per la rilevanza del patrimonio in diretta proprietà. Ma gli ineludibili richiami alla Palazzina di Caccia chiamano direttamente in causa anche l’Ente proprietario e gestore della stessa, la Fondazione Ordine Mauriziano, il cui ruolo nella rete delle Residenze Sabaude è in fase di maggior definizione;
Il metodo: vengono proposti la collaborazione ed il confronto tra i vari attori, indispensabili per raccordare e coordinare le diverse valenze ed interessi dell’area, diventando strumento inclusivo per gli ambiti politico, tecnico, economico e sociale come espressi dal territorio interessato. Vale la pena di sottolineare l’espresso riferimento, come interlocutore, dell’Associazione dei produttori locali, che in autonomia stanno già impegnandosi per la valorizzazione dell’area;
Gli ambiti di attività: vengono chiaramente individuate le tre “anime” che definiscono l’unicità e il livello di eccellenza del Parco: le straordinarie componenti storico-architettoniche-paesaggistiche, la particolare rilevanza ambientale e la forte connotazione agricola del sito. Non sfugge inoltre l’importanza dell’inserimento nella progettazione territoriale: quella viabilistica, per cui pare opportuno il richiamo al Piano Strategico Triennale della Città Metropolitana, anche per gli aspetti di mobilità sostenibile, per cui viene richiamata l’Agenzia Metropolitana per la mobilità.
2) Prospettive di azione.
Tutto ciò premesso, questo Protocollo sembra un beneaugurante stimolo per le future azioni prevedibili e auspicabili, che proviamo ad elencare:
Attivazione di un tavolo di regia, auspicabilmente a guida regionale, per il coordinamento delle iniziative sull’area, che dovranno interessare i diversi ambiti di valorizzazione e tutela: ;
In questo senso, definizione preliminare delle prospettive di viabilità ed accessibilità, solo parzialmente oggetto di pianificazione e in minima parte coerenti con il contesto;
Previsione chiara, in accordo tra tutti gli enti competenti, delle prospettive e modalità di recupero del patrimonio pubblico, avente interesse storico-culturale;
Individuazione, in accordo tra tutti gli attori istituzionali, delle modalità di reperimento dei fondi indispensabili ad attrarre investimenti anche privati nell’area;
Definizione di percorsi amministrativi che consentano un chiaro quadro di riferimento per gli operatori economici che intendano operare in zona, con definizione certa di limiti, ambiti, tempistiche e modalità di realizzazione di possibili iniziative imprenditoriali;
Creazione di ambiti stabili ed efficaci di confronto tra amministrazioni, cittadinanza ed operatori economici per la definizione di strategie condivise di recupero del sito, nel rispetto di tutte le caratteristiche e potenzialità dello stesso.
Forse non a caso, in questo territorio storicamente agricolo, anche questa iniziativa pare nascere più con lo spirito di una fiduciosa semina, il cui raccolto dipende dalla fertilità del substrato e nel rispetto dello stesso, piuttosto che con quello di uno scavo delle fondamenta di un edificio nuovo, che pur solido ed imponente rischierebbe di rimanere slegato dal contesto in cui si sorgerà.
Parrebbe, da tanti piccoli segni, indizi di un nuova voglia di rinnovamento e di interesse per l’area, che questa sia “la volta di Stupinigi”.
La speranza è, a breve, di veder finalmente sviluppare più specifiche iniziative, in grado di mettere a frutto utilmente le risorse economiche, umane e intellettuali che l’area potrebbe attrarre, per un concreto rilancio.