Il Nepal sta attraversando una lunga fase di transizione, con la conseguenza che vi è stata un’ulteriore concentrazione di attività nella Valle. Lo sviluppo qui ha portato sia ad un’accumulazione di benessere, ma anche ad una stagnazione nelle aree più periferiche. La maggior parte delle attività dei partiti politici avviene qui e con ciò è cresciuta la spesa dello stato, senza che le condizioni di infrastrutture e servizi siano migliorate ad intercettare la domanda crescente. Ciò ha condotto ad una situazione che può essere considerata come un “fallimento della città”. Il fallimento nell’innescare cambiamenti a lungo termine ha spinto il governo ad impegnarsi in azioni populiste e ad alta visibilità, con l’unica finalità di rendere nota la propria presenza, senza però intraprendere iniziative significative, di lungo respiro per rispondere alla crisi emergente. In termini di competitività su scala globale, la valle non è più considerata un buon posto per alcun tipo di investimento con un conseguente brusco declino del mercato immobiliare. L’incapacità di soddisfare la crescente domanda di infrastrutture e servizi, ha spinto verso piccoli progetti di tipo incrementale finalizzati ad attenuare se non risolvere la crisi. Tuttavia, tali cambiamenti non sono sufficienti per arrestare il crescente deficit, e la situazione sta diventando critica.
Per rendere il cambiamento più inclusivo, sembra opportuno sviluppare dei progetti speciali per i diritti dei gruppi degli esclusi in ogni comunità. Per preservare la loro inclusione sociale occorrerebbe incoraggiare le attività locali; accrescere la responsabilizzazione nella vita comunitaria; fornire servizi chiave a livello locale; coinvolgere gli abitanti nel miglioramento dell’ambiente e nei lavori sociali; investire in progetti culturali e religiosi; pedonalizzare per una mobilità più sostenibile; formare cooperative nei quartieri e finanziare in modo sostenibile le infrastrutture.
Per migliorare accessibilità e mobilità bisognerebbe sviluppare il sistema dei trasporti pubblici. Ci dovrebbero essere sia buoni trasporti che un buon sistema di comunicazione. Le città possono creare incentivi e promuovere politiche che favoriscono il trasporto di massa. Inoltre connessioni sicure, funzionali e verdi permetterebbero di riqualificare lo spazio pubblico e renderlo più inclusivo. In particolare saranno le vie pedonali a riattivare lo spazio pubblico, che insieme alla mixité funzionale contribuiranno alla sua reintegrazione.
Sembra necessario, inoltre, incoraggiare le iniziative promosse dagli abitanti a livello di quartiere e integrarle nelle strutture e nelle reti a livello comunale. Dovremmo concentrarci sull’obiettivo di rendere in particolare le città tradizionali più inclusive e proprio là fornire gli spunti necessari per innescare tale processo. Non si dovrebbe scendere a compromessi soprattutto per quanto riguarda la forma, la cultura e gli stili di vita della città tradizionale. I suoi abitanti dovrebbero apprezzarne la funzionalità, ed essa dovrebbe adattarsi ai cambiamenti in corso.
Le sue potenzialità in termini di inclusione dovrebbero essere sfruttate per renderne lo sviluppo più sostenibile. Ciò può essere fatto, da un lato, pianificando e sviluppando le nuove realtà urbane come eco-città con prevalenza di caratteristiche parzialmente rurali e minori standard; dall’altro lato, riqualificando le città e gli insediamenti storici facendo attenzione a renderli più inclusivi, utilizzando le potenzialità delle reti sociali e del patrimonio esistente per ridare vita alle attività autoctone.
Le città affrontano oggi problemi vari, sempre più numerosi, relativi a diversi gruppi della popolazione quali i giovani, gli anziani, i disabili e così via, portatori di istanze differenti per natura. È dunque necessario soddisfare i bisogni di tali gruppi le cui prospettive sono diverse. Il concetto di “città inclusiva” è legato ad una comunità funzionante e prosperosa. Una società è ideale quando i bisogni dell’uomo sono soddisfatti dagli sforzi della comunità stessa, e dove le persone sono portate ad aggiungere valore alla comunità a cui appartengono e con la quale si identificano. In tale società, le persone vivono in armonia con il loro ambiente, e sono meno vulnerabili alle possibili minacce. Non devono preoccuparsi troppo di rispondere da soli alle proprie necessità, ma gli è permesso contribuirvi in base alle proprie possibilità. La loro felicità dipende dai servizi che sono in grado di fornire alla comunità, trovando un ambiente che facilità il lavoro.
Nonostante le città storiche della Valle di Kathmandu siano dei buoni esempi di città inclusive, tuttavia sono sottoposte ad una crescente minaccia: è facile infatti osservare dei conflitti di interesse tra le tendenze globali e le caratteristiche intrinseche a tali città che si è tentato di danneggiare per più di un secolo. Alcuni dei fattori che sostengono la loro inclusione possono essere così riassunti: la forte resistenza al cambiamento data dalla loro lunga storia; un disegno degli spazi che incoraggia coesione e inclusione; elementi che favoriscono la mobilità pedonale; una cultura di condivisione della povertà e una condivisione dello spazio urbano che incoraggia la mixité grazie alle attività culturali e religiose disseminate nel corso dell’anno.
È dunque grazie all’antichità e alla persistente resistenza al cambiamento che gli investimenti di larga scala che avrebbero potuto distruggere il carattere proprio degli insediamenti non hanno mai preso il via. Tuttavia ciò ha avuto dei costi immensi e la vita della gente comune non è stata facile. Il ruolo del governo deve cambiare e deve supportare le azioni degli abitanti in modo che la loro capacità di inclusione possa dispiegarsi ed essere promossa. Il governo dovrebbe capire che i cambiamenti moderni verranno ostacolati se non ci saranno delle misure di adattamento, e che ogni tipo di conflitto di interesse renderà lo sviluppo più costoso e meno sostenibile. In particolare, il conflitto tra il miglioramento degli standard abitativi delle persone e la conservazione del patrimonio culturale deve essere risolto coinvolgendo le persone e attraverso l’impiego di tecnologie che permettano una maggior integrazione tra cultura e sviluppo.
Corbett, G. et. al., (1995), Kathmandu: seven studies in urban renewal, Winnipeg: University of Manitoba.
Haaland, A., (1985), Bhaktapur: A Town Changing, revised edition, Kathmandu: GTZ.
Hanson, J. (2004) “The inclusive city: delivering a more accessible urban environment through inclusive design’’, RICS Cobra 2004 International Construction Conference: responding to change, http; www.eprints.ucl.ac.uk/3351.
Joshi, Jibgar, (2008), “Sustainable Provision of Urban Environmental Services in Kathmandu Valley”, paper presented at 2nd ICBED, University Sains Malaysia.
Joshi, Jibgar, (2009), Regional Strategies for Sustainable Development in Nepal, Kathmandu: Lajmina Joshi.
Joshi, Jibgar, (2011). Managing Environment and Cities for Sustainable Development, Kathmandu: Lajmina Joshi.
MoPE (Ministry of Population and Environment), (1999), Environmental Planning and Management of the Kathmandu Valley, Kathmandu: MoPE/IUCN.
Rodwin, L., (1981). Cities and City Planning, New York/London: Plenum Press.
Safier, M., (1996), “The Cosmopolitan Challenge in Cities on the Edge of the Millennium: Moving from Conflict to Co-existence”, in City 3-4, Oxford.
The Inclusive City, http: www.inclusivecity.com.