Il Mozambico ha affrontato il processo di decolonizzazione con relativo ritardo rispetto ad altre nazioni dell’Africa Sub-sahariana. L’indipendenza dal Portogallo risale al 1975, quando contestualmente alla caduta del regime di Salazar nella madrepatria, il Frelimo (Frente de Libertação de Maçambique) conclude con successo la guerra di indipendenza restando alla guida del paese fino ad oggi. La prima fase politica del Mozambico indipendente è caratterizzata da un orientamento socialista: all’interno di questa prospettiva, sarà sancita la proprietà statale della terra. A partire dalla metà degli anni ‘80 la politica economica si orienta verso una crescente liberalizzazione: molte delle unità fondiarie coloniali, divenute in precedenza imprese agricole statali o cooperative, vengono progressivamente privatizzate (Tanner, 2005). Negli anni 2000, dopo la fine della guerra civile fra Frelimo e Renamo scoppiata dopo l’indipendenza, le politiche pubbliche sono in buona parte indirizzate ad attrarre investimenti privati, per la maggior parte con partecipazione di capitali stranieri.
La terra in Mozambico è tuttora di proprietà dello Stato e la Costituzione ne riconosce il diritto d’uso per i cittadini. La regolamentazione è affidata alla Lei de Terras del 1997, che ha l’obiettivo di mediare tra l’esigenza di messa in sicurezza dei diritti acquisiti dalle comunità locali e quella del disegno di un moderno sistema di riconoscimento dei titoli volto ad attrarre gli investimenti. Il titolo di usufrutto, o Duat (Direito de Uso e Aproveitamento da Terra), può essere acquisito da singoli cittadini - mozambicani e stranieri - o da soggetti collettivi - tra cui imprese, associazioni, cooperative - o dalle stesse comunità locali. La legge vuole integrare nello stesso quadro giuridico diritto consuetudinario e diritto formale, riconoscendo la legittimità dell’occupazione delle terre che avviene secondo il primo canale, e la possibilità per il settore privato di negoziare l’accesso ad aree di pertinenza di comunità locali.
Sono quindi previste diverse modalità di acquisizione del Duat (Rochegude e Plançon, 2010):per occupazione secondo le norme consuetudinarie, che possono variare all’interno del Paese; per occupazione de boa fé, quando una persona utilizza per almeno 10 anni una parcella (anche dopo averla occupata di propria iniziativa, ritenendola inutilizzata in precedenza); per autorizzazione amministrativa: si tratta del caso in cui un cittadino o impresa, mozambicana o straniera, faccia richiesta del DuatT ex novo, generalmente a fini commerciali.
Queste tre modalità di acquisizione danno luogo allo stesso titolo con uguale valore legale. È inoltre sancito il principio di non discriminazione di genere. Nel caso in cui la persona o il gruppo abbiano maturato un diritto per occupazione, il titolo di usufrutto non è altro che la formalizzazione del diritto preesistente; lo stesso vale per il “Duat comunitario”: le comunità locali hanno un diritto per occupazione sulle terre di pertinenza, che possono essere demarcate e il titolo può essere formalizzato in caso di necessità (Calengo et al., 2007).
L’ottenimento del Duat con richiesta all’autorità pubblica (l’autorità di competenza dipende dall’estensione dell’appezzamento richiesto) è subordinato alla presentazione di un progetto di sfruttamento della terra ed è concesso in due passaggi, prima in forma provvisoria e poi definitiva. In questi casi, il titolo definitivo ha una durata di 50 anni, rinnovabile una volta; nel caso in cui si tratti di abitazione propria o appezzamento familiare, o di Duat comunitario, la durata è invece illimitata. Il riconoscimento del diritto d’uso è normalmente vincolato al fatto che la terra in questione sia effettivamente utilizzata. L’effettiva diffusione della titulação del Duat è tuttavia ancora molto limitata; Rose e Carrilho (2012) indicano che meno del 5% degli appezzamenti in ambito rurale sono formalmente registrati. Come è vietata la vendita della terra, è vietata anche la vendita del Duat; ciononostante, transazioni sul diritto di uso della terra di fatto avvengono, generalmente tramite la vendita di “miglioramenti” apportati al terreno (costruzioni, infrastrutture, alberi). Una volta acquisiti i beni siti sull’area, può essere richiesto il trasferimento del Duat. La trasferibilità del Duat è un tema importante di dibattito tra i sostenitori della necessità di un riconoscimento di un mercato della terra e coloro che ritengono che ulteriori passi in questa direzione metterebbero a rischio la sussistenza di tanti piccoli produttori del settore familiare (Rose e Carrilho, 2012).
La regolamentazione della Lei de Terras ha l’obiettivo contemporaneamente di tutelare i diritti delle comunità e dell’agricoltura familiare, e facilitare l’accesso alla terra per gli investitori privati. Esiste in realtà una disparità di accesso al Duat tra piccoli e grandi produttori. La dimensione media degli appezzamenti registrati (360 ha, come riportato da Rose e Carrilho), infatti, è molto maggiore della dimensione media delle parcelle di terra in Mozambico: il censimento delle terre del 2010 stima che poco meno del 97% delle parcelle hanno una dimensione inferiore ai 5 ettari.
Queste diseguaglianze sono anche evidenti nei casi di conflitti sempre più frequenti determinati da ampi investimenti land consuming, sia agricoli sia di sfruttamento delle risorse naturali. La legge prevede che il diritto consuetudinario esista anche se non formalizzato, che un investitore privato sia obbligato a negoziare se vuole accedere a un terreno di una comunità, e che questa a sua volta possa firmare contratti con questo o con lo Stato. Nonostante ciò, la posizione di debolezza degli attori locali non sembra risolta. Le ragioni sono molteplici: da un lato, la scarsa conoscenza della legge da parte delle popolazioni rurali, in parte dovuta al diffuso analfabetismo, in parte alla carenza di servizi di formazione nel settore agricolo; dall’altro, la scarsa consapevolezza del valore monetario degli appezzamenti, nel momento della definizione di un indennizzo da parte delle imprese che richiedono terre di pertinenza di comunità locali. Ulteriori problemi risiedono nel processo di consultazione delle comunità locali, che spesso è poco approfondito, o condotto da pochi esponenti di queste senza una vasta consultazione (Tanner, 2005).
Come si è detto, la registrazione del Duat per acquisizione consuetudinaria, de boa fè, o nel caso del diritto d’uso delle comunità, non è necessaria affinché il diritto esista. Questo dovrebbe tutelare coloro che avrebbero difficile accesso a processi amministrativi formali. In caso di conflitto, è sufficiente che l’occupazione sia provata con strumenti “stabiliti dalla legge”, generalmente per testimonianza di terzi. Alcuni autori (Tanner, 2005) rilevano come questo non risolva il rischio di “espropriazione di fatto” ai danni di coloro che non hanno un titolo formalizzato, proprio a causa della vaghezza degli strumenti riconosciuti dalla legge per affermare l’occupazione di un’area. Rimane quindi cruciale l’informazione e la formazione dei cittadini e dei responsabili delle comunità locali sulle modalità di esercizio dei diritti sulla terra.
Mentre è stato fatto da parte dello Stato un importante sforzo per favorire l’ingresso dei privati, l’investimento nella registrazione delle terre delle comunità è ancora sottodimensionato, e il lavoro d’informazione e di spinta alla registrazione dei titoli è stato finora principalmente effettuato da organizzazioni internazionali e Ong (Tanner, 2005).
Per quanto riguarda le aree urbane, nelle zone con programmi di sviluppo (planos de urbanização), non è possibile l’occupazione de boa fé. La legge, però, prevede che, se una persona ha occupato un lotto per più di 10 anni prima del piano, ha un diritto di usufrutto della terra che deve essere rispettato. Nei contesti urbani, nonostante la crescente attenzione all’obiettivo di riconoscimento dei titoli nell’abito degli ambiti di urbanizzazione informale, in assenza di piani di sviluppo dell’area, l’amministrazione pubblica stessa sembra riluttante a fornire dei titoli definitivi: il rischio che la presenza di un titolo aumenti l’indennizzo che l’amministrazione dovrà al detentore del diritto sull’appezzamento in caso di interventi di sistemazione urbanistica è un fattore di freno alla regolarizzazione (Rose e Carrilho, 2012).