Urbanistica INFORMAZIONI

Mario Manieri Elia e i centri storici

Mario Manieri Elia è stato uno dei primi giovani ad occuparsi di urbanistica romana, mostrando fin dal principio un forte interesse per il centro storico. Lo ricordo negli anni Cinquanta fra quelli impegnati nella battaglia dell’INU e di Italia Nostra, contro l’attuazione del piano Piacentini, che proponeva una strada di grande traffico tra piazza Augusto Imperatore e via Veneto, sventrando il “Tridente” che parte da piazza del Popolo e traforando il Pincio. L’operazione fu tentata camuffandone la gravità, usando la trasformazione di via Vittoria – una trasversale del Corso – come punto di partenza degli sventramenti del Tridente e dei tunnel sotto il Pincio. E la battaglia per la salvezza del centro storico, poi si allargò a tutto lo scontro sul nuovo piano regolatore di Roma e dei suoi valori culturali e paesistici, prima fra tutte alla vicenda del parco dell’Appia Antica. Mario partecipò attivamente a questi avvenimenti e quando Quaroni progettò i due famosi numeri monografici di Urbanistica su Roma, fu uno dei giovani chiamati a firmarne uno dei testi coraggiosi e informatissimi.
Fu ancora una volta l’INU, sulla spinta del dibattito aperto sui piani particolareggiati di Astengo per il centro storico di Assisi, a provocare la convocazione del convegno di Gubbio sulla “salvaguardia e il risanamento dei centri storico-artistici”. Un convegno che ufficializzò la questione dei centri storici, dando vita alla associazione che poi ha avuto un ruolo decisivo nella cultura urbanistica italiana. E in quel convegno la relazione più importante, ancor più della Dichiarazione Finale, è indubbiamente quella di Antonio Cederna e di Mario Manieri Elia.
In quel testo c’è scritto tutto. C’è il ricordo della ricerca compiuta per superare le vecchie posizioni sul tema; e la testimonianza del superamento della concezione ottocentesca di monumento, che pure aveva meritatamente affermato la necessità di conservare una parte del passato, quale testimonianza delle eredità da trasmettere al futuro. Formalizzando, però, che oggi il concetto che ormai il monumento da conservare non è più una chiesa o un palazzo, ma “tutta la città storica, tutto l’insieme della sua struttura urbanistica, quale si è venuta lentamente componendo dei secoli”.
Il testo di quella relazione a Gubbio ricorda perentoriamente come, al contrario, il piano di Piacentini del 1931, non solo rifiuta la nuova concezione del rapporto fra monumenti e città storica, ma prevede una trasformazione generale di Roma basata su sventramenti e ricostruzioni monumentali; la cui attuazione era cominciata distruggendo la preziosissima unità del Foro Romano per realizzare via dell’Impero sotto il Fascismo, ma poi era continuata nel dopoguerra con il tentativo fallito di manomettere il Tridente del Corso ed era tristemente riuscita a realizzare via della Conciliazione. Perpetrando uno scempio grottesco e ignorante, con la demolizione del Borgo, aprendo il colonnato berniniano e creando uno sgrammaticato cannocchiale per la visione della facciata di San Pietro, che Bernini con il colonnato obbligava, invece, ad ammirare da presso.
E a questa premessa storico critica, semplice e radicale, il testo di Cederna e Manieri Elia per Gubbio, fa seguire, con altrettanta semplicità e decisione, la descrizione del metodo di intervento. Negando subito la possibilità di agire isolatamente con operazioni esclusivamente architettoniche, affermando la necessità di una concezione urbanistica, che collochi la gestione dei tessuti storici ”nell’ambito di tutto il comprensorio urbano... In un quadro... tale, che solo un piano urbanistico può comporre le diverse esigenze e imprimere uno sviluppo razionale alla città. E solo un piano regolatore illuminato e moderno, che attribuisca ad ogni settore della città una conveniente destinazione, può garantire la salvaguardia dei centri storici;.... non soltanto preservandoli da sventramenti e manomissioni, ma prima di tutto impedendo che vengano accerchiati e soffocati”.
E’ a quel testo che personalmente mi sono ispirato come assessore all’urbanistica del Comune di Bologna negli anni Sessanta, per applicare per la prima volta la nuova politica dei centri storici e in fondo anche per quella che ha portato ai primi decentramenti direzionali, alla salvaguardia della collina e alla scelta di collocare i nuovi quartieri popolari ed economici non più all’estrema periferia, ma sulle aree più centrali disponibili nella città. E è proprio in particolare per questo suo contributo al documento presentato con Antonio Cederna al convegno di Gubbio, che io voglio ricordare – anche come esponente dell’INU – l’indimenticabile amico Mario Manieri Elia.

Data di pubblicazione: 4 novembre 2011