Urbanistica INFORMAZIONI

Intervista a Francesco Escalona

Coordinatore responsabile del P.I.

Il Pit Grande Attrattore Culturale Campi Flegrei raccoglie i frutti anche della precedente esperienza del Patto territoriale, quali affinità tra gli strumenti?
Il Pit Grande Attrattore Culturale Campi Flegrei sicuramente ha goduto dell’esperienza precedente del Patto territoriale e ne ha raccolto i frutti. Il Patto ha costruito un patrimonio di esperienza enorme ma era un programma di sviluppo strutturato più sull’aiuto all’impresa e meno sulla costruzione di infrastrutture. Questo gap è stato recuperato con il Pit, anche se il coinvolgimento delle imprese resta determinante e rappresenta un alleanza naturale in quanto il soggetto privato diventa interprete della strategia.

Un progetto di sviluppo per un territorio degradato ma dalla storia incredibile, una scommessa difficile. Quali sono stati gli ostacoli da affrontare, i vincoli da rimuovere, i problemi da risolvere e quali i punti di forza nel percorso di realizzazione del Pit?
Sicuramente la forza del Pit è stata l’aderenza tra quello che si faceva e quello che ci si aspettava dal territorio. Devo dire che molto si era già costruito con il Patto ma poi i 130 bussines plan presentati con quell’esperienza e mai istruiti hanno prodotto un diffuso malcontento che ha portato i singoli comuni dei Campi Flegrei a rinnovarsi alle successive elezioni. Fortunatamente il Pit con l’avvio dei
primi cantieri ha riacceso quell’entusiasmo che si stava via via disperdendo. A ciò ha contribuito anche la visione integrata e la continuità politica offerta dalla Regione: la nascita del Parco Regionale e la mia nomina a Presidente ha rappresentato una volontà coerente di proseguire sulla via tracciata e di investire su questo territorio anche con ulteriori risorse. I problemi affrontati più difficili sono stati relativi al superamento della mentalità industriale, come fonte di sviluppo per questo straordinario territorio, e la questione dell’abusivismo diffuso. Purtroppo la ricostruzione pubblica si è fermata con Monteruscello - tuttavia non sufficiente - e avversata dalla popolazione dei Campi Flegrei sia per la lontananza dai centri consolidati che per i collegamenti difficoltosi. Di contro il Tavolo di Concertazione ha rappresentato una grande svolta nella governance unendo, nei Pit, l’approccio ad uno sviluppo bottom up con quello top-down. Siamo riusciti a far votare insieme i consigli comunali ed è stata una grande soddisfazione. Anche se questo è avvenuto grazie all’abbondanza di risorse che offerte al territorio, non è stato tradito il principio della “concentrazione delle risorse” del QCS.

Uno dei maggiori problemi riscontrato dai Progetti Integrati è la dilatazione dei tempi di progettazione che spesso ha compromesso la buona riuscita degli stessi. Ciò tuttavia non sembra essere stato un problema per il Pit Campi Flegrei.
Infatti per me questa rappresenta un’affermazione falsa. Anzi devo dire che lo strumento di progetto integrato nel nostro caso ha reso possibile l’approvazione -ad esempio- di conferenze di servizi in due giorni. Certo all’inizio l’innovatività dello strumento ha rappresentato un problema che però è stato superato velocemente. Sono invece stati fattori esterni allo strumento integrato a dilatare i tempi ad esempio il pagamento alle imprese per i problemi di cassa della Regione Campania che bloccava di tanto in tanto i pagamenti. Devo dire che un problema poteva essere la presenza sul territorio di molti vincoli ma la nostra volontà di proporre azioni coerenti con il Piano paesistico, unitamente alle risorse disponibili, ha reso le nostre azioni sostenibili. Ed è stato ottimo anche il rapporto con la Sovrintendenza archeologica che ci ha approvato 110 progetti in quattro anni, interventi che erano tutti collegati fisicamente (come nel caso del Lago d’Averno, Monte Nuovo, la Grotta di Cocceo) ma anche l’integrazione tra questi progetti fisici con quelli di formazione e gli eventi ha portato a promuovere all’esterno il territorio e a far capire all’interno l’importanza e il valore dei siti presenti sul territorio.

I Pit sono stati definiti come la più grande sfida del Mezzogiorno: quella
di rendere, rispetto al passato, i territori meno ostili alle ragioni dello sviluppo. In qualità di attivatore da svariati anni di processi di sviluppo percepisci che si stia riuscendo a vincere le diffidenze dei diversi attori nei processi di sviluppo?

Il box relativo ai numeri del Pit ci aiuta a comprendere cosa concretamente ha prodotto questa esperienza integrata come promozione di sviluppo. Ad esempio, in termini di Eventi di Promozione territoriale, sono stati realizzati 10 grandi eventi (2 Mostre Iconografiche sul paesaggio flegreo, 1 Concorso Internazionale di restauro e progettazione, 1 Mostra-Evento Internazionale di Architettura, 1 Workshop internazionale di architettura, 5 Eventi di richiamo internazionale) ma significativo è anche il dato dei Prodotti editoriali (ne sono stati realizzati 11, di cui 9 Cataloghi illustrativi sull’attuazione in itinere del Pit e 2 Pubblicazioni
multimediali) e delle 27 azioni di divulgazione dei risultati raggiunti. Mi piace sottolineare l’importanza che ha avuto lo strumento del Focus Group quale strumento utile alla tempistica, a garantire la continuità, a scandire il ritmo del Pit in maniera dinamica con incontri programmati ogni due mesi. I FG hanno rappresentato un utile appuntamento e occasione di incontro tra i diversi attori locali che nel tempo hanno imparato a conoscersi e a lavorare insieme: da rilevare infatti il fenomeno del consorziamento delle imprese (albergatori, imprese, ecc.)

Ecco affrontiamo il rapporto tra la programmazione integrata quale strumento di sviluppo privilegiato nella vecchia programmazione 2000-2006 e la nuova programmazione 2007-2015.
La continuità è un elemento strategico ed il mega-Progetto Baia di Napoli, che è un Pirap (Progetti integrati
rurali Aree protette) nell’ambito della nuova programmazione, nasce da due precedenti esperienze di Pit - Grandi attrattori Culturali, Campi Flegrei e Pompei. È fondamentale vedere il valore aggiunto dato dai programmi integrati come procedimento di governo del territorio che consiste nel pianificare in parallelo con più stati di avanzamento. Con i Pirap, per poter erogare i finanziamenti, la Regione Campania richiede che i progetti siano coordinati all’interno di un quadro unitario: gli interventi finalizzati all’adeguamento della dotazione infrastrutturale e di servizi dovranno essere compatibili, anzi sinergici con quelli di conservazione, tutela e valorizzazione delle risorse storico-culturali, ambientali e paesaggistiche. Attraverso l’attuazione “collettiva” delle misure si intende ottimizzare l’efficacia delle politiche di sviluppo per la salvaguardia ambientale delle aree protette e per il miglioramento della qualità della vita delle rispettive popolazioni. La programmazione regionale 2007-2013 individua i Parchi quali “dimensione prioritaria” di sviluppo e come soggetti promotori ed attori di sviluppo integrato tra ambiente, turismo, agricoltura e cultura, anche al fine di conferire la giusta rilevanza al ruolo dei piccoli comuni nel contesto delle realtà e delle economie rurali particolarmente rappresentate nelle aree parco. Gli Enti Parco sono individuati, quindi, quali capofila dei partenariati PIRAP, abilitati alla presentazione delle proposte progettuali integrate per le rispettive aree di competenza. Il problema dei Pirap, invece, è che sono ancora poco chiari soprattutto nelle risorse che impegnano ed è stato un peccato sfumare nella nuova programmazione l’esperienza maturata con i Pit che hanno contato sì esperienze di fallimento ma anche di ottime. È complicato infatti comprendere perché si preferisca portare ad esempio i Pit andati male piuttosto che ripartire da quelli di successo come quello dei CF, assurdo ricominciare la programmazione daccapo. Probabilmente la potenza dello strumento può aver intimorito i pochi spazi che questi strumenti lasciano alla contrattazione politica, è un errore culturale! Una ultima riflessione che voglio fare è sui piani di gestione che rappresentano una nuova frontiera su cui riflettere in quanto i monumenti si devono guadagnare da vivere e ciò può avvenire solo con l’indispensabile partecipazione dei privati e all’interno di una visione sistemica di un progetto integrato.

Data di pubblicazione: 6 aprile 2011