La rilettura dei princìpi per la nuova legge urbanistica, definiti dall’Inu nel 1995, ne evidenzia semplicità, rigore, attualità:
integrazione degli aspetti ambientali nella pianificazione, alla quale collegare cooperazione inter-istituzionale, multidisciplinarietà dei contenuti dei piani, verifica della coerenza delle scelte, monitoraggio degli effetti delle decisioni;
utilizzo dei metodi perequativi e compensativi per una politica fondiaria concretamente favorevole agli interessi generali;
sdoppiamento del piano comunale in una componente strutturale e una operativa, per una processualità coerente con la sostenibilità delle prospettive di sviluppo, a sostegno del contenimento della rendita fondiaria, ancorando la prescrittività delle scelte di piano alla fase del concreto emergere delle condizioni alla trasformazione urbanistica e introducendo un limite temprale alle previsioni.
Vi si deve aggiungere l’analisi degli effetti negativi o non auspicati: il progressivo dominio degli apparati normativi sul progetto, l’arroccamento procedurale difensivo, la proliferazione dei centri decisionali, l’appiattimento del piano sulla mera declinazione dei contenuti di legge, il permanere del Prg in tutti gli strumenti riformati. A nulla è valsa la non cogenza dei piani strutturali stabilita dalle leggi regionali, peraltro negata dall’imposizione fiscale sulle previsioni contenute in tali strumenti. Si deve anche rilevare scarsa attenzione politica rispetto all’interpretazione delle trasformazioni territoriali, ritenute sempre più, come i piani, questione dei tecnici.
Infine, è bene richiamare quanto si è fatto laddove la sperimentazione ha avuto maggior successo rispetto alle inerzie. Quando la formazione di piani ha saputo utilizzare al meglio l’innovazione culturale, si è segnata discontinuità con il vecchio modello regolatore e vi è stata l’occasione per investimenti e produzione di risorse: conoscenza, multidisciplinarietà, partecipazione democratica, contenimento della dispersione urbana, coordinamento fra municipalità, integrazione fra le politiche.
Intanto, mutavano le relazioni fra le strutture insediative e le cittadinanze. In uno scenario sempre più frammentato per la distanza tra attività umane e luoghi, la popolazione nei diversi ambienti urbani è emersa quale fattore propulsivo del cambiamento. I confini amministrativi sono diventati ostacolo al miglioramento delle condizioni territoriali e urbane. Le città si sono rivelate forti e fragili a un tempo: esposte ai cambiamenti climatici, travolte dal boom immobiliarista degli anni Duemila e dall’impoverimento sociale ed economico, restano i luoghi migliori per organizzare la convivenza.
Possiamo ritenere stabili le convinzioni circa il nuovo welfare urbano, la chiusura in chiave ecologica dei cicli di uso e riproduzione delle risorse, l’inclusione delle pratiche partecipative nella formazione delle scelte relative agli assetti del territorio e agli usi degli immobili, l’utilizzo della fiscalità per l’effettività delle politiche territoriali, l’indifferenza delle posizioni proprietarie, la definizione dei diritti edificatori mai estranei o esterni al piano.
Si apre una fertile stagione, a partire da tali convinzioni, centrata sul progetto urbanistico.
Pratiche e processi di governo del territorio dovrebbero assumere connotati di programmazione e di progetto, aperti, comprensibili, accessibili, orientati alla soluzione dei problemi. Le ricadute riguardano tutti gli attori, non ultimi – ovviamente – i pianificatori. Gli impatti attesi sono maggiore efficacia cognitiva (dai quadri conoscitivi alla conoscenza condivisa), investimento nella consapevolezza degli effetti (dal piano che prevede cosa, al piano che discute in merito al se e orienta verso il come) e nel progetto di città per rinnovare bellezza e funzionalità degli ambienti urbani.
Si possono indicare alcune direzioni di cambiamento:
trasformare il piano, da groviglio procedurale a racconto consapevole e scenario prospettabile, per valutare e scegliere progetti nei quali i valori sociali e ambientali assumano un portato economico non riducibile a parametri finanziari;
differenziare la piattaforma della pianificazione strutturale, territoriale e strategica, di area vasta (Città metropolitane, Unioni dei Comuni, Province) dal piano operativo comunale, centrato sulla rigenerazione urbana sostenuta da risorse disponibili e spendibili, per produrre valore pubblico;
incrementare la produzione di progetti urbanistici, per spazi della collettività, connessioni urbane, ambienti vivibili, riconoscibili nelle relazioni fisiche e nelle percezioni indotte;
considerare unitariamente piano e gestione ai fini della fattibilità e della convenienza, in una leale collaborazione fra soggetti pubblici e privati;
interpretare in chiave di infrastrutture complesse i patrimoni territoriali da curare e riprodurre: città storiche, forme urbane recenti, paesaggi, sistemi naturalistici, reti ambientali e per la mobilità di persone, cose e dati; un ricco e articolato insieme che concorre al più vasto equilibrio delle condizioni di vita, che non conosce confini amministrativi né perimetri di zone, ma che ha bisogno di delimitazioni per la gestione e l’esercizio di responsabilità;
declinare ulteriori e nuovi standard, diritti inderogabili in tutto il Paese, intrinseci ai luoghi e nel contempo produttori di luoghi;
riformare politiche e attori pubblici dell’abitare sociale;
rovesciare lo schema che preordina l’organizzazione del governo del territorio, dalla settorialità all’aggregazione intorno a progetti, per l’efficienza della filiera pubblica;
coordinare codici di comportamento essenziali (apparati legislativi), certa attribuzione di compiti (assetto istituzionale), individuazione di ambiti territoriali ottimali per l’erogazione di servizi (geografia amministrativa), efficacia degli strumenti (riforma urbanistica), misure incentivanti (fiscalità);
investire nelle tecnologie a sostegno della nuova pianificazione: processi decisionali, informazione pubblica, trasferimento e scambio di conoscenza, sviluppo e integrazione delle politiche, rappresentazione, soddisfacimento di esigenze redazionali, interpretazione degli stati di fatto e di progetto, controllo della coerenza, regolazione e trasparenza, aggiornamento e riproducibilità, trasmissibilità e comunicazione.