Sempre più spesso si sente parlare di Smart Cities e, più recentemente, di smart communities. Un tema che ha registrato un rinnovato interesse anche in seguito al recente bando pubblicato dal MIUR come prima iniziativa volta a finanziare idee progettuali per “Smart cities e communities”.
L’occasione per fare un po’ di chiarezza in Italia è stata data dalla manifestazione Smart City Exhibition che si è tenuta a fine ottobre organizzata da FORUM PA e dalla Fiera di Bologna. Nei tre giorni di attività, la manifestazione ha visto confluire intorno ai suoi tavoli di lavoro, tra gli stand, nei convegni e nei workshop tematici i principali attori che si occupano dell’argomento in Italia e i maggiori esperti internazionali in materia affermando un nuovo concetto di evento congressuale basato sul confronto delle esperienze, sulla formazione e sul networking.
Intorno alle cinque domande, poste al centro dei lavori per giungere ad una definizione operativa condivisa di Smart City (1.Cos’è? 2.Perché farla? 3.Come realizzarla? 4.Con quali soldi? 5.Copiando chi?), si sono riuniti i decisori politici e amministrativi provenienti da 145 città (con oltre 20 Sindaci, più di 40 Assessori e centinaia Dirigenti provenienti da Comuni di ogni dimensione: dalla grande metropoli di Roma, con 2 milioni e 272mila abitanti, al Comune più piccolo rappresentato: San Valentino in Abruzzo Citeriore con i suoi 1949 abitanti). Non sono naturalmente mancate le grandi aziende, la cui partnership è fondamentale per l’impianto e la realizzazione dei progetti, né gli interventi delle Università, dei Politecnici e dei protagonisti coinvolti a livello governativo e territoriale: dal Ministro Francesco Profumo al Vicepresidente della Regione Puglia Loredana Capone passando per i rappresentanti di tutte le Regioni italiane.
Ma quando una città è smart? Ovviamente il rischio maggiore è attribuire l’intelligenza alle sue dotazioni tecnologiche. Le reti e tutte le infrastrutture immateriali, il cloud computing, l’elettronica distribuita sono solo degli strumenti che devono essere finalizzati ad un obiettivo.
Andando quindi oltre la tecnologia sono tre le dimensioni principali di una smart city:
quella economica. Legata alla presenza di attività innovative, di ricerca, alla capacità di attirare capitali economici e professionali;
quella del capitale umano e sociale. Una città è smart quando sono smart i suoi abitanti in termini di competenze, di capacità relazionale di inclusione e tolleranza;
quella della governance. Da intendersi nell’adozione di modelli di governo improntati a dare centralità ai beni relazionali e attenzione ai beni comuni. Nella creazione di opportunità per favorire la partecipazione civica nella creazione di valore pubblico.
Assumendo questa prospettiva, il concetto di smart city si lega indissolubilmente a quello di innovazione sociale [1]. Le smart cities sono le città che creano le condizioni di governo, infrastrutturali e tecnologiche per produrre innovazione sociale, per risolvere cioè problemi sociali legati alla crescita, all’inclusione e alla qualità della vita attraverso l’ascolto e il coinvolgimento dei diversi attori locali coinvolti: cittadini, imprese, associazioni.
La materia prima diventa l’informazione e la conoscenza e le città si possono qualificare nel modo in cui informazione e conoscenza sono prodotte, raccolte e condivise per produrre innovazione. Sia essa comunicazione finanziaria, economica, sociale o culturale le città sono sempre più nodi attivi dei flussi fisici ma anche, appunto, di quelli immateriali.
Negli ultimi dieci anni, però, è drasticamente cambiato il modo in cui le informazioni vengono elaborate e trasmesse, grazie soprattutto allo sviluppo delle tecnologie di rete. Lo stesso spazio urbano è divenuto un luogo ibrido nel quale esperienza fisica ed esperienza virtuale si combinano insieme creando un sistema socio-tecnico esteso basato sulla combinazione di luogo e network. Un’interazione continua tra luoghi fisici e flussi informativi resa ancora più intensa dalla recentissima diffusione delle applicazioni georeferenziate utilizzate dai moderni device (i cosiddetti Location Based Social Network) [2]. La fruizione della città diventa un’esperienza che non finisce a quello che è direttamente osservabile ma che viene arricchita da comunicazioni, annotazioni e segnalazioni che provengono dalle comunità in rete.
La stessa rappresentazione grafica della forma urbana si è arricchita di nuove informazioni con l’utilizzo delle cartografia on line che da rappresentazione simbolica dello spazio urbano si è arricchita in un primo momento aggiungendo alla rappresentazione geografica quella dei fenomeni sociali per poi portare diventare strumento di socializzazione delle informazioni territoriali.
La città diventa quindi un insieme di elementi fisici e di elementi immateriali, un sistema socio tecnico quale ambiente abilitante del capitale sociale, the enabling city [3], in grado – attraverso azioni positive di inclusione, di innovazione e di interazione – di sostenere una cittadinanza attiva, una smart communities, orientata a risolvere problemi condivisi e creare nuove opportunità sociali, economiche e culturali.
Se queste sono dunque, le premesse teoriche, il framework concettuale all’interno del quale si sta sviluppando il dibattito, qual è la situazione italiana e, soprattutto qual è la nuova geografia urbana che si sta delineando in merito alle smart cities? Bologna è stata anche l’occasione per presentare ICity Rate, realizzato da FORUM PA.
I capoluoghi di provincia italiani sono stati messi a confronto sulla base di circa cento indicatori riferiti alle dimensioni della governance della città, dell’economia, della mobilità, dell’ambiente, del capitale sociale e della qualità dei servizi che hanno poi permesso di arrivare alla classifica finale [4].
Il tema delle Smart Cities è fortemente sostenuto a livello internazionale e in particolare dalla Commissione Europea, per questo nella scelta delle dimensioni da analizzare si è fatto riferimento ad un analogo lavoro svolto dalla Commissione Europea così da poter rendere i risultati più possibile equiparabili a livello internazionale [5].
A livello nazionale, l’attuale governo ne ha fatto uno degli strumenti prioritari per riavviare la crescita dei nostri territori in una logica di sostenibilità e di inclusione. Prima i bandi Miur finalizzati a cofinanziare con circa un miliardo di euro iniziative pubblico-private per la creazione di Smart Cities, poi il neonato Decreto Crescita che prevede azioni e strumenti specifici per la creazione di Comunità Intelligenti italiane, dimostrano come in Italia il tema sia centrale ma primordiale e definisce l’inizio di un percorso che si spera porterà importanti novità per i nostri territori.
Proprio perché si tratta di un percorso appena iniziato la classifica, piuttosto che considerarsi un punto di arrivo, vuole essere utile per fotografare lo stato attuale, di partenza dei processi in corso. Utilizzando la metafora delle corse automobilistiche, quella che restituiamo non è la classifica finale ma la griglia di partenza di una gara ancora tutta da correre. Ovviamente in pole position non ci si arriva per caso e le città più avanti nello schieramento sono quelle che possono vantare una preparazione, un’accumulazione importante nei diversi ambiti considerati.
In prima fila troviamo Bologna e Parma che fanno da apripista ad un primo gruppo di 15 città chiuso da Modena. Sono città tutte rigorosamente del Centro-Nord sia di caratura metropolitana che intermedia.
La classifica delle città metropolitane dimostra una netta spaccatura tra le dieci aggregazioni urbane: Bologna, Firenze, Milano, Genova, Venezia e Torino appartengono al gruppo delle prime 15 dimostrando di riuscire a competere con le città più piccole non solo negli ambiti settoriali più propri delle città metropolitane quali l’economia, ma anche in quelli più critici per le ampie dimensioni: qualità della vita, mobilità, capitale sociale e ambiente. Al contrario segnano decisamente il passo le altre quattro città metropolitane: la prima che insegue è Roma (21°) seguita da Bari (69°), Napoli (77°) e Reggio Calabria che si colloca all’87° posto.
Al momento attuale il ritardo delle città del Sud è evidente: la prima è Cagliari che in classifica generale è al 43° posto, seguita da Lecce (54°) e Matera (58°). Tutte le città in coda alla classifica appartengono alle regioni meridionali, classifica che è chiusa da Caltanissetta, Crotone ed Enna. In prospettiva, e soprattutto anche grazie ai finanziamenti già assegnati con il primo bando del MIUR esclusivamente rivolto alle regioni dell’obiettivo convergenza, si spera che la compattezza di questo schieramento venga incrinata. Diversamente anche le Smart Cities le comunità intelligenti rischiano di diventare l’ennesima occasione perduta per un territorio in cerca di prospettive.
[1] Buongiovanni, Chiara. “‘Innovazione Sociale’. Di Cosa Parliamo Quando Lo Diciamo: Intervista Ad Andrea Bassi.” Saperi PA, February 22, 2011. http://saperi.forumpa.it/story/51354/innovazione-sociale-di-cosa-parliamo-quando-lo-diciamo.
[2] Gordon, Eric, and Adriana de Souza e Silva. Net locality : why location matters in a networked world. Chichester, West Sussex; Malden, MA: Wiley-Blackwell, 2011. Silva, Adriana de Souza e, and Jordan Frith. Mobile Interfaces in Public Spaces: Locational Privacy, Control, and Urban Sociability. Routledge, 2012.
[3] Camponeschi, Chiara. “The Enabling City. Place-based Creative Problem-Solving and the Power of the Everyday”, 2010.
[4] «ICity rate: ecco la classifica delle città italiane più smart». Saperi PA, Ottobre 29, 2012. http://saperi.forumpa.it/story/69646/icity-rate-ecco-la-classifica-delle-citta-italiane-piu-smart.
[5] “European Smart Cities”, n.d. http://www.smart-cities.eu/.