Intervista e traduzione di Giovanni Allegretti, trascrizione di Sheila Holz
Quando e da quale esigenza è nata la Segreteria di Stato alla Casa?
La Segreteria di Stato è nata a metá legislatura, nell’estate 2017, ma all’interno di un governo di coalizione che ha da subito fatto della necessità di creare una nuova generazione di politiche abitative uno dei suoi pilastri. A un certo punto il governo ha ritenuto di dover dare un impulso ancora più forte al tema, creando un dipartimento autonomo, cosa che da oltre un decennio non accadeva in Portogallo. La strategia per forgiare – di concerto con il Parlamento – una nuova generazione di politiche della casa, è stata lanciata sotto l’egida del Ministero dell’Ambiente (poi divenuto Ministero dell’Ambiente e della Transizione Energetica) con il quale abbiamo avuto relazioni molto forti, in termini di pianificazione dell’uso del territorio, efficienza energetica e sostenibilità ambientale in generale. Lo spostamento della Segreteria di Stato alla Casa – nel rimpasto di pochi mesi fa – sotto il Ministero della Pianificazione e delle Infrastrutture (rinominato Ministero delle Infrastrutture e della Casa) é avvenuto in una fase in cui è già in corso l’implementazione della maggior parte degli strumenti legislativi e programmatori, portando il tema dell’alloggio più vicino alle questioni del settore delle costruzioni e del settore immobiliare. Si arricchisce quindi il tema di una nuova dimensione, mentre il dialogo con la pianificazione del territorio, la sostenibilità ambientale ed altre aree affini rafforza il suo coordinamento all’interno del governo. Siamo in una fase nuova, che è quella della operazionalizzazione, ed era necessario un cambio di passo.
Nell’ambito della Nuova Generazione di Politiche per la Casa (NGPH), il governo ha stanziato 700 milioni di euro per l’emergenza abitativa. Con quali criteri sono stati distribuiti nel tempo?
L’obiettivo generale del programma chiamato “1º Direito” (che suona come “Diritto Fondamentale” e si lega all’articolo 65 della Costituzione dedicato al diritto alla casa) è sradicare gravi carenze di alloggi e situazioni abitative indegne. Simbolicamente abbiamo stabilito come meta temporale il 50 ° anniversario della Rivoluzione del 25 aprile, nel 2024. A differenza dei precedenti programmi, che contemplavano un finanziamento a fonte unica all’abitazione, questo fa un passo avanti per garantire le migliori soluzioni concrete per le persone, tenendo conto delle loro differenze. Ciò implica che deve esserci una strategia globale per ogni territorio, e perció ogni comune deve presentare al ministero una Strategia Abitativa Locale (ELH), che serve per ricevere fondi dallo Stato su diverse linee di finanziamento di misure relative alla casa. La sequenza di distribuzione dei fondi dal 2019 al 2024 é stabilita in funzione della probabilità stimata di esecuzione finanziaria del programma nei vari anni. Ossia, nei primi due anni (e in particolare nel primo), è previsto un grande sforzoper la preparazione della strategia globale e di quelle locali, in cui si finanzia il supporto tecnico all’elaborazione delle stesse. Poiché la messa in opera concreta delle misure sarà più forte dal secondo anno in poi, abbiamo previsto un rafforzamento graduale dei fondi per i prossimi anni, ponenedo attenzione ad evitare lo spreco di fondi distribuiti e non spesi. Se le dinamiche realizzative dovessero cambiare, il bilancio statale di ogni anno verrà cambiato, come è giá accaduto quest’anno. La nostra previsione per il supporto tecnico per le strategie locali era inferiore a quella reale, ed era già stata modificata per aumentare il supporto finanziario ai comuni, date le grandi richieste. Erano previsti 800.000 € e giá stiamo andando verso un tetto di 4 milioni quest’anno.
D:Molti sindaci, quando ascendono a incarichi nazionali, sembrano dimenticare le battaglie municipaliste. Il primo ministro António Costa – ex-sindaco di Lisbona - sembra aver mantenuto la coerenza tra il suo precedente ruolo e il successivo. Che ruolo ha la municipalizzazione delle soluzioni abitative nella più generale riforma del decentramento che sta avvenendo anche in altri settori?
Un recente decreto-legge sulle questioni abitative prevede che possa essere trasferito ai comuni non solo il patrimonio di edilizia sociale, ma anche la gestione dei programmi abitativi. Gli strumenti approvati nell’ambito della nuova generazione di politiche abitative rispecchiano l’attenzione all’autonomia del locale. Ad esempio, nel “1º Direito” non esiste un euro finanziabile dallo Stato che non sia orientato all’attuazione di strategie municipali. Le decisioni di gestione e finanziamento sono comunali. Lo stesso vale, ad esempio, per il programma di “affitto accessibile” che puó essere esteso a supportare programmi municipali con gli stessi obiettivi, seppur con regole proprie. Tutti gli strumenti che creiamo presuppongono sempre un’articolazione con i comuni, che garantono funzioni centrali quali il monitoraggio delle famiglie in condizione di bisogno, l’identificazione dei bisogni e delle soluzioni più appropriate per ogni caso concreto.
In Portogallo esistono ancora varie situazioni di abitazioni precarie, ereditá dell’ultimo periodo di dittatura e delle guerre civili nelle colonie, ma giá da un ventennio varie soluzioni vengono messe in campo in forma strutturata. È il caso del Programma Speciale di Rilocazione delle famiglie in situazioni di emergenza (PER, nato nel 1993), o della legge sulle Aree Urbane di Genesi Illegale (AUGI) del 1995. Quali miglioramenti espliciti trae la nuova generazione di politiche abitative per superare i limiti delle esperienze anteriori?
Gli studi fatti con i comuni rivelano l’esistenza di circa 26.000 famiglie in situazioni d’emergenza. La Legge sul “Diritto Fondamentale” é in realtá un programma di finanziamento, non è una regolamentazione della pianificazione territoriale o della legalizzazione dell’informale. Perció, non modifica nulla del quadro normativo della regolarizzazione fondiaria delle AUGI – che peraltro sono un fiore all’occhiello del nostro paese, rispetto ad altri dell’Europa meridionale che hanno lo stesso problema di abusivismo, ma mettono la testa sotto la sabbia... Il “1º Direito” permette di finanziare soluzioni abitative derivanti dai processi di regolarizzazione di aree autocostruite irregolari, aumentandone l’efficienza rigenerativa. Rispetto al PER, abbiamo diversi binari di miglioramento. Intanto - può sembrare un cliché – la sburocratizzazione. Tutto il nuovo programma é centrato sulle persone, ed é uno strumento piú flessibile del PER, che era nato per sradicare le baraccopoli, e solo poteva intervenire a rialloggiare chi viveva in baracche. Paradossalmente, se qualcuno viveva in una tenda, o una famiglia dormiva in una macchina, non si poteva rialloggiarli usando il PER; cosí si finiva per lasciare senza risposta situazioni gravi e di forte disagio, solo perché non vivevano in una baracca. Per esempio, il quartiere della Giamaica, oggetto recente di un rialloggiamento recente, non si poteva affrontare tutto con il PER. Si trattava di un quartiere fatto di torri di mattoni non finite dall’impresa, occupate e usate come abitazione da cittadini coin grandi difficoltá: il PER poteva intervenire sulle baracche che avevano invaso gli spazi aperti della zona, ma non sulle situazioni di rischio di chi abitava nelle torri non terminate. Oggi, con il “1º Direito”, posso intervenire per aiutare una persona che vive in una tenda nel cortile del vicino, un disabile bloccato in casa da barriere architettoniche, o chi abita in case instabili a rischio di crollo. Ma sopratttutto posso affrontare molte situazioni gravi che esistono nelle aree a bassa densitá e in zone montagnose: persone – soprattutto anziani - che vivono in alloggio di pietra, magari di proprietá - ma senza un bagno, senza finestre, senza condizioni di abitabilitá. Il PER era un programma che affrontava l’emergenza metropolitana; ma non c’è mai stato un programma strutturale fondamentale per l’intero territorio, specie per le zone rurali impoverite dell’interno da cui i giovani fuggono. Senza considerare che ci sono molte situazioni abitative indegne non legate alla qualitá della casa, ma alle condizioni della persona. Per esempio: vale la pena vivere in una casa in cui sei vittima di violenza domestica e da cui non puoi andartene perché non hai alternative? Vi é una alternativa ad essere un senzatetto, e ancor di piú se sei donna? Vale la pena vivere in una casa al quinto piano senza ascensore se la persona ha mobilitá ridotta e non può uscire di casa? Il Programma “1º Direito” guarda alle persone, cercando di rispondere a tutte le situazioni di indegnità con soluzioni molto diverse. A volte puó essere che abbia senso dare un sostegno diretto alla famiglia per creare le condizioni di abitabilitá (o accessibilitá nel caso di un disabile, per esempio) in una abitazione che giá appartiene loro, ma che versa in condizioni inadeguate. La nuova legge copre qualsiasi soluzione, a condizione che sia identificata come la soluzione più appropriata per la specifica situazione di quel cittadino o di quella famiglia. Infine vale la pena citare un altro tipo di situazioni – a cui il PER, nonostante tutti i grandi vantaggi e benefici che ha portato – non ha dato risposta: il problema della creazione di quartieri sociali di massa, alla periferia della città. Le Strategie Locali sono uno strumento con cui i comuni possono dimostrare come vogliono rispondere al problema degli alloggi seguendo i principi del “Diritto Fondamentale” che vertono sulla partecipazione dei cittadini all’individuazoione delle soluzioni migliori, l’integrazione sociale e territoriale, la questione del monitoraggio permanente della condizione delle persone. Per poter essere finanziata dallo Stato, una strategia locale deve spiegare esplicitamente come ha tenuto conto e tradotto in azione questi principi. Infine, la legge sul “1º Direito” mira a rispondere a un particolare gruppo sociale, a cui il PER avrebbe difficilmente dato risposta. Ad esempio, a Oporto ci sono più di 900 isole, antichi edifici storici di proprietá, che sono parte del patrimonio storico e della stessa immagine della cittá, ma versano in condizioni fisico-igieniche molto precarie. Non sono aree possedute illegalmente; ma chi ci vive non ha risorse per i necessari miglioramenti. Eppure vogliono rimanere lí, godere della posizione centrale e delle reti socio-lavorative consolidate nel tempo.
Situazioni simili si possono immaginare anche per il patrimonio immobiliare pubblico?
Sì. Gran parte del patrimonio immobiliare pubblico non è più degno, quindi il “1º Direito” deve stanziare parte del suo finanziamento per ridare dignità a quella parte del patrimonio immobiliare pubblico che in questo momento non dà più una risposta dignitosa e soddisfacente per le condizioni di vita delle persone. Stiamo creando un modello di governance del complesso settore dell’abitazione: è la prima volta, per cui abbiamo necessitá di monitorarlo e percepire come funziona. Metterci in grado di finanziare la riabilitazione e la riqualificazione della proprietà privata é una sfida nuova; ma necessita porre delle condizioni vincolanti: per esempio che quella proprietà, per un certo tempo, resti al servizio della risposta alla carenza di alloggi della popolazione beneficiaria del “1 ° Direito”. Siamo solo all’inizio...
Molte comunità in attesa di reinsediamento desiderano essere disperse per facilitare l’integrazione e alcuni comuni hanno lavorato su questa strategia. Vi sono tuttavia comunità che invocano il reinsediamento sul posto (come le isole di Oporto) o comunità che non vogliono perdere la coesione costruita nel tempo. Nelle nuove strategie ci sono misure specifiche per favorire questo tipo di richieste?
Senza dubbio. La legge sul “Diritto Fondamentale” stabilisce come centrali il principio di partecipazione dei beneficiari alle scelte, e l’integrazione socio-territoriale. Inoltre, i finanziamenti dello Stato aumentano prevedendo una copertura del 100% e una maggiorazione del 10% del finanziamento a fondo perduto, quando si affrontano problemi collettivi. La cosiddetta “Legge di base sulla Casa”, che è stata appena approvata e attende promulgazione, evidenzia altre possibilitá di finanziamento del rialloggiamento non limitate al “1º Direito”, ma che peschino -a d esempio – in ambito cooperativo. La “Legge di base” afferma che sopratttutto in queste situazioni le popolazioni devono essere ascoltate e integrate nella progettazione della soluzione ai loro problemi. Dà quindi alla partecipazione una funzione strutturante che non esisteva in precedenza in relazione alle politiche abitative.
Quali sono gli obiettivi del governo in termini di edilizia di proprietá pubblica?
Non abbiamo una strategia specifica per gli immobili di edilizia pubblica. Ma ne abbiamo una per gli immobili che godono di appoggio pubblico per trattare i casi delle fasce piú bisognose. Oggi sono circa 140 mila, ed entro il cinquantenario della rivoluzione del 2024 vorremmo passare dal 2% al 5% del patrimonio totale, con un aumento di circa 170,000 unitá abitative.
Il governo ha spiegato il desiderio di invertire la logica del sussidio diretto alle famiglie nel mercato locativo per incoraggiare soluzioni diverse dalla casa di proprietà (che in Portogallo rappresenta quasi il 75% delle residenze). Quali sono le ragioni del cambiamento?
Un obiettivo trasversale della nuova generazione di politiche abitative è la scommessa sulle alternative al mito della casa di proprietá. Le ragioni non sono solo legate ai problemi derivanti dall’indebitamento delle famiglie e del paese, su cui le case hanno pesato molto, ma anche conclusioni tratte dalla lettura dei nuovi bisogni della società. Per esempio: in Portogallo il maggior numero di ritardi nel pagamento dei mutui non sono causati dalla disoccupazione o dalla mancanza di reddito, ma dal divorzio. Nella società odierna, le vite sono molto più dinamiche, a livello personale, professionale e familiare; e questo dinamismo richiede cambiamenti nelle dimensioni e nella localizzazione della casa. LO stesso concetto di capofamiglia é piú fluido. Le persone cambiano più che nel passato: oggi lavorano qui, domani altrove. La famiglia cresce, può disintegrarsi, viene ricomposta: una settimana sono solo due persone e nell’altra settimana hanno cinque bambini, perché la casa deve ospitare i figli di entrambi. Tutto ciò richiede requisiti di flessibilità nel regime di occupazione delle abitazioni che si scontrano frontalmente con un patrimonio abitativo tradizionalmente legato alla “casa di proprietá”. Come conciliare il bisogno di stabilità familiare, in un paese in cui l’affitto é sempre più precario, con la necessità di aumentare la flessibilità nel sistema generale di occupazione dello stock abitativo. Si tratta di un cambiamento strutturale, piuttosto che meramente congiunturale. Per rispondervi esistono due tipi di misure: quelle per aumentare la sicurezza e la stabilità degli affitti, e dare forti incentivi fiscali ai contratti a lungo termine, e un’assicurazione sull’affitto nell’ambito del programma di “affitto accessibile”, per garantire una maggiore sicurezza anche ai proprietari. Il governo ha cercato di favorire tassi minimi di sforzo; ha praticamente azzerato le tasse a chi cede i suoi immobili in affitto, ma per un periodo di almeno 5 anni. Abbiamo puntato a incoraggiare l’offerta di alloggi in affitto, ma in condizioni migliori. Abbiamo anche studiato una terza via alternativa, che intende rispondere anche a un altro problema tipico del Portogallo: che la popolazione anziana vive quasi interamente in case di proprietà. Tutti i risparmi sono stati collocati nella dimora. Chi ha pensioni basse e vorrebbero aiutare i figli non ci riesce, e dal momento che si va in pensione a 66 anni circa, si hanno 30 anni possibili di vita che stimolano nuovi progetti di vita in cui investire. Il problema é che queste persone non hanno alternative, non possono capitalizzare sui risparmi di una vita, che sono concentrati in casa, né possono vendere la casa e cercare un’altra alternativa perché non hanno la necessaria stabilità. Immaginiamo uno che ha comprato una casa a Lisbona perché qui lavorava ma in vecchiaia vuole tornare nella terra d’origine e non può comprare una casa in campagna perché nessuna banca fa mutui agli anziani.
É per queste situazioni che é stata creata la legge chiamata “Diritto Effettivo a un Alloggio Di Lunga Durata” che é giá stata depositata in consulta pubblica e attende l’approvazione finale entro l’estate 2019? Come funziona?
Esatto. La legge cerca di coniugare le esigenze di flessibilità e stabilità. Consente di stipulare contratti di affitto a vita, lavorando sulle “cauzioni” e sull’adempimento di altri obblighi che il contratto di locazione non prevederebbe. Alla stipula del contratto, l’inquilino dà al proprietario un acconto dal 10 al 20% del valore della proprietà. Mensilmente, l’inquilino paga anche un affitto da aggiornarsi ogni anno, secondo l’indice dei prezzi delle abitazioni preparato dall’Istituto nazionale di statistica (INE). Nel 2019 sono state approvate nuove aliquote dell’imposta sul reddito per i contratti di affitto a lungo termine (2 anni o più). Se l’inquilino muore o va via durante i primi 10 anni, il proprietario deve restituire l’intero deposito cauzionale all’inquilino. Dopo il periodo iniziale di dieci anni, l’interruzione del contratto da parte dell’inquilino comporta la restituzione solo di una parte del deposito: per ogni anno che supera i 10 anni, il proprietario può trattenere il 5% della caparra versata. A partire dai 30 anni, l’inquilino non ha più diritto al rimborso della cauzione, anche se retrocede dal contratto. Il proprietario puó esercitare il suo diritto di vendere la proprietà, ma il contratto non si estingue con la transazione, e l’acquirente sa che l’uso della sua proprietà è condizionato. In caso di morte del proprietario, il Diritto Effettivo si trasferisce agli eredi del proprietario; invece, la morte dell’inquilino implica la risoluzione del contratto. Dal punto di vista del proprietario, la garanzia è il principale vantaggio di questo accordo. Sia perché non è necessario vendere le sue attività per liberare un quinto del suo capitale da mobilitare e reinvestire; sia perché la cauzione riduce il rischio di insolvenza da parte dell’inquilino. Per il residente, il vantaggio principale è poter risiedere per sempre in un’abitazione, mantenendo la libertà di rinunciare al contratto. Se rinuncia prima di 30 anni del contratto, il residente riceve parte del (o tutto il) deposito. Questo accordo riduce l’indebitamento familiare, permettendo a un giovane che vuole stabilire una famiglia di investire lo stesso che investirebbe per la tappa iniziale di acquisto di una casa (e il governo sta lavorando per finanziare questo 20% circa alle giovani famiglie). Se ha bisogno di spostarsi o avere una casa maggiore nei primi 10 anni, cancella il contratto e si riprende la cauzione, potendo ambire a candidarsi per un’altra casa simile. Ad un anziano, la nuova legge permette di liberare parte dei risparmi di una vita e mobilitarli per dei progetti: vivere più comodamente, aiutare i figli, viaggiare o altro. La nuova legge libera alternative, specie per chi é attivo e si deve spostare. Ma permette anche di rispondere a persone che hanno bisogno della massima sicurezza e che al momento non ne hanno: ad esempio coloro a cui nessuna impresa farebbe un’assicurazione sulla vita, come persone che hanno forti disabilità o un complesso problema di salute, e che hanno molte difficoltà, oggi, a diventare proprietari, pur avendo un forte bisogno di una stabilità domestica. Cioè, sarebbero persone per le quali il contratto di locazione avrebbe sempre dei limiti. Per questo motivo, questo strumento può anche dare una risposta lì. Per i proprietari di case, ha due importanti vantaggi: il primo, che ha un patrimonio abitativo di una certa dimensione, può liquidare un quinto del valore del proprio parco senza perdere la proprietà, , assicurandosi sempre che abbiano una disposizione per tornare le canzoni che girano, e d’altra parte, hanno una grande riduzione del rischio perché sono i depositanti del denaro del residente che se il deposito è già con loro. Da 30 anni in poi, questo deposito non esiste, ma è già stato pagato l’intero prezzo del diritto reale, il che significa che se qualcuno ha un default il proprietario ha anche un vantaggio, cioè una riduzione del rischio molto grande e un modo di finanziamento e monetizzazione aggiuntiva.
Tutto questo richiede di conoscere in dettaglio la societá e i suoi bisogni, in un approccio di “sintonia fine”. Ma fino a due anni fa lo Stato portoghese non poteva cosstruire politiche “basate sulle evidenze” perché aveva solo dati del settore privato a cui appoggiarsi...
La prima azione che il mio ufficio ha intrapreso subito dopo la nomina, è stata quella di iniziare a estrarre i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica sui prezzi medi di vendita e sugli affitti nei diversi territori. Infatti, mi é chiaro che se i dati utilizzati dallo Stato sono dati provenientui da un campione imperfetto (magari metropolitano), ogni politica che si basa su medie diviene fragilissima. I dati sono spesso “auto-performativi”: se li falsi verso l’alto, ciò che viene detto sui dati fa aumentare il prezzo, e il mercato sale. E possiamo pensare che le agenzie immobiliari o le associazioni di proiprietari non abbiano interesse a far salire i prezzi divulgando dati soprastimati? Pertanto, per noi, era molto importante avere i dati reali sulle transazioni che avvenivano su tutto il territorio, con i loro valori differenziati. Le mediane (diverse nei diversi luoghi) sono fondamentali per assumere misure corrette. Le politiche tedesche e olandesi ci hanno insegnato molto su questo. In Portogallo abbiamo un problema serio, avendo accumulato anni di dati inaffidabili, senza sfruttare la prerogartiva che lo stato ha di avere censimenti e registrare i contratti stipulati che servono a produrre conoscenza... Già stiamo migliorando, e sappiamo qual é il percorso per essere in grado di avere in futuro dati più credibili su affitti e compravendite. Quali sono i dati piú difficili da avere? Quelli sulla domanda. Stiamo avanzando nell’identificazione di situazioni indegne ed estreme, con l’aiuto dei comuni: il censimento sará migliorato, ma la strategia c’é. Eppure, c’è un tipo di popolazione che ci sfugge: quella che non trovandosi in una situazione indegna non può trovare risposta dal mercato a prezzi abbordabili. I dati della domanda non sono registrati nei censuimenti. Ad oggi, i censimenti non dicono "quella persona voleva trasferirsi in un’altra casa e non può", ma si limitano a dichiarare i fatti: “quella persona è in quella casa” Oras, se io ho un appartamento T2 con due stanze e un figlio di 30 anni che non esce da casa perché non se lo può permettere, questo non puó risultare in neccun censimento. non sembra in alcun senso. Ma giá ci stiamo attrezzando di concerto con l’Istituto di statistica per il futuro...Attualmente stiamo allestendo l’Osservatorio per la Casa e la Riabilitazione dell’IHRU (Istituto Nazionale per la Casa e la Riabilitazione Urbana) per poter lavorare su tutti questi temi e supportare le nostre politiche pubbliche e la stessa comunità. Ma stiamo anche cercando di sviluppare un lavoro sulle piattaforme elettroniche perché crediamo che sia lì che possiamo finalmente iniziare ad avere dati più interessanti su quante persone cercano casa e di cosa hanno bisogno. Abbiamo sete di trovare i luoghi in cui si annidano informazioni rilevanti, anche se imperfette (l’imperfetto è meglio di zero), su questa popolazione di classe media, e medio-bassa, che é difficile conoscere perché non sta in condizioni estreme e non entra nei censimenti dell’emergenza abitativa, e soprattutto cambia necessitá e modi di vivere nel tempo... Domanda, qual è la domanda; dove guardi? e poi alla fine quello che trova effettivamente. Pensiamo che forse c’è stato ... dove questo potrebbe essere più facilmente percepito, sarà nelle ricerche anche delle piattaforme elettroniche, perché il settore immobiliare tradizionale ha molte più registrazioni di domanda rispetto alla domanda. Quindi stiamo sviluppando conversazioni con l’industria delle piattaforme elettroniche per vedere se ci mette in grado di colmare le lacune che ancora esistono e che non si riescono a sopprimere con il settore statistico tradizionale.
In relazione alle categorie sociali più fragili, messe a rischio dalle liberalizzazione del settore dell’alloggio del 2012, come si puó bilanciare la necessitá di proteggerle e il rischio che nessuno in futuro voglia affittare a queste categorie, proprio per le protezioni che vengono loro riconosciute? Avete avuto un dibattito su questo nel governo e in parlamento?
Durante la stesura della Legge sul “Diritto Effettivo a un Alloggio di Lunga Durata” eravamo molto spaventati da questa questione... Temevamo conseguenze negative che possono derivare alla popolazione da restrizioni e da protezioni amministrative immesse nel mercato dell’affitto. Non dirò che sono tranquilla, mentirei.... Ho qualche timore che il mercato si diriga sempre a un altro tipo di affittuario o inquilino, a causa di una sensazione di insicurezza con le tipologie sociali piú protette. Se qualcuno oggi, oltre i 65 anni, sta per affittare una casa, con gli affitti di durata breve, non si immagina certo a cambiar casa a 80 anni... Ee non è solo questione di non affittare. Infatti, nel mercato privato, il padrone di casa può decidere di non rinnovare il contratto in qualsiasi momento. Per questo motivo pensiamo che il “Diritto Effettivo a un Alloggio di Lunga Durata” possa essere un’alternativa interessante per questi gruppi più fragili di persone che non possono permettersi di comprare una casa, o che non lo vogliono, ma che hanno bisogno di stabilità. Comunque, stiamo facendo uno sforzo enorme per promuovere l’offerta pubblica di alloggi, sia per le persone più povere attraverso il programma “Diritto Fondamentale”, sia per la popolazione di classe media e medio-bassa che oggi ha difficoltà a trovare una casa. Bisogna vigilare che la popolazione più vulnerabile abbia sempre un trattamento e una protezione speciale nel settore pubblico. Avere concrete garanzie che non vi sia alcuna discriminazione da parte del settore pubblico stesso non é – di fatto – tanto scontato. Perché la discriminazione può assumere molte forme, e colpire la popolazione più vulnerabile per paura del rischio, o per determinate caratteristiche che le paure diffuse e gli stigmi diffusi fanno individuare come potenziali distruttori del patrimonio costruito (studenti, Rom, etc.). Esistono diversi livelli di discriminazione e il problema della discriminazione è che è molto difficile risolverla solo con un decreto. C’è un lavoro molto grande da fare, di coscientizzazione e di prevenzione, ma questo lavoro è un lavoro lungo e difficile...
Può l’Osservatorio servire anche a questo scopo?
Sí e no. L’Osservatorio è per studiare, non controlla nulla né commina punizioni e multe. L’Osservatorio è un luogo di iricerca, quello che stiamo dicendo qui è che dobbiamo sempre sollevare questioni di sensibilizzazione, protezione e prevenzione, ma parallelamente in questo periodo il settore pubblico deve essere in grado di rispondere con forza ai casi di discriminazione, che il mercatyo sembra moltiplicare giornalmente. Un esempio molto chiaro: la popolazione Rom è la popolazione più discriminata in Portogallo sul tema della casa. È una popolazione che, indipendentemente dal reddito e dall’età, difficilmente può affittare una casa. Cioè, é una popolazione che avrebbe abbastanza soldi per comprare ma rararmente una banca dà loro credito, e non riesce ad affittare e finisce in una situazione abitativa indegna nonostante abbia un lavoro e nonostante abbia un reddito. Solo per decreto, è molto difficile sradicare questo tipo di discriminazione. Quindi deve esserci una risposta pubblica, non solo per cercare di minimizzare questi casi di discriminazione, ma anche per trovare soluzioni – anche in termini di edilizia pubblica.
Giorni fa, una rivista brasiliana riferiva che molti ricchi brasiliani che vengono a vivere in Portogallo chiedono ai costruttori di realizzare edifici con ascensori separati, per dividere gli inservienti dai proprietari. In Brasile esiste una legge che vieta simili discriminazioni, ma in Europa, forse da decenni nessuno ci pensa piú e mancano gli anticorpi normativi. É possibile che attraverso il mercato si faccia un passo indietro in materia di integrazione?
Non abbiamo alcuna prova, e allo stato attuale non esistono indicatori che ci dicano che – in forma massiva - la costruzione a finanziata da brasiliani porterá discriminazione. Infatti, molti comprano case giá costruite, altri spingono per avere due ascensori. Difficilmente ci può essere una legge che vieta due ascensori in un edificio. Tanto piú che in molti casi è bene che ci siano due ascensori in una proprietà, se uno si guastasse. Naturalmente si deve vigilare, verificare che nei condomini non siano messe regole che indichino chi é intitolato a usare un ascensore o un altro. E se scvopriamo cose di questo genere dobbiamo agire con durezza. Se c’è una cosa che è assolutamente proibita dalla legge in Portogallo, in qualsiasi forma essa si manifesti, é la discriminazione. Il che non significa che non avvenga. Ma la difficoltá é, di solito, vederla materializzata, ottenere la prova che vi é stata. Chissá, forse in casi come questi il fatto di materializzarsi in una forma costruita, può anche rendere più facile la sua identificazione.
In che misura la strategia abitativa che passa attraverso il risanamento dell’edificato e il riutilizzo dei brownfields contribuisce anche a ripensare le città più sostenibili? Se cosí fosse, in un certo modo amplierebbe il suo mandato, mettendo anche il suo ufficio in stretta relazione con la nuova politica di pianificazione territoriale....
La Segretaria di Stato alla Casa, come ho detto prima, è apparso nel Ministero dell’Ambiente e della pianificazione del territorio, e quindi lo sviluppo della strategia abitativa è stato fatto in profonda connessione con le politiche dell’economia circolare, la decarbonizzazione, la sostenibilità ambientale e il Piano per il Governo del Territorio, che è stato approvato un anno fa. Cioé fin dall’inizio vi é stata una convergenza. L’impegno per la riabilitazione è uno dei due pilastri della nuova generazione di politiche della casa, e parte di questo impegno deriva proprio dalle questioni ambientali e dalla pianificazione spaziale. I temi della conservazione del territorio e della riduzione del consumo di suolo non sono solo questioni trasversali, ma i singoli strumenti sono sempre più centratisulla riabilitazione piuttosto che sulle nuove costruzioni. Ad esempio, la legge sul “Diritto Fondamentale” consente nuove costruzioni, ma il supporto a fondo perduto è molto più conveniente se usato nella riabilitazione: non abbiamo uno strumento di sostegno finanziario per la nuova costruzione, solo perché parliamo di politiche della casa. Tutti gli strumenti prevedono che ci debba essere un miglioramento della sostenibilità ambientale, e richiedono una certificazione del comune, e di stare dentro una strategia territoriale impegnata, che sia coerente dall’applicazione del “1º Direito” alla costruzione delle Strategie Locali, all’uso dei fondi IFRU. Ogni soluzione necessita che il Comune accerti la sua coerenza con la strategia locale di sostenibilitá. Ci sono anche cose che sono state fatte in modo molto specifico con questo scopo concreto. Parlo non solo degli strumenti di finanziamento, ma anche dei benefici fiscali esistenti per la riabilitazione. La revisione complessiva della legislazione sulle costruzioni è stata appena approvata, in modo da renderla conforme alla centralitá dovuta alla riabilitazione, abrogando il decreto-legge eccezionale sulla riabilitazione degli edifici, che nel 2014 ha portato una serie di norme favorevoli alla nuova costruzione. Cosa vi si diceva? Che in casoi di riabilitazione non si applica la stragrande maggioranza della legislazione. Questa era la soluzione. La legislazione è fatta per le nuove costruzioni, quindi non è applicabile alla ristrutturazione. Ciò ha portato a seri problemi di sicurezza, e alla demolizione di enormi edifici mascherati come riabilitazione, per cui si sono costruite grandi opere non conformi alle normative tecniche, completamente deregolamentate. Noi ci siamo accorti che neppure il backtracking, ovvero il rafforzamento degli standard di costruzione preesistenti, non era una soluzione, perché orientato verso nuove costruzioni. Nella maggior parte dei casi il modo di trattare la riabilitazione era "se il lavoro è molto piccolo, fino al 25% del valore dell’immobile, non si applica nulla della legislazione. Se il lavoro rappresenta più del 25% del valore della proprietà si applica tutto ció che sta nella legge". Un sempio: siamo stati costretti a buttare finestre, in molti casi, dell’età di 100 o 200 anni, che con una doppia finestra sarebbero state potenti sotto il profilo dell’efficienza energetica e avrebbero preservato il patrimonio e risparmiato risorse, Ma non si potevana tenerle perché non avevano la certificazione, di quelle con cui giá vengono omologate le nuove finestre. Ora, ciò che è pianificato deve portare una progressione positiva. Cioè, ogni volta che fai qualcosa, devi migliorare un po’ la performance e la efficienza energetica degli appartamenti. Ma è assolutamente proporzionale all’entitá dei lavori e sempre con la massima flessibilità di adozione delle soluzioni. Il grande problema ambientale dell’edilizia, oggi, non è l’efficienza energetica. Questa, tecnicamente, conosciamo il modo di ottenerla: è una questione di scelta politica. Il problema è l’efficienza materiale. Il settore edilizio è il più inefficiente dal punto di vista ambientale, continua a fare demolizioni per mettere in discarica in modo diverso materiali perfettamente utilizzabili e tratta i materiali in modo tale da renderli difficilmente riciclabili. Questa è la grande sfida del mometo: avere una legislazione che renda possibile una riabilitazione efficace. Era per noi fondamentale e siamo stati in grado di farlo nella prima srttimana di luglio del 2019.
In Italia c’è un grande dibattito sull’adeguatezza antisismica del patrimonio costruito, specialmente dove vivono gli anziani. È meglio fare grandi opere o usare gli stessi soldi per riaffermare un livello di sicurezza adeguata per tutti i cittadini?. Dal momento che in Portogallo ci sono alcune aree sismiche, c’è una riflessione collettiva sul tema della sicurezza antismica?
Vediamo un po’. Quando parliamo di case dignitose, non c’è stata, né è prevista, la realizzazione di un censimento sismico a tappeto ... Ciò che è stato fatto, e approvato nella prima settimana di luglio 2019, é stato mettere la parola fine al regime eccezionale della riabilitazione, in vigore dal 2014. La parte sismica è quella che più ha spaventato le persone nel regime normativo eccezionale ancora in vigore fino ad un mese fa... perché non abbiamo garanzie di ciò che è stato fatto dal punto di vista sismico, in questo periodo; non lo sappiamo. Fingendo che ogni costruzione dove si manteneva la facciata storica preesistente fosse un caso di riabilitazione (e quindi esente da tutta una serie di norme da rispettare) si é in realtá permess di realizzare nuove costruzioni senza rispettare i requisiti sismici. Il pacchetto legislativo approvato il 4 luglio del 2019, rimette al centro l’applicazione degli eurocodici sismici (in particolare l’Eurocodice 8) e della legislazione nazionale: per tutti i casi, sia per la nuova costruzione che per spiegare quale metodologia adottare in caso di riabilitazione, è ora necessario disporre di analisi sismiche e esplicitare quali regole vengono applicate. Questo lavoro è stato pagato dal fondo ambientale, ed è stato sviluppato per più di 1 anno, coordinato dal Laboratorio Nazionale di Ingegneria Civile, dall’IHRU e dall’Università di Coimbra, attraverso l’Instituto Pedro Nunes e con la collaborazione di 23 entità del paese (università, enti di settore, patrimonio, edilizia civile). Il lavoro è stato sviluppato tecnicamente per più di un anno da tutta queste entità con un ampio dibattito intorno ad esso, e il rapporto finale prevede di presentare una serie di proposte per il cambiamento e l’adeguamento normativo al governo. Il pacchetto ha proseguito la sua corsa nell’ambito del governo, per garantire l’articolazione con varie aree governative diverse e complementari.
Nelle critiche o controproposte che a volte vengono dai movimenti di base che si occupano di politiche della casa, c’è una riflessione sul peso che altre politiche hanno sul problema degli alloggi in Portogallo. Alcune proposte sono state fatte, ad esempio, per chiedere di riformulare i visti d’oro, i visti dei pensionati, ed altri incentivi dati all’investimento stranieri negli anni della crisi, e mai revocati dal nuovo governo. C’è un dibattito all’interno del governo su queste due misure, per esempio, riguardo a come possono essere ottimizzate per aiutare territori piú fragili invece che contribuire ad aumentare la pressione speculativa sulle aree centrali?
Come puoi immaginare, ciò di cui parliamo all’interno del governo è solitamente ciò di cui poi parliamo in pubblico presentando le proposte del governo. É filtrato qualcosa in proposito? In questo momento nessuna proposta è apparsa in questa direzione, ma non è nulla che non si npossa discutere prossimamente....
Qual è lo spazio in Portogallo, oggi, per temi che in altri paesi stanno diventando innovazioni centrali, come l’evoluzione di soluzioni abitative quali il cohousing, o i Community Land Trust, o altre forme di politiche legate all’economia sociale e solidale?
Abbiamo già fatto dei passi in questa direzione. Ad esempio, la legge sul “Diritto Fondamentale” consente il finanziamento di unità residenziali, in cui il concetto di cohousing si adatta perfettamente. Inoltre, dal punto di vista del settore cooperativo, le cooperative di residenti sono beneficiari diretti del “1º Direito”, essendo possibile finanziare direttamente una cooperativa di residenti. C’é poi un terzo livello a cui abbiamo lavorato: in Portogallo esisteva , dal 1997, un decreto sui contratti di locazione a costi controllati, che stabiliva i criteri perché l’IHRU certificasse gli alloggi che rispondevano ad alcune caratteristiche come alloggi a costi controllati, che si vedevano garantire la riduzione dell’IVA al 6%. Sulla base di questa ordinanza, il regime cooperativo aveva vantaggi, potendo aumentare tutti i limiti di sconti e supporti finanziari da parte dello stato. Come immaginabile, un’ordinanza del 1997 sui costi di costruzione, pur essendo ancora formalmente in vigore, difficilmente risultava applicabile. Cosí, l’abbiamo aggiornata completamente con una nuova filosofia inversa alla precedente. Prima, l’ordinanza si applicava solo alla nuova costruzione; e aveva un limite di valore di costruzione ed anche un limite di valore per la prima vendita. Oggi l’ordinanza sui costi di costruzione é applicabile sia alla nuova costruzione che alla riabilitazione; e sono stati tolti i limiti al costo, perché se viene realizzato un lavoro di qualità eccellente che è reso disponibile a costi controllati per noi va benissimo... Quello che stipuliamo è un limite per il prezzo di vendita, e un limite di affitto,per 25 anni, a costi controllati e accessibili. Se in qualsiasi momento il proprietario desidera cambiare regime, restituisce al governo le tasse su cui aveva avuto la riduzione. Ossia, al momento stiamo offrendo un forte incentivo per promuovere l’offerta abitativa, con la riduzione al 6% dell’IVA sulle opere (di solito al 23%), inclusi i progetti, e la cancellazione delle imposte sulle persone fisiche e giuridiche (che normalmente oscillano sul 28%). Da questi numeri, mi pare che il potenziale margine di profitto sia chiaro; e con esso viene la speranza di un forte incentivo alla nuova offerta di case in locazione, sia attraverso la riabilitazione o attraverso nuova costruzione.
Come stanno reagendo le categorie economiche e il mercato a queste proposte?
Il sistema é ancora in trasformazione, alcune norme non sono neppure promulgate, per cui ci vorrá del tempo per capire se tutti gli sforzi che stiamo facendo per creare un ventaglio di opzioni ampio per rispondere a una societá plurale e in continuo mutamento sono state sfide ben riposte, o vi sono correttivi da apportare. Intanto é importante monitorare tutto con attenzione.
Esistono diverse reti internazionali, in particolare grandi città (e Lisbona ne fa parte) che lottano per ottenere dagli stati la libertá di imporre misure che tentino di restituire ad alcune piattaforme di business immobiliare, come AirBnb, il loro senso di “economie di condivisione”, limitando, ad esempio, l’effetto speculativo che hanno avuto sui problemi della riduzione cospicua dell’offerta di contratti di affitto a medio e lungo termine. Pensa che, oltre alle misure che i comuni stessi possono imporre, lo stato portoghese possa affrontare questo problema a livello nazionale, come ha fatto regolarizzando i seervizi di Uber?
Il maggior problema nelle grandi cittá portoghesi, al momento, é la lotta di diverse funzioni per la conquista degli spessi spazi. Le case dei centroi storici le vuole il turismo (anzi, le voglioni diverse imprese che sfruttano il turismo, offrendo servizi per aumentare la rendita), e le vogliono le grandi imprese che vorrebbero portare i loro uffici in un paese diventato di moda. Per intervenire nello specifico, penso che ci siano tre livelli di performance: uno su scala macro, europea e mondiale; uno cittadino; e uno municipale. A livello nazionale, penso che siamo ancora un paese da guardare con interesse. Cioè, a livello nazionale, abbiamo una legislazione, che è stata negoziata con le piattaforme elettroniche ed è in vigore, in cui non vi è alcun annuncio che possa essere fatto sulle piattaforme senza essere registrato nel registro nazionale degli alloggi a uso turistico. Quando l’abbiamo fatto, eravamo l’unico paese che aveva regolamenti specifici per l’Alloggio Locale (che é il nome dato agli appartamenti messi sul mercato dell’affitto a breve termine per turisti) e che aveva l’obbligo di avere una chiara registrazione degli stabilimenti prima di poterli annunciare sulle piattaforme elettroniche . Avere uno strumento di controllo sulla situazione è esattamente ciò che ha permesso l’altra legislazione, di carattere municipale, cioè quella che consente ai comuni di limitare la proliferazione degli alloggi ad uso turistico nelle aree del loro territorio, con le regole che ritengano giuste. Qui vi é una questione di pianificazione territoriale da affrontare con coraggio. Quando negli anni ’70 e ’80 i centri urbani hanno iniziato a terziarizzarsi, occupando gli alloggi con uffici, banche, servizi e commercio, ció é stato affrontato (e non sempre risolto) con gli strumenti di gestione territoriale. Cioè, con i Piani Regolatori (PDM). Al momento, i comuni hanno questa facoltà, possono già limitare le nuove registrazioni di alloggi locali, ad uso turistico e con le regole imposte dalla legislazione nazionale, se non ci sono documenti di regolarizzazione non c’è divulgazione/pubblicitá possibile. Questa è una svolta ma – tuttavia – credo che un’azione efficace a livello di piattaforme che sono multinazionali, debba venire da misure globali. Cioè, ci vuole un serio dibattito sulle misure da adottare, in cui la stessa Unione Europea dovrebbe svolgere un ruolo centrale. Perché quando parliamo di cose che vanno oltre i singoli paesi, che rende il loro potere di regolamentare e legiferare molto piccolo, dobbiamo far funzionare gli strumenti superiori in forma sussidiaria. Se la pianificazione del territorio dovrebbe essere comunale, le leggi generali di regolamentazione del settore e gli strumenti di intervento nazionali, regolare l’attività delle piattaforme stesse è un obiettivo molto difficile se non affrontato in uno scala macro. Quando la piattaforma è una multinazionale, i miei strumenti di intervento, i miei canali di dialogo sono molto più complessi e difficili. Quindi dobbiamo chiarire che se siamo in un mondo globalizzato, alcune cose devono essere regolate globalmente...
Il Portogallo potrebbe assumersi internazionalmente un ruolo di stimolo ad un’azione Europea piú efficace?
Si, credo che siamo ben attrezzati per poter avanzare in questa direzione, e abbiamo esperienze importanti da condividere.