Dovendo individuare un titolo per la rubrica Significante&Significati, tra le alternative presenti, la scelta è caduta sulla soluzione che offriva la possibilità di oscillare tra un sostantivo e un aggettivo. Una scelta che non solo per fonetica rimandasse a precise, quanto solitarie posizioni eminenti, eludendo quelle accezioni in ‘ismi’ che in ‘tante salse’ e contesti, oggi troviamo ab-usate non solo nelle miserie dell’attuale discorso politico, ma in una quotidianità sempre più complessa, che fatica a trovare idee, pensieri e rimedi efficaci per arginare le dinamiche travolgenti di un mondo globale guidato da tecnica e mercati.
L’attitudine riformista è innanzitutto una postura critica, spesso avversata e contrastata culturalmente e politicamente dalle posizioni più radicali e insieme conservatrici di ogni tempo e contesto, in quanto ritenuta un atteggiamento perlopiù rimediale, incrementale, insufficiente, comunque rinunciatario. Prima di essere adottato come passpartout fluido e disimpegnato, il termine ‘riformista’, nelle due accezioni proposte (sostantiva e aggettivante), è stato a lungo osteggiato dalla cultura e dalla politica della sinistra italiana, anche quando momenti critici della nostra storia repubblicana ne hanno imposto implicitamente alcune logiche: fin dagli anni ’60 con le speranze del centro-sinistra rivolte alle riforme di struttura per il Paese (in cui è rintracciabile la vicenda della riforma urbanistica e, poi, di riforma graduale che, non senza difficoltà, ne conseguì), fino, più recentemente, all’intermittente contributo politico di alcuni civil servant, quali Amato, Ciampi, Prodi, Draghi, per ricordarne solo alcuni.
Dopo il fallimento della riforma urbanistica, Campos Venuti usò ‘ostinatamente’ e ‘ostentatamente’ l’espressione urbanistica riformista per indicare un percorso culturale, politico, disciplinare che, in presenza di un riformismo poco praticato e amato dalla politica anche quando si definiva tale, indicasse una strategia concreta e alternativa per trasformare positivamente città, territori e ambiente: “secondo me l’urbanistica riformista è molto semplicemente quella che riconosce il mercato e le sue esigenze, ma ad esso impone però regole di comportamento che, senza soffocare anzi stimolando l’iniziativa imprenditoriale, sono necessarie a difendere e garantire gli interessi generali della comunità urbana e nazionale” (Campos Venuti 1991).
In urbanistica confrontarsi con il mercato significa principalmente confrontarsi con il regime immobiliare e le sue mutazioni nel tempo per rigenerare dentro un’economia sempre più marcatamente finanziaria e globalmente neoliberista le forme di produzione e riproduzione della rendita urbana e territoriale. Questione che in Italia – e nei paesi più soggetti all’influenza romanistica del diritto – è stato più complesso trattare rispetto al resto dell’Europa occidentale, per l’importanza attribuita al ‘terribile diritto’: la proprietà privata (Rodotà 2013). Ciò ha connotato un approccio all’urbanistica mosso da tensione etica e culturale, prima che politica, orientata ad affrontare le cause delle patologie urbane e territoriali, invece di limitarsi a curarne gli effetti, individuando nell’economia classica e liberale solide basi interpretative.
Qualificare l’urbanistica ‘riformista’ significa innanzitutto aderire ad un approccio etico, necessariamente nutrito delle molte istanze che gravitano intorno a pratiche per loro natura interdisciplinari e sistemiche, ma capace di riconoscere l’influenza dell’economia e della politica nelle questioni che incidono sull’urbanistica e sul governo del territorio e di misurarsi responsabilmente con tali dimensioni. Un approccio che con realismo critico si confronta con le condizione presenti in ogni stagione, cercando di non subirne gli effetti e ricercando pragmaticamente e con gradualità la costruzione di possibili soluzioni alternative nelle condizioni date.
Dentro questa ricerca non è casuale l’incontro con altre posizioni isolate. In Campos Venuti, per esempio, con il pensiero di Federico Caffè, con quella riflessione economica e sociale riferibile all’approccio normativo all’economia. Un pensiero che ponendo nuova attenzione a obiettivi sociali, quali l’egualitarismo e l’eliminazione dell’emarginazione, guarda all’economia come problema aperto, non soggetto a concetti e leggi immutabili, valorizzandone il momento concreto dell’azione e della proposta (Caffè 1990). Sono, così, preferibili verità provvisorie ma operanti, rispetto all’iper-astrattezza che caratterizza le categorie della teoria economica e sociale; il gradualismo delle trasformazioni possibili a una sempre rinviata trasformazione radicale del sistema, apportando tutti quei miglioramenti “concretabili nell’immediato e non desiderabili in vacuo” (Caffè 1990: 3).
Interpretare un riformismo dell’attualità, adatto al tempo di ora e capace di raccogliere le sfide future non eludibili, significa tornare a prendere distanza dalle presunte virtù ‘naturali’ del mercato, porsi obiettivi chiari, limitati e semplici, evitando di formulare programmi talmente vasti da risultare sterili e inutilmente astratti. L’urbanistica se vuol tornare a svolgere un ruolo essenziale nelle società contemporanee e future deve rivelarsi capace di incidere sui processi reali di trasformazione che scuotono la contemporaneità, di migliorare concretamente la qualità della vita nelle città e territori attraverso azioni concrete, pragmatiche e riflessive, capaci di creare sviluppo in forme realmente eque e sostenibili per tutti.
In questa prospettiva la postura riformista, incontrando le istanze di una cultura e di un pensiero di orientamento progressista e possibilista (Palermo 2022), potrebbe rilanciare, oltre i simulacri disciplinari, una differente prospettiva di lavoro e di riforme, ridisegnando le responsabilità e le prospettive dell’urbanistica futura.
Campos Venuti G. (1991), L’urbanistica riformista, Etas Libri, Milano.
Caffè F. (1990), La solitudine del riformista, Bollati Boringhieri, Torino.
Rodotà S. (2013), Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni, Il Mulino, Bologna.
Palermo P. C. (2022), Il futuro dell’urbanistica post-riformista, Carocci Editore, Roma.