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Nella storia incrociata dell’urbanistica e della società, il presente ci vede condividere anche una difficoltà del discorso laicamente progressista, riferito alle convinzioni normative (le leggi che ci diamo, le regole del gioco) e un po’ propenso a praticare esercizi di scettiscismo contro l’effetto individualizzante del leaderismo, una fragilità della democrazia partecipativa, in questo, almeno dal punto di vista della mobilitazione delle passioni, non troppo distante dalla democrazia rappresentativa [1]. Solitudine o appartenenza accompagnano le vite di ognuno, come ambiti di realtà o di ricerca. E nella ricerca di condizioni sicure di vita, che non prescinde dal progresso, inteso quale crescita delle condizioni materiali e immateriali di una buona qualità della vita per tutti, si cela persino la produzione di persone superflue. Fra loro vi sono quelle persone che si sono formate nella professione per procacciarsi in modo appropriato, corretto ed effettivo i mezzi per la sussistenza e si ritrovano a non essere più in grado di farlo [2]. Lo sconcerto deriva anche dall’apertura dei confini fisici e virtuali, dove circolano soprattutto paure, scenari apocalittici, conflitti, sfoghi di disagi individuali e violenze collettive, mentre le masse di popolazione ridisegnano le carte geografiche. La demografia spinge gli europei a immaginare un mondo in cui la loro cultura sta svanendo, mentre la rivoluzione tecnologica promette un mondo in cui i loro lavori attuali scompariranno [3]. Lo scambio che solo la città permette in termini di conoscenza e solidarietà reale o percepita sarà sempre più ricercato; le domande continueranno a frammentarsi; aumenteranno i disagi per via dell’invecchiamento della popolazione e ciò riguarderà non solo le famiglie e la spesa pubblica, ma anche gli spazi fisici, le donne e il lavoro; i luoghi nei quali sono difficilmente accessibili i servizi di base tenderanno a essere abbandonati; continueranno ad arrivare onde di migranti in cerca di cittadinanza; si riveleranno fragilità dei suoli e delle acque laddove credevamo di vivere stabilmente. É un dato che la qualità della vita delle città sia fortemente associata alla sicurezza urbana e alla qualità dello spazio fisico. É incontestabile che la casa sia tornata a essere una questione centrale, con tratti noti, relativi alla permanenza del problema quantitativo, causato dalla carenza di risorse pubbliche per affrontarlo, e tratti innovativi, relativi al cambiamento della mappa dei bisogni e all’emergere di nuove capacità e interessi nel mobilitare risorse, di natura non solo finanziaria, per darvi risposta. L’appropriazione dei luoghi urbani può avvenire, in questi contesti, in modo caotico ed egoista.

Nel primo decennio di questo millennio la crescita demografica in Italia è stata forte. La popolazione fra il 2001 e il 2009 è cresciuta del 5,9% con un incremento assoluto di 3.343.000 residenti, nonostante il saldo naturale sia ormai negativo dal 1993 e abbia raggiunto il valore annuale di -170mila nel 2015. La crescita si deve essenzialmente a flussi migratori provenienti dai Paesi dell’Est Europa e da Paesi asiatici e africani. A fronte della crescita demografica, la crescita del patrimonio abitativo è stata assai superiore. Anche solo attenendosi agli alloggi occupati da persone residenti (al netto delle seconde case e del patrimonio abbandonato nelle aree interne), nel decennio 2001-2011 il patrimonio abitativo italiano è cresciuto dell’11,6%. L’urbanizzazione diffusa e dispersa ha prodotto perdita di paesaggi e suoli e dei relativi servizi ecosistemici, si è mostrata energivora, ha riguardato anche zone a rischio idrogeologico, sismico, vulcanico. Le forme di urbanizzazione sono uno dei fattori determinanti della sostenibilità ambientale e della resilienza urbana, poiché determinano i modi in cui si organizzano le funzionalità delle città, l’accessibilità ai servizi urbani e la capacità di trasformazione e adattamento alle diverse domande sociali e al cambiamento climatico. Conoscere le forme di urbanizzazione e le tipologie insediative presenti nei diversi contesti territoriali è cruciale per definire misure efficaci per la limitazione del consumo di suolo, per frenare la distruzione del paesaggio, per perseguire una più elevata sostenibilità ambientale [4]. Pur in tempi mutevoli e adattandosi alla navigazione - non lineare né circolare - in un oceano di flussi, una miriade di domande e un presente intessuto di istanti [5], la stabilità spaziale sembra ancora necessaria per promuovere aggregazione sociale. Il dove, in altre parole, non è marginale, e neanche il come. Sembrano non bastare l’esistenza di una maglia stradale efficiente, né un’onesta architettura, né servizi efficienti, a garantire una buona qualità urbana. Non diminuisce la necessità di creare le condizioni (attraverso la pianificazione) e le soluzioni progettuali (attraverso la progettazione urbana) per la creazione di spazi capaci di garantire un’esistenza urbana varia, gradevole, dignitosa, accogliente, sicura [6]. Per raggiungere un certo livello di stabilità spaziale, occorre rappresentare i tessuti sociali, urbani, territoriali e indicare rotte, traiettorie, mappe [7]. Se le analisi e i progetti disponibili non riescono a restituire un’idea di città e di società convincente e le forme urbane contemporanee sfuggono a ogni parametro tradizionale, che non riesce a elaborarne la complessità, la possibilità di operare in adattamento costante, alternativa alla fissità delle predeterminazioni, ha bisogno di comunanza di linguaggi e solidità degli obiettivi, anche per orientare quegli interventi politici che riducano il disordine metropolitano a un progetto architettonico o istituzionale alternativo a quello tradizionale. Alternativo nelle forme e nei contenuti, non certo nelle finalità [8].

Urbanità, urbanesimo e urbanizzazione sono le parole chiave della contemporaneità, che riaccendono il racconto della città - quasi un eco delle narrazioni del Secolo XIX, richiamano il diritto alla città lanciato da Henry Lefebvre nel 1968 e svelano la dimensione emozionale dell’esperienza urbana: le emozioni nella città e per la città sono sempre esistite perché senza di esse non sarebbe possibile alcun rapporto tra la gente e la città e tra la gente e la gente [9].

[1Paul Ginsburg, Sergio Labate, Passioni e politica, Einaudi, 2016, pp. 93-94

[2Zygmunt Bauman, Scrivere il futuro, Castelvecchi editore, 2016

[3Ivan Krastev, Futuri maggioritari, in “La grande regressione”, Feltrinelli, 2017, pag. 93

[4L’INU ha partecipato alla consultazione intergovernativa per la Conferenza Habitat III svoltasi a New York dal 25 al 29 aprile 2016, dove ha presentato e discusso le principali conclusioni del policy paper #6 (Urban Spatial Strategies: Land Markets and Segregation) coordinato in collaborazione con la Urban Planning Society of China. Inoltre, l’INU ha fornito contributi specifici alle varie sezioni del Rapporto Italiano presentato ad Habitat III (Quito, 2016)

[5“Il tempo della comunicazione digitale, nelle sue vertiginose dissolvenze, non consente facilmente riflessioni e meditazioni, rielaborazioni e ripensamenti, che richiedono tempi distesi, pause e dilatazioni impossibili nei tempi veloci, anzi velocissimi, delle informazioni digitali.”, Eugenio Borgna, Parlarsi, Einaudi, 2015, pagg. 71-72

[6“Che fare? Qual è la responsabilità dell’urbanistica in questo quadro che è chiaro, che appare dalle cronache di ogni giorno sempre più tragico, anche al temperamento più ottimista? Noi dobbiamo risolutamente penetrare nella segreta dinamica della terza rivoluzione industriale e procedere con coraggio verso piani coraggiosi.”, in Adriano Olivetti- Noi sogniamo il silenzio, Edizioni di Comunità, 2015, pag. 35

[7“Le mappe sono nate come una vera sfida all’immaginazione, e ancora oggi lo sono”, Simon Garfield, Sulle mappe. Il mondo come lo disegniamo, ed. it. Ponte alle Grazie, Adriano Salari Editore, 2016, pag. 18

[8Massimo Ilardi, Negli spazi vuoti della metropoli, Bollati Boringhieri, 1999

[9Giandomenico Amendola, Le retoriche della città, edizioni Dedalo, 2016, pag. 140

Data di pubblicazione: 9 giugno 2017