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Verso un ridisegno antropocentrico delle politiche abitative nel Portogallo post-crisi

Negli ultimi quattro anni, il Portogallo è divenuto un caso “internazionale” per come si é risollevato dalla crisi economico-finanziaria che lo ha severamente colpito nel 2008, assurgendo a esempio di compatibilità tra il sostegno deciso dato a politiche “anti-austerità” e la capacitá di rimanere all’interno dell’Eurozona. Soprattutto in Italia, molti giornali e riviste (come Millenium, Internazionale o l’Espresso) hanno dedicato reportage e numeri monografici a questa realtà in rapida evoluzione: un paese che, dalla fine del 2015, è uno dei pochi dell’Unione Europea ancora governati da un partito socialista, con il supporto esterno di tutte le altre forze di sinistra rappresentate in Parlamento. L’esperimento politico – ormai conosciuto come "geringonça" (che richiama un “aggeggio cervellotico e complicato da gestire”, Freire, 2017) - si é andato gradualmente consolidando, e viene guardato con attenzione dalle opposizioni di molti paesi europei, essendo spesso recepito come un esempio da emulare, come ipotizzato nel libro del sociologo portoghese Boaventura De Sousa Santos “Sinistre di tutto il mondo, unitevi!”, appena tradotto in Italiano dall’editore Castelvecchi.

In Portogallo, in attesa delle elezioni parlamentari previste per l’ottobre 2019, vi é una diffusa percezione che la parte peggiore della grave crisi finanziaria e delle politiche che la hanno accompagnata sia ormai alle spalle. Tuttavia, non sono pochi i critici - spesso anche vicini ai partiti al governo - che ritengono che non tutte le politiche che un efficace neologismo ha definito “austeritarie" (austeritá combinata con autoritarismo istituzionale) siano state capovolte e superate. Infatti, l’accordo triennale firmato nel maggio 2011 dal governo e dalla cosiddetta “Troika” (FMI, BCE e Commissione Europea) in cambio di un riscatto di 78 miliardi di euro - ha dominato le politiche portoghesi ben oltre le barriere delle differenze tra partiti e ideologie: e - pur non conquistando alleati nei livelli locali dell’amministrazione politica e dell’opinione pubblica – ha sprofondato il paese in un periodo quasi privo di autonomia politica, rendendolo sottomesso ai suoi "donatori" e alla loro ricetta neoliberale estremamente caotica per fronteggiare il default del paese. L’aggiustamento strutturale, che ha probabilmente ritardato la ripresa economica – cominciata davvero solo con la nomina di una coalizione politica unita dalla forte opposizione alle misure austeritarie (David, 2018) – ha inciso profondamente nella mentalitá diffusa, in un paese giá sfiduciato e orientato all’autoflagellamento ipercritico (Santos, 2012). E lascia l’impressione che il Portogallo non possa risollevarsi senza dipendere quasi totalmente dall’investimento estero, per conquistare il quale partiti e istituzioni di diversa matrice politica accettano riduzioni dei diritti e dei salari, svendita di importanti “gioielli di famiglia” pubblici, e di lasciare che le due maggiori aree metropolitane si polarizzino socialmente ancora di piú del passato, svuotando i centri storici di abitanti permanenti e consegnandosi - senza quasi riserve - al miglior offerente, senza interrogarsi sugli effetti di medio termine portati da fenomeni come la turistizzazione.

Il fatto che il Portogallo - e soprattutto Lisbona - sia diventato “di gran moda” negli ultimi anni (crescendo a spese dei paesi del bacino sud del Mediterraneo martoriati dall’insicurezza e dai rischi di terrorismo) sembra sufficiente a riempire l’orgoglio cittadino e le casse delle diverse amministrazioni, che solo oggi – passata l’euforia degli inizi – cominciano a interrogarsi su quanto sostenibile sia la battaglia tra diversi attori forti del panorama mondiale che lottano per conquistare le stesse fette di territorio per funzioni diverse.

Il trend naturale, rafforzato tra il 2016 e il 2017 dalla vittoria di ben 61 premi internazionali da parte di Lisbona (culminati dal World Travel Awards come "Migliore destinazione europea" vinto per due anni di seguito), ha reso il paese appetibile per giovani professionisti, start-up innovative e studenti stranieri. Nel momento in cui stimati politici portoghesi venivano nominati al coordinamento dell’Eurogruppo o alla Presidenza dell’ONU, manifestazioni internazionali itineranti come l’Eurofestival, il Websummit, la Fiera dei Porti da Crociera o gli Incontri Internazionali della Gioventú Cattolica passavano per il Portogallo, o vi opzionavano una presenza per il prossimo biennio. Mentre i 60 milioni di pernottamenti annui portavano il turismo a rappresentare quasi il 10% del PIL e il 15% delle esportazioni totali, lo Stato ha lavorato per aumentare l’attrattivitá per gli investimenti internazionali nel settore immobiliare, attraverso misure controverse introdotte durante la fase dell’austeritá e mai revocate, come i cosiddetti “Retired Visa” (che concede forti esenzioni fiscali a residenti europei “non permanenti” in pensione) e il “Golden Visa”. Quest’ultimo – in un momento in cui la fortezza-Europa si chiude all’immigrazione dai paesi poveri - fornisce l’accesso al mercato europeo e alla residenza nello spazio Schengen ai ricchi che fanno investimenti immobiliari da € 500.000; e questi sono resi attrattivi dagli elevati rendimenti garantiti dalla crescita verticale dei prezzi degli immobili, con annuali incrementi a doppia cifra nella maggior parte dei comuni delle zone metropolitane di Lisbona e Porto.

Nel suo ultimo rapporto del 2018 sulla stabilità finanziaria, la Banca Centrale Portoghese ha sottolineato il ruolo degli investimenti esteri nella crescita dei prezzi delle abitazioni e ha avvertito della possibilità di esplosione di una bolla speculativa, mentre il New York Times – nel maggio 2018 - ha promosso un’inchiesta per capire “a scapito di quali abitanti e a quale prezzo” Lisbona e la sua regione metropolitana – che hanno giá registrato gli impatti più pesanti della crisi economica nazionale e delle politiche di austerità – pagheranno quest’ondata di successo e attrattivitá. Il giovane Nuno Teles, esperto di finanziarizzazione dell’economia, nel suo recente saggio sulla “Illusione Portoghese” (2018) ha sottolineato che la stessa coalizione politica che ha meritoriamente riaumentato le pensioni e fermato il taglio dei salari del settore pubblico, bloccato molte privatizzazioni pianificate e alzato il salario minimo ben al di sopra dell’inflazione, non ha sufficientemente riflettuto su come la spinta al consumo interno guidata da queste misure (pur aumentando il gettito fiscale e diminuendo la spesa sociale e, cosí, anche l’indebitamento) non si sia tradotta in maggiori investimenti nel settore pubblico né in qualitá dei servizi per i cittadini.

Oggi, il Portogallo continua ad avere il più basso investimento pubblico rispetto al PIL in tutta la UE (sceso dal 2,2% del PIL nel 2015 all’1,8 nel 2017); la stessa spesa per la sanità pubblica è stata più elevata durante il precedente governo conservatore, riducendosi da un picco del 6,9% del PIL nel 2009 al 5,9%. Anche l’istruzione ha visto diminuire gli investimenti, pur in forma minore (0,2%), e oggi rappresenta il 4,9% del PIL. Molti servizi pubblici – come quelli della mobilitá locale e nazionale - sono ancora soggetti alle norme di austerità, rimanendo cronicamente a corto di personale e sottofinanziati. La discesa del tasso di disoccupazione dal 17% circa nel 2013 all’8% di oggi é dovuta principalmente al risultato di nuovi posti di lavoro in servizi ad alta intensità di manodopera come negozi, alberghi e ristoranti; ma l’occupazione in questi settori resta precaria, spesso mal pagata, con contratti atipici e segnata dall’elevato turnover dei dipendenti. I dati statistici rivelano che nel periodo 2013-2017 sono stati firmati 3,8 milioni di nuovi contratti di lavoro, di cui 2,6 milioni sono stati chiusi nello stesso periodo; e poco piú di 1/3 di questi nuovi contratti è permanente. Nonostante il salario minimo più elevato, questi posti di lavoro forniscono salari ben al di sotto della media nazionale. Secondo l’Osservatório delle Crisi e delle Alternative, la retribuzione media mensile dei nuovi contratti a tempo indeterminato è diminuita da 961 euro a metà 2014 a 837 euro agli inizi del 2018. E si percepisce una certa riluttanza del governo attuale a invertire molte delle riforme neoliberiste del mercato del lavoro imposte nel 2012, che avevano attaccato tutti gli aspetti dei diritti dei lavoratori (tipi di contratti, orari di lavoro, ferie, contrattazione collettiva, ecc.). L’intervento di regolarizzone di UBER e di altre piattaforme elettroniche per la mobilitá – voluto dal governo nel luglio 2018 – é esemplare: infatti, ha riequilibrato i vantaggi che possono procedere per la collettivitá dal regolare pagamento delle imposte, ma non ha voluto mettere in discussione l’abbassamnto di qualitá e la precarizzazione del lavoro, anche dovuta alla crescita dei servizi di intermediazione. Anche su altri fronti, il turismo, motore principale della ripresa economica portoghese, con la sua crescita di oltre il 10% all’anno, non pare portare risultati di qualitá per i portoghesi.

Se l’80% di tutte le vendite di immobili commerciali nel 2017 ha avuto non residenti come compratori, sono i fondi immobiliari stranieri che hanno fatto incetta di grandi masse di immobili nei centri urbani – spesso usati per ospitare alloggi temporanei per turisti -, mentre il crescere del fenomeno definito “Airbnbzzazione” ha teso a spingere gli abitanti (specie i portoghesi, che hanno potere d’aquisto inferiore a molti stranieri) verso la periferia. Per avere un’idea della crescita del fenomeno, nel 2009 nell’Area Metropolitana di Lisbona (AML), sulla piattaforma Airbnb vi erano solo 3 offerte registrate, tutti appartamenti interi concentrati 100% nella capitale; nel 2012 erano 1.734 gli appartamenti offerti online; nel 2015 erano 15.557 (68% dei quali a Lisbona), mentre l’AML aveva online, a fine 2018, 48.724 proprietá, ossia un valore tre volte superiore, di cui il 65,4% nella capitale (Rio Fernandes, 2019).

Oggi, in rapporto al 2011 (quando vi era una media di 1,28 alloggi per proprietario) sulla piattaforma vi é una media di 2,16 Unitá per proprietario (che nel Comune di Lisbona diventa 2,33), a indicare un graduale aumento degli “anfitroni professionisti”. La dinamica di “concentrazione della rendita” – in un giro d’affari che ogni anno nella sola AML é di oltre 24,4 milioni di € - diventa piú chiara considerando che nel 2018, i 20 proprietari maggiori mettevano a disposizione oltre 3.000 alloggi (6% del totale), responsabili per circa l’8% della rendita totale. La maggiore difficoltá di contrastare simili dinamiche é che le statistiche dicono che il guadagno mensile medio di ogni proprietario a Lisbona rappresenta quasi l’86% del salario medio mensile dei residenti del municipio, costituendo – per chi ha la fortuna di avere proprietá da affittare - un importante complemento al reddito familiare (id.). Finora molte cittá (come alcune di quelle della Rete “Cities for Adequate Housing” a cui il Comune di Lisbona ha di recente aderito) sono riuscite a regolamentare almeno la possibilitá di non mettere sul mercato di Airbnb appartamenti interi (che nel caso dell’AML rappresentano il 68,62% del totale) con l’obiettivo di frenare l’emorragia di abitanti di molti quartieri. Non va dimenticato, che l’offerta di Airbnb si somma a quella di altre forme di “Alloggio Locale” (come la legge definisce la fattispecie di unitá che possono essere affittate a turisti previa registrazione in uno specifico albo), e che a metá del 2019 i dati dell’Associação do Alojamento Local em Portugal (ALEP) rivelano circa 18.000 proprietá registrate che muovono l’1% del PIL. Secondo l’Associazione Portoghese degli Hotel, Restauranti e simili (AHRESP), oltre il 60% gli alloggi usati per scopi di affitto breve a turisti avrebbero utilizzato parte delle oltre 50.200 unitá abitative che risultavano vuote e/o abbandonate sul totale delle oltre 322.600 censite nel 2011.

Questi ultimi dati vengono spesso usati – nei dibattiti pubblici – per negare che vi sia un nesso tra la turistizzazione della capitale e i dati dell’Istituto nazionale di statistica (INE) che mostrano come, nell’ultimo decennio, Lisbona sia stata il comune in cui il numero di giovani-adulti residenti (20-34 anni) é diminuito maggiormente. Resta, comunque, necessario interrogarsi continuamente sul perché nel periodo 2011-2016, Lisbona abbia perso il 29,1% dei giovani adulti (passati da 95.830 a 67.916, mentre le città dell’area metropolitana si posizionano tra 18,9% e 7,4%) e perché Oporto abbia avuto una dinamica del tutto convergente. Del pari, merita interrogarsi in permanenza sulle statistiche nazionali sui prezzi medi di vendita delle case portoghesi (aumentati del 27% in termini reali in tutto il Paese la metá del 2013 e la fine del 2017, con punte di 39% nelle due aree metropolitane e in Algarve) e sul fenomeno parallelo e drammatico della contrazione dell’offerta di unitá residenziali in locazione per contratti di medio e lungo termine. Ad esempio, il Portale immobiliare Casa Sapo, tra maggio 2013 e maggio 2016, ha registrato ribassi del 75% del numero di appartamenti sul mercato, con picchi di oltre il 90% in alcuni quartieri centrali.

Nonostante ambiguitá e differenze di prospettiva possibili nella loro interpretazione, i dati sopra riportati, negli ultimi 4 anni, sono stati oggetto di un forte dibattito, che ha visto crescere la capacitá organizzativa e la visibilitá di movimenti sociali dedicati a battaglie per il diritto alla casa e il diritto alla cittá, ma anche di istituti universitari e di ricerca militante, e di movimenti artistici che – per primi – hanno denunciato (giá nel 2012) i rischi di di gentrificazione e di turistizzazione del tessuto urbano di molte cittá, e soprattutto delle esplusioni di abitanti, centri ricreativo, associazioni culturali e stabilimenti commerciali storici di alcune zone centrali della capitale. La “Triennale di architettura” di Lisbona 2016 ha rappresentato un importante catalizzatore per queste organizzazioni, proprio mentre un ampio gruppo di singoli cittadini, associazioni di quartiere e movimenti informali scriveva una lettera aperta al sindaco e ai politici nazionali intitolata "Vivere a Lisbona”, poi divenuta una petizione che ha raccolto oltre 4.950 firme. La missiva conteneva una diagnosi delle dinamiche abitative e del cambio dei prezzi di affitto e compravendita, che portano il tasso di sforzo per avere un alloggio dignitoso a livelli tra il 40 e il 60%, concentrandosi sulla proposta di regolamentazione degli affitti a breve termine a scopo turistico e sostenendo la necessitá di nuova politiche di housing e pianificazione. Tra i risultati più importanti della lettera vi è stata l’opportunitá per gli attori del movimento di cementarsi e rafforzarsi nel dialogo mutuo e con le istituzioni, ma – di certo – essa ha inciso sulla decisione del XIX governo nazionale di accelerare la costruzione di nuovi quadri di riferimento normativo e di nuove politiche e strumenti programmatori. Questa urgenza ha preso una forma al contempo simbolica e pratica con la nomina – annunciata nel discorso sullo Stato della Nazione fatto dal Primo Ministro nell’estate del 2017 - di una Segreteria di Stato alla Casa, localizzata nel Ministero dell’Ambiente, che potesse contribuire ad affrontare problemi che inficiano la coesione territoriale e l’inclusione sociale dei gruppi piú vulnerabili, ma anche rispondere alle necessitá dell’ampia classe media e medio-bassa, e in particolare alle nuove generazioni. La Segreteria di Stato alla Casa é stata affidata ad una professionista indipendente dal sistema dei partiti, considerata ideale per affrontare la natura transcalare dei problemi (che richiede un forte articolazione tra strategie municipali e nazionali) e costruire ponti di dialogo con movimenti e organizzazioni sociali cittadine, ma anche con categorie economiche, ordini professionali e associazioni di proprietari e inquilini. L’intervista alla Segretaria di Stato Ana Pinho, ha lo scopo di fotografare un importante momento di transizione nel ripensamento dei modi (spesso non convergenti) di pensare i problemi della casa e del territorio in Portogallo. L’architetto Pinho gode di forte fiducia in diversi ambienti, anche per la sua coerenza di comportamenti, in un momento in cui questa dote é fondamentale: le forti critiche al Presidente della Commissione Casa del Parlamento (per aver sfrattato un negozio storico da una sua proprietá a Oporto) e le dimissioni a cui é stato forzato l’assessore di Lisbona Robles (un campione delle proposte di legge contro la speculazione, trovato a vendere un immobile comprato ad un’asta a investitori legati al turismo, con un guadagno di oltre il 1500% sul costo iniziale) fotografano un momento delicato e ipersensibile su questi temi. Tanto piú in un paese che ha uno dei livelli di disuguaglianza sociale piú alti in Europa.

Tutto il vasto ventaglio di soluzioni descritte nell’intervista, messe in campo dal XIX Governo portoghese in un anno simbolico (il 2018) in cui ricorreva il centenario del primo provvedimento nazionale sulla edilizia sociale, va certamente messo in prospettiva nelle peculiaritá di un paese che – come ha ben fotografato nel dicembre 2016 la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sull’adeguatezza abitativa nell’ampio rapporto sulla sua visita (Fahra, 2017) - sta attraversando una crisi degli alloggi profonda.

Tale crisi ha una triplice natura: da un lato, la persistenza di forme di alloggi precari e di vere e proprie baraccopoli che riguardano circa 26.000 famiglie (IHRU , 2018); dall’altra un parco di alloggi pubblici minuscolo (circa il 3% del totale delle abitazioni del paese) e in pessime condizioni; infine la crescente pressione su settori sempre più ampi della popolazione (e in particolare sugli inquilini a basso reddito e la classe media con lavori atipici e precari), causata dalla rapida crescita del costo delle abitazioni che si è verificato negli ultimi anni, pur in un paese dove circa il 75% degli abitanti risiede in un’abitazione di proprietá. Del resto, non é possibile dimenticare che, se negli anni della dittatura (1926-1974), il discorso sul Portogallo come “un paese di proprietari” è stato fondamentale per la retorica dello Stato Nuovo, le cose sono cambiate poco con la democrazia. Infatti, i sussidi e i prestiti per l’acquisto di abitazioni, formalmente non perpetuati dopo il 2002, hanno sempre rappresentato, in tema di housing, la componente più costosa della spesa per le casse dello Stato, e - a partire dagli anni ’80 - hanno costituito la politica abitativa più importante e stabile (o forse l’unica). Non sorprende, quindi, che il settore degli affitti sia passato da un peso del 46% nel 1970 al 20% nel 2011 (Fahra, 2017, p.7) all’interno di una adesione sostanzialmente unanime all’ideale dell’edilizia residenziale come strumento centrale di stabilità sociale.

É questa tradizione che ci permette di porre in prospettiva i problemi dell’oggi, e soprattutto la rapida caduta del mercato degli affitti concentrato nelle grandi città (principalmente Lisbona e Oporto) cosí come l’edilizia pubblica sovvenzionata e convenzionata che necessita di forti interventi di riqualificazione fisica, funzionale e sociale. Di fatto, la stabilità fornita dalla casa propria è meno prevalente proprio nei contesti in cui le trasformazioni del settore immobiliario risultano piú intense e turbolente. In effetti, l’indebitamento pubblico e privato, il patrimonio immobiliare legato al mercato degli affitti, e soprattutto la sua "rigidità" (derivante da decenni di congelamenti del valore degli affitti e divenuta insopportabile con la crisi finanziaria) sono state l’obiettivo centrale delle riforme nel settore immobiliare approvate durante gli anni di austerità. Il memorandum d’intesa firmato tra il Portogallo e le istituzioni finanziarie esterne ha esplicitamente richiesto la liberalizzazione del mercato degli affitti (EC, 2011, p.87) e il governo ha risposto con il Nuovo Regime di Affitti Urbani (NRAU, legge 31/2012) che ha ridotto le protezioni agli inquilini, e facilitato gli sfratti in caso di lavori e di trasformazione degli alloggi in unitá per turisti.Non va neppure dimenticato che i congelamenti degli affitti sono stati indicati spesso come la ragione principale del progressivo degrado del patrimonio costruito nei centri urbani portoghesi, dato che non hanno incentivato la manutenzione degli alloggi di edilizia pubblica da prte degli inquilini, e non hanno stimolato i proprietari (spesso giá spaventati per le regole rigide di protezione dei ben immobili di valore storico e paesaggistico) a mantenere le loro proprietá come avrebbero dovuto: preferendo spesso lasciarle crollare per incuria, per potervi, poi, operare sopra in assenza di troppi vincoli architettonici. C’é anche chi va oltre, per esempio presentando le politiche pubbliche della casa fatte dagli anni ’80 in poi come un mezzo per favorire l’accumulazione di capitale tramite la sub-uburbanizzazione territoriale (appropriation through duispossession), di cui la strategia integrata da sussidi per l’acquisizione di alloggi sarebbe colonna portante.

Dentro tali narrative, é chiaro che il sistema portoghese dell’housing é stato caratterizzato storicamente da gravi squilibri che, alla fine, sono stati in piccola parte mitigati e in gran parte accentuati dalle politiche di austerità degli anni tra il 2011 e il 2015. In tale quadro, é impossibile non concordare con la tesi di Ana C. Santos (2019), secondo cui il sistema di fornitura degli alloggi in Portogallo “non puó essere completamente compreso se non si considera la sua articolazione crescente con la finanza”. Infatti, i crediti all’acquisto per molti anni hanno nutrito l’espansione del settore finanziario, e - successivamente - sono stati al centro di un processo di “finanziarizzazione semiperiferico” che (a seguito della crisi) va intensificando per altre vie la relazione tra housing e finanza, facendo emergere nuovi agenti finanziari come i fondi immobiliari stranieri e player minori (ma numerosi) in cerca di specifiche convenienze nel piazzare i loro beni sui diversi mercati degli affitti temporanei che si sono consolidati.

É con tale spirito di osservazione che si deve guardare al ventaglio delle politiche indicate nell’intervista alla Segretaria di Stato alla Casa, notando come esse – a dispetto del tipo di maggioranza politica che le sostiene – restino tutte nell’ambito della costruzione di incentivi ai proprietari e al mercato a giocare su tavoli nuovi e piú diversificati del passato, operando interventi di “azione affermativa” ma raramente lavorando su “imposizioni” (come asrebbero le requisizioni di alloggi vuoti, gli espropri, etc.).


Per poter intravedere una prospettiva di trasformazione del "sistema abitativo" portoghese, l’ampia produzione normativa dell’ultimo biennio – ancora troppo giovane per poter essere valutata nei suoi effetti, anche solo di breve termine – deve essere letta con rigore non solo nei suoi aspetti partecipativi di nuova arena di discussione pubblica, e nei rischi di asimmetrie tra territori che la sua scommessa sul decentramento amministrativo puó determinare (vedi “Cidades, Comunidades e Territorios”, n.38), ma necessita di essere messa in relazione con i modi dell’attuale ripresa e ristrutturazione dell’economia portoghese, che molto ha beneficiato di una combinazione tra la mite ripresa economica dell’Europa, la bassa concorrenza di mete turistiche come Egitto, Tunisia e Turchia (giá oggi in via di ripresa), e la politica non convenzionale di Quantitative Easing della BCE.

Se é vero che l’economia portoghese si trova ora su “un terreno instabile, ancora dipendente dai flussi finanziari esteri e con ancora uno dei più alti livelli di debito del mondo”, bisognerá tener conto (come sottolinea Nuno Teles) del fatto che “una combinazione così unica difficilmente si manterrà in futuro” e che – se vuole prorogare la sua “prosperità apparente”, il Portogallo avrá bisogno di ripensare la sua tendenza a dipendere molto dai capitali stranieri, a proporre bassi livelli di investimento aggregato (pubblico e privato) e ad incentrarsi su settori a bassa produttività e tormentati dalla precarietà dei lavoratori. Basta, infatti, che l’economia europea vacilli, perché lo stress finanziario di un’economia pesantemente indebitata riprenda forza, e il Portogallo si trovi privato dei suoi principali motori di crescita. Anche perr evitare che a questi rischi si sommi una bolla fragile guidata dal settore immobiliare, é molto importante che le nuove politiche della casa e della ristrutturazione del territorio siano capaci di ritagliarsi uno spazio centrale nel dibattito pubblico e di pensarsi costantemente in relazione con le macro-tendenze di questa nuova fase del capitalismo portoghese.

Data di pubblicazione: 17 dicembre 2019