La prima grande trasformazione dell’assetto territoriale irlandese si è verificata alla metà del secolo scorso, quando il passaggio da una economia prevalentemente rurale ad una incentrata sull’industria ed i servizi ha avuto come conseguenza un rapido processo di concentrazione della popolazione nelle aree urbane. Tra il 1936 ed il 1981 Dublino vede quasi raddoppiare la propria popolazione, rendendo ancora più pronunciata la differenza in termini di sviluppo tra la regione urbana della capitale ed il resto del paese. Questa fase di rapida crescita della città cambia radicalmente l’identità urbana della capitale, tanto da fare affermare a MacLaran (1993) che l’estesa fascia di insediamenti a bassa densità costruiti attorno al centro antico costituisse il carattere dominante della Dublino della metà del secolo scorso.
La tendenza alla diffusione urbana nell’area metropolitana – peraltro sollecitata da quelle stesse politiche governative che con il Wright Report (1967) prevedevano la creazione di tre “new towns” alla periferia occidentale della città – diviene ancora più pervasiva con il processo di ristrutturazione economica avvenuto nei due decenni successivi. Infatti, come molte altre città europee durante gli anni Settanta e Ottanta, Dublino sperimenta in maniera molto intensa gli effetti urbanistici e sociali prodotti dal declino industriale (MacLaran, 1984). L’abbandono delle aree centrali da parte delle principali industrie manifatturiere produce una migrazione della popolazione più giovane e dinamica verso le estese periferie urbane, lasciando nell’area storica della città popolazione con maggiori difficoltà sociali e di accesso al mercato del lavoro. Il risultato che si produce in pochi anni, ben delineato da una indagine pubblicata nel 1986, consiste nella presenza di oltre 600 siti in condizioni di degrado avanzato nelle aree centrali (McGuirk, 1994; McGuirk and MacLaran, 2001).
Il generale degrado fisico e sociale in cui versavano ampie porzioni della città, insieme all’incapacità delle autorità locali di intervenire a causa della carenza di risorse finanziarie, sono tra le ragioni che spingeranno negli anni Ottanta il governo nazionale a varare un nuovo programma di politiche urbane di impronta liberista e basate su un maggiore coinvolgimento dei capitali privati. Si tratta di un approccio particolarmente influenzato dalle politiche condotte nel Nord America e nel Regno Unito, nei quali i programmi liberali condotti sotto i governi di Ronald Reagan e Margaret Thatcher prevedevano una generale riduzione dello Stato a tutti i livelli delle politiche pubbliche.
Basandosi in particolare sull’esperienza inglese, già agli inizi degli anni Ottanta il governo irlandese comincia ad introdurre una serie di misure che culmineranno nell’Urban Renewal Act del 1986, un provvedimento che pone le condizioni (istituzionali e finanziarie) per due decenni di grande attivismo nelle politiche di rinnovo urbano di iniziativa privata. Il primo piano di attuazione dell’Urban Renewal Act (1987-1994) prevedeva l’identificazione di specifiche aree bersaglio all’interno della città – le Designated Areas – cui indirizzare specifiche agevolazioni finanziarie per gli operatori privati interessati a partecipare ai costi delle operazioni di recupero.
Le due principali aree interessate da questo nuovo approccio alle politiche di rigenerazione urbana furono l’area degli ex Docklands e Temple Bar, per le quali vennero create specifiche agenzie a capitale misto e la previsione di ingenti agevolazioni finanziarie per gli interventi privati. Tali agenzie operavano sulla base di condizioni normative e gestionali che consentivano loro di eludere molti dei nodi burocratici che avevano tenuto lontano gli operatori privati dalle aree centrali della città (KPMG, 1996). L’enorme crescita nella dotazione di uffici e di spazi commerciali che caratterizza soprattutto il primo ciclo di attuazione di queste politiche , insieme ai programmi di attrazione di investimenti esteri da parte del governo nazionale (White, 2007), innesca una domanda di localizzazione che proietta in pochi anni l’area urbana di Dublino ai vertici delle classifiche della competitività urbana in Europa (OECD, 2006).
Il successo delle politiche di attrazione di nuove imprese si traduce presto in un ritorno di particolari gruppi sociali (single, giovani professionisti) nell’area urbana, i quali contribuiranno a rivitalizzare ampie porzioni della città a lungo caratterizzate da degrado ed abbandono. Con una presenza così massiccia di nuovi incomers, ed una popolazione cresciuta globalmente di un considerevole 61,6% tra il 1991 ed il 2011 (Dublin City Council, 2012), Dublino cambia in pochi anni radicalmente la propria struttura sociale, risvegliando anche l’interesse per gli interventi a carattere abitativo . Non deve sorprendere, dunque, a fronte di una tale concentrazione di investimenti sulla capitale nel ventennio 1986-2006, che la crisi post 2007 abbia il suo più grande impatto sulla regione urbana di Dublino.
Il settore immobiliare, che era stato una potente leva nella fase del rilancio urbano di Dublino, gioca ora un ruolo nodale in questo fase di crisi economica e finanziaria. Da un lato, mentre tra il 2000 ed il 2009 il tasso di disoccupazione nell’area di Dublino passa dal 2.6% al 10,8% (Cudden e Leary, 2010), oltre il 40% dei posti di lavoro perduti provengono dal settore delle costruzioni. Inoltre, è stata soprattutto la bolla immobiliare, e la necessità per lo Stato di ripianare i debiti delle banche maggiormente esposte sul mercato dei mutui, ad innescare quei processi a catena che hanno determinato una tale recrudescenza della crisi in Irlanda e portato alla crisi del debito pubblico nazionale. Altri interrogativi sono poi emersi guardando alla sostenibilità territoriale del modello di sviluppo affermatosi per vent’anni, dal forte consumo di suolo legato allo sprawling delle attività residenziali e commerciali nell’area metropolitana, ai problemi di congestione legati alla insufficienza del trasporto pubblico, allo sradicamento delle comunità nei quartieri maggiormente investiti dai processi di rigenerazione urbana.