Il suolo, si sa, è una risorsa non rinnovabile. Il modo e il ritmo con cui l’uomo, con le sue attività, trasforma porzioni di territorio è un fenomeno allo studio da tempo e di cui si dispone ormai di un ampio quadro descrittivo delle principali determinanti e delle conseguenti morfologie insediative, urbane e territoriali, con cui tale fenomeno si manifesta. Il recente Rapporto Snpa (2022), insieme alla cartografia e alle banche dati di indicatori allegati, fornisce un quadro aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo che permette di valutare il degrado del territorio e l’impatto del consumo di suolo sul paesaggio e sui servizi ecosistemici, mostrando chiaramente che le azioni messe in campo per contenere tali processi rischino di non essere sufficienti e che gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 divengano un traguardo mobile, che tende ad allontanarsi piuttosto che ad avvicinarsi.
Fra le diverse configurazioni spaziali assunte dai sistemi insediativi, a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso si è affermata la morfologia dello sprawl e della metropolizzazione, che è stata fortemente sostenuta in prima istanza dal continuo incremento della mobilità delle persone e delle merci. Nell’arco della seconda metà del ventesimo secolo si è infatti realizzata una significativa redistribuzione della popolazione tra le diverse parti del Paese ed anche all’interno dei diversi territori regionali, redistribuzione resa ancora più evidente da una lettura comparata delle diverse condizioni di accessibilità determinate dall’organizzazione della rete infrastrutturale e dalla distribuzione della popolazione residente, nel dopoguerra ed oggi.
Tale organizzazione ha reso accessibili alla rendita urbana porzioni di territorio precedentemente destinate agli usi agricoli e forestali, e persino solo naturali. Anche in forza di tale aumento dell’accessibilità, spesso l’avanzata dell’urbanizzazione ha spinto all’occupazione di aree marginali, o addirittura non adatte all’insediamento, come è accaduto per quelle a rischio sismico e/o idrogeologico. Lo sviluppo territoriale dell’Italia, dal secondo dopoguerra ad oggi, è stato fortemente segnato da tendenze insediative spesso inopportune fra le quali riconosciamo, ad esempio, tanto la crescita non pianificata ed a macchia d’olio dei sistemi urbani, così come l’urbanizzazione di lunghi tratti delle coste.
A valle di tali processi, oggi possiamo osservare una società caratterizzata da alcuni tratti che si collocano su estremi opposti: se, almeno apparentemente, da una parte avanza sulla strada della continua crescita economica, liberando un numero sempre più crescente di persone dalla scarsità di beni primari e persino secondari, dall’altra parte mostra chiaramente di essere, tanto lentamente quanto inesorabilmente, scivolata in una voragine dove si manifestano crisi ambientali, nuove e diffuse forme di disuguaglianze, povertà e violenza, una crescente insoddisfazione e perdita di qualità della vita, l’incapacità di pensare il cambiamento e il futuro in termini lungimiranti e coraggiosi. Tutte condizioni aggravate dalla pandemia da Covid 19 che ha stretto in una morsa la comunità globale a partire dalla fine del 2019.
Difficile non riconoscere che la crescita fisica dei consumi materiali in un sistema finito come la Terra, non possa essere infinita: “il 2030, anno in cui gran parte dei target dell’Agenda dovrebbero essere raggiunti, è ormai alle porte e, con esso, il probabile fallimento degli impegni presi relativi alla trasformazione delle nostre città in insediamenti più inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili e di quelli che puntano, in particolare, ad assicurare che il consumo di suolo non superi la crescita demografica, all’accesso universale a spazi verdi e spazi pubblici, alla riduzione del degrado del territorio e al mantenimento delle funzioni e dei servizi ecosistemici forniti dal suolo” (Munafò 2022: 7). Città e territorio chiedono quindi di confrontarsi con urgenza con i problemi concreti che derivano dall’attuazione della sostenibilità nei processi di sviluppo.
I diversi aspetti della crisi del nostro sistema di sviluppo hanno come comune origine la divergenza fra le regole economiche e quelle della natura: sembra dunque che il paradigma della sostenibilità abbia messo, in un certo senso, in discussione il tradizionale modello di sviluppo socioeconomico (di tipo lineare) in cui il benessere e la salute delle comunità e dell’economia sono valutati e misurati in termini di crescita della produzione e dei consumi materiali e che sia non più derogabile la transizione verso una società dove si possa vivere bene consumando meno, evitando (quantomeno contenendo) l’impoverimento dei sistemi naturali e sviluppando un’economia (green e di tipo circolare) che riduca gli attuali consumi di energia e materie prime: la linea urbanistica dell’austerità a cui si riferiva già molti anni fa Giuseppe Campos Venuti (1978, 2011).
Una verosimile via d’azione potrebbe essere cercata nel riconoscere che anche i fatti economici, come quelli naturali, si svolgono in un mondo dalle dimensioni finite, nel quale né il denaro, né le cose, né le popolazioni possono crescere al di là di un limite. Va riconosciuto che anche lo sviluppo, come tutti i sistemi complessi, per evolvere ed innovarsi, si deve situare in una zona che si posiziona tra gli estremi dell’ordine e del disordine, che è stata chiamata ’orlo del caos’.
Michael Crichton (1996) descrive l’orlo del caos come “una zona di conflitto e di scompiglio, dove il vecchio e il nuovo si scontrano in continuazione”. Al limite del caos lo sviluppo rischia di precipitare su due versanti: da una parte si trova un ordine troppo statico per tenere il passo della vita e dell’evoluzione; dall’altra parte si trova un disordine frenetico e incontrollabile, potenzialmente distruttivo, un’instabilità di fondo che non si sa dove porta.
Ma in equilibrio, al limite del caos, lì si colloca l’innovazione, laddove il dominio delle tecnologie contemporanee sa dialogare con le risorse finite del pianeta.
Tale forma di pensiero richiede di abbattere una prima grande frontiera che sta alla base di ogni tentativo di soluzione: quella del cambiamento culturale necessario a ripensare un nuovo modo di vivere per l’uomo sulla terra.
Con riferimento alla pianificazione come attività del governo del territorio, è sicuramente dall’inizio dell’ultimo decennio del ’900 che si è assistito in forma esplicita ad una progressiva integrazione tra urbanistica ed ambiente (che nel dibattito coevo veniva più diffusamente definita integrazione fra urbanistica ed ecologia) anche se, come ricordava Campos Venuti (1991), la lunga marcia della sostenibilità urbanistica in Italia, almeno della sua acquisizione disciplinare, ha radici in quell’urbanistica riformista che, attraverso scelte e posizioni non ancora sintetizzate in ’urbanistica sostenibile’, ne anticipavano ampiamente le caratteristiche. Tale virtuosa ’contaminazione’ ha successivamente smesso di essere una forma di sperimentazione circoscritta a casi volontari, isolati e fuori dalle disposizioni normative, per assumere un carattere sempre più essenziale dell’urbanistica, ampliando i campi di competenza del piano (a tutte le scale) e definendo nuovi sodalizi disciplinari.
Se ci riferiamo in particolare alla pianificazione delle città, il piano urbanistico comunale ha mostrato, accanto ai suoi limiti, anche la sua potenziale capacità di essere strumento utile per una azione di governo unitario ed integrato delle città, del territorio e dell’ambiente. Sotto il profilo tecnico, la necessità di integrare pianificazione, ambiente e paesaggio si è mossa a partire dalla volontà (di alcuni) di superare l’approccio settoriale e specialistico essenzialmente della ’tutela’ e, solo successivamente, dalla necessità (per tutti) di adeguamento alle disposizioni normative europee, nazionali e regionali (dalla Direttiva europea 42/2001, al Dlgs 152/2006 e smi, ecc.).
È noto che l’approccio unitario (territorio, ambiente e paesaggio) e quello integrato (urbanistica ed ecologia) hanno richiesto:
una integrazione e ridefinizione dei contenuti del piano;
un rinnovamento e ampliamento del campo delle conoscenze su cui si fonda il piano;
il concorso di nuove conoscenze e figure scientifiche e professionali;
il ripensamento della natura e delle caratteristiche dello strumento di piano, nella direzione di consentire e favorire l’approccio integrato e unitario.
Ecco perché è più che mai urgente e necessario occuparsi dei principi fondamentali e dell’innovazione delle regole di governo del territorio per invertire, in maniera consapevole, un fenomeno che intacca una risorsa fondamentale di sistema per l’intera comunità umana.
Per raggiungere questo obiettivo complesso è indispensabile che Regioni, Comuni e Città metropolitane, si mobilitino in forma attiva nell’esercizio del loro compito di pianificare scenari e azioni efficaci e definire strumenti utili per tutelare il suolo e le risorse naturali entro un quadro organico e coordinato a livello nazionale.
La città, intesa come urbs e come civitas, chiede oggi di dare una definizione chiara e soprattutto operativa ai difficili, controversi e complessi contorni concettuali della formula dello ‘sviluppo sostenibile’.
Non resta che mettersi davvero di impegno per dare risposte ad una domanda, fra le tante, certamente non banale: quali sono le variabili e gli strumenti su cui l’azione della pianificazione può agire in modo da produrre risultati che siano realmente efficaci e verificabili per un governo e un progetto sostenibili delle città e dei territori?
Campos Venuti G. (1978), Urbanistica e austerità, Feltrinelli, Milano.
Campos Venuti G. (1991), L’urbanistica riformista, Etaslibri, Milano.
Campos Venuti G. (2011), “Città sostenibile e austerità”, Urbanistica Informazioni, no. 236, p. 9-11.
Crichton M. (1996), Il mondo perduto, Narratori Moderni, Garzanti Editore, Milano.
Munafò M. (2022), “Riparte il consumo di suolo: raggiunto il valore più alto degli ultimi 10 anni”, Urbanistica Informazioni, no. 304, p. 7-8.
Snpa (2022), Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici, Report no. 32, Edizione 2022, a cura di M. Munafò.