I lavori di riqualificazione del Borgo Rurale di Vigonza sono stati sostanzialmente ultimati nel 2017, concludendo un ciclo che lo studio Archpiùdue architetti associati ha iniziato nel 2004 con la progettazione del programma urbano di riqualificazione presentato in occasione della pubblicazione del bando regionale per la selezione dei Contratti di Quartiere II da ammettere a finanziamento nel Veneto.
Vigonza è un comune di oltre ventitremila abitanti della prima cintura padovana ad est del capoluogo, nel cui capoluogo sorge il Borgo Rurale, complesso architettonico di alloggi popolari, ancor oggi per buona parte di proprietà pubblica, costruito con risorse dello Stato negli anni ’30 del secolo scorso per trasferirvi le famiglie allora residenti nei “casoni”, abitazioni con tetti in paglia dichiarate insalubri, oggetto della campagna fascista per il risanamento delle condizioni di vita della popolazione rurale. L’intervento di Vigonza, come il coevo di Candiana (Pd) dello stesso Quirino di Giorgio, è un pezzo di città progettato unitariamente in prossimità del municipio esistente, fatto dell’immancabile casa del fascio, ma sopratutto del teatro, dell’attigua loggia mercatale, di residenze e dello spazio pubblico racchiuso da questi edifici, piazza Zanella, originariamente progettato come aia per le attività agricole e luogo per le adunanze.
Quando abbiamo iniziato a lavorare a Vigonza (2004) non risultava conclamato l’interesse culturale del complesso, la piazza veniva interamente utilizzata come parcheggio, il loggiato del mercato era stato tamponato per ricavare l’archivio comunale, parte del teatro (la galleria) era occupato dalla biblioteca e gli alloggi del borgo, altrimenti popolarmente chiamati le “casette di Mussolini”, erano in gran parte disabitati, versando l’intero Borgo in stato di degrado ed abbandono.
L’espansione immobiliare sembrava inarrestabile e la cortina edilizia del Borgo Rurale costituiva un esile baluardo, diversamente rappresentata dai soggetti contrapposti. Considerata o come un ostacolo per lo sviluppo del capoluogo, o come un simbolo importante della memoria della comunità da difendere e conservare per il suo valore testimoniale.
Narrazioni alternative con rilevanti criticità da ambo le parti, tra le quali spiccavano l’indisponibilità degli immobili, allora di proprietà del Demanio dello Stato che ne vincolava l’utilizzo pubblico, la mancanza delle risorse economiche necessarie per il restauro del complesso o la difficoltà ad individuare destinazione di utilizzo degli edifici compatibili con le loro minute dimensioni.
Contrapposizioni che avevano trovato un punto di sintesi nel piano particolareggiato allora vigente, che prevedeva si la ristrutturazione del Borgo (non il restauro conservativo), ma consentendo la realizzazione di una galleria commerciale con ingresso da piazza Zanella, lungo la quale si sarebbero dovuti attestare molti nuovi edifici alti fino al triplo di quelli di Quirino a completa saturazione del lacerto agricolo ancora esistente nel retro del Borgo Rurale, una parte dei quali sono stati realizzati.
Con l’occasione del Contratto di Quartiere II, un programma innovativo in ambito urbano promosso dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e dalla Regione del Veneto per selezionare interventi di edilizia residenziale pubblica e delle opere di urbanizzazione, anche a carattere sperimentale, necessarie per incrementare la dotazione infrastrutturale dei quartieri degradati, abbiamo potuto progettare un intervento non già nei singoli edifici, ma alla scala urbana del Borgo Rurale. In questa accezionela riqualificazione degli alloggi di edilizia residenziale ed i servizi di loro pertinenza sono stati utilizzati come uno strumento per dare avvio al processo di rigenerazione e forse di risignificazione della zona centrale i cui benefici sono rivolti ai cittadini del capoluogo vigontino e non ai soli fruitori delle abitazioni.
Un programma di interventi che aveva il duplice obiettivo di tutelare il Borgo, riconosciuto come bene comune, ricostruendone le relazioni con la città cresciutale at¬torno ed adeguandolo al ruolo centrale assunto dal luogo.
I contenuti del progetto
Morto semi sconosciuto nel 1997 a 90 anni, l’architetto Quirino de Giorgio ebbe in gioventù notevoli riconoscimenti quale esponente del Movimento Futurista. A 25 anni prese parte alla prima grande mostra padovana del 1932 dei futuristi del triveneto, a cui seguirono numerosi importanti incarichi pubblici fino all’anno 1946, quando al crollo del regime seguì l’accusa di essere stato un esponente di spicco del regime fascista. All’abiura pubblica seguirono incarichi privati, ma non il recupero della notorietà rimasta indissolubilmente legata al periodo mussoliniano. Solo recentemente alcune pubblicazioni (Pietrogrande 1992) ed esposizioni (1991 Padova, 2007 Padova) hanno riscoperto l’interesse culturale legato alle sue opere provandole a separare dalla connotazione ideologica.
Il nostro lavoro, a cui molto hanno contribuito le riflessioni con il Soprintendente Guglielmo Monti prematuramente scomparso nel 2014, costruisce un ulteriore tassello di questo riconoscimento.
Piazza d’Italia
Lo studio delle numerose foto, conservate al MART di Rovereto, scattate durante i lavori dallo stesso Quirino di Giorgio ci ha convinto che fosse soprattutto la modellazione del vuoto il tratto distintivo dell’intervento Quiriniano: un piccolo pezzo di città d’avanguardia negli anni ’30, realizzata a complemento del palazzo municipale già esistente dove residenze, casa del fascio, teatro, loggia mercatale conformano un ampio spazio pubblico dalle forme concave e convesse. Vuoto ed edifici sono tutt’uno a formare uno spazio dai massimi contrasti ispirato dalle “Piazze d’Italia” dipinte da Giorgio de Chirico dal 1912.
Da qui la decisione di lavorare (progetto e direzione dei lavori) sulla ricostruzione della qualità spaziale, pur nella necessità di utilizzare materiali durabili in vece dell’originaria terra battuta che occupava in gran parte della piazza.
Abbiamo quindi operato su diversi livelli. Il primo dei quali attiene all’utilizzo pedonale dello spazio, scelta resa possibile e coerente con gli obiettivi del programma di sperimentazione urbana redatto per il Contratto di Quartiere, che ci ha permesso di eliminare qualsiasi dislivello nella piazza dovuto alle canalizzazioni dei flussi viabilistici
Mentre il secondo attiene al volume del vuoto: per ristabilire il giusto rapporto tra spazio ed edifici si è abbassato il piano di calpestio della piazza scoprendo l’origina¬rio piano d’imposta dei fabbricati, si sono sostituiti i pini marittimi, in parte pericolanti, con aceri italici, alberi di seconda grandezza per non sovrastare la dimensione degli edifici e si sono eliminate le infilate dei fitti sostegni della pubblica illuminazione allineati lungo strada, sostituendoli con nuovi apparecchi a led installati in pochi luoghi discreti entro la piazza.
Ed infine si è agito sulla qualità tonale della pavimentazione, utilizzando una stesa di graniglia di pietra di Verona fissata con resine, di grane diverse per vibrare con la luce, il cui colore declina il mattone a vista degli edifici di Quirino, ricostruendo così l’unitarietà tra lo spazio, scandito solo dalle campiture vegetali e le quinte che lo delimitano.
Il nuovo giardino
Nella parte retrostante il Borgo (progetto e direzione dei lavori), già lacerto dell’originaria campagna a campi chiusi delimitati dai fossati, è stata eliminata la previsione di nuova edificazione nelle aree di proprietà pubblica reinterpretando il luogo alla luce della necessità di garantire l’invarianza idraulica dell’intorno, onde mitigare gli impatti delle precipitazioni meteorologiche rese sempre più intense dalle modificazioni climatiche.
Si è per questo progettato un’area verde in continuità con la piazza, caratterizzata da forte modellazione del suolo dettata dalle necessità dell’equilibrio idraulico, dove il funzionamento del sistema di raccolta e depurazione naturale dell’acqua piovana diviene anch’esso tema del programma di sperimentazione urbana.
Si tratta di uno spazio pubblico di notevoli dimensioni (superiore ai 2 ettari) a connessione e continuità di piazza Zanella e dell’antistante polo civile (Municipio, poste, direzione didattica) con la principale via Roma, nel quale la pioggia viene raccolta con differenti modalità. Parte in dolci depressioni che articolano altimetricamente il giardino formando delle stanze altrimenti utilizzabili una volta cessati gli eventi meteorologici. In altra parte convogliandola tramite pavimentazioni drenanti (ghiaia di fiume di diversa pezzatura in un sistema di vasche a caduta piantumato con una selezione di piante lacustri tipiche del paesaggio veneto (tife, iris, ecc..), il cui apparato radicale è in grado di fitodepurare l’acqua fatta scorrere in sublaminazione, che può così confluire pulita nell’ultima vasca delle piante acquatiche, divenendo un’attrazione e forse un motivo per frequentare il giardino.
Favorire le occasioni di utilizzo del luogo
Per favorire ed ampliare la relazione tra edifici e piazza, il progetto di restauro (curato fino all’esecutivo) ha separato le destinazioni d’uso dei piani terra degli edifici del Borgo Rurale affacciati in piazza dagli alloggi mantenuti al piano primo, mantenendone l’assetto distributivo verticale e gli accessi originari. Una soluzione che ha ridotto le dimensioni delle unità immobiliari (dai quattro vani originari ai due del progetto) aumentandone il numero da 10 a 22, ma ha permesso di destinare i piani terra a piccole botteghe a diretto contatto con la piazza (fig.10).
L’acquisizione di un finanziamento comunitario destinato allo sviluppo delle imprese dedite all’artigianato artistico (di cui si è fornita la consulenza ottenere e gestire il contributo) ha permesso di abbattere al 50% i costi di insediamento per ogni richiedente, consentendo la rapida individuazione e l’avvio delle imprese artigianali. Oggi i laboratori sono locati e buona parte delle loro attività, sartoria su misura, stilista di calzature, maglieria a mano, estetista, restauro bici, ecc. stanno contribuendo alla vitalità quotidiana della piazza, che tuttavia dà il meglio in occasione degli eventi temporanei, divenendo in quel mentre un luogo di riferimento riconosciuto dall’intera cittadina.