“Un piano è innanzitutto un evento culturale, in quanto le trasformazioni che esso è in grado di indurre non si misurano solo con la sua cogenza tecnico-normativa (…), ma anche con la capacità di trasformazione delle culture degli attori che quotidianamente producono il territorio e il paesaggio.”
È questo l’incipit della relazione generale del Piano paesaggistico territoriale regionale (Pptr) promosso nel 2007 dal governo regionale della Puglia e redatto da un gruppo di lavoro interdisciplinare coordinato da Alberto Magnaghi. Esso restituisce il senso di un percorso scandito da atti amministrativi ma sviluppato soprattutto come processo di apprendimento che ha coinvolto per alcuni anni una molteplicità di attori sociali, economici e culturali che hanno contribuito a produrre conoscenze, obiettivi, visioni, strategie, progetti finalizzati ad elevare la qualità e fruibilità dei paesaggi di Puglia.
I principali atti amministrativi sono costituiti dall’intesa interistituzionale per l’elaborazione congiunta del piano sottoscritta dai Ministeri per i beni e le attività culturali e dell’ambiente e dalla Regione Puglia nel novembre 2007, dall’approvazione della proposta completa del piano nel gennaio 2010, dalla sottoscrizione del Documento di condivisione in attuazione dell’intesa interistituzionale nel febbraio 2013 e, infine, dall’adozione del piano fra agosto e ottobre dello stesso anno e l’avvio dell’esame delle osservazioni.
La definizione di “Piano Paesaggistico Territoriale”, prevista dalla legge regionale 20/2009 “Norme per la pianificazione paesaggistica”, non è casuale. Anteponendo il paesaggio al territorio, sottende l’interpretazione del paesaggio quale bene patrimoniale sul quale fondare opzioni di un diverso sviluppo territoriale, in coerenza con le “Dichiarazioni programmatiche per il governo della Regione”, presentate da Nichi Vendola nel giugno 2005, che impegnavano all’avvio di “un nuovo ciclo di sviluppo attraverso la valorizzazione delle risorse materiali e immateriali, costituite da donne, uomini, giovani, e dai beni ambientali e culturali del territorio (…)”.
L’elaborazione del nuovo piano paesaggistico è, dunque, stata intesa dalla Regione come grande opportunità culturale, densa di valenza politica, finalizzata a elevare la conoscenza dei paesaggi di Puglia quale indispensabile condizione per la loro tutela e valorizzazione e quale presupposto per uno sviluppo del territorio regionale profondamente diverso dai processi di crescita del dopoguerra, segnati pesantemente dall’industrializzazione per poli e dall’urbanizzazione anomica.
Da quest’accezione del piano conseguono almeno tre caratteri rilevanti del processo di pianificazione e dei contenuti del Pptr:
l’ampia partecipazione pubblica che ne ha accompagnato l’elaborazione;
la compresenza della disciplina di tutela dei beni paesaggistici ai sensi del Codice e di scenari, progetti e azioni di valorizzazione e riqualificazione paesistico-ambientale dell’intero territorio regionale;
la discontinuità rispetto a una concezione della pianificazione del paesaggio quale adempimento a disposizioni normative statali, ereditata dal piano paesaggistico vigente.
Non è possibile imporre dall’alto una diversa visione dello sviluppo e i dispositivi normativi atti a renderla possibile, magari condividendoli con il Ministero per i beni e le attività culturali solo perché questo prevede il Codice. È importante rendere partecipi sia gli enti locali sia le persone che vivono e producono nelle diverse parti del territorio, perché esse recuperino quella “coscienza di luogo” che, com’è detto nel piano, largamente è stata cancellata dalla modernizzazione accelerata ed eterodiretta del dopoguerra. Fra le ragioni della incuria, dell’indifferenza, delle offese al paesaggio, vi è senza dubbio il progressivo scollamento tra popolazioni, attività e luoghi. Immaginare di poter contrastare questa tendenza affidandosi unicamente ai vincoli, e ai relativi procedimenti autorizzativi elaborati e applicati nel chiuso degli uffici preposti alla tutela, è quanto meno illusorio. È invece compito delle istituzioni far maturare e crescere la consapevolezza collettiva dei grandi valori del paesaggio ai fini della loro tutela e dello sviluppo di quei processi di valorizzazione e riqualificazione dei beni paesaggistici che il Codice affida alla pianificazione.
Per questo, nel corso dell’elaborazione del piano, gran parte del lavoro è stata dedicata al coinvolgimento e all’attivazione delle comunità locali per la “costruzione sociale del piano”, propedeutica ad una “costruzione sociale del paesaggio” più consapevole, attenta, rispettosa dei valori della storia e della natura. A tal fine si è utilizzata un’ampia gamma di strumenti, ciascuno dei quali cerca di intercettare popolazioni, sensibilità, generazioni diverse: l’Osservatorio interattivo “Il paesaggio visto dagli abitanti”, accessibile in internet; le Conferenze d’area, ben 13 organizzate in giro per la Puglia, le prime nel 2008 e 2009 per condividere quadri conoscitivi e scenari strategici, l’ultima nel 2013 per rendere conto dell’attività di pianificazione congiunta fra Regione e Ministero; il Premio per la valorizzazione di buone pratiche di tutela e progettazione del paesaggio; e, non ultimi per importanza, i progetti pilota per la sperimentazione di interventi di tutela e riqualificazione paesaggistica volti a “far capire dal vivo” agli attori locali la progettualità integrata, multisettoriale e multiattoriale, promossa dal piano: da un parco agricolo multifunzionale a un tratto della rete ecologica, dalla riqualificazione di periferie urbane alla definizione di percorsi di mobilità lenta, dalla redazione di mappe di comunità alla istituzione di ecomusei.
L’avvio di queste iniziative nel corso della redazione del Pptr cerca di superare la tradizionale sequenza “elaborazione - adozione - approvazione - attuazione” che, a causa dei tempi lunghi della pianificazione, incide negativamente sulla concreta possibilità di indirizzare i processi di trasformazione in corso. Tale sequenza, peraltro, proprio nella pianificazione paesaggistica ai sensi del Codice, evidenzia tutti i suoi limiti: le Regioni non sono in grado di ‘governare’ i tempi di conclusione dell’intero processo, essendo questi condizionati dalla co-pianificazione con il Ministero, i cui tempi si sono rivelati particolarmente lunghi, e non solo per il piano pugliese.
Alcuni progetti sono in corso di realizzazione, e quindi stanno concretamente dimostrando cosa il piano intenda quando insiste sulla necessità di passare da una visione esclusivamente vincolistica, autoritativa, ad una visione strategica della tutela del paesaggio. Questa, infatti, richiede la costruzione di una prospettiva di futuro condivisa, capace di tradursi in azioni concrete con le risorse disponibili, che non sono solo economiche ma soprattutto di conoscenza, capacità di azione, saper fare, risorse che, com’è noto, sono trascurate dal tradizionale modello di pianificazione del “comando e controllo”.
La parte progettuale del piano è imperniata sullo Scenario strategico. Questo assume i valori patrimoniali del paesaggio pugliese, come definiti e interpretati nell’Atlante del Patrimonio, e li traduce in obiettivi di trasformazione per elevare la qualità paesaggistica del territorio regionale, contrastare gli elementi di degrado, favorire la fruizione socioeconomica degli elementi patrimoniali identitari. Lo Scenario è approfondito, per ciascuno degli 11 ambiti paesaggistici nei quali è articolato il territorio regionale, mediante la definizione delle invarianti strutturali, degli obiettivi di qualità, di progetti e azioni che il Pptr propone di attivare per la conservazione del paesaggio, la valorizzazione del potenziale inespresso, la riqualificazione delle aree degradate, o la creazione di nuovi paesaggi, affidandone l’iniziativa a soggetti pubblici o privati.
Lo Scenario include cinque progetti territoriali per il paesaggio regionale, che rivestono primaria importanza anche per le interconnessioni che li legano ad altre politiche regionali:
la Rete Ecologica Regionale (coordinata con l’Ufficio Parchi regionale), per rafforzare e coordinare le politiche di conservazione della natura e della biodiversità con quelle di tutela paesaggistica;
il sistema infrastrutturale per la mobilità dolce (coordinato con il Piano regionale dei trasporti), per rendere fruibili i paesaggi agli abitanti e ai turisti attraverso una rete integrata di mobilità ciclopedonale, ferroviaria e marittima che recupera strade panoramiche, sentieri, ferrovie minori, stazioni, attracchi portuali, creando punti di raccordo con le reti e i nodi viari principali;
il patto città-campagna, che deve coordinarsi con le misure di politica agro-forestale e di riqualificazione urbana per rafforzare le funzioni pregiate delle aree rurali e riqualificare i margini urbani, e così arrestare il lungo ciclo dell’espansione e i relativi inaccettabili livelli di spreco di suolo;
la valorizzazione e riqualificazione integrata dei paesaggi costieri, dai waterfront urbani ai sistemi dunali e alle zone umide, dalle urbanizzazioni litoranee ai collegamenti infrastrutturali con gli entroterra;
i sistemi territoriali per la fruizione dei beni culturali e paesaggistici censiti dalla Carta dei beni culturali per integrare questi ultimi nelle invarianti strutturali e negli altri progetti territoriali per il paesaggio regionale.
Fanno parte, infine, dello Scenario strategico i “Progetti integrati di paesaggio sperimentali” e, in coerenza con l’art. 143 del Codice, le “Linee guida” per la qualificazione paesaggistica e ambientale delle infrastrutture viarie, la progettazione e localizzazione di impianti di energie rinnovabili, la progettazione e gestione di aree produttive paesisticamente ed ecologicamente attrezzate (APPEA), la riqualificazione delle periferie e delle aree agricole periurbane, il recupero e riuso dei manufatti in pietra a secco e dei beni rurali.
La coscienza sociale diffusa dei valori del paesaggio, assieme alla promozione di progetti e alla previsione di strumenti di indirizzo e incentivazione atti a orientare i comportamenti dei “produttori di paesaggio” nei diversi settori, perché essi elevino la qualità ambientale e paesistica nelle rispettive attività, è premessa essenziale per uno sviluppo fondato sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali e naturali di cui la Puglia è ricca. Per questo vi è ancora molto da lavorare, con la consapevolezza che i processi culturali sono lunghi e complessi, e quindi richiedono un impegno intenso e continuativo da parte delle istituzioni di governo e della parte più sensibile e avvertita della società.