Urbanistica INFORMAZIONI

L’opportunità di un palinsesto instabile

Intervista a Ravi Sundaram

Ravi Sundaram è uno dei fondatori del Sarai, programma del Csds, Centro di Studio per lo sviluppo della Società. Il suo interesse è rivolto all’intersezione tra la città post-coloniale e le esperienze urbane mediate dall’uso dei media contemporanei. Il suo ultimo libro intitolato Pirate Modernity è la descrizione di forme illecite di urbanismo inspirate e generate da media e dalle infrastrutture tecnologiche nella città post-coloniale.

Quali sono i cambiamenti più evidenti nella città dopo i Games del 2010?
Sempre più spesso gli eventi sportivi stanno diventando nel sistema globale di riferimento, un evento di mobilitazione economica. Nel caso di Delhi questo evento era il pretesto per innalzare la città ad uno standard di città globale: aprendo la città alla mercificazione e mobilizzando grandi flussi di denaro per impiegarli nella realizzazione di infrastrutture, di stadi. Adesso la città, per esempio, ha molti edifici alti, grattacieli. I Giochi hanno causato un’apertura della città ed una sua trasformazione in termini di forma; ciò significa che, soprattutto in termini di infrastrutture, si è aperto un dialogo pubblico.

In senso negativo o positivo?
Né l’uno, né l’altro, quanto piuttosto nel senso di creare una distrazione creativa. Una distrazione creativa rispetto al vecchio sistema infrastrutturale. Un’ingente somma di denaro è stata impiegata per migliorare il sistema infrastrutturale: nuove linee di bus, della metropolitana, con una nuova attenzione per le rive del fiume Yamuna. Questi principalmente sono stati effetti dopo i giochi del Commonwealth.
La percezione da lontano è che la corsa per la preparazione dei Giochi si sia inceppata per le indagini sulla corruzione.
Ampliamo la riflessione: normalmente gli stadi evolutivi di una grande città possono essere calcolati in intervalli di tempo di dieci, venti, trenta anni.
Si pensi a Barcellona ed a quello che è successo nella città per i Giochi Olimpici: la città si è trasformata in qualcosa di completamente diverso. Nel caso di Delhi la città, non ha raggiunto gli standard che erano previsti ma ha portato a termine delle trasformazioni molto radicali, mi riferisco alla commercializzazione della terra. È cominciata una sorta di mercificazione importante sulla valutazione del valore della terra nonché uno sviluppo della città in crescita verticale. Una nuova mercificazione dettata dal desiderio di avere una propria casa ed in questo senso anche le infrastrutture ed il loro sviluppo hanno cominciato a fare parte del pensiero sulla città. Dopo la fine dei Giochi del Commonwealth, il processo di mercificazione ha cominciato ad andare più velocemente.

Più veloce?
In un certo senso i Giochi sono stati il climax di una crisi urbana che stava durando da cinque o sei anni, arrivati al punto in cui poi le cose hanno cominciato ad andare meglio.

Quale relazione si dà tra il Master Plan e le persone comuni?
Il Master Plan inteso come era inteso nel passato è morto. Il suo ruolo diventa interessante nei casi soggetti alle nuove forme di controllo legale, soprattutto riferite alla recente commercializzazione. Il Master Plan non ha mai funzionato realmente, le sue demarcazioni territoriali neppure. Ha cominciato ad avere valore solo in seguito alla volontà di controllo da parte dell’Alta Corte Costituzionale, collegata alla commercializzazione dell’uso della terra dopo il 2006. La Corte dovendo decidere sull’uso commerciale della terra si è avvalsa del Master Plan come strumento ufficiale di riferimento, ma a parte questo il piano è un modello di pianificazione troppo vecchio per Delhi.

Quali sono state le conseguenze delle azioni di “pulizia” dopo il 2006?
La distruzione di molti luoghi commerciali, di alcuni mercati. Il parlamento ha prima approvato la legge ma poi l’ha sospesa: conseguenza di ciò è stato il reinsediamento di alcuni mercati. Il Master Plan è servito per dare il via ad una modificazione: la conseguenza è che adesso la modificazione è diventata un continuum, un non-stop come se non ci fosse mai fine. Una situazione non chiara. Il Master Plan non funziona assolutamente in tutti i sensi.

Se non il piano istituzionale, chi può decidere allora per lo sviluppo della città?
Buona domanda. Non ci sono soluzioni facili, perché è una situazione di mezzo. Il Master Plan non è la risposta. Ci vorrebbe una nuova visione nella pianificazione forse scegliere un modo più modesto di pianificare, basato su un approccio differente. La zonizzazione progettuale del Master Plan non ha nessun valore; ci vorrebbe un approccio completamente differente. È la scala di pianificazione che non va più bene, andrebbe abbassata rendendo le cose molto più semplici.

La soluzione potrebbe essere agire con piani locali per le diverse zone?
Potrebbe essere, ma si dovrebbe cominciare un dibattito pubblico collegato a questo. Un dibattito in cosa è Delhi oggi e non in cosa potrebbe essere.

Qual’ è stata la reazione dei cittadini dopo il ‘90 e il 2006?
Ci sono stati molti arresti per corruzione. La città ha avuto una crisi urbana molto forte che è durata circa sei o sette anni. Adesso dopo i giochi si è calmata. Ma se cominciassero di nuovo delle demolizioni? Se, dico se, ricominciassero le demolizioni, ci sarebbero proteste da parte dei cittadini che adesso si sono calmati. È tutto molto incerto, per esempio nelle zone periferiche ci sono delle battaglie forti riguardo all’acquisizione della terra da parte dei contadini contro il governo. Sempre per sviluppare nuove aree per abitazioni private.

I contadini si stanno opponendo alla Dda?
No, infatti non sono proprio contro il Governo direttamente, quanto piuttosto contro gli investitori privati, che però sono appoggiati dal governo. Ma questo sta succedendo nei suburbi di Delhi.
I contadini si sono ribellati perché il governo ha confiscato loro le terre con un pretesto di sviluppo industriale, rimborsando loro l’esproprio con cifre corrispondenti ad usi commerciali-industriali, per poi invece rivenderle ad investitori privati a prezzi molto più alti con l’intenzione di ricavarci nuclei abitativi.

Cosa immagina per la città nel futuro?
È molto difficile rispondere. C’è un’assenza totale di urbanistica critica ed io non riesco ad avere un’unica visione; è come se vedessi tanti livelli di città.
Un palinsesto di città. Sì, è come se ci fossero tante città una dentro l’altra.

Data di pubblicazione: 21 novembre 2012