Continua a crescere l’attenzione per le città come piattaforme per la democrazia, il dialogo culturale e la diversità, luoghi di rinascita ecologica e ambientale, adattivi e resilienti rispetto ai cambiamenti climatici, attrattivi e traini della crescita economica, caratterizzati da accessibilità ai servizi e sostenibilità dei sistemi per la mobilità delle persone, delle merci e dei dati. È un dato che in tutte le città che oggi mostrano un miglior grado di abitabilità, gli obiettivi della rigenerazione urbana sono stati declinati in chiave ambientale e paesaggistica. La via dell’integrazione, nelle varie e diverse sperimentazioni in corso, esprime un’idea di città in modo semplice, facilmente comunicabile e agevolmente traducibile in azioni, regole e impegni, che costituiscono un patto sociale. La coesione sociale, la cooperazione inter-istituzionale, le capacità delle autonomie locali e delle comunità di sviluppare progetti costituiscono il capitale decisivo per la valorizzazione del potenziale di sviluppo delle città e dei territori.
Questo scenario generale deve essere sostenuto, nel cambiamento rapido e profondo del nostro tempo, quale fondamento della pianificazione urbanistica e territoriale. Nel prossimo ciclo di programmazione europea occorre dare centralità a investimenti pubblici a valenza sociale, ambientale e culturale: progetti integrati nazionali, di impatto nel contribuire a un’Europa di rinnovate e indispensabili qualità civiche. A ciò è funzionale una governance centrale, che svolga attività di coordinamento e raccordo tra politiche, risorse e soggetti. È perciò indispensabile una legge organica per il governo del territorio, che permetta il riordino della dispersione regionalista, nel rispetto delle autonomie ma nella convergenza intorno a un progetto collettivo, per applicare concretamente strategie di adattamento al cambiamento climatico, azioni di redistribuzione dei valori urbani con misure fiscali di sostegno ai progetti di rigenerazione e all’incremento di città pubblica, modalità efficienti di cooperazione nella filiera pubblica per la buona riuscita della partecipazione democratica e la certezza delle scelte deliberative.
La pianificazione territoriale e urbanistica non può essere considerata un settore confinato negli aspetti urbanistico-edilizi tradizionali, lontana dalle innovazioni indispensabili a rendere concrete le riforme di assetto, istituzionale e geografico, amministrativo e sociale, economico e culturale, che tendono al miglioramento della convivenza urbana e a forme integrate di sviluppo locale e nazionale, grazie all’investimento nell’incremento complessivo di qualità del governo della cosa pubblica. Servono una legge quadro urbanistica nazionale e un pacchetto di azioni per promuovere la "riurbanizzazione" intelligente e resiliente, in riferimento a una dimensione europea delle politiche pubbliche.
La legge per il governo del territorio deve essere finalizzata al perseguimento degli interessi pubblici primari, nell’orizzonte della rigenerazione all’interno dell’impronta urbana consolidata, per la tutela e la valorizzazione di beni paesaggistici e patrimoni territoriali e per la garanzia di diritti sull’intero territorio nazionale, nel rispetto dei contesti: casa e servizi accessibili, mobilità sostenibile, sicurezza e bellezza.
Gli strumenti devono essere rinnovati nei contenuti, nella natura e nell’efficacia:
piani di area vasta con valore strategico, ma con cogenza diretta sulle reti infrastrutturali, sul paesaggio e sull’ambiente,
piani locali per la gestione e la trasformazione del patrimonio edilizio e urbanistico esistente, a favore di interventi diffusi di riqualificazione e dell’integrazione di risorse pubbliche e private,
progetti urbanistici che si occupano, senza separatezze, di vitalità sociale, efficienza ecologica, mobilità sostenibile,economie circolari alimentate dal riciclo e dalla valorizzazione dei beni comuni, capaci di rispondere anche alle domande di sicurezza e riduzione dei diversi rischi.
Il definitivo abbandono del piano regolatore tradizionale deve essere sostenuto da una riforma che imponga l’equiparazione della decadenza delle previsioni pubbliche e di quelle private, legata all’efficacia del piano urbanistico operativo, prospettabile su uno scenario quinquennale, e che, per il contrasto al consumo di suolo, istituisca l’obbligo di non procedere con il mero trascinamento delle previsioni non attuate nel momento in cui l’Amministrazione forma un nuovo piano incardinato sui nuovi princìpi della sostenibilità.
Allontanandosi dalla categoria della sovracomunalità e dalle pratiche di scambio entro confini via via più ampi ma sempre legati a modelli di dipendenza da un centro gravitazionale, la pianificazione a rete diventa occasione per coniugare programmazione delle opere e integrazione fra contesti articolati e diversi. Le strategie di filiera possono collegare città metropolitane, ambiti funzionali urbani di media dimensione, aree interne, in un progressivo miglioramento delle qualità ecologiche ed economiche, in un telaio spaziale integrato e multiscalare, dove urbano e rurale cessano di contrapporsi. I flussi che connettono persone, dati e cose, devono potersi dispiegare in ambiti territoriali interattivi. Le reti sono i campi operativi della nuova urbanistica, per fornire standard ai cittadini che si muovono in ambiti territoriali interdipendenti e costruire nuovi paesaggi urbani connessi al trattamento resiliente di acqua, suolo, aria, energia, rifiuti e mobilità. Le infrastrutture sono smart e slow, hard e soft: reti ambientali che riportano a unitarietà le politiche dei parchi e delle aree protette e l’urbanistica; infrastrutture complesse, blu e verdi, telaio incrementale e resiliente di una nuova città pubblica; reti che utilizzano sistemi naturali, o artificiali che simulano i processi naturali, per migliorare la qualità ambientale generale, fornire servizi di pubblica utilità, garantire efficienza spaziale ed eco-sistemica per il miglioramento delle condizioni microclimatiche urbane e la qualità dell’aria; reti digitali che disegnano nuovi spazi sociali, permettono lo scambio di informazioni, rendono accessibili servizi urbani; reti di strade e sottoservizi adeguate alle domande di smaltimento e riciclo delle acque, infrastrutture energetiche e digitali, spazi per la mobilità dolce.
Un dato costante nella storia dell’urbanistica, che intreccia quella della società, è la ricerca di qualità delle forme nelle quali organizzare le relazioni fra le persone. La priorità della rigenerazione delle forme nelle quali si sviluppa il capitale relazionale va alle aree che esprimono forme materiali e immateriali di disagio urbano, ove sono compresi stati di rischio (esposizione delle persone a pericolosità sismica, idraulica), domanda di casa, condizioni reali o percepite di insicurezza sociale, scarsa aggregazione sociale, difficoltà ad accedere ai servizi urbani, ivi comprese la mobilità garantita dal trasporto pubblico e la disponibilità della rete digitale e di avanzate tecnologie a sostegno delle esperienze urbane, condizioni di scarsa urbanità nelle aree dedicate al lavoro delle persone (carenza di spazi verdi, di servizi primari, di qualità estetica). Interventi di rigenerazione da intendere come piattaforme collaborative - e generative di innovazione sociale - a scala urbana.
La mobilità è fattore determinante per raggiungere la sostenibilità ambientale, economica, sociale in forma integrata e multiscalare, incidendo sui comportamenti, con effetti di lunga durata e impatti misurabili. Cresce la domanda per il trasporto pubblico locale e sono in forte crescita i servizi di mobilità condivisa come il bike sharing (accompagnato dall’estensione della densità di piste ciclabili) e il car sharing (alimentato anche dai nuovi servizi a flusso libero). L’investimento nelle reti di mobilità integrata, intermodale e sostenibile restituisce spazi alla città e alla vita collettiva, ridisegna i paesaggi urbani e riduce l’inquinamento.A gestire dicotomie e scenari evolutivi di settore è chiamata l’ultima generazione di piani della mobilità locale, i Piani Urbani di Mobilità Sostenibile, che tengono conto dei principi di integrazione, partecipazione e valutazione per soddisfare i bisogni di mobilità attuali e futuri degli individui, al fine di migliorare la qualità della vita nelle città e nei loro quartieri. Il superamento dell’approccio rigidamente amministrativo, a favore delle esigenze della "città funzionante", pone in essere la necessità di ridefinire e coordinare geografie inter-amministrative per l’erogazione di servizi multimodali e la definizione di strategie, a differente orizzonte temporale. Promuovere buone pratiche e politiche di trasporto innovative è attività indispensabile per contribuire a rendere ogni ambiente urbano più efficiente, sicuro e sostenibile.
Investire nelle politiche inclusive contribuisce a rafforzare il vantaggio competitivo delle città. L’accessibilità sta assumendo un ruolo centrale in pratiche e strategie mese a punto da discipline diverse (architettura, design, sociologia, tecnologie digitali, comunicazione, gestione dei beni culturali, mobilità e trasporti), per assicurare condizioni di pari opportunità, basata su princìpi che, pur non rinnegando l’esigenza dell’accessibilità fisica, abbiano come obiettivo la realizzazione di spazi, fisici e immateriali, inclusivi rispetto a ogni possibile diversità.
La Convenzione Onu dei Diritti delle Persone con Disabilità afferma con chiarezza che l’accessibilità, come percorso speciale e diverso, quando non è soluzione “ragionevole e accomodante” di uno stato non diversamente risolvibile, è comunque un’azione discriminante.
Un approccio innovativo -un progetto per tutti- permette di considerare l’accessibilità dei luoghi, beni e servizi per gli aspetti dell’accessibilità sensoriale (esperienze che riguardino contestualmente vista, udito, tatto e olfatto), percettiva (capacità degli individui di elaborare i dati sensoriali e dar loro un significato), cognitiva (capacità di definire strategie in funzione degli stimoli) e culturale (utilizzare mezzi transculturali che superino le limitazioni linguistiche e soprattutto quelle insite nella cultura di appartenenza). Una riforma che agevoli l’attuazione di strategie integrate per le città accessibili è un traguardo rilevante per accrescere la qualità della vita delle popolazioni e rendere più vitali città e territori.
L’abitare costituisce un’opportunità per la riabilitazione fisica e sociale delle città. Guardare alla residenza in termini di servizi abitativi è un modo per ridisegnare le mappe e i ruoli delle città, dei cittadini, dei nuovi gestori sociali. È necessaria una riforma delle politiche e degli attori sociali dell’abitare sociale,che permetta una profonda rivisitazione del sostegno pubblico per l’edilizia residenziale sociale, il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, un più incisivo compito per i fondi immobiliari di investimento orientato al recupero urbano.
Considerata la necessità di agire sulle prestazioni ambientali delle città, gli spazi pubblici e i paesaggi, azioni che richiedono investimenti su componenti materiali e immateriali, con funzioni eco-sistemiche e riequilibranti, appare indispensabile la riforma degli standard urbanistici. Nel passare dagli standard pensati per la crescita della città alle dotazioni per la qualità delle diverse forme urbane, dalle destinazioni d’uso alle attività, dalla predeterminazione all’idoneità ambientale, i servizi da garantire devono essere plurimi e capaci di intercettare i bisogni delle comunità. La prospettiva prestazionale, che chiude il ciclo della regolazione quantitativa, ha bisogno di regole performative e indirizzi progettuali nazionali, da adattare ai contesti locali, fisici e sociali, a cui collegare modalità compensative delle azioni pubbliche e private nella rigenerazione urbana.