Urbanistica INFORMAZIONI

Urbanistica Open science. Il piano come infrastruttura democratica e sostenibile

A proposito di Open science

Comunemente l’Open science si riferisce agli sforzi per rendere i risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici più accessibili in formato digitale alla comunità scientifica, al settore imprenditoriale o alla società in generale. La scienza aperta rappresenta il punto di incontro tra la tradizione secolare all’apertura nella scienza con gli strumenti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) che hanno ridisegnato i confini dell’attività scientifica e richiedono una riflessione critica da parte dei responsabili politici interessati a promuovere tanto la ricerca quanto l’innovazione.
Da tempo le piattaforme online stanno creando nuove opportunità per organizzare e pubblicare i contenuti dei prodotti della ricerca, rendendoli immediatamente disponibili ai molteplici soggetti sociali. Contemporaneamente, le ICT permettono la raccolta di grandi quantità di dati e informazioni che possono costituire la base per diverse e nuove applicazioni, contribuendo, in tal modo, a rendere la scienza sempre più guidata dai dati (OECD 2015).
Nello svolgimento dei loro doveri statutari e funzioni di cui sono competenti, gli enti pubblici producono, raccolgono e gestiscono una grande quantità di dati o finanziano altri soggetti per svolgere queste responsabilità. I dati stanno quindi rapidamente diventando uno dei beni pubblici più preziosi, ma spesso rimangono inaccessibili – o troppo costosi – per la maggior parte delle persone. Consentire l’accesso e il riutilizzo di questi dati ha un potenziale significativo non solo per migliorare l’efficienza e la trasparenza del settore pubblico, ma anche per promuovere azioni pubbliche orientate allo sviluppo sostenibile, aumentando il valore economico-sociale pubblico.
L’OCSE evidenzia (Ubaldi 2013) che tra i principali insiemi di valori perseguiti dalle politiche e dalle iniziative sui ‘dati aperti pubblici’ (Open Government Data, OGD), i benefici potenziali non sono solo di natura monetaria ed economica ma includono anche prospettive sociali e di buona governance: molti obiettivi legati alla responsabilità e alla governance possono essere soddisfatti rilasciando dati aggregati o rafforzando i legami con attori intermediari che svolgono un ruolo chiave nel trasformare i ‘dati aperti’ in informazioni comprensibili e utili per la società in generale. Il valore sociale, raggiunto attraverso un maggiore coinvolgimento pubblico nella progettazione e nell’erogazione di politiche e servizi, può inoltre richiedere dati di interesse per i gruppi di utenti pertinenti che cercano un coinvolgimento attivo.

Una provocazione. L’urbanistica come meta-servizio pubblico

Immaginiamo l’urbanistica come il software operativo di una città (hardware): essa non fornisce direttamente i servizi ma crea l’ambiente strutturale, politico e culturale che rende possibile il funzionamento efficiente di sanità, istruzione, cultura, sport, tempo libero, trasporti. L’urbanistica, intesa come meta-servizio pubblico, è il lavoro e l’agire che predispone le condizioni abilitanti affinché una città sia vivibile, sostenibile e inclusiva oltre che economicamente dinamica.
Questa visione implica una responsabilità etica e politica che va oltre la pianificazione e progettazione fisica: chi pianifica non sta solo costruendo spazi ma sta definendo le opportunità di sviluppo e sostenibilità per le generazioni future. Ad esempio, un sistema di trasporti pubblici ben integrato e plurimodale non è solo un’infrastruttura: è un catalizzatore per l’accesso all’istruzione, al lavoro, alla cultura.
Allora, collegare l’urbanistica all’Open science significa riconoscere che la pianificazione non è (e non può essere) il prodotto di una élite tecnica – o meno che mai di un Archistar – ma deve coinvolgere la molteplicità degli attori sociali - istituzionali e non - e utilizzare l’intelligenza collettiva.
La città non è solo uno spazio fisico ma un sistema complesso composto da persone, idee e relazioni (Bertuglia e Vaio 2019).
In quest’ottica, l’urbanistica si potenzia e da disciplina tecnica diviene anche pratica etica e collaborativa, che funziona come un ‘meta-servizio’ progettando le condizioni per uno sviluppo e un vivere comune più giusto e sostenibile.

Ripensare l’urbanistica come infrastruttura abilitante

Sostenibilità ambientale, inclusione sociale, accesso equo ai servizi pubblici così come la resilienza di fronte ai cambiamenti climatici e alle crisi globali sono sfide crescenti e ineludibili che riguardano le città e i territori.
Entro tale evidenza, i piani urbanistici e territoriali, quali strumenti di governo e progetto del territorio, assumono una rinnovata utilità che risiede nella capacità di considerarli non solo come strumenti tecnici e normativi finalizzati a regolare la città e l’organizzazione della mobilità, delle attività, degli insediamenti e delle attrezzature.
è necessario guardare il piano come una sorta di infrastruttura in-
tangibile, capace di abilitare la dotazione e il funzionamento dei servizi pubblici e di interesse collettivo di una città o di un territorio.
Quando si parla di servizi pubblici quali dotazioni urbanistiche e territoriali (Giaimo 2023) – sanità, istruzione, spazi verdi, attrezzature di interesse collettivo, mobilità – si tende spesso a considerarli come entità isolate, progettate e gestite separatamente le une dalle altre. Tuttavia, la localizzazione di questi servizi e le relazioni che essi sviluppano col sistema urbano e sovralocale non è fattore irrilevante: il loro funzionamento dipende anche dalla struttura fisica, sociale ed economica del territorio in cui sono inseriti e dal progetto di futuro.
È, dunque, sotto questo punto di vista che il piano (in particolare quello urbanistico) emerge come una sorta di meta-servizio pubblico, una piattaforma abilitante che non fornisce direttamente servizi ma crea le condizioni affinchè essi siano forniti, accessibili, efficienti, inclusivi e sostenibili.

L’integrazione dei principi dell’Open science in questo contesto, rappresenta un cambio di paradigma fondamentale. La scienza aperta, con i suoi valori di trasparenza, collaborazione e accesso condiviso a dati e informazioni, può trasformare il modo in cui si progettano e si gestiscono le città, promuovendo un’urbanistica più democratica e adattiva e quindi anche più flessibile.
Ecco perché esplorare come il piano urbanistico, in una prospettiva di Open science, possa agire quale infrastruttura democratica e sostenibile per supportare e migliorare i servizi pubblici e buon funzionamento dei sistemi urbani, appare un esercizio non privo di senso.

Una infrastruttura immateriale per i servizi pubblici

L’idea del piano urbanistico come infrastruttura parte dalla consapevolezza che i servizi pubblici dipendono da un’organizzazione spaziale che ne garantisca l’efficacia. Ciò è tanto più vero quanto più si consideri la ormai condivisa necessità di integrare le dotazioni quantitative di spazi con le prestazioni qualitative delle aree pubbliche e/o private attraverso il nuovo paradigma rappresentato dai servizi ecosistemici (Santolini e Morri 2021), intesi quali benefici offerti gratuitamente dal buon funzionamento dei sistemi ecologici. Va infatti considerato che, ad esempio, un ospedale può essere ideato e progettato facendo ricorso alle tecnologie più d’avanguardia ma la sua capacità di servire efficacemente una comunità dipende dall’accessibilità fisica e logistica: strade funzionalmente adeguate, trasporti pubblici efficienti e una distribuzione spaziale che riduca le disuguaglianze di accesso sono inderogabili requisiti del contesto di riferimento. Analogamente, una scuola è uno spazio di apprendimento, ma la sua efficacia educativa e sociale non si ferma sulla soglia dell’aula bensì è strettamente legata alla connessione con le comunità locali, alle caratteristiche e alla qualità del suo ambiente urbano di prossimità e alla sua integrazione con altri spazi pubblici e servizi di mobilità plurimodale. In questa prospettiva, quindi, l’urbanistica non è solo un’attività di regolamentazione dell’uso del suolo ma una pratica abilitante che crea le precondizioni per l’efficacia dei servizi pubblici. Soprattutto se si considera l’epoca di profonde divisioni che stiamo vivendo in termini religiosi, culturali e razziali, che portano a un livello di polarizzazione sempre più esasperato. Alcuni autori ritengono che il futuro delle società democratiche non si basi semplicemente su valori condivisi ma su spazi condivisi: parchi, biblioteche, centri per l’infanzia, chiese, luoghi dove si formano connessioni fondamentali, dando vita, cioè, ad ‘infrastrutture sociali’ (Klinenberg 2018).

Il piano urbanistico come meta-servizio pubblico: progettare le condizioni di possibilità

Il concetto di meta-servizio pubblico si riferisce a un sistema che non fornisce direttamente un servizio (come un giardino, un ospedale o un asilo), ma crea le condizioni per l’esistenza, il buon funzionamento e l’efficacia di quei servizi.
Il piano urbanistico, in questo senso, agisce su quattro livelli principali:
* quadro esigenziale: svolge le opportune ricognizioni multisettoriali per riconoscere lo stato della domanda di servizi espremibile dalla popolazione residente, presente, fluttuante (esistente e prevista)
* accessibilità e inclusione: è in grado di garantire che tutti i cittadini abbiano accesso equo ai servizi pubblici, indipendentemente dalla loro posizione geografica, condizione economica o sociale.
* efficienza e interconnessione: è in grado di ottimizzare la distribuzione spaziale e la connessione tra i servizi, riducendo i tempi di accesso. Piani e progetti coerenti con la strategia delle “15-minute cities” (Moreno 2016) - dove tutti i servizi essenziali sono accessibili in 15 minuti a piedi o in bicicletta – praticata a Parigi ma ben nota e praticata in molte esperienze italiane, mostrano come il piano urbanistico possa diventare un catalizzatore per la sostenibilità e il benessere.
* sostenibilità e resilienza: integra, grazie ai procedimenti di valutazione ambientale strategica, i principi di sostenibilità ambientale, economica e sociale nella pianificazione e progettazione, assicurando che i servizi pubblici favoriscano la resilienza delle città e delle comunità di fronte a crisi evidenti come quella energetica o il cambiamento climatico attraverso un adeguato mosaico spaziale che garantisca anche una certa ridondanza e plurifunzionalità degli spazi. Ad esempio, un piano urbanistico che sappia struttura il progetto di suolo attorno al disegno di infrastrutture verdi e la gestione integrata delle risorse idriche non solo migliora la qualità ecologico-ambientale della città favorendo l’erogazione di servizi ecosistemici, ma supporta e integra anche altri servizi pubblici come l’assistenza alla salute (riducendo inquinamento e malattie respiratorie, migliorando il benessere fisico e mentale e favorendo stili di vita attivi), la mobilità sostenibile (favorendo l’uso di percorsi pedonali e ciclabili) e la cultura.

Open science e urbanistica: verso una pianificazione trasparente e partecipativa

L’urbanistica tradizionale si è spesso caratterizzata per un approccio top-down: piani progettati da esperti e tecnocrati, con scarsa iterazione delle comunità locali e talvolta anche poca trasparenza nei processi decisionali. Questo modello ha portato a una serie di criticità, tra cui la mancanza di fiducia da parte dei cittadini nel piano e nelle istituzioni che pianificano e gestiscono i territori; scelte progettuali che non rispondono alle reali esigenze locali; la difficoltà di adattare i piani e le loro rigidità alle dinamiche complesse e in continuo cambiamento delle città contemporanee.
Pensare il piano urbanistico come azione di Open science potrebbe offrire un’alternativa a questi problemi nella misura in cui ciò implica:
* dati aperti e trasparenti: i dati che guidano la costruzione dei quadri conoscitivi che indirizzano la pianificazione (ad esempio, informazioni sulla mobilità, sull’inquinamento, sulla densità abitativa) potrebbero essere resi accessibili a tutti, consentendo persino analisi indipendenti e promuovendo una maggiore trasparenza.
* partecipazione collaborativa: le comunità locali potrebbero essere coinvolte attivamente nei processi di pianificazione, attraverso strumenti come piattaforme digitali di co-progettazione e processi di crowdsourcing.
* flessibilità e adattabilità: i piani urbanistici non dovrebbero più essere documenti statici e rigidi, redatti una volta per tutte; di essi va innovata la forma e la natura, per essere ragionevolmente flessibili e adattabili in base ai cambiamenti delle condizioni di contesto, sociali, economiche e ambientali ed aperto a progettualità coerenti ed implementati il piano stesso (Barbieri 2024).

Verso un’urbanistica aperta, democratica e sostenibile

L’integrazione dei principi dell’open science nell’urbanistica e nella pianificazione territoriale offre una visione nuova e necessaria del piano urbanistico come infrastruttura necessaria, democratica e sostenibile. Attraverso dati trasparenti, processi partecipativi e strategie adattive, è possibile trasformare il piano urbanistico in un vero e proprio meta-servizio pubblico, capace di abilitare sviluppo sostenibile, promuovere giustizia spaziale e rispondere alle sfide del nostro tempo.

Riferimenti bibliografici

Barbieri C.A. (2024), “Pianificare per coerenza e col metodo della copianificazione, Urbanistica Informazioni, no. 315, p. 80-81.
Bertuglia C., Vaio F. (2019), Il fenomeno urbano e la complessità, Bollati Boringhieri, Torino.
Giaimo C. (2023), “Repetita iuvant”, Urbanistica Informazioni, no. 309, p. 5-6.
Klinenberg E. (2018), Palaces for the People: How Social Infrastructure Can Help Fight Inequality, Polarization, and the Decline of Civic Life, Crown Publishing Group, New York City.
Moreno C. (2016), "La ville du quart d’heure: Pour un nouveau chrono-urbanisme", La Tribune, 5 octobre [https://www.latribune.fr/regions/sm...].
OECD (2015), “Making Open Science a Reality”, OECD Science, Technology and Industry Policy Papers, no. 25, OECD Publishing, Paris. [http://dx.doi.org/10.1787/5jrs2f963...]
Santolini R., Morri E. (2021), “Servizi ecosistemici”, Urbanistica Informazioni no. 288-289, p. 140.
Ubaldi B. (2013), “Open government data: Towards empirical analysis of open government data initiatives”, OECD Working Papers on Public Governance, no. 22, OECD Publishing, Paris. [http://dx.doi.org/10.1787/5k46bj4f0...]

Data di pubblicazione: 25 novembre 2024