Urbanistica INFORMAZIONI

Repetita iuvant

Nel suo trattato De Lingua Latina [1], Marco Terenzio Varrone sosteneva che la ripetizione fosse essenziale per garantire la memorizzazione e la comprensione di un concetto. Anche nella letteratura e nella musica, la tecnica della ripetizione è utilizzata per creare un effetto di ritmo e di enfasi su passaggi significativi. Possiamo quindi ragionevolmente ritenere utile un esercizio retorico finalizzato a ripetere argomentazioni attorno ad alcuni nodi disciplinari particolarmente rilevanti, auspicando che attraverso la ripetizione appunto, se ne possa meglio sottolineare l’importanza e favorirne una efficace comunicazione per un migliore apprendimento.
La riflessione che si intende richiamare si inquadra quindi nell’ambito della necessità – condivisa in campo tecnico e disciplinare (Giaimo 2019; Laboratorio standard 2021; De Leo 2021) – di aggiornare la disciplina degli standard urbanistici introdotta in Italia dal Di 1444 del 1968, soprattutto entro la cornice di una legge di principi sulla materia concorrente del governo del territorio (Barbieri 2023), in attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione (L 3/2001). Oggi il Paese è suddiviso in 21 territori tra regioni e provincie a statuto ordinario e/o autonomo che normano gli standard in maniera anche significativamente differenziata, sia per definizioni che per approcci e tecnicalità. È fondamentale, inoltre, non perdere di vista che in aggiunta alle legittime specificità su base legislativa regionale (in applicazione del Dpr 616/1977), vi sia da considerare il differente livello di conseguimento oggettivo di dotazioni di standard urbanistici nelle diverse realtà regionali, sia in termini quantitativi che qualitativi.
Maggiormente in questa occasione, si rivela di importanza fondamentale l’operazione finalizzata a (provare a) sgombrare il campo da possibili equivoci attraverso l’esercizio delle definizioni.
Sono da ricondurre all’espressione ‘dotazioni urbanistiche e territoriali’ – che qui utilizzo – l’insieme di aree, edifici e attrezzature pubbliche, o private di uso pubblico, finalizzato alla realizzazione e fornitura di servizi di pubblica utilità e interesse collettivo, a favorire idonee condizioni insediative e di qualità della vita, di relazione, di coesione sociale nonché a migliorare l’accessibilità universale, la qualità e la fruibilità dello spazio pubblico. Il suddetto insieme di aree, edifici e attrezzature può essere impiegato anche con assegnazione di usi temporanei, purchè rientranti nell’ambito di servizi di pubblica utilità e interesse collettivo.
Considerata le perdurante criticità della condizione contemporanea anche in termini di politiche del welfare e del benessere dei cittadini, va riconosciuto che la scrittura della legge di principi sul governo del territorio è occasione buona e giusta anche per garantire il perseguimento di alcuni diritti fondamentali e pertanto sono da ricondurre all’espressione ‘dotazioni urbanistiche e territoriali minime e inderogabili’ quelle che costituiscono Livello essenziale delle prestazioni (Lep) concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti dallo Stato su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117 comma 2 lett. m) della Costituzione.
Ad altra questione si allude attraverso il termine ‘servizi’ con cui si intendono le azioni e/o le opere che si concretizzano nella fornitura di qualcosa e/o nello svolgimento di funzioni al fine del soddisfacimento dei bisogni della collettività.
La nozione di ‘servizio’ ha indotto – erroneamente – alcuni ad interpretare l’esigenza di maggior attenzione alla qualità insediativa assimilando i Servizi ecosistemici (Se) agli standard urbanistici (ovvero alle ‘dotazioni urbanistiche e territoriali minime e inderogabili’).
Ciò potrebbe essere spiegabile con il cambio di prospettiva cognitiva delle conoscenze connesse alle ‘funzioni ecologiche’ in particolare dei suoli, nella accezione sviluppata da Ispra (2018) sulla base della Direttiva Comunitaria 231/2006. Tale impostazione recupera, sebbene in una interpretazione antropocentrica, il valore delle risorse ambientali (full world, Daly 2005) e trasforma il significato di ‘funzioni’ in ‘servizi’, laddove questi servizi rispondono ad una domanda diretta o indiretta di prestazioni ecologiche svolte gratuitamente dal Capitale naturale e riconoscibili quantitativamente da un punto di vista biofisico ed economico.
È noto che, richiamando le definizioni più consolidate in letteratura, i Se sono definiti come “i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano” (MEA 2005) e come “i contributi che gli ecosistemi apportano al benessere umano" (CICES 2013): si sottolinea come per entrambe le definizioni la componente ecosistemica fornita (bene o funzione) è intesa come l’esito di un “prodotto finale” dei sistemi ecologici. Il cambio di prospettiva introdotto dai Se risiede nel fatto che si rende evidente la connessione fra benessere umano e funzionalità degli ecosistemi presupponendo l’assunzione della prospettiva dei beneficiari ovvero dei destinatari dei servizi/benefici (Cortinovis, Zardo e Geneletti 2016).
L’approccio ecosistemico, così come definito dal documento di lavoro della COP 5 (UNEP/CBD/COP/5/23, 103-109, 2000), dunque, mira alla quantificazione delle funzioni che il Capitale naturale svolge, in una visione più ‘antropocentrica’, cercando di rimuovere le barriere tra l’economia umana, le aspirazioni sociali e l’ambiente naturale. Le azioni che si sviluppano, integrano informazioni ecologiche, sociali ed economiche, e tendono ad evidenziare i ‘benefici’ (diretti o indiretti) che la natura genera all’uomo al fine di raggiungere un equilibrio socialmente e scientificamente accettabile tra le priorità della conservazione della natura, l’uso delle risorse e la suddivisione dei benefici.
Entro questa prospettiva, con l’espressione ‘dotazioni ecologiche e ambientali’ sono da ritenersi le aree di proprietà pubblica e/o privata, naturali o semi-naturali, che concorrono al raggiungimento delle finalità di sostenibilità ambientale relativamente alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, come previsto con la modifica della Costituzione nel 2022 all’art. 9, ovvero proprio laddove (artt. da 1 a 12 - Parte I) si enunciano i principi fondamentali.
Ciò è tanto più evidente quanto più si consideri che nelle stesse ore in cui si licenzia questo numero di Urbanistica Informazioni gli europarlamentari, nella plenaria del Parlamento Ue del 12 luglio 2023, stanno approvando la Nature Restoration Law, la legge per il ripristino della natura. Un provvedimento, proposto dalla Commissione europea (in parte molto contestato dagli agricoltori), che rende la protezione della natura e il ripristino degli habitat europei un obbligo di legge.
Dunque, è certamente ancora più necessario impegnarsi a supporto dell’integrazione metodologica dei Se nella pianificazione.
Si è avuto già modo di argomentare sulle pagine di questa rivista (Salata 2021) che i Se regolativi siano quelli più adatti a sostenere col piano urbanistico l’individuazione di priorità operative connesse alle ‘qualità’ urbane e al benessere collettivo in relazione alla loro stretta dipendenza dal trattamento d’uso del suolo pianificato. [2] Un giardino urbano pubblico con una buona dotazione arboreo-arbustiva è in grado di assorbire molto più particolato atmosferico che il semplice prato di un giardino privato. Al contempo, un filare alberato piantato in un giardino privato potrebbe trattenere molto più nutriente agricolo di un piccolo bosco urbano, se quel giardino si trovasse in un corridoio di run-off dipendente da sorgenti diffuse di nutriente.
L’analisi spaziale dei Se si può rivelare decisiva nell’impostazione strutturale e operativa della rigenerazione urbana e territoriale (su suoli sia pubblici che privati), incidendo direttamente su qualità urbana e salute pubblica.
è evidente quindi che i Se non sono sovrapponibili non solo agli standard urbanistici del 1968 ma neanche ad una concettualizzazione attualizzata in termini di dotazione: tentare di sovrascrivere il ‘servizio ecosistemico’ alla ‘dotazione urbanistica e territoriale’ può, soprattutto in un momento così delicato di costruzione di metodologie in supporto alla tutela della biodiversità attraverso l’integrazione dei Se nella pianificazione, generare grandi fraintendimenti.
è altresì intuitivo che alcune dotazioni possano contribuire a migliorare le capacità ecosistemiche nei diversi contesti urbani (ed anche extraurbani, soprattutto agricoli), così come il fatto che sia possibile caratterizzare ecosistemicamente il verde (pubblico e privato) delle città capendo quali iniziative adottare per renderlo più performante sotto diversi profili, ma non è vero che tutte le dotazioni urbanistiche e territoriali possano generare servizi ecosistemici.
Più opportunamente si ritiene che, i comuni, nella formazione dei nuovi strumenti urbanistici e nella revisione di quelli esistenti, dovranno effettuare, sulla base di opportune indicazioni operative, una ricognizione e verifica quanti-qualitativa dello stato di fatto di: i) aree, edifici e attrezzature pubbliche o private di uso pubblico, finalizzate alla realizzazione e fornitura di servizi; ii) servizi effettivamente resi e relative prestazioni, anche forniti in regime di convenzione; iii) fabbisogni aggiornati alla popolazione residente, a quella effettivamente presente, a quella fluttuante, alla struttura demografica e alla composizione sociale.
L’insieme di tali materiali dovrà divenire parte integrante degli elaborati che concorrono alla formazione del quadro conoscitivo degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale per il governo sostenibile del territorio finalizzato alla rigenerazione urbana e territoriale. Dunque, repetita iuvant?

Riferimenti

Barbieri C.A. (2023), “Governo del territorio”, Urbanistica Informazioni, no. 307, p. 162.
CICES, Haines-Young R., Potschin M.B. (2018), Common International Classification of Ecosystem Services V5.1 and Guidance on the Application of the Revised Structure [https://cices.eu/content/uploads/sites/8/2018/01/Guidance-V51-01012018.pdf].
Cortinovis C., Zardo L., Geneletti D. (2016), “Servizi ecosistemici: nuovi strumenti per la pianificazione urbana”, Sentieri Urbani, no. 19, p. 27-31.
Daly H. E. (2005), “Economics in a full world”, Economics Scientific American, Vol. 293, p. 100-107. doi:10.1038/scientificamerican0905-100.
De Leo D. (2021), “Le dotazioni territoriali e i servizi per la città pubblica”, L’Ingegnere Italiano, p. 36-38.
Giaimo C. (a cura di) (2019), Dopo cinquant’anni di standard urbanistici in Italia. Verso percorsi di riforma, Inu Edizioni, Roma.
Laboratorio standard (2021), Diritti in città. Gli standard urbanistici in Italia dal 1968 a oggi, Donzelli Editore, Roma.
Salata S. (a cura di) (2021), “Focus. Pianificazione e servizi ecosistemici”, Urbanistica Informazioni, no. 295, p. 10-48.

[1De lingua Latina è un’opera di Marco Terenzio Varrone, composta verosimilmente tra il 47 e il 45 a.C. contenente le teorie linguistiche e grammaticali dell’autore.

[2Specialmente nei contesti urbani, risentono di una elevata variabilità ecosistemica (in termini di prestazioni) rispetto alle differenti configurazioni d’uso del suolo.

Data di pubblicazione: 6 agosto 2023