Il riuso temporaneo riguarda un variegato insieme di pratiche per lo più informali che nascono generalmente dal basso e che usano i valori costitutivi del capitale sociale. Dalle esperienze condotte in Emilia-Romagna, l’interesse non è tanto per gli esiti, quanto per l’opportunità di derivarne indicazioni di carattere metodologico e operativo sulle modalità e gli strumenti per affrontare il riutilizzo dell’esistente nei processi di rigenerazione urbana, in relazione alla attuazione della Lr. n. 24/2017 e alla stessa fase del dopo Covid 19 che richiede la definizione di nuovi percorsi di riappropriazione e gestione degli spazi.
L’offerta di spazi per la rigenerazione urbana è in un qualche modo legata all’emergere di una domanda di qualità sociale e di nuove forme di riappropriazione, fra le quali quelle del riuso temporaneo [1].
Si tratta di pratiche che generalmente nascano dal basso e che usano i valori costitutivi del capitale sociale, i cui principali elementi sono la concentrazione nel tempo e la localizzazione prevalentemente puntuale degli interventi [2].
Nel contempo i siti del riuso temporaneo sono soggetti a costanti cambiamenti in ragione dell’influenza esercitata dai processi urbani, ponendo in essere la necessità di orientare l’attenzione alla costruzione di paesaggi minimi: puntando non tanto su “cosa” fare di nuovo, ma su “cosa” fare su ciò che si ha, mediante la reinterpretazione creativa degli spazi con semplici adattamenti delle strutture.
Lo sviluppo poi, di queste pratiche investe il ragionamento sul progetto, nel senso della capacità di definire le condizioni operative e di rendere coerenti le azioni all’interno di più complessive visioni di rigenerazione; poi, sul piano delle politiche per recepire e dare riconoscibilità a queste pratiche di produzione spaziale che si possono prestare in funzione di imprenditorialità diffuse, di promozione della sussidiarietà orizzontale e della offerta di servizi e dotazioni nell’accezione di “infrastrutture pubbliche” [3].
Dalle esperienze in corso (ne sono state segnalate 55), sono rilevabili seppur ancora parzialmente alcune caratteristiche strutturali e tendenziali del riuso temporaneo che accompagna nel processo di piano, la transizione fra la fase consolidata del recupero e riqualificazione e quella ancora indeterminata della rigenerazione urbana, alla quale è rivolta il sistema di pianificazione della Lr. 24/2017 [4].
È perciò evidente che il riuso temporaneo nel quale coesistono aspetti tradizionali (normativi, funzionali) e aspetti innovativi (organizzazione, produzione e gestione) non sempre riconducili a sintesi, risente della precarietà e incertezza della transizione e non può essere qualificato come prassi definita.
Anzi, è il carattere di transitorietà e di frammentazione dei processi che sta spingendo all’innovazione e a rapportarsi con le nuove questioni urbane, ci sta consegnando materiali e esperienze utili per cogliere il senso delle trasformazioni e valutarne le ricadute. Per il riuso temporaneo, gli aspetti emergenti consistono:
nell’importanza del carattere esplorativo: contemplando l’idea di poter cogliere il senso e di trasmettere la presenza con nuove funzioni e immagini di luoghi derelitti e abbandonati;
nel graduale passaggio da una fase di primogenitura e colonizzazione spontanea sul generico fare, ad una più organizzata e volta al produrre;
nelle differenti tipologie e struttura che presuppongono diversi ruoli e finalità nel contesto urbano, oltre che nel sistema delle relazioni spaziali e funzionali: quelle più puntuali e diffuse, dove assume importanza il rapporto coi luoghi e coi processi di micro-rigenerazione; quelle più strutturali( legate per es. alle dismissioni produttive) che tendono alla formazione di aggregazioni e polarità, attribuendo valore alla prossimità; infine, quelle più complesse, fondate sulle relazioni fra i livelli bottom-up e top-down e a inedite forme di cooperazione e con finalità strategiche;
nell’uso del progetto di minima, col quale affrontare la manipolazione dell’esistente con modalità incrementali in cui il nuovo spazio procede sulla verifica degli spazi attivati;
nell’operatività, in termini di capacità di adattamento spaziale, adeguamento normativo (limitato alla manutenzione e all’allestimento come categoria unificante), innovazione gestionale e making.
Fra le più interessanti esperienze di riuso temporaneo inclusive di questi caratteri, si citano quelle dei Comuni di Ravenna, Reggio Emilia, Parma e Forlì. Se ne fornisce una breve descrizione.
L’esperienza di Ravenna
A Ravenna a seguito delle pionieristiche esperienze dell’ex Tiro a Segno condotte dallo studio Officina Meme e delle diverse iniziative autorganizzate legate alla rigenerazione della Darsena Urbana, gli oggetti del riuso temporaneo (spazi in prossimità della Darsena, edifici dismessi o sottoutilizzati, spazi interstiziali e marginali ecc. [5] sono stati individuati attraverso pratiche e percorsi di partecipazione in sede di formazione del POC Tematico Darsena, e, quindi preliminarmente condivisi (in ragione della domanda, dell’accessibilità, delle caratteristiche tipologiche, della presenza di dotazioni territoriali ecc.) e disciplinati da una apposita normativa che prevede l’allestimento come categoria di progetto (comprensivo di arredi, impianti e opere infrastrutturali leggere ecc.) e con titolo abilitativo la Cil o la Scia. Non sono previsti il pagamento dei costi costruzione e il reperimento dei parcheggi. Partendo da questa esperienza (per la quale è stato istituito dal Comune di Ravenna un apposito gruppo di lavoro [6] l’intento che si coglie, è quello di utilizzare il riuso temporaneo in aree consolidate e dotate di servizi nella pianificazione attuativa in una cornice di interesse pubblico, per implementare gli stessi contenuti del Pua (dove l’attività di riuso si esaurisce con la completa attuazione del Pua), come una modalità di fare pianificazione legata a nuovi protagonismi sociali.
L’esperienza di Reggio Emilia
Relativamente più complessa è l’esperienza di Reggio Emilia che afferisce a un approccio top-down, considerando il riuso temporaneo come opportunità per intercettare e aggregare, domande di innovazione sociale, culturale e produttivo, e parimenti, come apporto a propositi e iniziative di coesione sociale. Esso è anche inteso come potenziale spazio unificante e selettivo delle politiche pubbliche di recupero, sociali, culturali ecc., da localizzarsi in settori urbani che presentano differenti livelli di criticità (Centro Storico, Comp. Via Turri-Via Emilia, S. Croce-Ex Reggiane) e, al quale, è demandato un ruolo proattivo in ordine a obiettivi di verifica della domanda di riutilizzo e risignificazione di spazi e, di stimolo a nuove progettualità fondate su forme cooperative e parternariali contando sulla disponibilità del patrimonio pubblico e privato. Il riuso temporaneo, associato alla dimensione istituzionale (come inquadramento e organizzazione operativa nelle politiche di piano), è formalizzato con una delibera di indirizzi (n. 84/29015), coerente con gli obiettivi del documento di programmazione e con lo stesso Psc, affiancando la regolamentazione edilizia vigente esplicitandone i contenuti della manutenzione (tecnologici e impiantistici) all’adattabilità degli spazi.
In fasi più recenti, il riuso temporaneo è stato applicato anche in relazione ai bandi della Lrn. 19/2014 [7] sia relativamente alla riqualificazione del centro socio-culturale Binario 49 che agli spazi impresenziati delle stazioni della tratta Reggio Emilia-S.Polo d’Enza nell’area urbana della città e negli allestimenti delle dotazioni pubbliche del progetto integrato di edilizia sociale e residenziale per migliorare la qualità dell’abitare di un vasto comparto di edilizia sociale in prossimità della stazione ferroviaria centrale [8].
L’esperienza di Parma
L’esperienza di Parma riguarda i luoghi della stazione ferroviaria, Temporary Station e Ex Officine Manzini/Comparto Pasubio. Nel primo caso, si tratta di una operazione di valenza simbolica contestuale al progetto di trasformazione strutturale della stazione (attuativo di un Pru), con l’intento di attribuire al luogo un valore sociale: mediante l’allestimento di una struttura provvisoria per funzioni e servizi del viaggiare, organizzando nuove tipologie spaziali con assemblaggi modulari adattabili a diversi utilizzi (info-point, spazi espositivi, letterari, aggregativi, cantiere, evento, ecc.). L’interesse di questa esperienza è quella principalmente comunicativa: come esemplificazione di nuove modalità di utilizzo degli spazi legate non solo a ragioni contingenti ma alla volontà di promuovere nuove progettualità e sinergie fra differenti azioni per dare nuove opportunità di aggregazione altrove precluse e quindi proporsi come elemento di rigenerazione di un luogo socialmente critico.
L’elemento abilitante di questa esperienza, è il design come tecnica e strumento di coerente reinterpretazione dello spazio che non è tanto connesso all’apparato normativo, quanto alla centralità del progetto come capacità di rappresentare e integrare funzioni-forme-tecnologie [9].
Nel secondo caso, il progetto di riuso Wopa [10] è la risultante di riflessioni e proposte generate dall’Ordine degli Architetti di Parma come tema di progetto architettonico e riabilitazione puntuale di luoghi e strutture dismesse, per farne il ricettore di nuovi interessi urbani e sociali. L’idea di fondo è quella di connotare una struttura dismessa di proprietà comunale costituita da 4 corpi di fabbrica, in una sorta di polo condensatore di attività e servizi sia rivolto alla scala di prossimità che riferito al programma comunale del sistema dei distretti culturali assunti dall’amministrazione come driver per la promozione della rigenerazione urbana. Fra i requisiti che hanno favorito il decollo di questa esperienza e il suo recente esaurimento in contenuti coerenti col riuso temperano, in destinazioni permanenti, dove la pratica del riuso si è rivelata come fondamentale dispositivo alla formazione delle condizioni culturali e ambientali atte alla rigenerazione del bene, si annotano quelli localizzativi (prossimità della stazione), trasformativi (inclusione in un Pru) e programmatico-operativi (progetto attuativo del Programma d’Area a valenza strategia, dell’Authority europea dell’Alimentazione) [11] che ne ha consolidato i rapporti con la struttura urbana e soprattutto sviluppato l’integrazione in un circuito primario di relazioni alla scala urbana.
Contestuale a questo percorso, è l’adozione del regolamento di cittadinanza attiva da parte dell’amministrazione comunale che all’art. 16, prevede il ricorso al riuso temporaneo del patrimonio pubblico finalizzato principalmente a promuovere progetti e azioni creative, mentre l’art. 26, assoggetta il riuso temporaneo alla disciplina della manutenzione e infine, l’art. 27 prevede la periodica ricognizione degli immobili di proprietà comunale dismessi, quali oggetto di rigenerazione attraverso i patti di cittadinanza [12].
L’esperienza di Forlì
Anche a Forlì sono riscontrabili differenti esperienze. Quella di Via Regnoli si propone come esemplificazione di pratiche e iniziative tese a ridurre il declino economico delle attività pre-esistenti e a migliorare la qualità urbana e ambientale di un isolato del centro storico. L’obiettivo è quello del rilancio socio-economico partendo dal basso (con la costituzione di un’apposita associazione) e il successivo coinvolgimento dell’amministrazione comunale, in merito alla programmazione e attuazione di eventi e iniziative particolari: valorizzando gli spazi per l’arte, la cultura, l’enogastronomia col coinvolgimento dei residenti. Nelle azioni si privilegia l’integrazione fra spazi pubblici e privati e la specificità dei luoghi (storytelling) per ridare densità e spessore sociale al contesto e riproporne il significato di contrada. Il riuso temporaneo, esteso all’insieme degli spazi pubblici e privati, oltre a finalità sociale, è propedeutico a modalità innovative di gestione comune di un pezzo di città, all’interno di interventi di micro-rigenerazione urbana che prioritariamente sono basati su interventi di “manutenzione aumentata” (inclusiva dell’allestimento). Più complessa è l’esperienza di Spazi Indecisi [13], supportata da una base culturale interdisciplinare che agisce con finalità divulgative e promozionali del patrimonio dismesso, attraverso pratiche esplorative dei luoghi e dei loro territori e paesaggi. Essa fa riferimento a un approccio olistico, sostenendo l’integrazione dei beni all’interno di percorsi tematici (es. il progetto Atrium sul patrimonio del razionalismo nel forlivese [14] e a un progetto di base presso l’ex sede dell’Atr, destinato a utilizzi polifunzionali. L’ex Atr, è inteso come spazio di confronto e di sperimentazione in una logica evolutiva anche in funzione dell’attivazione e sostegno verso altre esperienze locali (l’ex opificio Battistini). Interessante è la costituzione di una associazione temporanea di scopo che comprende oltre Spazi Indecisi, gli attivatori delle iniziative (culturali, artistiche ecc.) che vengono svolte nell’ex Atr e l’amministrazione comunale. Questo soggetto è fondamentale sia per dare riconoscibilità istituzionale alle pratiche di riuso temporaneo e dell’interazione fra i livelli bottom-up e top-down che, per garantire il mantenimento della struttura e della sua gestione. Da queste esperienze l’interesse non è tanto per gli esiti, quanto dell’opportunità di derivarne indicazioni di carattere metodologico e operativo sulle modalità e gli strumenti per affrontare il riutilizzo dell’esistente nei processi di rigenerazione urbana, a fron-e di una domanda d’intervento frammentata e caratterizzata dall’interazione fra soggetti di diversa natura e, in relazione alla stessa a attuazione della Lrn. 24/2017 (capo II).
Gli articoli 15 (Albo degli Immobili) e 16 (Riuso Temporaneo), intendono incentivare la rigenerazione urbana per finalità di scopo, privilegiando gli interventi compresi nella “categoria funzionale” (art. 7) dell’addensamento e sostituzione urbana, realizzabili con accordi operativi dove: l’Albo non è inteso come generica ricognizione di beni pubblici e privati dismessi o sottoutilizzati per verificarne l’offerta alla rigenerazione, ma di una individuazione tecnicamente orientata a specifici areali; mentre al Riuso Temporaneo è riservato un ruolo di rilevante interesse pubblico (e quindi associabile più complessivamente a operazioni di rigenerazione urbana strategica, disciplinate da accordi operativi) che può interessare spazi pubblici e privati da individuarsi (tramite lo stesso Albo) con avvisi pubblici di manifestazione d’interesse. L’art. 16 affida al regolamento edilizio la disciplina degli interventi con particolare riferimento alla manutenzione, all’adeguamento funzionale e alla scurezza, demandando al consiglio comunale l’approvazione della convenzione fra l’amministrazione comunale, la proprietà e i gestori degli spazi.
L’apporto normativo al riuso temporaneo che ne istituisce il ruolo e l’utilizzo nel processo di piano in ragione della pubblica utilità, pone al contempo, una riflessione di più ampio respiro rispetto a diverse situazioni materiali e immateriali non sempre riconducibili alla paternità del piano. Si tratta di iniziative imprevedibili e “random”, avviate da outsiders, dotate di capacità e competenze per promuovere innovazione e aggregazione sociali e di insediarsi all’interno di reti relazionali locali, indifferentemente dagli indirizzi di piano.
Del resto la ripartenza del dopo Covid 19 e i condizionamenti che conseguono (distanziamento, difesa degli spazi, regolamentazione della quotidianità e dei rapporti sociali, ecc.), richiede la definizione di nuovi percorsi di riappropriazione e gestione verso l’isotropia. In questo contesto il riuso temporaneo ibrida, può svolgere un importante ruolo nel progetto di città circa le possibilità di:
attribuire valore al luogo urbano, in termini di produzione materiale, sociale e culturale, ma anche di principale generatore di prossimità;
divenire spazio capacitante per corrispondere a esigenze pragmatiche di confronto e apprendimento intorno al” cosa e come fare” ricorrendo al know how maturato;
facilitare nuove modalità organizzative gestionali nell’utilizzo e nella produzione degli spazi, demandando alla gestione compiti strategici in termini promozionali e relazionali;
mettere in rete delle esperienze (accountability) per potenziare gli effetti delle pratiche sia alla scala puntuali che di processo;
stimolare la ricerca di nuove articolate e plurali pratiche di negoziazione win-win.
[1] Fra le più note pubblicazioni in materia di riuso temporaneo, si segnalano i volumi di I. Inti, G. Canataluppi e M. Persichino, Tempo Riuso. Manuale per il Riuso Temporaneo di Spazi in Abbandono in Italia, ed. l’Altraeconomia (Milano), 2014; G. Campagnoli e R. Tonetti, Riusiamo l’Italia, ed. Il Sole 24 Ore (Milano), 2014; C. Olivastri, Contemporaneo. Desing per il riuso di spazi abbandonati, ed Gangemi (Roma), 2016; il fascicolo n. 56/2011 di Territorio, ed. F. Angeli (Milano), il n. 263/2015 della rivista Urbanistica Informazioni, ed. Inu, Roma. Informazioni contributi sul riuso temporaneo, sono riportate nel sito del Mibact “Osservatorio Riuso”(www.osservatorioriuoso.it) e della Regione Emilia-Romagna(www.regione.emilia-romagna.it) c/o il Servizio Qualità Urbana e Politiche Abitative che si è dotato di un apposito HUB del riuso temporaneo.
[2] Vedasi in particolare il contributo di G. Rabaiotti contenuto nel volume (a cura di M. Luppi), Coesione sociale nelle città, ed. Gurini&Associati (Milano), 2017.
[3] Per “infrastruttura pubblica” di cui al d.m. 26 novembre 2010 (attuativo della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale), si intendono i beni strumentali dotati di prevalente finalità di fornitura di servizi collettivi, a domanda individuale o aggregata rivolti alle famiglie e alle imprese, indipendentemente dalla natura proprietaria dei soggetti titolari dei diretti reali su tali beni.
[4] “Disciplina regionale sulla tutela l’uso del territorio” n. 24/2017.
[5] Meme-Change, studio di architettura e start up sulla progettazione integrata nell’ambito della rigenerazione ha ideato e condotto l’esperienza di riuso temporaneo negli spazi dismessi dell’ex tiro a segno di Ravenna che ha assunto un forte carattere di esemplarità anche per le successive iniziative realizzate nella Darsena Urbana di Ravenna (www.memechange.org).
[6] Le esperienze di riuso temporaneo del Comune di Ravenna e le norma di riferimento è riporta nel sito www.darsenariusi.it.
[7] Si tratta delle “Norme per la promozione e il sostegno dell’economia solidale” che contiene fra l’altro la definizione di bene comune (art.3).
[8] Sul progetto Binario 49, si rinvia al contributo di a. rinalDi, La rigenerazione urbana è rigenerazione sociale, pubblicato in Paesaggio Urbano n.1/2020 on line, ed. Maggioli (Rimini).
[9] Su Temporary Station sono stati prodotti diversi contributi, fra i quali si citano quello di E. Barbieri (garagedesing@garage. desing) e quelli riportati nel Dossier sulle Stu di Parma di Paesaggio Urbano n. 2/2005, ed. Maggioli (Rimini).
[10] Wopa è l’acronimo di Workout Pasubio e della relativa esperienza si da conto in particolare, nel sito dell’Ordine degli Architetti di Parma (www.archiparma.it).
[11] Il Programma d’Area su riferimento alla l.r. n. 30/1996 e si avvale di risorse regionali di settore.
[12] Il Regolamento di cittadinanza attiva è stato approvato con d.c.c. n. 84 del 2015 e successivamente integrato con d.c.c. n. 73/2018.
[13] Si rinvia ai contenuti del sito di Spazi Indecisi (www.spazindecisi.it; info@spazi.indecisi.it).
[14] È un progetto dell’Ue, avviato nel 2015 che coinvolge 18 partner finalizzato alla valorizzazione di itinerari turistici e culturali sulle architetture e le città dei regimi totalitari.