Roma 17 febbraio 2012
Il mio rapporto con Gianni inizia a metà degli anni’90 con la bellissima esperienza della scuola di specializzazione diretta dal prof. Nucci. In quella scuola che voleva formare dei professionisti il prof. Nigro ha portato il rigore dello studioso con la perizia di chi il mestiere di urbanista lo praticava veramente.
Rigore scientifico e pragmatismo necessari per una disciplina applicata come l’urbanistica. Queste doti le ho ancor più toccate con mano quando tra il 2000 ed il 2004 abbiamo lavorato insieme al Piano di Todi, lui come consulente scientifico ed io come direttore dell’Ufficio del Piano. Una esperienza umana e professionale unica, temo, difficilmente ripetibile, che lo stesso Gianni in diverse occasioni ha definito come una delle esperienze professionali più belle della sua vita. L’amministrazione seguì le sue indicazioni: venne costituito un ufficio del Piano interno, perché il piano doveva nascere dentro l‘amministrazione che poi doveva gestirlo e vennero attivate una serie di consulenze specialistiche.
Gianni era il direttore di orchestra, ma per sua specifica volontà quello di Todi non è stato il Piano Nigro, ma il Piano Nigro e dell’Ufficio del piano. Lo strumento urbanistico doveva essere una costruzione comune di quanti ci lavoravano, con tutto ciò che questo comportava in termini di coinvolgimento ed alta motivazione della struttura tecnica.
Anche grazie a questa grande motivazione abbiamo lavorato molto a Todi, la sera facevamo tardi e molti sabati li abbiamo passati all’ufficio del piano; quando venivano il professore ed il figlio Francesco si lavorava ancora di più, ma alle 14,00 si andava immancabilmente a pranzo nelle migliori trattorie, si mangiava con calma, si parlava e si rideva, si rideva molto. In questi giorni tristi in cui ho pensato a lui mi sono ritrovato più volte a sorridere ripensando al suo modo di fare e ad alcune sue battute che sono persino entrate nel mio lessico familiare.
Simpatia e qualità umane rare accompagnavano lo studioso e l’abile tecnico. Tra le qualità umane ne voglio ricordare una che mi ha molto condizionato: era la sua capacità di ascolto e l’attenzione che poneva verso i propri interlocutori anche i più umili e meno attrezzati. Sembrava che da ognuno volesse tirar fuori quanto di buono avesse e renderlo partecipe o di una discussione o di una scelta pianificatoria. È anche per questo che era stimato dalle comunità e dagli amministratori locali con cui lavorava e che i suoi piani hanno spesso superato la dura prova dell’applicazione pratica.
Anche questa affermazione posso testimoniarla per esperienza diretta. Ho infatti gestito per qualche anno il Piano di Todi. La complessità del piano è abilmente ricondotta a sintesi. La maggior parte degli interventi possono essere gestiti riferendosi ad alcune tabelle o ad alcune schede normative. Negli anni sono stati elaborati numerosi programmi complessi che hanno consentito di progettare e di attrezzare aree e spazi pubblici acquisiti dalla amministrazione grazie a validi metodi perequativi introdotti con il piano.
Come molti sapranno Todi non è stata l’unica esperienza professionale che Gianni ha condotto in Umbria. Con l’Umbria aveva un rapporto particolare, tanto da averla eletta a seconda patria. La Pieve di Castel Ritaldi della famiglia Nigro è per molti urbanisti umbri un luogo quasi mitico. Il luogo in cui Gianni ci adunava almeno una volta l’anno per passare una giornata insieme, il luogo delle estenuanti messe a punto delle norme del Piano prima della fatidica consegna, il luogo in cui sono state discusse tra di noi alcune leggi come quella che sarebbe diventata la seconda legge urbanistica umbra, la 11 del 2005.
Una grande traccia lascia Gianni in Umbria. Esperienze piene e concluse come i piani di Todi e di Foligno, il contributo dato alla ricostruzione post sisma come membro del comitato scientifico istituito dalla regione, il supporto nella elaborazione normativa regionale. Altre esperienze rimangono purtroppo incompiute come il Piano di Castiglion del Lago, di Norcia e di Città di Castello (che comunque il figlio Francesco e lo studio Nigro porteranno egregiamente avanti), o come il Piano Paesistico regionale. Un segno indelebile lo lascia in molti dei soci della sezione Umbria dell’INU. Da buon ex Presidente nazionale invitava i suoi studenti ad iscriversi all’Istituto. Molti dei nostri soci, in particolari i più giovani e brillanti sono stati, infatti, suoi allievi, essi garantiranno un futuro alla nostra piccola ma vitale associazione. Concludo con le stesse parole, perché sono molto sentite, che ho usato nel ricordo di Gianni che ho inviato l’altro ieri ai soci della nostra sezione dopo la notizia della sua scomparsa. Per molti di noi Gianni è stato “il professore”, per alcuni un caro amico, per altri ancora, persino, una guida. Ci mancheranno enormemente le sue intuizioni, la sua simpatia e la sua contagiosa umanità. Il senso di vuoto è grande, ma a guardar bene resta molto. Resta per esempio il suo insegnamento, che spetta anche a noi, forse indegnamente, portare avanti.
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