Urbanistica INFORMAZIONI
Vittorini con i suoi studenti nel 2003

...ricordando Marcello Vittorini

Ho ricevuto la notizia della scomparsa di Marcello Vittorini la sera del 17 marzo da sua figlia Sandra.
Una notizia che mi ha raggelato.
Forse per quel convincimento romantico e forse un po’ infantile che io mi sono sempre portato dietro e che in fondo mi confortava, quell’idea di “immortalità” che nel tempo ho attribuito a Vittorini.
Vittorini mi ha trasmesso la sua passione, quella di un “urbanista condotto”, come ha sempre amato definirsi. Quella passione che lo ha fatto percorrere i decenni più intensi della storia italiana – e non solo – recente. E che lo portava a vivere le città dove veniva chiamato come consulente o progettista come se fossero pazienti da guarire, con la devozione del medico di antica memoria.
Io lo incontrai alla fine degli anni Novanta nel corso dei miei studi presso la Facoltà di Architettura dell’Università “La Sapienza”, era il titolare del corso di progettazione urbanistica.
Da allora l’ho seguito, anche se da buon abruzzese DOC lui mi rinfacciava sempre scherzosamente che io non appartenevo alla cultura dell’incastellamento. Eppure lui mi teneva sempre d’occhio, come fa il “buon” pastore.
La tesi, la prima assistenza al suo ultimo corso di progettazione urbanistica nel 1997, l’ultima esperienza al Laboratorio di Sintesi Finale, nel 2003.
Vittorini era – perdonatemi, mi disturba sensibilmente dover usare questo verbo all’imperfetto… - un oratore imbattibile. Riusciva a raccontare l’urbanistica con quella stessa capacità di affabulazione che ha il nonno che racconta le storie ai propri nipoti. E i suoi amatissimi nipoti, questo, lo ricorderanno per sempre.
Mi ricordo di una lezione in cui cominciò un lungo discorso sulla città prendendolo però molto alla lontana, partendo quasi dalla preistoria. E sinceramente dopo un po’ che parlava avevo cominciato a nutrire forti dubbi sulla possibilità che sarebbe riuscito a chiudere quel discorso compiuto sulla città. E invece alla fine riuscì a quadrare il cerchio e a chiudere tutti i discorsi aperti.
Ho sempre invidiato questa sua capacità oratoria.
Da quando ho cominciato a insegnare anche io urbanistica, è stato naturale partire dai suoi insegnamenti.
La “qualità urbana”, il suo chiodo fisso disciplinare.
“La gente ha bisogno di qualità urbana”, era solito ripetere nei suoi discorsi, e si avventurava in lunghe digressioni sui “mali” della città attuale, sulla necessità di un approccio multidisciplinare per poter affrontare le sfide della città contemporanea.
Sfide che ha ripetutamente affrontato – e spesso vinto – in città come Trento, Bolzano, Cosenza, Firenze e, sopra tutte, Ravenna.
Già, Ravenna, che lo vede protagonista della scena urbanistica a partire dal 1969, quando viene chiamato dall’amministrazione comunale a succedere a Ludovico Quaroni come consulente per la redazione del Piano Regolatore Generale.
In occasione di una lezione che gli chiesi di tenere a Roma Tre nel 2005, gli rivolsi esattamente questa domanda:
«Quando nel 1969 Marcello Vittorini riceve l’incarico di redigere il PRG di Ravenna, ha 42 anni. Caro Professore, come diavolo ha fatto?»
Una grande risata.
Poi, serio, cominciò a raccontare.
«Urbanisti a quel tempo eravamo relativamente pochi, ci conoscevano tutti e tutti avevamo un qualche incarico ufficiale nel governo del territorio, allora concentrato ancora al Ministero dei Lavori Pubblici».
Erano pochi.
Una realtà che noi più giovani non abbiamo vissuto e non penso vivremo mai.

Il primo PRG di Ravenna a firma Vittorini vede la luce nel 1973. E ad esso ne seguono altri due, nel 1983 e nel 1993. Un caso unico in tutta Italia, una città “pianificata” coerentemente per oltre trent’anni, in cui il piano urbanistico si è finalmente trasformato da fatto straordinario a consuetudine partecipata. Ravenna città del processo di pianificazione e della gestione corretta del territorio. E Franco Stringa, dirigente storico di quell’Ufficio di Piano “inventato” proprio da Vittorini, questa storia la sa raccontare meglio di chiunque altro.
Ravenna lo vede protagonista anche di una vicenda di cronaca letteraria singolare – ma non troppo. Durante la redazione del primo PRG, quello del 1973, Vittorini decide di scrivere un saggio dal titolo provocatorio “Petrolio e potere”, pubblicato da Marsilio nel 1974. Una denuncia contro il “racket dei petrolieri” in Italia e delle conseguenze territoriali e urbanistiche delle varie speculazioni fondiarie attuate da alcune delle famiglie italiane dell’oro nero, di cui fa senza pudore nomi e cognomi.
Vittorini viene citato in giudizio ma successivamente la denuncia viene ritirata e prosciolto da qualsiasi accusa. E il giorno del lancio sul mercato del suo saggio, qualcuno si prende il disturbo di acquistare tutte le copie stampate e distribuite.
Marsilio non stamperà nessuna altra edizione di “Petrolio e potere”.
Lo scandalo viene rapidamente smorzato e se ne perde ogni traccia.
Ma Ravenna vince la sua battaglia contro il porto petroli e le speculazioni immobiliari sulla sua porzione di costa adriatica.
Una grande vittoria, la vittoria di Vittorini.
In una intervista-lezione di pochi anni fa [1], diceva che “l’obiettivo della pianificazione urbanistica, urbana e territoriale, è infatti quello di avviare un processo continuo e coerente di pianificazione, di attuazione programmata dei piani e di gestione, capace di coinvolgere le comunità interessate e di arricchire il loro "bagaglio” culturale, per il raggiungimento di finalità che devono necessariamente essere molto ambiziose, perché se non lo sono, non sollecitano l’impegno degli individui e delle comunità insediate, non sono mobilitanti.”
Finalità, pur ambiziose, che devono divenire reali, concrete, raggiungibili, sia pure in tempi lunghi.
E su questa linea, Marcello Vittorini si è impegnato tutta la vita.

[1Pubblicata su «Planum – The European Journal of Planning on line» nel 2003.

Data di pubblicazione: 25 marzo 2011