Quando trattiamo il tema casa richiamiamo immediatamente una questione sociale. E ciò per il semplice fatto che circa 4 milioni di famiglie, nel nostro Paese, sia che paghino un mutuo piuttosto che un canone di locazione, mostrano di essere in difficoltà in ordine al soddisfacimento delle proprie necessità alloggiative. Se, dunque, occorre intervenire e rilanciare una politica per la casa che tenga conto della criticità della situazione attuale, testimoniata dall’enorme numero di sfratti per morosità, che in questi ultimi anni rappresentano una quota del totale che raggiunge percentuali superiori all’80% del totale, non possiamo non considerare il fatto che un rilancio e una nuova operatività nel settore dell’edilizia sociale costituisce anche una grande opportunità per il Paese per avviare processi di ristrutturazione urbana e per contribuire all’innovazione del sistema economico e delle imprese. In altre parole non possiamo non assolvere al dovere e, comunque, non possiamo perdere l’occasione di cambiare l’abitare, con particolar attenzione alle fasce più deboli della popolazione, e al contempo cambiare le città.
Nel nostro Paese si contano circa un milione di alloggi di edilizia residenziale pubblica. Si tratta in tutta evidenza di un ingente patrimonio che storicamente, in diversi casi, si è caratterizzato per scarsa qualità sia sotto il profilo edilizio che sotto quello propriamente urbanistico. Tutti abbiamo ben presenti alcuni enormi complessi, vere e proprie porzioni di città che, con la ragione di offrire un necessario aiuto a chi aveva bisogno, sono stati realizzati in palese deficit di qualità sotto il profilo del rischio sismico, dell’efficienza energetica, architettonico e, alla fine, sociale perché il risultato talvolta è stata la ghettizzazione di una intera fascia di popolazione.
Oggi, partendo da un’idea di società e di città, come ci dimostrano numerose e concrete esperienze di progetti già realizzati in diversi comuni, è possibile compiere un grande salto di qualità. Possiamo e dobbiamo, limitando il consumo di suolo, partire dalla rigenerazione del patrimonio esistente e con costi contenuti e ragionevoli, agire in modo innovativo su tre principali ambiti: quello costruttivo, relativo all’efficienza energetica; quello relativo alla qualità dell’abitare, inteso come qualità sociale e quello urbano, propriamente legato alla riqualificazione e riorganizzazione dello spazio e del patrimonio esistente.
Nell’ottica di procedere fattivamente ad una sorta di rivoluzione culturale che miri a mettere in ordine ed in sicurezza ciò che già esiste, prima di prendere in considerazione qualsiasi ulteriore politica espansiva e di saturazione degli spazi ancora disponibili e posto come fondamentale il ruolo degli Enti locali e di tutti gli operatori del settore, è chiaro però che quella che abbiamo descritto come un’opportunità nonché una necessità sarà possibile coglierla solo se su questo tema si procederà con un approccio organico e una forte regia del Governo nazionale.
Solo se si ripartirà da una politica per la casa strutturale e di matrice nazionale, potremo, ad esempio, procedere in modo apprezzabile ad incentivare le azioni si sostituzione di immobili ed interi quartieri, esempi di profondo degrado urbano, demolendoli e ricostruendoli secondo nuovi criteri di qualità ovvero, in altre parole, potremo ridisegnare importanti porzioni di città, puntando al bello e all’alta efficienza energetica. Un aspetto, quest’ultimo, rispetto al quale, tra altre ricadute, se non rispetteremo i tempi e i precisi obblighi dettati dall’Unione europea, saremo chiamati a pagarne le conseguenze con sanzioni che nel giro di pochi anni potrebbero esserci imputate.