La Fondazione Biennale di Venezia con la 15° Mostra Internazionale di Architettura ha riportato al centro dell’attenzione di tutti, ed in particolare di “tutti i possibili agenti responsabili delle decisioni e delle azioni con le quali si realizza lo spazio del nostro vivere singolarmente e come comunità” come ha detto il Presidente Paolo Baratta, la città e lo spazio in cui viviamo.
Reporting from the front non è solo una interessante mostra di progetti e architetti, certamente è tutto questo, ma è anche un importante modo di avviare una discontinuità nelle politiche, nelle pratiche e anche nei progetti di architettura che investono i territori del pianeta. Alejandro Aravena ha posto nella Biennale 2016 tre questioni che interessano direttamente anche l’Inu e il ruolo che ha deciso di darsi con il Progetto Paese nel suo recente Congresso di Cagliari:
la sfida dell’architettura nel migliorare la qualità dell’ambiente edificato che va “combattuta su molti fronti, dal garantire standard di vita pratici e concreti all’interpretare e realizzare desideri umani, dal rispettare il singolo individuo al prendersi cura del bene comune, dall’accogliere lo svolgimento delle attività quotidiane al favorire l’espansione delle frontiere della civilizzazione”;
il riconoscimento che “la forma dei luoghi non è definita soltanto dalla tendenza estetica del momento o dal talento di un particolare architetto. Essi sono la conseguenza di regole, interessi, economie e politiche, o forse anche della mancanza di coordinamento”;
“la difficoltà delle condizioni (insufficienza di mezzi, vincoli molto restrittivi, necessità di ogni tipo) è una minaccia a un risultato di qualità”.
Regole, politiche e risorse sono la sfida che hanno affrontato e vinto molti progetti presentati in Biennale. Regole, politiche e risorse che condizionano la qualità dell’architettura e la qualità delle nostre città. Cosa significa per il nostro Paese e per le nostre città accettare questa sfida, “scrutare l’orizzonte” con questo sguardo?
Dobbiamo prendere coscienza dei problemi e della loro dimensione per poter avanzare delle soluzioni, delle regole, dei progetti e dobbiamo in questo lavoro, che inevitabilmente deve misurarsi con le sostenibilità economiche, costruire un sistema di gerarchie e priorità.
Tre questioni possono essere messe al primo posto:
la difesa del territorio e l’arresto del consumo di suolo;
la gestione dei flussi migratori e la risposta ai fabbisogni abitativi;
il degrado delle periferie (anche quando sono in centro, anche quando non sono urbane).
Sono tre questioni che richiedono di essere affrontate con un approccio radicale, al punto in cui sono arrivate le soluzioni dilazionate nei tempi non bastano più.
Alluvioni, terremoti e tutte le “calamità naturali” aggravate dal cambiamento climatico impongono una azione e una dotazione di risorse straordinarie per mettere in sicurezza il territorio. Un programma coordinato tra Stato e Regioni per individuare le zone a rischio, imporre nuovi e appropriati vincoli e un piano decennale di interventi fuori dal Patto di Stabilità.
La sovrapproduzione edilizia, residenziale e non residenziale, ha reso ovunque, nei grandi e nei piccoli centri, nelle aree urbane e in quelle rurali, inutile ogni ulteriore consumo di territorio agricolo e naturale. Serve un programma di rigenerazione del patrimonio esistente sostenuto da risorse fiscali e da rigide norme contro il consumo di suolo (la legge approvata alla Camera è “un cantiere aperto” da sistemare e da chiudere).
Il patrimonio abitativo e le dinamiche di mercato continuano a rendere problematiche, soprattutto nelle aree metropolitane e nei centri maggiori, le soluzioni del problema casa oggi aggravato dalla consistenza dei flussi migratori. La frammentazione e l’aumento del numero delle famiglie, e del numero di stranieri impongono di affrontare la domanda di alloggi facilitando il cambio d’uso e riducendone la dimensione, per incontrare una domanda sempre più composta da micro famiglie e favorendo tipologie di alloggi per le “nuove famiglie” (gruppi di migranti, nuclei allargati, ecc.), aumentando così lo stock a disposizione senza nuovo consumo di suolo ed eliminando in questi casi gli oneri comunali e i carichi fiscali. Con il termine periferie si rischia di definire “tutto quello che non sta in centro” ed assimilare a questo automaticamente il termine degrado. Lo stesso Programma Straordinario del Governo assume questa logica che rischia di mettere allo stesso livello i quartieri periferici con verde e qualità edilizia di Bolzano con il degrado edilizio, urbanistico e sociale delle periferie palermitane.
Serve una strategia che concentri e non disperda a pioggia le risorse che lo Stato è in grado di attivare, mobilitando allo stesso tempo e nelle stesse aree i finanziamenti per il trasporto pubblico locale, vera emergenza delle grandi e medie città italiane.
Risorse, programmi e progetti con regole semplici e chiare da attivare in un anno e con un orizzonte di un decennio. Questo può essere il nostro “rapporto dal fronte”.