La proposta di un Masterplan per Hebron, in Palestina, offre l’opportunità di osservare da vicino una realtà la cui “città vecchia” è stata da poco riconosciuta tra i siti protetti dell’Unesco alla fine di un interessante processo di riqualificazione urbana. Promosso dagli assessorati alla Cooperazione e all’Urbanistica della Provincia di Napoli [1], il piano dopo due anni non ha tuttora ricevuto seguito e finanziamento. L’ipotesi del Masterplan affronta i problemi specifici di un territorio antico e complesso, ma anche un’inedita “domanda di pianificazione”: come sia possibile pianificare laddove non ci sono “né una terra né un popolo” [2]. Un dilemma intrigante per un piano che rispondeva a una chiara richiesta di supporto da parte dei membri della Municipalità hebronita, e ripresa non a caso dalla cooperazione decentrata italiana. E che sollecita una riflessione sullo spazio della pianificazione nel conflitto.
[1] La partecipazione al programma di cooperazione decentrata denominato “Ali della Colomba”, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri, era stata promossa dagli Assessori Isadora D’Aimmo (Pace e Cooperazione) e Francesco Domenico Moccia (Urbanistica).
[2] Questa espressione comprensibilmente priva di speranza apre, non a caso, l’editoriale del numero monografico di liMes 1/2009 dedicato all’operazione “Piombo fuso” su Gaza.