Urbanistica INFORMAZIONI

L’inconclusiva urbanità di Ørestad

La vicenda del quartiere è connessa alla visione della cosiddetta “Loop City”, nella quale l’area metropolitana di Copenhagen risulta estesa attraverso il mare fino alla città di Malmö in Svezia.
Questa visione costituisce una riformulazione di quella che, nel 1947, intendeva regolare lo sviluppo della città secondo il cosiddetto “Finger Plan”, dando così risposta a dinamiche successive alla seconda guerra mondiale. Il piano concepiva la futura crescita urbana ispirandosi all’immagine della mano aperta, le cui cinque dita costituivano indicatori delle direzioni di sviluppo.
Nel corso del decenni successivi l’espansione della città non ha tuttavia seguito questa visione. Le cinque dita si sono pertanto trasformate in un anello, diventato appunto la nuova immagine della pianificazione di Copenhagen e identificando la regione transfrontaliera di Øresund, contesto di interventi multiscalari avviati dagli strumenti di governance transnazionale promossi e finanziati dai programmi d’integrazione dell’Unione Europea. Esemplificazioni di questa strategia, oltre al cosiddetto “Fixed link”, il noto ponte che dal 2000 connette Copenhagen e Malmö, sono i “nuovi quartieri”, come Ørestad.

La vicenda di Ørestad

Formalmente, la storia del quartiere inizia nel 1992 con la legge “Act on Ørestad”, che rinomina il distretto in precedenza conosciuto come Vestamager (Amager Ovest). Nel 1993 la Municipalità di Copenhagen e lo Stato Danese istituiscono l’Ørestadselskabet I/S (Ørestad Development Corporation), un’autorità governativa privata responsabile dello sviluppo di Ørestad e della vendita dei terreni della zona. L’obiettivo di questa struttura legale è di consentire permessi edilizi senza ulteriori processi di pianificazione; all’agenzia viene pertanto affidata la responsabilità di garanzia dell’interesse pubblico rispetto a quello privato. In termini operativi, questa strategia viene formalizzata nelle pianificazioni municipale e locali. L’importante passo finale in relazione alla gestione di Ørestad viene attuato nel 2007 mediante la costituzione della By & Havn I/S (Port and City Development Corporation), esito dell’unione della Corporazione dello Sviluppo con le Autorità Portuali.
A seguito del masterplan del 1995, al quartiere viene assegnata la seguente missione: “Il nuovo distretto deve funzionare come controparte al vecchio centro città di Copenhagen, e contenere un ambiente urbano di qualità artistiche e ambientale elevate che possa funzionare come laboratorio per nuove idee”. Da questa fase Ørestad inizia ad essere concepito come una nuova realtà sociale.
Il masterplan identifica quattro distretti: Ørestad Nord, Amager Fælled, Ørestad Syd, Ørestad City. Ad ognuno di questi è assegnata una distinta identità, attraverso strutture edilizie peculiari, e diverse localizzazioni, che si articolano rispettivamente in: residenza e servizi pubblici (come università, radio, una sala per concerti, un dormitorio studentesco), un parco naturale e servizi pubblici (ospedale), residenze, una torre multifunzionale e, infine, un centro che combina zone commerciali, educative, residenziali e di uffici. L’aspettativa è che Ørestad City possa costituire il distretto nevralgico del quartiere, grazie alla compresenza di tutti i sistemi di trasporto locali e regionali, al mix di destinazioni d’uso ed alla presenza di interventi architettonici simbolo di Ørestad, come lo specchio d’acqua in Kay Fiskers Plads, caratterizzato da ninfee galleggianti dalle quali si estende la rete di canali urbana che attraversa tutto il quartiere.

Innovazione e socialità

Stando alle narrazioni presenti nelle pubblicazioni e nei discorsi su Ørestad, la vita quotidiana sembrerebbe costituire sostanzialmente un prodotto della combinazione tra scelte fisico-strutturali e di particolari prescrizioni per i residenti. Questa aspettativa di interazione sociale e di condotte individuali si esprime in Ørestad (ma anche in altre nuove aree urbane) mediante strategie che si espongono ad offrire stili di vita ai residenti, prescrivendo percorsi casa-lavoro, sessioni di ginnastica, cibo da comperare, processi di riciclaggio.
Queste concezioni si evidenziano anche nelle molteplici sperimentazioni nel campo delle strutture edilizie che si articolano, ad esempio, in appartamenti caratterizzati da facciate di vetro trasparente ed ordinati come “cellule” identiche e confinanti, ma anche in mansarde sostanzialmente invisibili e fatte su misura.
I parcheggi, ai quali viene dedicata particolare cura nel design, nella forma e relazione con l’intorno, sono intesi come luoghi pubblici in grado di sostituire le piazze come luoghi di incontro e di socialità. Ad esempio, il parcheggio destinato alle biciclette e posizionato sotto lo specchio d’acqua del Kay Fiskers Plads, è concepito in interazione con l’esterno, grazie anche alle prese di luce che consentono all’illuminazione solare di entrare, rendendone visibile l’interno. Una analoga creatività è riscontrabile in VM Bjerget (VM Montagna), un edificio privato residenziale costituito per metà da un parcheggio che riprende la forma, curata anche artisticamente, di una montagna. Sempre al fine di incentivare le relazioni sociali, ed in particolare l’incontro reciproco tra residenti, vengono inoltre progettate le traiettorie nei corridoi, e sono anche costruite strutture che dal di fuori ricordano uno stile “panottico”, come nei casi del dormitorio studentesco “Tietgen Kollegiet” e del liceo Ørestad “Gymnasium”. La corrente innovativa seguita da quest’ultimo nella formazione si riflette nella forma, strutturata in quattro zone interattive e flessibili, costituite da stanze aperte e spazi di lavoro, creatività, riflessione e attività sociali.

La “ripetizione” è in Ørestad

Pur condividendo la rilevanza della funzionalità operativa ed il fascino architettonico di questi interventi, bisogna tuttavia sottolineare come la realtà sociale vissuta dai nuovi quartieri costituisca un fenomeno integrato che merita attenzione per ragioni che vanno oltre a queste dimensioni.
La realtà quotidiana, ricostruita attraverso molteplici osservazioni sul campo, evidenzia ad oggi un diffuso isolamento, anonimia, scarsità di esperienze comuni, una sensazione di “quartiere dormitorio” e, sostanzialmente, la permanenza di un ruolo periferico, tradizionale dell’area di Amager, rispetto al centro di Copenhagen. Se queste caratteristiche vengono raffrontate all’aspettativa che il quartiere risulti luogo per eccellenza di una “vita attiva”, vale a dire caratterizzato da dinamismo, eterogeneità negli usi, eventi e relazioni aperte e conviviali, l’urbanità di Ørestad può essere a buon ragione considerata come inconclusiva.
Per comprendere questa l’urbanità è dunque importante osservare e interpretare i rapporti di vicinato, le routine sociali, gli usi del territorio, pensandoli come esito dell’interazione tra questi aspetti fisici e di una sorta di genius loci. L’aspetto fondamentale da considerare è che l’organizzazione sociale risulta, se non predeterminata, almeno condizionata dall’esistenza o assenza di routine sociali nella zona.
Nel caso specifico, sembra essersi permeato un forte modello socio-organizzativo di vuoto urbano, quasi impenetrabile a nuove attività sociali. Nonostante l’uso dello spazio venga alterato e ripensato, il quartiere continua a vivere la sua eredità socio-storica, che sembra caratterizzarsi anche dalla presenza di istituzioni totali.
L’area dell’isola di Amager, che comprende l’attuale Ørestad faceva parte del sistema fognario di Copenhagen e durante la seconda guerra mondiale fu utilizzata come campo di lavoro; dopo la guerra divenne un campo d’addestramento militare chiuso al pubblico. Questo pattern sembra essersi curiosamente ripetuto: le istituzioni militari sono state sostituite da altre istituzioni, aziende multinazionali, dormitori, un ospedale, un enorme centro commerciale, che tendono a funzionare in un modo introverso, e con una limitata abilità a stimolare e generare nuove reti sociali “di quartiere”. Rimane importante cercare di riconoscere questa eredità storica e, a partire da questa, riflettere sulla possibilità di innescare nuove e necessarie dinamiche sociali, tenendo dunque conto delle temporalità costitutive delle relazioni e routine in un quartiere, che, dopotutto, così nuovo non è.

Data di pubblicazione: 8 luglio 2011