Urbanistica INFORMAZIONI

Principi e finalità dell’urbanistica contemporanea nel progetto dell’Inu in coerenza con il quadro costituzionale

Nella materia a legislazione concorrente del Governo del territorio (Gdt) lo Stato mantiene un ostentato disinteresse rispetto alla doverosa formulazione di un catalogo di principi adeguato all’agenda dei temi emergenti. Tuttavia il diritto urbanistico della contemporaneità non versa affatto in una fase debole: grazie all’attivismo regionale, al sincretismo orizzontale tra le pratiche pianificatore più avanzate e agli interventi del formante giurisprudenziale, appare nel pieno di una fase generativa, destinata a incidere in profondità sulla funzione pianificatoria. Una tale capacità di adattamento non lascia tuttavia in ombra i limiti di un modello a trazione regionale, derivanti innanzitutto dalla carenza di coordinate ordinatrici di fondo. Basta osservare le differenze tra le due leggi urbanistiche più recenti (Lr 19/2023 Marche e Lr 58/2023 Abruzzo) per cogliere gli effetti della carenza di un programma legislativo comune.
In questo quadro si inserisce la proposta di articolato (Legge di principi fondamentali e norme generali per il Governo del territorio e la pianificazione) formulata dall’Inu (si veda UI 311/2023).
Il testo enuncia i principi fondamentali della materia, in coerenza con lo schema costituzionale e con la funzione di orientamento della produzione legislativa regionale assegnata alla legge statale ma ritrae anche, quale immediato corollario attualizzante di quegli stessi principi, l’indicazione dei fini a cui deve tendere il Governo del territorio e la pianificazione nel frangente di crisi (climatico-ambiente e socio-insediativa) e formula una serie di norme di ordine generale che, pur strutturalmente distinte dai principi, dovrebbero anch’esse concorrere a garantire un fondo comune di riferimento per la legislazione regionale.
Non solo: l’articolato esprime i criteri regolatori della futura legislazione delegata sui temi cruciali della fiscalità urbanistica e dell’intervento pubblico promozionale nella rigenerazione urbana e detta norme puntuali rispetto al tema – dibattuto da decenni e tornato d’attualità al riaccendersi del dibattito sul regionalismo differenziato – della disciplina delle dotazioni territoriali (spazi a fruizione generale, piattaforme erogative ma anche spazi e attrezzature ecologiche: per garantire reti verdi e blu) e dei livelli minimi di prestazioni e servizi (Lep, art. 117, II comma, lett. m., Cost.) da garantire in ogni parte del Paese.
Il presente contributo si focalizza sull’art. 2 della proposta, pregnantemente rubricato "principi fondamentali e finalità".
I principi fondamentali della materia sono enunciati normativi a contenuto generale, connotati da eccedenza valoriale e deontica. In ciò si differenziano dalle disposizioni a carattere puntuale rinvenibili nei livelli sottordinati di un sistema normativo. I principi costituiscono l’elemento immanente e stabile di un sistema normativo ma (lungi da ogni fissità) ne orientano il costante aggiornamento in ragione della propria struttura aperta, che consente di mantenere aderenza con le dinamiche valoriali sottostanti al sistema. I principi (al plurale) costituiscono la dorsale di un sistema in quanto compongono un palinsesto combinatorio entro cui si bilanciano vicendevolmente e dal quale non sono isolabili.
L’analisi del quadro effettuale ha consentito all’Inu di enucleare un novero di principi tramite un processo induttivo dal sistema stesso. Il risultato – di estrema rilevanza, vorrei dire anche al di là dell’auspicato recepimento legislativo – è la messa fuoco di un catalogo di principi, riconosciuti e già operanti, capaci di fornire un orientamento alla accelerata mutazione della disciplina e di costituire un riferimento affidabile per l’interpretazione e l’integrazione di un sistema che evolve per effetto del recepimento di nuovi valori o istanze (è il caso del tema ’suolo’, del riconoscimento dell’essenzialità dei servizi ecosistemici ovvero dell’introduzione di misure di adattamento al climate change). Il risultato è la fotografia, resa comprensibile nel proprio ordine strutturale, dell’urbanistica della contemporaneità.
Questo modello sconta tuttavia il duplice limite di una derivazione eteroclita dei principi (taluni di matrice regionale, talaltri di derivazione giurisprudenziale) e di un riconoscimento non formalizzato degli stessi (si tratta cioè di ‘principi senza disposizione’): residuano quindi margini di incertezza e disorganicità che nel disegno costituzionale dovrebbero essere evitati proprio grazie a una normazione costruita ordinatamente a partire da una griglia di principi.
Nell’elencazione suggerita dall’art. 2 della proposta hanno spazio innanzitutto gli unici retaggi della Legge urbanistica del ’42, identificabili nel principio di pianificazione integrale del territorio e nel principio del giusto procedimento quale luogo dei bilanciamenti tra i diversi interessi aventi il territorio quale terminale. Due principi la cui immanenza non ha impedito il ridisegno e l’attualizzazione della figura del piano (anche se si registrano sempre più frequenti ‘fughe’ dal piano: non solo la localizzazione di opere pubbliche e di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ma anche la riduzione al rango edilizio della rigenerazione urbana nel Tu Edilizia) e l’introduzione di dispositivi volti a favorire la più ampia partecipazione, anticipata, informata e incidente entro arene deliberative.
La proposta richiama quindi principi dedotti nella legislazione regionale e altri ai quali si informano le esperienze di pianificazione più avanzate. Il consolidamento del principio di sostenibilità (retroterra della funzione di tutela ‘custodiale’ delle matrici ambientali terrestri assunta dal Gdt) è conseguito al riconoscimento dell’essenzialità dei servizi ecosistemici, nelle continuità ecologiche ma anche negli ecosistemi urbani; in parallelo, è maturata la consapevolezza che i tessuti urbani garantiscono servizi di urbanità in ragione della propria capacità di garantire agli utilizzatori urbani qualità, efficienza e inclusività: sistemi ambientali generativi e sistemi urbani efficienti devono quindi essere preservati – rimarca la proposta – in vista della trasmissione intergenerazionale (in una rilettura opportunamente estensiva del rinnovato art. 9 Cost.).
Il richiamo all’inclusività ricorda come l’urbano sia il luogo di soddisfazione (o di frustrazione) dei diritti sociali: il principio di uguaglianza territoriale muove dalla considerazione che ampie coorti rischino di scontare una ingiusta condizione di marginalità in ragione della negazione dell’accesso a diritti infrastrutturativamente ma per taluni anche territorialmente condizionati. Da ciò non solo il radicale ripensamento del tema degli standard, andando oltre logiche parametriche e privilegiando localizzazioni attente alla prossimità (come meglio articolato dall’art. 16 della proposta che prefigura il superamento del Dm 1444/1968), ma in termini più ampi anche una sottolineatura circa la necessità di tornare a politiche attive per le molte e diverse periferie ovvero per le aree interne, onde garantire pari opportunità capacitazionali e coesive a soggetti che scontano inaccettabili ingiustizie territoriali.
Il principio di adeguato fondamento conoscitivo e di correlativa coerenza delle soluzioni pianificatorie riconosce la centralità dell’apparato conoscitivo, che si implementa anche per effetto della partecipazione e garantisce quadri conoscitivi oggettivanti, dai quali discende un rigoroso vincolo di coerenza delle decisioni urbanistiche. Vincolo che diviene stringente in relazione alle invarianti oggetto di acclaramenti sostanzialmente vincolati e comunque riduce il tradizionale tasso di discrezionalità delle decisioni urbanistiche (con aumento, di riflesso, dei margini di giustiziabilità). La funzione conoscitiva non si arresta con l’approvazione del piano-atto ma prosegue con monitoraggi che innescano propulsivamente (entro un policy cycle: la funzione di pianificazione inesauribile, oltre il piano-atto) varianti automatiche e semplificate di strumenti sempre meno rigidi e propriamente adattivi.
I principi di perequazione e compensazione, sulla scorta di una modellistica sviluppatasi con il favore della giurisprudenza (a partire dal 1999 e dall’antesignana pronuncia sul piano di Reggio Emilia) ma ‘appesantita’ da un regime fiscale e civilistico inadeguato, riaffermano l’imprescindibilità del superamento dell’intrinseca discriminatorietà prodotta dalle soluzioni di azzonamento di aree connotare da omologhe caratteristiche statutarie e riconnettono l’effettività delle azioni per la città pubblica al superamento del ricorso all’esproprio. La proposta lascia quindi intravedere un innovativo principio volto a imporre, quale fattore legittimante di ogni trasformazione generatrice di esternalità diffusive, la previa compensazione degli impatti e delle pressioni, con conseguente internalizzazione dei costi ambientali in capo al promotore (principio che è alla base anche dei dispositivi redistributivi di perequazione e compensazione territoriali, affermati e praticati, ad esempio, sia dal Piano territoriale metropolitano di Milano, che da quello di Bologna).
L’alternativa al modello della pianificazione ‘a cascata’ è rappresentata da sistemi concertativi imperniati su Conferenze di copianificazione tese a favorire (a partire da quadri conoscitivi condivisi) intese e accordi interistituzionali. In tale scenario è decisiva la prospettazione del principio di coerenza (non più di conformità) estrinseca tra i diversi livelli di pianificazione, in forza del quale lo strumento di livello locale può contestualizzare e meglio definire le soluzioni congrue all’effettivo perseguimento dell’obiettivo prefigurato dal piano sovralocale (cd vincolo di risultato). In termini non dissimili, un principio di coerenza intrinseca opera anche tra le funzioni e componenti del piano (strategico-strutturale, regolativa e operativa), garantendo flessibilità e superamento dell’esigenza di continue varianti nel passaggio dal livello prefigurativo a quello operativo-progettuale, anche in questo caso nel perseguimento degli obiettivi pianificatori intransigibili.
è lo spazio ritagliato (sulla spinta della giurisprudenza: Cons. Stato, 4990/2020) alla negoziabilità di profili che il piano (connotato da durezze regolative graduate per la città consolidata e per i tessuti da riprogettare e rigenerare) disciplina in termini ‘non conclusivi’ proprio per favorire (anche mediante il ricorso alla concorsualità in caso di allocazione di risorse scarse: Cons. Stato, 8564/2022), l’emersione di soluzioni concretamente praticabili, deducibili in accordi operativi (riconducibili al genus dell’art. 11 della L 241/1990), non scindibilmente da un adeguato recupero di valore pubblico.
Dai principi fondamentali l’art. 2 tiene distinta l’elencazione delle finalità del Gdt e della sua fondamentale attività di pianificazione espresse con enunciazioni a carattere concreto (sematicamente differenti dai principi), in cui risuonano nitidamente gli echi delle sfide che pone il frangente di crisi che investe i territori. Campeggiano su questo versante le esigenze di neutralità climatica, di efficientamento energetico, etc., ma – riprendendo il dittico tra continuità ambientali e tessuti urbani e il parallelismo tra servizi ecosistemici e servizi di urbanità (che porterebbe a riflettere dello statuto dei beni comuni ambientali e urbani) – trovano una articolata disciplina soprattutto la rigenerazione e la limitazione del consumo di suolo. La rigenerazione (urbana e territoriale) intesa nel suo significato più ampio, quale strumento di innalzamento della qualità insediativa ma anche sociale e ambientale quali espressione della funzione di recupero dei contesti degradati; il tema-suolo oggetto da inquadrare non unicamente in termini quantitativi ma – come suggeriscono le più aggiornate indicazioni europee che spingono verso un autentico reframing culturale – con attenzione ai profili qualitativi e alla biodiversità e, più in generale, alle dimensioni ecologiche e – ancora – in funzione di recupero di resilienza mediante programmi di messa in sicurezza, come indica la Nature Restoration Law, approvata dal Parlamento europeo il 12 luglio 2023.

Data di pubblicazione: 17 febbraio 2024