Urbanistica INFORMAZIONI

Qualche cosa (in più) per conoscere (di meno)...

Sentir parlare di “rinascita”, “battaglia”, addirittura paragonare il momento affiancandolo alla “liberazione”... o dello “spirito” del nostro Paese quando attorno a noi si apre una piccola finestra di ipocrisia mi lascia perplesso. Mi fa arrabbiare.
Spiego: mi sento accerchiato da atteggiamenti di falsità e ingenuità, rispetto ad una crisi che sta colpendo tutti, ma che diventa paradossale qui in Italia dove “il virus” viene spesso trattato da atteggiamenti di antropomorfia (lui è fuori di noi, esiste, lo dobbiamo combattere, chiudiamoci in casa), senza avviare una riflessione su quanto siamo noi, razza umana educata, dotati di riflessività e ragionevolezza, talvolta inadeguati e stupidi.
E certo; stupidi.
Siamo il Paese che per introdurre gli “standard urbanistici”, ovvero la dotazione minima di aree pubbliche da “cedere” alle Amministrazioni a fronte dell’edificabilità garantita dai Piani Regolatori, abbiamo aspettato che franasse mezza Agrigento, e che il Nord Italia venisse allagato creando vittime e danni inestimabili al patrimonio italiano.
Siamo il Paese che vive di piccole e grandi de-regolamentazioni, di abusi, condoni, deroghe. Il Paese che negli ultimi anni ha utilizzato l’introito degli oneri di urbanizzazione per pagare le spese correnti dei Comuni.
E quindi il Paese che si accorge del cambiamento climatico quando una sera di Novembre 2019 l’alto Adriatico decide di farsi sentire mandando sott’acqua le lagune di Venezia, Marano e Grado. E poco male se leggiamo in ogni giornale che altrove il cambiamento climatico è già in atto. Che stanno scomparendo preziosi habitat naturali. Che stiamo frammentando eccessivamente gli ecosistemi. Che la natura ci offre servizi ecosistemici di cui l’uomo, non l’animale, o le piante, hanno bisogno. L’uomo.
Nulla. Atteggiamento ambientalista. Che di avvocati dell’ambiente non ce n’è bisogno. Abbiamo altro a cui pensare. L’economia. Il lavoro. La disoccupazione. La crescita. O la decrescita felice? E la competizione interna all’Europa? L’export del Prosecco? Del Parmigiano Reggiano? Ma quando la questione ambientale genera i danni alla salute umana che si fa? Fa chiudere i mercati per due mesi. Genera una pandemia che fa balzare il nostro debito al 150% del PIL.
Quando, insomma, sarà la mia generazione a pagare i danni fatti dai miei predecessori, dove sta il confine tra ambientalismo ed economia? Perché è chiaro che pagherò quanto stiamo vivendo.
Non solo non posso godere dello stesso stock di risorse di cui hanno goduto i miei predecessori, ma il prezzo che dovrò pagare per le non-scelte è ben più alto del benessere che mi viene garantito. Parliamone del benessere per un ricercatore italiano.
Mi chiedo: perché ci dovremmo occupare del territorio quando siamo in una situazione di emergenza? Perché siamo così. Perchè abbiamo bisogno di avere l’acqua alla gola per ottenere la consapevolezza del limite. Per passare all’azione.
E la cosa peggiore, è che se oggi la mia corsa quotidiana nella collina torinese mi riserva di incontrare le volpi, che hanno ripopolato Superga, non dovrò questo alla “consapevolezza” del limite, ma alla più banale “paura” del contagio. Che quando dal 4 maggio riapriranno i cancelli, torneremo nelle nostre auto. Piede sul gas e incazzati al semaforo.
No, non è il mio mondo. Non è il mio posto.
Ho studiato da tempo le relazioni tra uso e trasformazioni d’uso del suolo e l’ambiente. Non solo. Per un buon periodo ho indirizzato la mia ricerca agli effetti sulla salute umana. E di questo vorrei nuovamente parlare. Responsabilità. Anche nostra. Degli analisti dello spazio, dei pianificatori, degli architetti. Responsabilità di capire in che mondo viviamo ed agire di conseguenza.
Si stimano 800.000 morti all’anno in Europa per malattie cardiovascolari e polmonari legate all’inquinamento atmosferico. Pochi sanno che dove impermeabilizziamo un suolo non solo “generiamo” fonti per nuove emissioni di particolato, ma neghiamo al particolato stesso di depositarsi al suolo, di fatto “risospendendolo”. Le nostre bellissime e disumane città disperse, diffuse, regioni urbane risospendono particolato aumentandone le concentrazioni anche del 50%.
Hai voglia di stabilire i blocchi del traffico... non cambia nulla. Le nostre città sono nuvole di polvere. Tutti tranquilli però. Tutto bene ragazzi.
Abbiamo consumato suolo, frammentato gli ecosistemi a scala planetaria. Siamo venuti a contatto con specie selvatiche che non trovano più spazio. Poi abbiamo trasportato i prodotti in ogni dove del mondo. Poi abbiamo sacrificato colture, cicli e sistemi legati ad una tradizione agricola millenaria per venderci all’intensivo.
E ad oggi, in Italia, di suolo agricolo per produrre cibo ne rimane talmente poco che se il covid ci costringesse a chiudere le frontiere dell’importazione, forse, non saremmo nemmeno in grado di produrre di quanto necessitiamo.
Ma... arrivo al dunque.
Che il covid sia l’effetto delle nostre scellerate azioni a scala planetaria non mi pare ci siano dubbi. Più difficile, invece, è dimostrare che il virus abbia interessato le aree del Paese più massacrate, più impermeabilizzate, più frammentate, quelle dove la qualità dell’aria è più bassa. Se ne sente parlare ad ogni modo, percui ho deciso di guardare meglio ai dati. È una cosa banale, sia chiaro. Perché di dati ce n’è pochi, e sono numeri malcontati.

Sono sicuro che ci abbiamo pensato in tanti. E quindi ho solo aspettato la fase “discendente” della curva. Quella della stabilizzazione dei numeri (anche qui, avrei molto da dire. Sui dati. Sui numeri. Guardiamo il numero di morti per polveri sottili all’anno, e facciamo i conti alla fine del peso di questa vicenda...).
Quindi operazione al limite dalla banalità: entro nel sito Dipartimento della Protezione Civile, aggiornamento 24.04.2020, cercando i “Positivi rilevati”
http://opendatadpc.maps.arcgis.com/...
Constato che l’agevolazione nell’esportazione degli shapefile è “inesistente”, poiché le informazioni scaricabili sono ridicole, mal visualizzabili. E quelle statistiche da copiare ed incollare in excel. Medioevo. Medioevo in un Paese che dovrebbe facilitare la ricerca.
Poi trovo i dati sulle concentrazioni provinciali del PM2.5 dal Rilevamento incidenza mortalità per polveri PM 2.5 su 100.000 abitanti di “Viias: l’inquinamento in Italia attraverso i dati, qualità dell’aria e mortalità nelle province italiane”
https://www.viias.it/dataviz/
e, infine, scarico un elenco di indicatori provinciali sul consumo di suolo aggiornati al 2019 dal geoportale dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA).
http://groupware.sinanet.isprambien...
Apro un progetto GIS, georeferenzio le informazioni. Lavoro i dati per ricavarne le medie provinciali. Infine osservo le distribuzioni. Semplice.

Fotografie dell’Italia

Punto primo. I dati. I numeri assoluti raccontano solo in parte la “verità” delle cose. Posto che quelli che vengono proiettati ogni giorno diano una rappresentazione “reale” del problema (non mi pongo nemmeno la questione della loro “correttezza”) mi chiedo quanto il contagio sia relazionato al numero di abitanti che risiedono in ogni provincia.
Si continua a dire che le provincie di Milano, Torino, Bergamo e Brescia stanno “soffrendo” di un forte contagio. Benissimo, ma il numero assoluto dei contagi non tiene conto della “densità” della popolazione. Eppure, sono poche le informazioni circolanti che relativizzano il numero assoluto del contagio con gli abitanti residenti. Già questa operazione banale racconta una Italia diversa.

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Valori assoluti (postivi al Covid)
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Valori relativi (Positivi al Covid procapite)

L’indicatore esprime la positività al Covid procapite. Il contagio pro-capite è molto più alto ad Aosta, Piacenza, Cremona, le citate Bergamo, Brescia e Lodi, Reggio Emilia o Trento, Mantova, Pesaro e Urbino piuttosto che a Milano o Torino. Il Veneto “schiarisce” incredibilmente. Roma si raffredda con toni tendenti al blu (e l’Italia del sud) è libera da ogni preoccupazione. Per semplificare, l’indicatore esprime la probabilità che incontrando una persona nelle provincie elencate sia positiva al Covid.

Provincia Abitanti Positivi Covid ogni 100.000 abitanti
Cremona 358.955 1.634
Piacenza 287.152 1.266
Lodi 230.198 1.232
Bergamo 1.114.590 987
Brescia 1.265.954 985
Aosta 125.666 875
Reggio nell’Emilia 531.891 850
Mantova 412.292 741
Alessandria 421.284 739
Pavia 545.888 731
Trento 541.098 698
Pesaro e Urbino 358.886 669
Parma 451.631 667
Lecco 337.380 637
Asti 214.638 626
Vercelli 170.911 624
Verbano-Cusio-Ossola 158.349 613
Sondrio 181.095 601
Novara 369.018 589
Imperia 213.840 568
Rimini 339.017 568
Milano 3.250.315 544
Torino 2.259.523 514
Belluno 202.950 513
Biella 175.585 513
Monza e della Brianza 873.935 500
Modena 705.393 499
Massa Carrara 194.878 496
Trieste 234.493 496
Genova 841.180 486
Como 599.204 479
Verona 926.497 475
Bolzano 531.178 462
Padova 937.908 405
Bologna 1.014.619 397
Pescara 318.909 390
Cuneo 587.098 388
Savona 276.064 381
Ancona 471.228 379
Forli’-Cesena 394.627 376
La Spezia 219.556 368
Lucca 387.876 317
Macerata 314.178 311
Vicenza 862.418 288
Firenze 1.011.349 282
Venezia 853.338 274
Treviso 887.806 273
Varese 890.768 267
Ferrara 345.691 254
Ravenna 389.456 247
Enna 164.788 241
Fermo 173.800 237
Teramo 308.052 205
Pistoia 292.473 204
Rieti 155.503 201
Pisa 419.037 197
Pordenone 312.533 196
Prato 257.716 191
Grosseto 221.629 179
Chieti 385.588 178
Arezzo 342.654 177
Udine 528.791 177
Rovigo 234.937 176
Sassari 491.571 165
Foggia 622.183 156
Siena 267.197 155
Perugia 656.382 150
Livorno 334.832 149
Terni 225.633 148
Brindisi 392.975 136
Ascoli Piceno 207.179 133
Gorizia 139.403 121
Viterbo 317.030 117
Frosinone 489.083 112
Avellino 418.306 104
Bari 1.251.994 101
Roma 4.342.212 100
Campobasso 221.238 98
Barletta-Andria-Trani 390.011 93
Matera 197.909 93
Catania 1.107.702 84
Messina 626.876 84
L’Aquila 299.031 81
Latina 575.254 79
Napoli 3.084.890 76
Crotone 174.980 67
Benevento 277.018 63
Isernia 84.379 63
Cosenza 705.753 62
Lecce 795.134 59
Salerno 1.098.513 59
Caltanissetta 262.458 56
Catanzaro 358.316 56
Cagliari 431.038 53
Siracusa 399.224 50
Potenza 364.960 48
Reggio di Calabria 548.009 45
Vibo Valentia 160.073 45
Caserta 922.965 44
Taranto 576.756 44
Nuoro 208.550 35
Palermo 1.252.588 35
Oristano 157.707 33
Trapani 430.492 31
Agrigento 434.870 30
Ragusa 320.893 26
Sud Sardegna 350.725 26

E la curiosità spinge anche a guardare le correlazioni.
E quindi si apre un punto secondo. La correlazione è positiva, e sfiora lo 0,6 (0,591). Ad indicare che i positivi al covid seguono l’andamento della popolazione residente. Tanti abitanti, tanto contagio. Eppure, mi sarei aspettato che tale relazione fosse “smontata” dal regionalismo delle politiche a colpi di ordinanze restrittive calibrate per contenere ogni “situazione locale”.
Macchè. Ad una indagine banale con i dati esistenti pare che positività al covid e popolazione siano allineati. E chiaramente ci si può chiedere se il contagio, alla fine, abbia avuto un suo corso indipendente dalle misure di contenimento (d’altronde, una volta che il virus è entrato nei luoghi di lavoro lo abbiamo portato a casa, chi può dire se questo abbia avuto un effetto positivo, negativo o del tutto indifferente alla dinamica del contagio?). Ovviamente, questo non vuol dire ancora nulla.

Ma c’è un punto terzo, ovvero quello che risponde alla domanda se siano riscontrabili dei rapporti tra positività al virus e variabili “ambientali”.
La somiglianza tra l’indicatore dei positivi e l’indicatore dei morti ogni centomila abitanti in ogni provincia italiana per polveri sottili è importante. I dati dei positivi al covid e del tasso di mortalità per PM 2.5 dimostra una correlazione positiva dello 0.52, ovvero una correlazione positiva nuovamente significativa. Come sappiamo, la correlazione non implica una “dipendenza” delle variabili, ma, certamente, segnala una relazione evidente tra condizioni ambientali e numeri del contagio. Per cui quanto si sente dire, sulla base di studi scientifici ben più accurati e accreditati di questo, sembrerebbe essere vero. Il covid colpisce le aree più inquinate. Simili distribuzioni territoriali.
Ma ancora più rilevante la correlazione tra il suolo consumato in numero assoluto a livello provinciale (indicatore CSUOLO1 su foglio Province 2018, ISPRA) e covid positivi. Qui la correlazione sfiora lo 0,6. In questo caso, i due valori assoluti sono molto somiglianti nelle loro distribuzioni territoriali, evidenziando la relazione tra la carta del contagio e la carta del consumo di suolo per goni provincia di seguito rappresentata. In aggiunta, una forte dipendenza positiva si verifica tra Covid e suolo consumato per classe di pendenza 0-10% indicatore CALTIM10, e una forte correlazione negativa con la variazione del Valore Agricolo Medio dal 2012 al 2018 (indicatore ECOSIS24), probabilmente segnalando che esiste un rapporto tra positività al covid e le aree altamente antropizzate di pianura dove, con buona probabilità, il combinato disposto di densità abitativa, infrastrutturazione, impermeabilizzazione, riduzione della produttività agricola e cattiva qualità dell’aria, si rivelano strettamente connesse alle aree del contagio. Di nuovo, tutti questi dati non indicano “dipendenze” ma certamente “relazioni”.
Bene. Cosa sappiamo di più? Nulla. Sul covid è stato detto e scritto di tutto. Questa cosa non aggiunge ne toglie nulla a quanto (non) sappiamo sul virus.
Per avere un’idea più esatta delle relazioni tra variabili ambientali e contagio dovrei includere un repertorio di indicatori multidimensionali, le variabili temporali, morfologiche, di affollamento dei locali abitati, quelle climatiche, quelle sociali ed economiche, ma, soprattutto servirebbero indicatori spazializzati alla scala delle morfologie urbane (i dati comunali non raccontano nulla. Serve il domicilio/tracciamento degli infetti), studiando le relazioni tra contagio e ambiente su brani del territorio. Nell’Italia digitale tutto questo dovrebbe essere facile. Potremmo tracciare l’infezione fino all’areale della quarantena, verificare il contagio effettivo e, solo a questo punto, mettere a disposizione dei sindaci strategie di contenimento basate su una reale conoscenza. Ma nulla. Non si può. Percui, per ora, accontentiamoci delle correlazioni e delle sparate.

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Rapporto tra suolo consumato e positivi al Covid in ogni Provincia d’Italia

Allora provo anche io a dire una cosa. Il covid è l’altra faccia del rapporto con l’ambiente in cui viviamo, lavoriamo, ci spostiamo, ci divertiamo. Dove l’Italia produttiva ha “spinto” con le sue attività. Dove abbiamo “investito” per generare ricchezza. Per stare così bene da poter avere due o tre smartphone da cui non vogliamo essere dipendenti (e tracciati). Dove abbiamo costruito le bretelle, le tangenziali, i raccordi autostradali. Le grandi opere per la sanità pubblica e privata. Fantastico. Dove stiamo meglio stiamo peggio.
E tanti saluti al lavoro sugli indicatori della qualità della vita, sul fatto che dobbiamo coniugare la ricchezza e la tutela dell’ambiente.
Non capiamo. E ciò che mi rammarica: non capiremo.
Domani si riparte. Tutta questa unità, spirito di sacrificio... di cosa? È un bluff. È una mossa disperata. È il tentativo della disillusione che illude nuovamente.
Sfido la gente ad averci capito qualcosa. Il divieto di fare attività all’aria aperta.
C’è tantissima ipocrisia.
Il covid non è un evento. Non è una emergenza. Non è il nemico da tenere fuori dalla porta.
Il covid diventa un evento dentro ad un sistema disorganizzato. Resilienza non significa resistenza.
Perché è certo, è banale. Nella funzione del rischio posso agire o diminuendo l’areale del pericolo (condizioni ambientali), o depotenziando la vulnerabilità dal virus (vaccino), o, ancora, diminuendo l’esposizione (mascherine, lock-down). Ebbene ovviamente l’unica strategia di lungo periodo riguarda il miglioramento delle condizioni ambientali delle nostre città. I luoghi in cui viviamo... altrimenti, quale futuro? Ma ne avete sentito parlare di questo? Poche riflessioni. Poche parole. E allora mascherine. E dosi massicce di ordinanze restrittive, che arriverà il vaccino. Saremo salvi. L’uomo non impara e continua a dimenticare.
Avanti così, io come voi. Vittima e complice del gioco italiano.

Dati elaborati con l’aiuto di Carlotta Quagliolo

Data di pubblicazione: 28 aprile 2020