Urbanistica INFORMAZIONI

Ricostruire e riparare adattando ai cambiamenti climatici.

Il caso studio del Centro Italia

 [1]Le sfide della città contemporanea sono molte e interessano fronti diversi: dalle questioni ecologiche a quelle sociali ed economiche. Il grande tema dei cambiamenti climatici è la scena, che è sullo sfondo, ma anche il soggetto esterno che interviene e può modificare la scena. [2] Studiare il rapporto tra agente perturbatore e fragilità urbana e territoriale, nell’area del “cratere” del Centro Italia interessato dagli eventi sismici del 2009 e 2016 (Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria), dove le questioni climatiche s’intrecciano con quelle sismiche ed idrogeologiche, potrebbe favorire una migliore ricostruzione e preparazione al prossimo evento naturale, evitando che si trasformi nell’ennesima catastrofe. Il Centro Italia si candida, dunque, a divenire campo di sperimentazione di nuovi approcci alla ripartenza post disastro, replicabili in altre regioni geografiche, dove si sviluppano interazioni simili tra dinamiche naturali, usi e funzioni dei suoli. In tal senso, l’approfondimento e la scelta degli idealtipi di tessuti urbani e periurbani avvengono sulla base di una visione di città mediterranea-contemporanea volta a superare la contrapposizione tra gli studi di Rem Koolhaas sulla “città generica” (Orazi 2021) ed i continui richiami di Joseph Rykvert all’idea di “mediterraneità” (Ciorra 2005). Questo perché l’azione progettuale del building back better (UNISDR 2015) si calibra sullo studio delle relazioni funzionali tra le componenti urbane e territoriali in gioco, che rinnovano costantemente il valore identitario dei luoghi, costruendo sempre nuovi universi di senso.
Nelle dinamiche trasformative, i tre fattori che si condizionano reciprocamente, riguardano eventi ecologici, sociali ed economici, non sono consequenziali l’uno all’altro, bensì interdipendenti, e si rapportano senza un ordine prestabilito. È evidente che un cambiamento ecologico può indurre cambiamenti sociali ed economici ma è pur vero che alcune dinamiche socio-economiche possono trasformare l’articolazione del paesaggio e quindi le condizioni ecologiche. Tutto questo è già stato accuratamente documentato da Emilio Sereni in studi della seconda metà del XX secolo, solo in parte raccolti in un volume del 1982. In queste complesse dinamiche trasformative, emerge il grande tema dei cambiamenti climatici la cui urgenza è all’ordine del giorno delle geopolitiche e degli accordi attuativi della Conference of parties (Cop 28) di Dubai, conclusasi da pochi giorni.
Come argomentano, in quello che può sembrare un paradosso narrativo, l’evoluzionista Telmo Pievani ed il geografo Mauro Varotto, in un volume edito per i litotipi di Aboca Edizioni, gli allagamenti dovuti allo scioglimento dei ghiacciai perenni metteranno a rischio la sopravvivenza di tutti i Paesi insulari (Pievani e Varotto 2021). Gli autori individuano pure, in modo provocatorio, una data che definiscono mille anni esatti dopo lo scritto Viaggio in Italia di Goethe (1991), proiettandosi in maniera distopica nell’anno 2786. Prefigurano un allagamento di un terzo della penisola italiana, che sappiamo essere già avvenuto nella storia del nostro pianeta nel Pliocene e che accadrà ancora a causa dell’innalzamento delle temperature, la conseguente fusione dei ghiacciai perenni e quindi l’avanzamento dei mari sulla terraferma. È evidente che non siamo in grado di fermare un fenomeno naturale di questa portata ma possiamo indirizzare le attività dell’uomo sul pianeta e mettere in atto le giuste misure per rallentare il riscaldamento (riduzione di inquinamento, consumi di suolo e di altre risorse essenziali).
Questo è dunque il grande tema: frenare la velocità di attuazione dei cambiamenti climatici. È una prospettiva molto interessante perché darebbe all’umanità più tempo per mettere in atto risposte volte ad accrescere la resilienza dei territori e delle comunità e perché questi fenomeni ‘naturali’ non avverrebbero attraverso azioni devastanti, sconvolgenti, e talora irreversibili, come stiamo purtroppo osservando, sino a rendere invivibili alcune aree geografiche.
Su questo tema, la Cop 28 ha lavorato, a Dubai, dal 30 novembre al 12 dicembre 2023. È certamente un segnale molto positivo l’approvazione, all’unanimità, da parte dei 198 paesi presenti, del Global stocktake, cioè il bilancio globale, mettendo a disposizione il “Manuale delle linee guida” da seguire per contenere gli effetti del cambiamento climatico e quindi affermando, per la prima volta dal 1995 (quando è stata organizzata la prima Cop a Berlino), la scelta dell’abbandono dei combustibili fossili. Va anche ricordato che, nel 2015, un solo Paese aveva condiviso l’obiettivo Net zero; [3] ora sono 101. Di contro, abbiamo registrato alcune critiche per il mancato uso della dicitura Phasing out (abbandono graduale), che risulta più cogente rispetto alla nuova espressione introdotta e cioè Transitioning away (uscita progressiva o transizione). Con questo accordo, si chiede alle parti, e cioè a 198 paesi, di attuare 8 obiettivi operativi, coerentemente con l’art. 28 dell’Accordo di Parigi:
1. triplicare la capacità di energia rinnovabile e migliorare l’efficientamento energetico;
2. eliminare gradualmente l’energia prodotta dal carbone;
3. accelerare gli sforzi per sistemi energetici a zero emissioni;
4. abbandonare (Transition away) i combustibili fossili in modo giusto, ordinato ed equo;
5. accelerare l’utilizzo di energie rinnovabili, il nucleare, la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio;
6. abbattere le emissioni diverse dalla CO2 a livello globale, comprese in particolare le emissioni di metano;
7. accelerare la riduzione delle emissioni derivanti dal trasporto stradale;
8. eliminare i sussidi inefficienti ai combustibili fossili che non affrontano la povertà energetica o le semplici transizioni.La deadline del 2050 per l’abbandono dei combustibili fossili desta qualche preoccupazione perché appare molto distante nel tempo anche in considerazione della rapidità con cui si sta attuando la mutazione climatica. Tuttavia, nel dibattito è stato fatto presente che la certezza di una data, individuata all’unanimità dai paesi partecipanti, dovrebbe spronare a una ‘gara’ tra i diversi soggetti (pubblici ed in particolare privati) attuatori della transizione a compiere, immediatamente, i primi passi nella direzione auspicata per farsi trovare, possibilmente, pronti ancora prima della scadenza, giungendo così ad abbreviare il tempo di attesa per il conseguimento dell’outcome.

Quel che è certo è che diventa ancora più impellente l’impegno dei progettisti urbani e territoriali a ripensare il disegno di città e manufatti, ivi inclusi i cicli produttivi. E va rilevato che, sebbene si sia giunti alla condivisione delle strategie mondiali sulla riduzione della velocità di attuazione dei cambiamenti climatici, sembra ancora molto difficile produrre piani e progetti attuativi, concreti e adeguati, che realmente rispondano agli obiettivi condivisi.

La ricerca applicata nel campo dell’urbanistica si concentra, da tempo, su questi temi. [4] Si studiano le azioni puntuali e di contesto che possono essere importanti per ridurre la velocità di attuazione dei cambiamenti climatici. L’area del cratere del Centro Italia, dove la ricostruzione post sisma 2009 e 2016 rimette in gioco gli assetti organizzativi delle città e dei territori, è divenuto un caso studio per molte di queste ricerche. In tal senso, possiamo dire che nell’Appennino centrale si sta sviluppando un grande laboratorio sperimentale, da replicare, con gli opportuni adattamenti, in altre situazioni in ambito nazionale ed europeo. Un gruppo di ricercatori provenienti da diverse università italiane, spesso supportato da reti di ricerca internazionali, sperimentando percorsi e processi d’interazione tra livelli diversi del piano e del progetto, affianca l’azione della Struttura commissariale, per tradurre visioni strategiche in azioni progettuali puntuali, le cui ricadute sulla sostenibilità territoriale debbono poter essere, costantemente e progressivamente, monitorate e valutate.

Riferimenti

Ciorra P. (2005), “La città adriatica - Un paesaggio urbano mediterraneo”, in M. Sargolini (a cura di), Paesaggio territorio del dialogo, Edizioni Kappa, Roma.
Fankhauser S., Smith S. M., Allen M., Axelsson K., Hale T. et al. (2022), “The meaning of net zero and how to get it right”, Nature Climate Change, vol. 12, p. 15-21.
Goethe J. W. (1991), Viaggio in Italia, Casa Editrice Rizzoli, Milano.
Orazi M. (a cura di) (2021), Rem Koolhaas. Testi sulla (non più) città, Quodlibet Habitat, Macerata.
Pievani T., Varotto M. (2021), Viaggio nell’Italia dell’Antropocene. La geografia visionaria del nostro futuro, Aboca Edizioni, Sansepolcro.
Sereni E. (1982), Storia del paesaggio agrario italiano, Edizioni Laterza, Bari.
Turri E. (1992), Il paesaggio come teatro, Marsilio, Padova.
UNISDR (2015), Senday Framwork for Disaster Risk Reduction, UNISDR, Geneva.

[1Il testo prende le mosse da un single speech che l’autore ha svolto al Vertice Cop 28 (Dubai, 11.12.2023), su invito del Governo Italiano.

[2Questa metafora è presa a prestito da Turri (1992).

[3Nel 2008, Myles Allen e Dave Frame scoprirono che il tempo necessario per il pianeta di assorbire i gas serra e quello necessario per il riscaldamento globale, a causa di maggiori concentrazioni di CO2, sono simili. Quindi, se le emissioni di CO2 si azzerano, i due processi si bilanciano a vicenda e la temperatura media globale rimane costante, senza aumentare né diminuire ulteriormente (Fankhauser et al. 2022).

[4Tali tematiche sono state approfondite in alcune recenti ricerche (su cui abbiamo lavorato con ruolo di coordinamento scientifico di WP) che toccano i temi dell’accrescimento della resilienza di territori e comunità in aree fragili e vulnerabili, segnate dalla presenza di straordinarie risorse paesaggistiche, spesso sottoposte a eventi naturali che possono tramutarsi in disastri: (2022-oggi) Horizon Widera 2021 - Access 05 “Better Life”; (2022-23) Interreg Italia Croatia - Boost5 “Leveraging results of 5 IT-HR projects to boost touristic valorisation of cultural, off-road, industrial and natural heritage”; (2020-oggi) LIFE Integrated Project 2019 “Integrated Management and Grant Investments for the N2000 Network in Umbria - IMAGINE”; (2018-22) Great Relevance Project ITALY-USA “Resilient Landscape - Re-Land”; (2018-22) INTERREG Italy - Croatia CBC Programme “Management and development of inlands -MADE IN-LAND”; (2017-21) JPI URBAN EUROPE - ERA-NET Cofund Smart Urban Futures “SMART-U-GREEN - Governing conflicting perspectives on transformations in the urban-rural continuum”; (2017-18) ESPON EGTC “Linking networks of protected areas to territorial development - LinkPas”; (2014-18) LIFE “SUN - Umbria strategy for Natura 2000 network”; (2023-oggi) PRIN Nazionale “TRIALs - Transformative Resilience for Inner Areas and Local communities. Strategies and actions for disaster risk reduction and post-disaster recovery”; (2022-oggi) Ecosistemi dell’Innovazione - PNRR - Missione 4 Istruzione e Ricerca - Progetto “Vitality”; (2022-23) PNRR-PNC Symbola “VIRIDEE- Il sistema degli indicatori”; (2021-oggi) POR-FESR “ITI IN-NOVO”, Comfort, Sicurezza, Benessere degli Ambienti di vita urbani; (2020-21) “Rinascita dell’Appennino Centrale, post sisma del 2016”; (2020-22) National Strategy for Sustainable Development - “Call SNSVS 2 - Marche Region”. “Assessment of urban and territorial assets for community resilience - VAUTERECO”; (2019-22) FAR 2019 “PRE-PLAN PREventive PLANning for disaster resilient territories”; (2017-18) Assemblea Legislativa delle Marche “Nuovi sentieri di sviluppo per l’Appennino marchigiano dopo il sisma del 2016”.

Data di pubblicazione: 17 febbraio 2024