Urbanistica INFORMAZIONI

Rigenerazione, ovvero politiche e pratiche di pianificazione

Propongo uno sguardo diverso ai temi della contemporaneità e un ruolo per l’Istituto Nazionale di Urbanistica, che liberi le energie presenti al suo interno e lo renda autorevole sostegno a efficaci politiche di rinnovo sociale e territoriale del Paese.
A tal fine, promuoviamo tre azioni:
- raccontare e progettare le città e i territori
- ridefinire un linguaggio universale
- semplificare e condividere le regole
Il progetto della città si deve occupare della molteplicità e della diffusione delle funzioni, di reti, accessibilità ai servizi e facilità degli usi, inclusione sociale e riconoscibilità delle forme urbane, conoscenza, componenti che rendano la città solidale e intelligente.
Il problema di come intervenire su questa realtà multiforme va affrontato con gli strumenti di un sano pragmatismo e, soprattutto, con una rinnovata capacità progettuale.
Si può passare, anche, da un approccio lineare, troppo spesso solo incrementale e mai di riordino (si pensi alla proliferazione di leggi e di piani, che dà luogo a una sommatoria e non a un sistema di strumenti), a un’intelligenza multidirezionale, caratteristica dell’epoca nella quale viviamo, che permetta di gestire l’incertezza.
Si tratta, inoltre, di assumere come prerequisiti quelli che continuiamo a definire obiettivi: sostenibilità delle forme di sviluppo, efficienza ambientale della città esistente, incremento della capacità di reagire ai cambiamenti climatici, contenimento del consumo dei suoli.
Assunti tali orizzonti come criteri di progetto e non come finalità generali, il piano riacquista il ruolo di un racconto consapevole e condivisibile delle città nelle quali viviamo, che permette di rappresentare i rapporti tra le popolazioni e gli ambienti fisici (a prevalente connotazione naturalistica o storicamente consolidati in forme insediative urbane), preoccupandosi degli effetti delle scelte di conservazione e trasformazione riferite all’ambiente, al territorio, alla salute umana, all’economia, alla società. Le azioni di prevenzione e di adattamento potranno incidere concretamente sulle scelte insediative, comportando l’obbligo di rispettare prestazioni ambientali degli insediamenti e degli edifici (parametri valutabili e non finalità generaliste), di assoggettare a opere di messa in sicurezza i siti soggetti a rischi sismici, idraulici e idrogeologici, definendone il programma di spesa (un patto sociale per le priorità d’intervento e di costo per la collettività), di evitare localizzazioni che aggravino costi sociali e ambientali, compresi quelli derivanti dall’aumento del traffico veicolare e dei relativi inquinamenti acustici e atmosferici (un progressivo cambiamento degli stili di vita). La sostenibilità ambientale diventa così il mezzo per modificare modelli di sviluppo e coabitazioni diseguali, che incrementano la povertà, la fame, le malattie e l’analfabetismo, che danneggiano gli ecosistemi dai quali dipende il mantenimento della vita sul pianeta.
La sostenibilità comprende anche la capacità di agire nelle condizioni date, per un processo di miglioramento delle condizioni urbane, che non discende automaticamente da nuovi paradigmi legislativi né si esaurisce in un solo atto (sia esso un piano o un programma più o meno straordinario), ma necessita di partecipazione sociale, volontà politiche, stabilità istituzionale, qualità professionale, componenti ordinarie dei comportamenti di una classe dirigente evoluta e di una cittadinanza matura.
Per questo, il contenimento del consumo di suolo tanto quanto l’equità sociale non sono obiettivi generali ma effetti prospettabili e monitorabili di politiche, piani e progetti consapevoli.
Ciò permette di non accontentarsi di darsi dei compiti generali, come quello di intervenire sulla città esistente, ma di modificare strutturalmente le modalità di intervento sui territori italiani.
La città esistente, sulla quale tutti concordano si debba prioritariamente intervenire, è una risorsa preziosa, non meno del suolo non edificato. Il consumo di suolo a fini edificatori, privi di utilità collettiva (che non può essere meramente la creazione della città pubblica affidata a operazioni private in mancanza di risorse pubbliche), è stato generato dall’incremento dei valori dei suoli indotto dalla pianificazione, dalla necessità di introitare oneri per il mantenimento della macchina pubblica e dei servizi, dall’esigenza di rispondere a un bisogno abitativo multiforme e variabile (anche nel tempo, per condizioni temporanee e trasversalità dei disagi sociali), dall’accelerazione di una pratica immobiliarista che ha condotto ad allocare le risorse finanziarie in un settore edilizio progressivamente sganciato dalle reali condizioni urbane. Mutare l’oggetto della programmazione territoriale (la città esistente invece del suolo non edificato) non è sufficiente a garantire che tali aspetti non si ripropongano a minare la virtuosità e l’efficacia dei cambiamenti proposti. Il cambio di destinazione d’uso delle aree edificate, degli edifici e dei complessi dismessi potrebbe sostituire nelle pratiche di pianificazione l’attribuzione di indici edificatori a suoli agricoli, senza con ciò contribuire al miglioramento delle condizioni di vita sociale, alla promozione di nuove economie urbane, alla qualità estetica della città, alla manutenzione e all’incremento deli spazi pubblici. In mancanza di progetto politico, di autorevolezza istituzionale, di primazia della titolarità pubblica nel governo delle trasformazioni urbane e territoriali, di preparazione professionale, di capacità d’impresa e di volontà di investimento (economico e sociale) sulla città, di una specifica fiscalità applicata all’incremento di valore del suolo edificato e alla penalizzazione d’uso dei suoli liberi, la negoziazione si riproporrebbe anche nel progetto della città esistente.
Pertanto, la probabilità di successo nel cambio di paradigma auspicato è affidata all’assunzione di responsabilità, alla collaborazione fra istituzioni preposte al governo del territorio, ai metodi partecipativi, alla valutazione ambientale, che svela coerenze e verifica alternative, all’utilizzo di sistemi informativi e tecnologie avanzate per l’accessibilità ai servizi e la mobilità, la comprensione, la tracciabilità dei dati e il monitoraggio, a pratiche concorsuali e concorrenziali.
Il recupero e la riqualificazione non possono prescindere da una più generale politica di rigenerazione, ovvero dalle sinergie derivanti da un insieme coordinato di azioni che investano, accanto all’edilizia, alle infrastrutture, all’organizzazione della mobilità e delle reti tecnologiche ed alla dislocazione delle funzioni, anche la bonifica dei suoli e delle acque, la difesa della copertura vegetale, la conservazione dei paesaggi dotati di valori duraturi, la creazione di nuovi paesaggi per incrementare le risorse a disposizione delle generazioni future, le pratiche di informazione e crescita civica, così che si attivi il contributo di una moltitudine di soggetti (economici, culturali, sociali, politici) al successo delle intenzioni di cambiamento delle condizioni urbane.
Per tutto questo, l’INU attiva un racconto delle città reali, sviluppato su due livelli:
- gli scenari dei territori che formeranno le città metropolitane,
- le potenzialità dei territori policentrici, reti di città nelle quali il “locale” non sia fattore di esclusione e difesa, ma componente di sviluppo.
La conoscenza che ne deriva può essere un supporto utile al riassetto istituzionale, alle politiche di governo nazionale, regionale e comunale, alla definizione di strumenti di intervento, all’allocazione delle risorse pubbliche e private, all’agenda urbana concorrente al corretto utilizzo dei fondi europei.
Inoltre, lanciamo il ritorno a un linguaggio universale per l’urbanistica e l’architettura, che dia luogo a un prontuario di regole valide sull’intero territorio nazionale, così che vi sia certezza di termini e significati, in una cassetta degli attrezzi non negoziabile e mitigando il ricorso alle mediazioni interpretative, ma soprattutto che permetta di ridare centralità al progetto. Si sposteranno così le energie disponibili dagli appiattimenti burocratici a formazione professionale, ricerca disciplinare, avanzamento culturale, rappresentazione delle città e dei territori, qualità dei piani.
In questo quadro, l’INU vede come improcrastinabile un programma (questo sì, straordinario) di semplificazione legislativa, teso alla coerenza delle politiche e dei piani, che non prescinde dalla conoscenza dello stato della pianificazione e dalla consapevolezza delle ricadute della buona urbanistica sulla qualità della vita nelle nostre città.

Data di pubblicazione: 16 aprile 2014