Guardiamo al futuro di Melbourne: gli studi demografici indicano che il numero di abitanti crescerà di 1,8 milioni tra il 2006 e il 2036. Quale tipo di misura ritiene più opportuna per sostenere l’attuazione di nuovi insediamenti e i sistemi di trasporto collegati?
Il Governo dello Stato di Victoria ha pubblicato un documento di discussione che illustra alcune delle questioni in gioco per quanto riguarda la crescita della popolazione, ponendo una serie di domande ai soggetti interessati alle quali si doveva rispondere entro la fine di febbraio 2013. Le questioni trattate sono relative ai mezzi di trasporto, al movimento delle merci, alle infrastrutture, all’ambiente e alla residenza.
La relazione afferma che «le opzioni a prezzi accessibili per persone a basso o limitato reddito che intendano acquistare o prendere in affitto la loro prima casa sono diventate sempre più limitate nei quartieri periferici di Melbourne». Studi recenti hanno, infatti, messo in evidenza che questi acquirenti di casa risultano essere quelli più soggetti a “stress da mutuo” e che i costi attribuibili al vivere nei margini periferici della città contribuiscono in maniera significativa al carico finanziario già sostenuto.
Il rapporto afferma, inoltre, che «nel corso dei prossimi 30-40 anni si stima che Melbourne possa aver bisogno di circa un milione di altri alloggi per soddisfare le esigenze abitative derivate dall’aumento della popolazione e dalla diminuzione del numero di persone che occuperanno i singoli alloggi». A questo riguardo, la densificazione lungo determinate vie di trasporto è una possibile soluzione e ne è stata dimostrata la fattibilità in un recente studio di Rob Adams del Melbourne City Council. Lo studio ha evidenziato che, anche escludendo le ‘no go’ heritage areas, lungo le linee del trasporto su rotaia ci potrebbe essere ancora un’ampia disponibilità di zone per gli alloggi dei nuovi abitanti. Secondo Adams, un nuovo modello di sviluppo che preveda insediamenti con più edifici di altezza fino a otto piani potrebbe superare le resistenze locali e dare risposta alla domanda di alloggi per la popolazione in crescita, senza intaccare le aree collettive più sensibili.
Questa strategia, se intesa come panacea per le esigenze poste dalla crescita di popolazione, ha incontrato diverse opposizioni, anche perché, nonostante i tassi di utilizzazione dei trasporti pubblici e della bicicletta siano in aumento di anno in anno, i Melbourniani hanno ancora una grande predilezione per l’automobile. Inoltre, l’uso dei trasporti pubblici ha raggiunto un livello tale che, in alcuni casi, può risultare critico per l’attuale capacità del sistema anche senza considerare le pressioni aggiuntive che si avrebbero con la densificazione abitativa lungo le vie di trasporto. Lo studio Making Public Transport work in Melbourne (David McCloskey, Bob Birrell and Rose Yip, People and Place, 2009) ha precisato che solo “il 12 % di tutti i lavoratori che vivono a 500 metri da una fermata del tram o del treno li usa come mezzo ordinario di trasporto”. Gli spostamenti con l’automobile sono talmente preponderanti che, perché l’ipotesi di densificazione possa funzionare, appare assolutamente necessario diminuire significativamente l’uso delle automobili nelle aree interessate.
Si è, inoltre, verificato che i costi di costruzione nella periferia di Melbourne sono decisamente più alti rispetto a quanto avviene in aree più vicine al Central Business District (CBD), fatto da attribuire ai maggiori costi delle opere infrastrutturali connesse con lo sviluppo di aree non urbanizzate. In genere questi costi non sono a carico del soggetto promotore e vengono viceversa sostenuti dal soggetto pubblico cosicché sembra esservi la necessità di trasferire una quota sempre maggiore di questi costi pubblici ai promotori privati. È stato riscontrato che per 1000 alloggi realizzati rispettivamente in zone già urbanizzate o di espansione periferica i costi sono pari a 309 milioni dollari e 653 milioni dollari.
Pensa che i criteri per limitare la crescita dell’area metropolitana di Melbourne delineati dal Governo attuale siano una misura adeguata per fronteggiare lo sprawl?
I limiti posti dal Governo per evitare il fenomeno dello sprawl non sono stati minimamente efficaci se confrontati con quanto è riuscita a fare la pura e semplice economia propria del vivere nelle aree suburbane esterne di Melbourne. Lo “stress da mutuo”, individuato in studi recenti, è definizione che sottolinea i costi occulti che devono essere sostenuti dagli abitanti delle aree più esterne di Melbourne. Lo “stress da mutuo” è termine che si usa in riferimento all’obbligo da parte di una famiglia di dover spendere fino a un terzo del proprio reddito complessivo per pagare le rate del mutuo per l’acquisto dell’immobile.
Le proprietà poste negli ambiti periferici sono presentate dai promotori immobiliari esibendo un certo stile di vita legato alla libertà, all’indipendenza, alla vita di comunità e allo spazio disponibile. Questi però si guardano bene dal descrivere i costi aggiuntivi associati ai viaggi in automobile per andare al lavoro nonché alla mancanza di servizi e mezzi di trasporto alternativi. Tuttavia, con l’avvento della grande crisi finanziaria (GFC) le proprietà nei quartieri periferici stanno mostrando un netto calo delle vendite e i promotori offrono incentivi importanti, quali l’allestimento degli spazi aperti o l’arredamento e i servizi per la casa, ecc. invece di abbassare i prezzi effettivi dei terreni e certificare così che tale prezzo è, in queste aree, molte decine di migliaia di dollari superiore a quello che dovrebbe essere.
Uno studio recente, One Melbourne or Two. Implications of Population Growth for Infrastructure and Services in Interface Areas (Essential Economics Pty Ltd, 2013), sembra riconoscere che le aree periferiche rappresentino una sorta di classe “svantaggiata”. Per lo studio, nonostante la spesa di 10 miliardi di dollari australiani programmata in queste aree per i prossimi 15 anni, si aggraverà il divario in dotazioni di infrastrutture e risorse tra le zone periferiche e quelle più centrali, con il rischio di creare una vera e propria distinzione di classe tra le aree interne ed esterne di Melbourne.
Se si eccettuano i Docklands, lo sviluppo di Melbourne negli ultimi vent’anni si è focalizzato su diversi progetti di piccola scala diffusi in tutta la città (come la riqualificazione di Swanston St. e delle laneways).
Ora Guy intende concentrarsi su ambiti di riqualificazione urbana di più larga scala. Ritiene che questo scenario porterà ad una Melbourne migliore o comunque l’abbandono della “diffused strategy” renderà la città meno vivibile?
L’annuncio da parte del Ministro della Pianificazione della completa trasformazione dell’area del Fisherman’s Bend da zona industriale a quartiere residenziale non fornisce alcun reale beneficio per il cittadino comune. Nel passato, i governi avrebbero strategicamente “ri-pianificato” il territorio in modo tale da creare un surplus di valore dei terreni di proprietà pubblica adiacenti agli interventi privati. Così facendo si sarebbe attivato uno strumento prezioso mediante il quale porzioni di beni di proprietà dello Stato avrebbero aumentato il loro valore velocemente e con molta facilità, fornendo così maggiori vantaggi per la comunità nel momento eventuale dell’alienazione del bene. Nel caso di Fisherman’s Bend non c’è nessun coinvolgimento significativo di proprietà pubbliche interne all’area di intervento. Inoltre, avendo ora pianificato gli interventi all’interno della zona, il Governo deve spendere molto di più per l’acquisto delle aree di sedime necessarie per le strade, le infrastrutture, ecc.
Pensa che il fallimento di programmi di riqualificazione urbana ad alta densità come i Docklands sia dovuto anche alla preferenza che molti australiani ancora dimostrano per case a schiera o monofamiliari, anche se collocate in periferia?
Per i Docklands non si tratta soltanto di un fallimento nella scelta della tipologia edilizia, ma piuttosto di una mancanza di pianificazione attenta alla scala umana. La progettazione urbanistica di dettaglio, volta a creare spazi a misura d’uomo, non è stata presa in considerazione nei Docklands se non in tempi decisamente posteriori alla loro costruzione (in tempi recenti la città di Melbourne ha ripreso il controllo del programma dei Docklands sottraendolo ad un grande ente di promozione immobiliare quale è Places Victoria).
Ristoranti e caffetterie – quegli spazi ai quali i promotori immobiliari attribuiscono la capacità magica di attrarre persone verso determinati spazi – hanno lottato per sopravvivere nell’ambiente dei Docklands, ma stanno chiudendo. I promotori ai quali si è dato libero sfogo nel corso delle fasi iniziali di attuazione del programma hanno concentrato l’attenzione soprattutto sul proprio terreno edificabile e sulle abilità necessarie per gestire il mercato delle abitazioni all’interno di tali ambiti. Alle zone circostanti e ancor più alle aree intercluse tra gli edifici si è dato poco peso o importanza. Di conseguenza, l’intera area ha sofferto di una mancanza di coesione e della sensazione di essere una comunità “chiusa”.
Il motivo principale che giustifica la propensione dei Melbourniani per l’acquisto in aree periferiche è il costo. La Metropolitan Planning Strategy per Melbourne ha messo in evidenza i 40.440 progetti di edifici residenziali approvati nel 2011. Oltre 22.000 dei permessi di costruire approvati riguardavano case unifamiliari e circa 18.400 altre tipologie abitative quali appartamenti, villette a schiera o unità di complessi insediativi omogenei. Quasi un terzo di tutte le autorizzazioni era localizzato nelle municipalità che ospitano le zone di espansione urbana dell’area metropolitana. Possiamo, quindi, dire che i Melbourniani non dimostrano così tanta paura dell’alloggio in edifici multifamiliari come può sembrare.
Alla fine degli anni ’80 Rob Adams e il suo ufficio hanno pianificato la città che possiamo vedere oggi. Cosa pensa che sarà Melbourne fra trent’anni?
Parte della rivoluzione che Rob Adams ha avviato in Melbourne gravita intorno all’idea di una vigilanza costante. Nel momento in cui ha assunto il suo attuale ruolo nel Melbourne City Council, la città era molto diversa. Il fiume era ancora considerato come accadeva nel XIX secolo: una sorta di fogna a cielo aperto e certamente non un luogo vicino al quale concentrare attività per i cittadini; i negozi chiudevano a mezzogiorno il sabato e non riaprivano fino al lunedì. La città di domenica era un luogo desolato, privo di persone – sostanzialmente il centro della città era dedicato al solo lavoro.
Comunque, fra trent’anni, il destino di Melbourne, così come il destino di altre città vicine, sarà legato alla nostra capacità di risposta ai fenomeni del cambiamento climatico e al modo con cui sapremo gestire i principali sconvolgimenti collegati ai livelli attesi di cambiamento. Dal picco del petrolio, all’aumento dei livelli delle acque costiere, alla scarsità di acqua e cibo, le sfide che dovrà affrontare Melbourne saranno rispecchiate da altre città in tutto il mondo. La nostra capacità di creare e far crescere città resilienti capaci di sostenersi da sole richiederà cambiamenti fondamentali nei modi di pensare e nell’allocazione dell’energia disponibile.