La Regione ha predisposto il proprio Piano Territoriale Regionale (Ptr) quale base per la programmazione generale; quali riflessi sul sistema locale del Nuovo Circondario Imolese?
Il Nuovo Circondario Imolese (già Comprensorio e Assemblea dei Comuni) costituisce da più di 50 anni un ambito territoriale in cui la cooperazione e il coordinamento nella pianificazione (in embrione fin dal 1962 con l’idea di predisporre un Piano Regolatore Intercomunale, come previsto dalla Legge Urbanistica nazionale del 1942) costituiscono la prassi fondante per i ruoli e le sinergie di ogni comunità nel contesto locale. Lo storico ruolo che il nostro Circondario ricopre in Regione appare ancora più evidente oggi che il nuovo Sistema Regionale Integrato ha sostituito l’ormai superato Sistema Policentrico Regionale, nel quale i territori locali si confrontavano in un mix di progetti condivisi e in competizione fra loro. Questo Ente si è infatti sempre posto (non soltanto come posizione geografica, quanto politica) quale cerniera tra la Romagna e l’Emilia, valorizzando il ruolo di Bologna quale capitale regionale ma, nel contempo, assicurando a sé stesso e favorendo per gli altri ambiti della Romagna un ruolo non subalterno e propositivo. Per il Circondario Imolese la nuova programmazione regionale comporta anche un ripensamento dei propri obiettivi primari di arricchire un distretto in cui, grazie anche alla notevole presenza della cooperazione, il lavoro e la produzione sono sempre stati al centro delle politiche sociali e amministrative, e creare un territorio urbano ed extraurbano di qualità negli assetti e nella produzione, fondato su innovazione, sostenibilità ambientale e coesione sociale e che attiri persone e aziende di livello adeguato a incrementare la ricerca e lo sviluppo.
Con la prospettata eliminazione del livello provinciale, il Ptr prevede che la pianificazione strategica venga assunta dalla Regione, mentre le integrazioni e cooperazioni locali e/o di distretto sono demandate a federazioni di Comuni classificate come “Città Effettive”. Il Nuovo Circondario Imolese, presentando gli appropriati caratteri, può rappresentare il prototipo di tali istituzioni? Quale struttura di governo e quali deleghe regionali dovrebbero essere proprie di tale livello?
La riformulazione dei livelli istituzionali, all’ordine del giorno da diversi anni nel nostro paese, presenta fasi di accelerazione e di stasi non sempre prevedibili; all’interno di questa attesa riforma, il Nuovo Circondario Imolese si pone come elemento appropriato, attingendo e gestendo già adesso competenze di ordine provinciale in importanti settori tra i quali, per restare alla materia presente, la pianificazione territoriale. Nella fase attuale il rapporto tra Circondario e Provincia avviene in termini proficui e non competitivi, essendo entrambi gli Enti consapevoli dell’attuale fase transitoria e dagli esiti ancora incerti. In un’analisi strettamente istituzionale, il Circondario Imolese rappresenta una semplificazione d’estremo interesse per gli Enti di secondo livello sia sotto il profilo istitutivo, sia sotto quello della spesa. Rispetto al primo l’Ente si connota per possedere tutti i requisiti previsti dal Ptr per le “città effettive” costitutive del Sistema Integrato Regionale in ordine alla tradizione dei rapporti, alla natura complementare e sinergica dei vari territori comunali, ai caratteri produttivi omogenei nel distretto, al posizionamento di confine tra il bolognese e il ravennate. In ordine alle istanze relative ai costi, va sottolineato che il Circondario, non essendo per sua natura direttamente elettivo, non comporta la necessità di ulteriori eletti oltre a quelli già presenti a livello dei Comuni. Presidenza, Giunta e Assemblea del Circondario sono, infatti, formati da Sindaci, Assessori e Consiglieri dei vari Comuni e non comportano alcun onere aggiuntivo della politica; parallelamente, tale assetto consente, sul piano delle funzioni, di favorire integrazioni e un utilizzo ottimale del personale, rappresentando già un’economia e una valorizzazione delle potenzialità presenti. In questo quadro di riferimento è forse oggi prematuro definire nei particolari deleghe o competenze, dipendendo queste dal reale assetto istituzionale che si renderà effettivo, ma certo già oggi nel nostro territorio locale si sperimenta un livello di autonomia che, data la sua dimensione di area “vasta”, non ha interessi ad arroccarsi in forme campanilistiche, ma vuole rappresentare una localizzazione forte ed essenziale in un sistema regionale ben organizzato e coeso.
Che connotati deve assumere l’adesione del Nuovo Circondario Imolese all’elaborazione della Città Metropolitana di Bologna e che rapporto instaurare con il Piano Strategico Metropolitano?
La città di Imola e gli altri Comuni del Circondario, nell’ottica di una presenza effettiva e sostanziale (al di la di ogni proroga e scadenza disattesa), non hanno mai rinunciato a porre al centro di ogni riforma istituzionale la concretezza dell’efficienza nei risultati e delle economie di scala che si possono conseguire. Stare all’interno del processo che dovrebbe condurre alla costituzione della Città Metropolitana di Bologna non rappresenta quindi, per l’Imolese, alcuna rinuncia ai propri livelli di autonomia e al proprio ruolo territoriale. Tale partecipazione vuole, viceversa, essere un riconoscimento del fatto che alcuni assetti prettamente regionali (Aeroporto, Università, identità regionale, etc.) debbano essere collocati a Bologna, ma che tutte le loro possibili influenze e diramazioni debbano trovare, in tutto il territorio regionale, ambiti sufficientemente autonomi e forti (le già citate “città effettive” del Ptr) in cui le dotazioni e le attività di distretto, così come la vivibilità e la sostenibilità locali, possano interagire proficuamente con le istanze centrali posizionate nell’ambito più ristretto della Città Metropolitana vera e propria. Imola e il suo Circondario intendono apportare un contributo significativo a questa posizione non rinunciataria, quindi, ma propositiva per il riassetto complessivo, forti della consistenza locale della produzione industriale, della qualità delle produzioni agro-alimentari e dell’assetto integrato delle amministrazioni e delle gestioni dei servizi. In particolare, il Nuovo Circondario Imolese si avvale di una specifica AUSL in campo sanitario, di un’alta integrazione intercomunale per i servizi alla persona, di un Consorzio (esteso anche a Comuni esterni ai confini del Nci) che gestisce la proprietà pubblica delle reti dei sottoservizi tecnologici (rapportandosi con il gestore di tali servizi, ad oggi Hera Spa), ma anche i parcheggi e la viabilità urbana, la ricerca e lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, etc.
L’Ufficio di Piano Federato del Circondario ha condotto a termine la redazione del nuovo Piano Strutturale e del Regolamento Urbanistico ed Edilizio per i 10 Comuni, e l’effettiva adozione degli strumenti comunali è già avvenuta per i centri maggiori nella primavera/estate del 2013, mentre si sta concludendo quella degli altri Comuni. Quali sono le ragioni, gli obiettivi e gli aspetti determinanti dell’insieme di tali strumenti?
L’attuale fase di definizione del Psc e del Rue federati intende rafforzare l’identità del territorio del Circondario pur mantenendo integre le specificità di ogni territorio comunale. Si può quindi affermare che con la nuova pianificazione le Amministrazioni Comunali vogliono costruire una nuova esperienza di autonomia. Il Piano costituisce la declinazione del progetto politico dei Comuni nell’ambito della costituzione della Città Metropolitana di Bologna: tenersi al centro dei nodi infrastrutturali e dei centri regionali per la ricerca e l’innovazione (a cominciare dal potenziamento, su strada e su ferro, del corridoio infrastrutturale parallelo alla Via Emilia) ma al tempo stesso mantenere i rapporti con l’area romagnola, il cui sbocco verso il Porto di Ravenna e verso il “Lugo Terminal” rappresenta un’opportunità non competitiva di sviluppo sia del sistema locale che dell’intero sistema regionale. Il Piano rappresenta inoltre il superamento di 10 diverse idee di sviluppo comunale, non guardando infatti ai meri confini amministrativi ma dividendo il territorio in macro-aree secondo i caratteri geomorfologici propri di ognuna e individuando Poli Funzionali e ambiti produttivi appropriati per progettare nuovo lavoro (a maggior ragione in questa difficile fase di crisi economica). Le scelte compiute sono state orientate verso la concretezza e la semplificazione, come ad esempio sul tema del consumo di territorio; partendo infatti dal presupposto che in questo contesto di crisi si pongono come centrali e prioritari il riuso delle aree dismesse e la loro riqualificazione, si è deciso di prevedere comunque alcune zone per la nuova edificazione sulla base di un preciso patto tra i Sindaci: non un metro di nuova residenza realizzato senza un corretto dimensionamento delle dotazioni territoriali e in piena coerenza con le potenzialità occupazionali che il territorio è in grado di offrire.
La crisi attuale non sembra rientrare tra le normali crisi cicliche dell’economia, ma si presenta come una crisi di tipo sistemico e mondiale sia rispetto al tema della finitezza delle risorse e dell’energia, sia rispetto ai modelli di governance a livello internazionale e locale. Quali traguardi si pone a tale proposito la pianificazione federata e quali modalità di adattamento presenta?
Gli indicatori principali della natura della crisi economica in atto pervengono dagli operatori e dagli imprenditori più aggiornati e avveduti, che spesso precorrono anche le capacità della politica e dell’amministrazione pubblica nel promuovere le iniziative e i settori più promettenti. Non è un caso che reagiscano meglio alla crisi le aziende che si sono rivolte alla green economy e/o all’innovazione, conquistando anche quote di mercati esteri che, in teoria, presenterebbero minori costi del lavoro. Questo per dire che dalla crisi di sistema si può uscire percorrendo strade strettamente parallele: quali la ricerca e lo sviluppo di produzioni altamente innovative e di produzioni ecologicamente compatibili e sostenibili in termini di assetti sociali e territoriali. In campo urbanistico ciò si traduce nel favorire i servizi connessi all’istruzione e alla ricerca, la valorizzazione delle valenze storico-architettoniche e naturalistiche esistenti, lo stanziamento sul territorio distrettuale di imprese dei tipi descritti, la possibilità per il settore agricolo e gli attori del territorio extraurbano di generare filiere di produzioni locali e, sulla base della qualità (es. il settore vinicolo), di conquistare quote di mercato a elevato rendimento che portino un nuovo interesse verso tutto il ciclo agroalimentare (dalla coltivazione alla commercializzazione). L’intervento pubblico oltre ad assicurare adeguate infrastrutture, deve fornire delle soluzioni al tema della manutenzione e della messa in sicurezza del territorio, necessaria sia per la fragilità intrinseca della sua struttura geomorfologica, sia per l’incuria di cui è stato oggetto anche per mancanza di adeguate risorse.
In ambito urbano, si tratta di mantenere e incrementare la presenza di servizi efficienti e ottimizzare le aree già urbanizzate con processi di riqualificazione sia di ambiti precari o dismessi che degli edificati esistenti. In particolare, la sicurezza antisismica e il risparmio energetico sono due necessità fondamentali che, pur presentandosi come problemi, possono convertirsi in grandi opportunità di conseguire adeguate soluzioni e possibilità di intervento sia per i fruitori e i proprietari degli immobili, sia per gli operatori degli specifici settori. Sono questi i principi generali cui si è uniformata la nuova pianificazione circondariale, certo da sola non risolutiva ma pensata come cooperante per conseguire le motivazioni di uscita dalla crisi mediante un profondo cambiamento di paradigma nelle finalità delle politiche e delle iniziative della società locale.
L’elaborazione e l’adozione/approvazione di Psc e Rue in termini contestuali sono stabilite dalla Legge Regionale. Quali contenuti e quali modalità sono state messe in atto e/o si intendono formulare per la redazione della pianificazione attuativa rappresentata dai Piani Operativi Comunali e secondo quali scadenze temporali?
Uno degli aspetti innovativi proposti dai tecnici redattori della pianificazione circondariale è stato quello di evidenziare come la pianificazione strutturale del Psc avesse per prima cosa bisogno di individuare le modalità di traduzione nei Poc, più che di una relazione di diretta dipendenza con il Rue. Quest’ultimo strumento, infatti, ha una natura (rivolgendosi all’esistente) più di affiancamento parallelo al Psc che di diretta discendenza, e per questo motivo appare opportuno che la Legge Regionale ne abbia stabilito la contestuale adozione con il Psc stesso. Tale situazione, tuttavia, come avvenuto in diversi altri casi in Regione, poteva determinare un grave distacco temporale ma anche di finalità e operatività con la concretezza degli interventi dei Poc. Politicamente e tecnicamente, si è quindi deciso di prevedere nel Psc percorsi precisi per determinare la formazione e le assunzioni che dovranno connotare i Poc. La predeterminazione degli ambiti di previsione del Psc in accurate Schede di Valutazione dei loro elementi costitutivi e di Indirizzo progettuale è un ponte agevolmente percorribile verso l’individuazione delle potenzialità da inserire progressivamente nei Poc successivi. Altre più particolari indicazioni procedurali, quali una formulazione del Documento Preliminare della Qualità Urbana (previsto dalla Legge Regionale) in termini federati per alcuni indicatori più generali e una sostanziale coerenza dei Poc assicurata dalla redazione e dalla gestione prevista dall’Ufficio di Piano Federato, concorrono a indirizzare l’iniziativa dei privati (alla quale si riservano comunque ampi margini di progettualità) verso gli obiettivi delle politiche del Circondario e, secondariamente, dei Comuni.