Urbanistica INFORMAZIONI

La maniera di Suzhou: innovazione urbana e continuità urbano-rurale

Suzhou: il paradiso in terra

Il paradiso in cielo, Suzhou e Hangzhou in Terra, recita un antico adagio cinese. Le due città, dalla storia millenaria, hanno prosperato per secoli come centri commerciali e agricoli delle fertili pianure del Delta del fiume Yangtze. Suzhou, in particolare, si è sviluppata a oriente del lago Tai, attorno a una fitta rete di canali, destinando le piane umide alla coltivazione del riso e i declivi collinari attorno al lago alla produzione del tè. La regione si è inoltre specializzata nella produzione di una delle sete più pregiate al mondo.

Dopo il completamento del Gran Canale nel settimo secolo d.C., Suzhou ha assunto gradualmente il ruolo di snodo della viabilità fluviale tra il Nord e il Sud della Cina, diventando uno dei centri economici e culturali della regione meridionale del Jiangsu (Dong, 2004). Il complesso e denso sistema di irrigazione sviluppato a seguito della costruzione del Gran Canale si è integrato in maniera armoniosa con la trama urbana della città. Per questa ragione il nucleo storico urbano è ancor oggi denominato a ‘doppia scacchiera’, permanendo il sistema parallelo di arterie stradali e vie d’acque che compongono la trama regolare a griglia del centro. Tale trama, presente già nelle mappe del tredicesimo secolo, è tutt’oggi visibile dalle foto aeree, essendo rimasta per lo più intatta.

Il paesaggio urbano storico sviluppato attorno alle vie d’acque e i fitti canali le deve la denominazione di ‘Venezia d’Oriente’. Ciò che tuttavia arricchisce principalmente la città sono i numerosi giardini privati storici, costruiti sin dalle dinastie Ming e Qing dai ricchi mercanti e funzionari imperiali locali, fino a tutto il diciottesimo secolo. I giardini, che ricreano paesaggi naturali in miniatura e riflettono l’importanza metafisica della bellezza naturale così radicata nella cultura cinese, sono riconosciuti un capolavoro nel loro genere e per questo inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO.

A differenza delle città imperiali cinesi, il carattere architettonico di Suzhou non è monumentale, ma deriva dalla ricchezza delle dimore private, e da un tessuto urbano che spesso richiama le forme vernacolari rurali (Xu, 2000). Corrispondenze tra i quartieri storici del centro e i villaggi rurali che, assieme alle risaie e ai fish ponds, costituiscono un paesaggio rurale peculiare della parte meridionale della regione deltizia del fiume Yangtze, sono un tratto caratterizzante della città.

Ciò conferma l’ipotesi della presenza di un continuum urbano-rurale delle città cinesi sin dalla cosiddetta ‘rivoluzione urbana’ medievale, tra il decimo e tredicesimo secolo d.C, quando i centri urbani hanno assunto un ruolo commerciale e produttivo, oltre che amministrativo e di consumo (Elvin, 1973). Questo ha determinato modifiche nella struttura urbana e territoriale, inclusa l’apertura delle strade al commercio e la diffusione di centri di commercio suburbani.

Al contrario delle città Occidentali, le mura urbane, pur dominanti nel paesaggio urbano, non hanno mai rappresentato una vera cesura tra città e campagna. Allo stesso tempo, le città cinesi, non hanno mai sviluppato veri e propri luoghi di aggregazione pubblica come le piazze. è un tratto che si spiega con la relativa mancanza di libertà della classe mercantile, più propensa alle arti e alla cultura e più orientata alla vita privata. Questo, se comparato al dinamismo economico e sociale dei comuni medievali Europei, radicato nella profonda divisione tra mondo urbano e rurale, spiega la sostanziale differenza tra le forme di civilizzazione urbana Occidentale e Orientale (Braudel, 1987).

La città tra innovazione industriale e conservazione urbana

A partire dal diciannovesimo secolo, la città di Suzhou ha sofferto un declino inesorabile dovuto alla perdita di centralità del ruolo, un tempo indiscusso, di centro economico regionale. Il declino del trasporto fluviale e lo sviluppo ferroviario della fine dell’Ottocento, hanno contribuito a marginalizzare la città dai principali traffici commerciali. Tuttavia, sarà la fine della prima guerra dell’Oppio e la contestuale ascesa di Shanghai come porto per gli scambi con l’Occidente, a spostare definitivamente l’asse degli interessi finanziari e commerciali verso la costa (He, 2007). Non è un caso che il perimetro della città costruita rimarrà pressoché invariato fino alla ripresa economica degli anni ottanta.

A partire dalle riforme economiche avviate da Deng Xiaoping nel 1978, la Cina si è avviata verso una graduale apertura al sistema capitalista occidentale. La città, alla stregua delle maggiori metropoli cinesi della costa, è stata investita da un tumultuoso sviluppo economico e la sua area urbana area è passata da circa 28 km2 nel 1980 a 329 km2 nel 2010, con un incremento pari a 11,5 volte (Wang, Shen e Chung, 2015).

La suddivisione amministrativa di Suzhou si è dunque adattata per riflettere le mutate condizioni urbane ed oggi si compone di cinque distretti urbani (urban district) e quattro contee (county). I distretti urbani sono Gusu, Suzhou Industrial Park (SIP), Suzhou New District (SND), Xiangcheng, Wuzhong, a cui si è aggiunto recentemente, nel 2012, il distretto meridionale di Wujiang, che si estende lungo il lato orientale del Lago Tai. I cinque distretti formano di fatto una struttura urbana policentrica e ormai fortemente integrata dove risiedono più di 4,5 milioni di abitanti mentre l’intera prefettura (Prefecture-level city) ne conta più di 10, per una estensione pari a circa la dimensione dell’intera Regione Umbria.

Con l’approvazione della Legge sulla Protezione dei beni culturali del 1982, Suzhou viene designata città di valore storico e culturale. Da allora, la conservazione del centro storico è diventata una priorità delle politiche urbane locali, limitando di fatto la costruzione edilizia in aree centrali. L’intera economia del centro si è specializzata nel commercio e in attività legate al turismo, mentre funzioni ritenute incongruenti sono state rilocalizzate al di fuori del nucleo centrale. Con l’approvazione del Master Plan del 1986 l’Amministrazione ha avviato l’espansione della città verso Ovest, con la designazione di un nuovo distretto urbano e industriale, chiamato SND (Suzhou New District), per stimolare lo sviluppo di attività produttive senza danneggiare il centro storico.

Nei villaggi e centri urbani attorno a Suzhou si è avviato contestualmente un processo di industrializzazione delle campagne, per effetto della politica nazionale a sostegno delle cosiddette village and township entreprises. Il modello, tipicamente cinese, si è diffuso in particolare nel Guangdong e Jiangsu, assumendo nell’area attorno a Suzhou il nome di modello ‘Sunan’ (Southern Jiangsu Province). Se da un lato, l’industrializzazione delle campagne ha prodotto considerevoli danni ambientali diffusi, dall’altro ha avuto il merito di frenare parzialmente l’esodo dalla campagna alla città diffondendo ricchezza in aree marginali (Friedmann, 2005).

Più recente è invece la designazione di SIP (Suzhou Industrial Park), a est del centro storico, a nuovo polo di sviluppo terziario e industriale. Il distretto, in origine chiamato Sino-Singapore Industrial Park, per la presenza di investitori da Singapore e per la volontà del governo di importare il famoso modello di pianificazione urbana della città-stato, viene approvato nel 1994. La designazione dell’area segue di poco l’avvio della costruzione del distretto finanziario di Pudong a Shanghai nei primi anni novanta, candidando la regione metropolitana di Shanghai-Suzhou a divenire uno dei maggiori poli finanziari e industriali export-oriented della Cina, aperti al capitale straniero e agli investimenti esteri. L’area industriale di SIP è cresciuta dai circa 8 km2 nel 1997 agli attuali 80 km2. Vi risiedono più di 1 milione di abitanti e l’intero distretto produce oggi circa il 20% dell’intero PIL di Suzhou (Wang, Shen e Chuang, 2015).

Tuttavia l’ambizione di divenire un polo di innovazione ha spinto l’amministrazione a investire in ricerca e sviluppo, spesso in concorrenza con Shanghai (Wei, Liefner e Miao, 2011). Oggi le industrie hi-tech producono circa 2/3 dell’intero output industriale (dati al 2016) mentre nell’ultimo decennio si sono localizzati nell’area 28 Istituti Universitari sia cinesi che internazionali e quasi 500 centri di ricerca, formando uno dei cluster di innovazione più importanti della Cina (SIP, 2017). Per facilitare la rapida transizione di Suzhou da città produttiva a città innovativa è stata fondata una città universitaria, chiamata Dushu Lake Higher Education Town.

I due parchi industriali, SND e SIP, sviluppati rispettivamente a Ovest e ad Est del centro storico, hanno oggi assunto le sembianze di vere e proprie città con un proprio Central Business District e aree residenziali e industriali all’esterno. Il più recente Master Plan della città (2011-2020) li identifica a tutti gli effetti poli del nuovo sistema policentrico urbano di Suzhou.

Lo sviluppo urbano, che ha privilegiato storicamente l’asse Est-Ovest, si dirige oggi verso Nord e Sud, rispettivamente verso i distretti di Xiangcheng e Wuzhong. La nuova linea dell’alta velocità Shanghai-Pechino viene completata nel 2011, attraversando Xiangcheng e, nel 2013, viene inaugurata la stazione Nord di Suzhou, attorno alla quale è sorta una vera e propria new town. A Wuzhong, a Sud, la presenza del lago Tai spinge a scelte urbanistiche più compatibili con l’ambiente lacustre. Vengono avviate politiche di salvaguardia del paesaggio naturale e degli insediamenti storici rurali, assieme alla valorizzazione turistica dell’area, iniziata già nei primi anni ‘90 con l’istituzione del Suzhou Tai Lake National Tourism Zone. L’area, famosa per la produzione locale di tè e frutta e storicamente area di soggiorno turistico, si presta infatti a uno sviluppo turistico di qualità. Non mancano massicci interventi urbanistici come nel caso di Wujiang riportato di seguito.

Le aree periurbane di Suzhou

La campagna attorno a Suzhou si presenta fortemente urbanizzata: la transizione rurale-urbana è avvenuta in forme discontinue prevalendo, di volta in volta, sullo sviluppo residenziale o industriale. Questo ha generato un paesaggio complesso caratterizzato da una grande diversità di sistemi locali del lavoro più o meno integrati nella economia urbana e dalla coesistenza, spesso conflittuale, tra nuovi sviluppi urbani e insediamenti rurali originari.

Lo sviluppo di attività produttive in aree agricole ha assunto sovente il carattere di dispersione insediativa, vissuta decenni or sono dall’Italia dei distretti industriali. Le conseguenze sono state spesso simili: danni ambientali legati sia al sistema produttivo che della mobilità, riduzione drastica e frammentazione dei suoli agricoli, alterazione rapida dei paesaggi tradizionali. In una regione come quella di Suzhou, dove la coltivazione del riso e la produzione di pesce (anche ad alto valore aggiunto come i famosi granchi del lago Yangcheng) dipendono dall’equilibrio fragile tra sistema insediativo e sistema ambientale, la crescita urbana, con le sue esternalità negative, ha danneggiato alcuni settori dell’economia locale.

Tuttavia, in anni recenti, la società cinese in rapida evoluzione sta riscoprendo una serie di valori culturali legati alle proprie radici agricole, fino a pochi anni fa negati e considerati sinonimo di arretratezza e povertà. è un processo agli inizi che tuttavia sta producendo, nelle regioni più mature della Cina come il Delta del Yangtze e del Fiume delle Perle, una domanda più articolata di qualità sia per quanto concerne il consumo di cibo che l’impiego del tempo libero da parte delle nuove élite urbane e della emergente classe media. Le aree periurbane e rurali di Suzhou sono un caso esemplare in questo senso (Verdini, Wang e Zhang, 2016). A fianco alla più famose water town turistiche si sono sviluppate attività di ristorazione a conduzione familiare, attività agricole per il tempo libero, parchi ambientali e ospitalità diffusa (Wang, 2016). La conservazione delle aree agricole, storicamente tema di rilevanza strategica a livello nazionale per la sicurezza alimentare, sta dunque diventando un tema di interesse locale.

Il modello di sviluppo delle città cinesi si basa ancora sul meccanismo lucrativo di conversione dei suoli da rurali a urbani, in virtu’ del regime di proprietà pubblica del suolo e della relativa facilità di esproprio. Negli ultimi anni, d’altra parte, a seguito della pubblicazione del Piano di Urbanizzazione Nazionale (2014), l’orientamento delle politiche urbane verso pratiche di sostenibilità sta determinando una correzione di rotta rispetto a un modello prima basato esclusivamente sul paradigma della crescita (Verdini, 2014a). Ne consegue una maggiore consapevolezza sulla necessità di conservazione anche qualitativa delle aree rurali.

L’area a sud-ovest di Suzhou, storicamente agricola, presenta una serie di elementi di diversità sociale ed economica, che la rendono unica nel panorama nazionale. In particolare il distretto di Wujiang è stato sin dagli anni trenta del novecento un’area specializzata nella produzione di piccola scala della seta. Attività tessili a livello familiare si sono sviluppate a latere della attività agricola e studiate come esempio di sviluppo locale proto-industriale dal famoso antropologo e sociologo Fei Hsiao-Tung (Fei, 1939).

Tale tradizione permane tutt’oggi, anche se l’intero ciclo produttivo della seta e in particolare la coltura dei bachi non avviene più in loco. Rimane un’importante tradizione tessile che in parte si svolge ancora nei villaggi rurali.

Nel corso del novecento il lavoro nei campi è stato spesso affiancato da altre attività per garantire forme alternative di reddito: in passato la lavorazione della seta in loco e, dagli anni ‘80, l’impiego in attività commerciali o industriali limitrofe. Nonostante questo, in uno studio del 2014 sul villaggio rurale Jinshi a pochi km a ovest di Suzhou, è emerso che circa la metà del reddito prodotto dagli abitanti deriva da attività ancora presenti nel villaggio, tra le quali il ricamo fatto in laboratori domestici per conto terzi (Verdini, 2014b). Questo caso testimonia che, nonostante la massiccia crescita urbana abbia ampiamente modificato la struttura sociale e produttiva della città, permangono economie locali anche informali nei villaggi, che si adattano alle mutate condizioni economiche e morfologiche. Come verrà introdotto nel seguente paragrafo, il sistema delle politiche locali spesso però non è in grado di interpretare e valorizzare tale complessità locale con il rischio di accelerarne la scomparsa.

Progettare le aree periurbane di Suzhou: sfide e opportunità

A fronte del rapido mutamento avvenuto a ridosso delle aree urbane delle città cinesi e dei rischi connessi alla perdita dei suoli produttivi agricoli, le amministrazioni locali hanno risposto con misure emergenziali spesso controverse. A livello nazionale si è sostenuta la necessità di razionalizzare il processo di trasformazione in corso attraverso la politica delle cosiddette ‘localizzazioni e concentrazioni dei villaggi’ sin dai primi anni duemila. Tale politica affronta la questione dell’uso inefficiente dei suoli rurali in relazione alla loro scarsità e ha come obiettivo di rilocalizzare gli abitanti dei villaggi rurali nei maggiori centri urbani, demolire i villaggi e consolidare i terreni agricoli per favorire forme più efficienti di agricoltura intensiva (Ren e Yao, 2000).

In aggiunta, il sistema di politiche urbane nazionali prevede il cosiddetto mantenimento del ‘bilancio dinamico’ dei suoli agricoli coltivabili per effetto della Legge sulla gestione dei suoli del 1998 (Lu e Huang, 2010). Il meccanismo normativo obbliga le amministrazioni comunali a mantenere il bilancio dei suoli coltivabili costante per esigenze di sicurezza alimentare. Ne consegue la necessità di convertire aree non coltivabili (tra cui aree boschive, fish ponds, etc.) a coltivabili per una quota pari a quella utilizzata per lo sviluppo urbano. E’ evidente che in aree già fortemente urbanizzare e densamente popolate, tale politica si è rivelata spesso impraticabile, o ha generato esiti controversi, come nel caso del villaggio di Shuang Wan, di seguito descritto.

Il villaggio di Shuang Wan si trova a sud del Distretto di Wujiang ed è stato oggetto di uno studio di ricerca nel biennio 2015-2016, commissionato dal governo locale, su modelli di sviluppo rurale alternativi. La designazione di Wujiang a distretto urbano ha comportato lo stanziamento di massicci investimenti per una vera e propria new town, chiamata Tai Lake New City, affacciata sul lago Tai e oggi in fase di completamento (Figura 9). Tale intervento è stato occasione per riprogettare un tessuto urbano incoerente e periferico, razionalizzare il sistema infrastrutturale attorno a una nuova linea metropolitana nord-sud e dotare Wujiang di un CBD e di nuove aree residenziali e produttive. Allo stesso tempo ha comportato una drastica riduzione di suoli agricoli. La città di Suzhou, in risposta alle imposizioni nazionali sulla conservazione dei suoli, ha emanato una norma locale chiamata dei ‘4 milioni di Mu’ (1 milione di Mu = 666,7 ettari) per preservare (o creare) suoli per la produzione di riso, per l’acquacoltura, per gli ortaggi e per la produzione di legname. Tuttavia, la ripartizione a scala locale delle quote, ha spesso originato controversie.

A inizio 2015 il territorio di Shuang Wan (Figura 10) è stato selezionato dalla amministrazione del distretto per contribuire al raggiungimento della quota di suolo coltivabile, a scapito di una quota di fish ponds (circa il 50%) presenti in grande quantità e fonte di una remunerativa economia rurale. Il caso Shuang Wan testimonia come lo scarso coinvolgimento degli attori locali nei processi decisionali in Cina, assieme al persistere di un sistema di governance ancora in larga misura centralizzato, genera spesso perversi effetti territoriali (Sturzaker e Verdini, 2017).

Il supporto tecnico fornito alla amministrazione locale ha avuto l’obiettivo di formulare scenari di sviluppo compensativi rispetto alla previsione di riduzione dei fish ponds e attenti alla salvaguardia del paesaggio rurale e del patrimonio vernacolare, visto il potenziale turistico dell’area.

Sulla base di queste premesse, l’Amministrazione locale ha aderito alla sperimentazione di un progetto pilota per l’applicazione della Raccomandazione UNESCO sul Paesaggio Urbano Storico (HUL – Historic Urban Lanscape), supervisionato dal WHITRAP di Shanghai (il World Heritage Institute for Training and Research in the Asia-Pacific Region), culminato con la pubblicazione del caso tra i progetti pilota in Asia per l’implementazione di HUL (WHITRAP, 2016). Il progetto ha previsto la partecipazione dei cittadini, in particolare attori economici locali, alla definizione di strategie di sostenibilità che si sono concretizzate in proposte concrete di miglioramento dello spazio pubblico, di conservazione del patrimonio e di conversione dei vecchi fish ponds in aree per la coltivazione delle rose ad uso alimentare e decorativo (Verdini, Frassoldati e Nolf, 2016). Il progetto, che mira a mitigare gli effetti negativi sulla economia locale del modello di crescita urbana, testimonia la grande capacità di adattamento dei sistemi locali, ma anche i rischi della loro perdita, dovuto ai processi di rapida urbanizzazione. Questi sistemi, per loro natura, sono invece fonte di risorse endogene che possono rivestire un ruolo crescente nella formulazione di scenari di sviluppo metropolitano più sostenibili.

Verso uno sviluppo più sostenibile dell’area metropolitana di Suzhou

Dopo oltre tre decenni di sviluppo incessante, Suzhou è divenuta una delle città più ricche e dinamiche della Cina. Tuttavia, il raggiungimento di ambiziosi obiettivi economici ha generato una serie di effetti collaterali. Il centro storico, al pari di alcune water town come Tongli, pur avendo conservato le proprie forme originarie, è ormai da tempo oggetto di fenomeni di turismo di massa e si sta avviando verso un pericoloso mono-funzionalismo. La città di recente formazione è invece cresciuta per addizione rapida di immensi ‘parchi industriali’, per lo più pianificati secondo i principi dell’urbanistica modernista. Questo ha significato l’imposizione di una rigida griglia urbana che ha favorito lo sprawl e la mobilità su gomma, erodendo la campagna circostante e innalzando il livello di traffico e di inquinamento urbano. La persistenza della industria manifatturiera ad alto impatto ambientale in aree relativamente centrali ha inoltre acuito il problema della qualità dell’aria.

La città, pur avendo iniziato da tempo un processo di ristrutturazione economica, dotandosi di moderni centri terziari e universitari a latere dei poli produttivi e di infrastrutture culturali come musei, teatri, etc., risulta ancora funzionalmente separata e non in grado di avviare sostanziali progetti di rigenerazione urbana . È indubbio che la città di Suzhou ha avviato una riflessione rispetto ad alcuni temi urbanistici cruciali. In particolare, la candidatura vincente nel 2014 per diventare città creativa UNESCO nella categoria ‘Arts and Crafts’, dimostra una strategia più ampia di investire in cultura e creatività favorendo un ambiente attrattivo per imprese e talenti. In aggiunta, l’Amministrazione ha approvato di recente un documento di indirizzo strategico per il turismo (Marzo 2017) dal titolo ‘Linee guida per l’implementazione di una strategia di sviluppo turistico a scala regionale’ per la gestione di un polo turistico-culturale ormai di rango internazionale attraverso la decentralizzazione e il miglioramento dell’offerta turistica complessiva della città, incluso il territorio rurale circostante.

Suzhou si trova dunque di fronte alla sfida che molte città cinesi mature stanno oggi affrontando: di completare una transizione da una economia prevalentemente industriale a una economia di servizi avanzati basata sulla conoscenza e la cultura. Per completare questa transizione, rimangono aperte una serie di questioni irrisolte: in primis la presenza di fabbriche inquinanti localizzate in pieno centro urbano che assorbono ancora manodopera rurale dalle limitrofe province; in secondo luogo di una politica turistica che ancora guarda al turismo di massa come a una risorsa. La città pur tentando di attrarre da un lato lavoratori della conoscenza e dall’altro un nuovo turismo culturale d’élite, fatica ad ottenere gli uni e gli altri. Nonostante il numero crescente di skilled labour presente in città, Suzhou non ha la vitalità culturale di Pechino e non riesce a competere con la vicina e assai più internazionale Shanghai. Questo in parte dipende da una politica urbana che ancora concepisce la città rigidamente separata: il centro per il turismo e il tempo libero, che si avvia a diventare (davvero) una nuova Venezia; e i parchi industriali che, privi di spazi pubblici significativi, difficilmente percorribili a piedi e con scarsa vitalità culturale, stentano a divenire componenti multifunzionali della città, in virtù dell’ impronta modernista che li ha generati.

Il centro ha potenzialità di diventare un vero centro dinamico, rafforzando la propria offerta culturale e lo sviluppo di industrie creative; i parchi industriali, d’altra parte, potrebbero trasformarsi in città più sostenibili e vivibili (e dunque più competitive), a fronte di importanti interventi di rigenerazione urbana. A tutto ciò si aggiunge il fatto che Suzhou, a differenza di altre grandi metropoli cinesi, ha ancora una campagna fatta di villaggi storici, coltivazioni di qualità, paesaggi fluviali e lacustri, che contribuiscono enormemente alla qualità complessiva della città e del suo territorio.

La presenza di una campagna vitale non è in contraddizione con le ambizioni della città. Anzi, il forte legame urbano-rurale rappresenta il vero elemento originale di continuità con il proprio passato (Wheatley, 1971), spesso negato nella Cina urbana di oggi (Xu, 2000). Tuttavia è anche un elemento di fragilità che richiede cura. La sua corretta gestione e valorizzazione potrebbe qualificare Suzhou come uno degli esempi in Cina, se non addirittura in Asia, di connubio riuscito tra politiche di conservazione del patrimonio urbano e rurale e di innovazione urbana.

Riferimenti bibliografici

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Data di pubblicazione: 19 dicembre 2017