Urbanistica INFORMAZIONI

Percorsi legislativi regionali

Recentemente nelle Aperture di UI abbiamo concentrato l’attenzione sui temi della crisi, del degrado e delle disuguaglianze, così come sulle emergenze che si determinano sia sul lato della difesa del territorio: terremoti, inondazioni, frane, sia su versante sociale: si pensi alla irrisolta domanda abitativa o alla qualità dei servizi. Vogliamo puntare ora l’attenzione alle modalità con cui vengono affrontati i problemi, mettendo a fuoco la produzione legislativa (molto ricca in alcune realtà) e le politiche che stanno caratterizzando l’attività delle Regioni, prendendo a caso di studio il Veneto che, da questo punto di vista, risulta certamente emblematico.

La legge regionale veneta 11/2004 ha certamente individuato alcuni nodi critici del territorio e dell’urbanistica introducendo e portando a sistema le norme sulla difesa del suolo, la consapevolezza della necessità di contenere il consumo di territorio e i nuovi approcci al paesaggio. Alle politiche di vincolo e tutela sono state affiancate modalità nuove di leggere i temi sempre presenti: le diverse domande abitative, gli spazi verdi assenti o residuali, il traffico e la marginalità del trasporto pubblico locale, la questione energetica come tema che riguarda la città e il territorio nel suo complesso.

Negli anni di applicazione della legge regionale abbiamo assistito ad un continuo proliferare di aggiornamenti, revisioni, sovrapposizioni di norme e di nuovi strumenti che hanno reso il quadro operativo sempre più complicato e foriero di contrasti. La vera questione non è però rappresentata da una spesso giusta necessità di adeguamento e aggiustamento di una nuova legge quanto dalla volontà (spesso manifesta) di scardinare la logica del piano così come disegnata dalla legge urbanistica del 2004.

Il Piano casa Veneto nelle tre versioni fin qui varate (2009 – 2011 – 2013) ha proposto, attraverso l’affermazione della deroga, una logica tutta orientata al sostegno del settore delle costruzioni, seguendo l’ipotesi che la crisi è determinata da difficoltà procedurali (soprattutto urbanistiche predisposte dai comuni) che bisogna superare. Nella logica del legislatore regionale non compare nessuna riflessione nei confronti dell’enorme sovrapproduzione sia residenziale che non residenziale (capannoni e uffici) così come non ha riflettuto sulle dinamiche del mercato abitativo e sui fabbisogni residenziali. Il Piano Casa Veneto ha scelto la soluzione semplice e di facile consenso: puntiamo su quanto avviene comunque e cioè i piccoli adeguamenti e facilitiamoli evitando problemi burocratici e oneri urbanistici; il successo rivendicato (il numero degli interventi più alto rispetto alle altre regioni italiane) sarebbe ugualmente avvenuto senza depauperare le già vuote casse comunali.

Ancora, ma questa è una riflessione che riguarda tutta la produzione legislativa di questi ultimi dieci anni, la norma, in quanto in deroga, non distingue i contesti, anzi tende ad omologarli. Il tema della efficentazione energetica ad esempio presenta difficoltà e quindi sfide diverse in ambiti rurali, periurbani e urbani; nei centri storici e in quelli consolidati.

L’evoluzione veneta dello Sportello unico ha puntato a risolvere la grande quantità di imprese insediate “fuori zona” proseguendo il principio attuato fino dagli anni Ottanta e cioè quello di prendere atto di un modello insediativo “banale” che non intende pagare i costi delle proprie scelte e che chiede quindi (e ottiene) la “legalizzazione” dell’insediamento, un tempo con il riconoscimento (la schedatura) delle imprese fuori zona e con la possibilità di ampliarle, oggi con lo sportello unico e il consolidamento della localizzazione ovunque sia e della possibilità, comunque, dell’ampliamento fino a 1.500 mq, risolvendo così ogni questione relativa ad riordino delle aree produttive, alla loro ristrutturazione in termini tecnologici, ambientali, logistici e infrastrutturali evitando di affrontare il tema dei capannoni vuoti e in progressivo degrado.

Anche in questo caso una risposta ad un problema reale (gli spazi per la produzione e le necessità di evoluzione delle imprese nel loro ciclo di vita) tutta giocata in funzione della proprietà immobiliare dei terreni piuttosto che in chiave imprenditoriale.

Il territorio della Regione Veneto è stato interessato da una continua erosione di risorse ambientali dovute in gran parte alle modalità di uso e di spreco di suolo. Tale situazione è oggi riconosciuta non solo in sede tecnico scientifica, ma è coscienza diffusa e il contenimento del consumo di suolo e il corretto uso delle risorse rappresentano una prospettiva strategica. Anche la legge riferita alla riclassificazione dei terreni edificabili (Lr 4/2015) denominata Varianti Verdi, va nella direzione del contenimento del consumo di suolo, ma con una logica che segue temi fiscali senza rispondere a forma e bisogni della città e del territorio. Così come negli anni dell’espansione il prodotto è stato una “città casuale” edificata seguendo le richieste puntuali e la rendita, una città che rincorre la domanda, ora con la possibilità di “riclassificare in agricole le aree edificabili” si rincorre la stessa domanda, attraverso lo strumento della “sottrazione” senza rispondere a forma e bisogni della città.

Certamente interessanti appaiono le proposte di sostegno alla rigenerazione urbana (Lr 14/2017 e Lr 14/2019), ma c’è il rischio di svuotare, anche in questo caso le sue potenzialità. Le modalità attuative dei processi di rigenerazione urbana prevedendo come “incentivi” unicamente lo strumento (in molti casi spuntato) degli incrementi volumetrici premiali.

L’INU nell’ultimo Congresso si è posto l’obiettivo di interpretare i modi con cui si può stare all’interno di un processo di transizione che certamente sarà lungo, ma al cui interno si devono individuare le modalità per dare, oggi, risposte ai fabbisogni.

Più volte l’INU, fa parte della sua storia, ha cercato di orientare l’agenda politica dei governi centrali e locali, ponendo il fuoco sulla necessità di una legge di principi in materia di governo del territorio e soprattutto proponendo un modello di progettazione urbanistica integrata incentrata sulla individuazione di prestazioni ambientali e standard urbanistici a sostegno dell’uguaglianza sociale.

Oggi non è più possibile sperare che i problemi possano essere risolti come negli anni ’70 o forse ancora negli anni’90 del secolo scorso, con una legge, ma certamente le modalità con cui vengono proposte le“innovazioni normative”, anche quando si presentano nelle vesti della rigenerazione urbana e del contenimento del consumo di suolo come nel caso Veneto, sembrano prefigurare in modo sempre più esplicito un modello di governo del territorio con una forte guida centrale che tende a costituire un rapporto diretto con cittadini e imprese bypassando i comuni e sostituendo al piano urbanistico - strumento di riferimento di un disegno d’insieme capace di predefinire gli impatti delle trasformazioni e di indirizzarli verso una maggiore sostenibilità urbana - un sistema dirigistico di norme leggi e deroghe che puntano a riproporre l’impossibile stagione della valorizzazione immobiliare e della intensa e diffusa produzione edilizia.

Data di pubblicazione: 31 agosto 2019