Urbanistica INFORMAZIONI

Per uscire dall’angolo…

Se ci serviamo dell’osservatorio urbanistico di cui dispone il nostro Istituto – che sotto molti aspetti può apparire privilegiato, ma che per altri può sembrare troppo distante dalla situazione che caratterizza una parte significativa del Paese, ormai rassegnata al malgoverno del territorio – non possiamo fare a meno di rilevare che nel volgere di pochi mesi si è passati dalla discussione in Senato (avvenuta il 16.07.2024) della nostra proposta di una “Legge di principi fondamentali e norme generali per il governo del territorio e la pianificazione” alla presentazione, da parte di un ampio schieramento di forze politiche di maggioranza e di opposizione, di un provvedimento che minaccia di produrre confusione e incertezza normativa, nonché effetti dannosi e potenzialmente irreversibili nella gestione dei processi di rigenerazione urbana.
Per mettere in sicurezza il capoluogo milanese dagli effetti traumatici del conflitto che si era determinato fra l’interpretazione delle disposizioni normative e l’applicazione di queste ultime nel Pgt comunale, il nuovo progetto di legge denominato “Salva-Milano” punta infatti ad estendere pericolosamente i confini da assegnare alla ristrutturazione edilizia nei processi di trasformazione urbana di tutto il territorio nazionale (Di Bacco 2024). E con la conseguenza di introdurre, ancora una volta, ulteriori norme tampone, volte a regolamentare situazioni specifiche, e a rinviare per l’ennesima volta la proposizione di una legge nazionale di riordino della materia urbanistica.
Nel ribadire la posizione assunta dall’Inu su tale iniziativa, ho recentemente sostenuto che ampliare in modo così indiscriminato il concetto di ristrutturazione edilizia al fine di sottrarla alla verifica per legge dell’obbligo del ricorso alla strumentazione urbanistica attuativa, comporta un’ulteriore contrazione del potere di indirizzo e di capacitazione delle comunità urbane in ordine ai cambiamenti che sono in atto nelle nostre città. E, per di più, con il deprecabile effetto di confinare il ruolo delle amministrazioni locali all’esercizio di un mero controllo burocratico sugli interventi edilizi, con la conseguenza di favorire il ricorso indiscriminato a titoli abilitativi a carattere automatico, che come è noto contemplano l’obbligo di provvedere al pagamento degli oneri solo in misura ridotta, e a incrementare l’offerta di nuove dotazioni urbanistiche.
Per effetto di questa vistosa schizofrenia tra l’aspirazione ad una riforma del governo del territorio che proietti l’Italia verso il conseguimento di obiettivi ambiziosi e al passo con le attuali esigenze, e misure estemporanee e di corto respiro, si avverte inoltre il pericolo di un ulteriore peggioramento dei problemi interpretativi ed applicativi della disciplina urbanistica nei vari settori oggetto di intervento normativo. In linea con questo pericoloso deterioramento della fiducia in una legislazione che sia in grado di offrire risposte concrete e convincenti ai problemi attuali, esiste dunque il pericolo che anche in un prossimo futuro l’evoluzione del quadro normativo tenda ad ispirarsi agli arrischiati paradigmi della ‘deroga-semplificazione’ o della ‘deregolamentazione-semplificazione’.
Se dunque l’‘affondo’ esercitato dal Ddl 1987 sulla compattezza manifestata dal nostro ordinamento può trovare un’allarmante riproposizione nella imminente presentazione del nuovo Testo unico dell’edilizia, conviene allora interrogarsi se la comunità scientifica, il mondo professionale e i quadri politici e amministrativi dispongono di sufficienti energie per contrastare una deriva che tende molto probabilmente a destabilizzare l’intero sistema di pianificazione del nostro Paese.
Una rilettura di quanto è avvenuto negli ultimi mesi tende infatti ad evidenziare il notevole attivismo di comitati civici e ambientalisti soprattutto milanesi, e la risonanza ottenuta da alcuni appelli fortemente critici di intellettuali, urbanisti, costituzionalisti e semplici cittadini, ma tradisce al tempo stesso un’esigua partecipazione dei rappresentanti degli ambienti professionali e delle figure di punta della cultura del progetto, quasi a voler dimostrare che l’obiettivo della difesa del governo del territorio è ormai destinato ad interessare un segmento residuale dell’opinione pubblica, anche di quella più qualificata.
Con l’eccezione delle prese di posizione degli esponenti dell’Inu, che hanno provato a sostenere un punto di vista più articolato e propositivo, [1] l’opposizione al Ddl “Salva Milano” si è caratterizzata nella maggioranza dei casi per la scelta di un approccio prevalentemente ‘difensivo’, che rinunciando a sollecitare una riforma urbanistica di sistema hanno preferito arroccarsi a tutela del Dm 1444/1968 (art. 8, comma 2) e della Legge 10/1977 (art. 41 quinquies).
I limiti preoccupanti manifestati dal dibattito parlamentare di queste settimane, e la debolezza del fronte che si è coagulato a difesa della città e della disciplina urbanistica, rappresentano dunque una inquietante epifania del destino che potrebbe toccare in un prossimo futuro alla nostra realtà urbana. E se l’urbanistica italiana è stata oggetto di critiche molto spesso impietose, ciò è avvenuto per un concorso di colpe, con i soggetti e gli attori della pianificazione che non possono certamente dirsi del tutto esenti da responsabilità.
Si pensi ad esempio a come la progressiva marginalizzazione degli urbanisti che è conseguita alla introduzione della figura del Responsabile unico di procedimento nella formalizzazione degli strumenti di pianificazione, oppure il limitato contributo della disciplina alla riduzione dei tempi tecnici necessari per l’elaborazione dei documenti di piano, o infine l’insufficiente coinvolgimento delle istituzioni universitarie e degli ordini professionali nel superamento delle principali criticità che caratterizzano il sistema della formazione superiore hanno fatto sì che il prestigio e l’autorevolezza dell’urbanista venissero messi continuamente a repentaglio.
Se a questo punto vogliamo uscire dall’angolo in cui siamo finiti inopinatamente, un primo passo da compiere prevede innanzitutto la necessità di contrastare la perdita di fiducia nel sistema di pianificazione, attribuendo nuova centralità ad un dibattito sull’utilità dell’agire urbanistico che si è esaurito ormai da troppo tempo. Anticipando una riflessione che si svilupperà a Roma dal 22 al 24 maggio 2025 in occasione del prossimo Congresso dell’Inu, è necessario evidenziare in primo luogo le criticità determinate da un ricorso sporadico e spesso inconcludente agli strumenti del governo del territorio, con effetti particolarmente deludenti nel caso della progettualità che è stata sollecitata dal PNRR, o ancora delle politiche pubbliche che avrebbero dovuto promuovere la messa in sicurezza dei territori più fragili del nostro Paese, ma anche dei provvedimenti che sarebbero stati necessari per rendere più risolutiva la transizione verso il nuovo paradigma della rigenerazione urbana.
A fronte di una disciplina urbanistica che deve provare ad estendere nuovamente il suo raggio d’influenza, o che deve cimentarsi con problemi nuovi ed urgenti come la transizione dal dimensionamento delle dotazioni urbanistiche al calcolo dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) che si rivelerebbero decisivi nel ridurre le gravi asimmetrie tra la richiesta di una crescente autonomia da parte dei poteri locali e una tutela sostanziale dei diritti fondamentali dei cittadini e del territorio, l’annoso problema della efficacia della pianificazione si ripropone ancora una volta alla attenzione dei protagonisti della scena pubblica. Ne consegue l’urgenza di una duplice manovra, che dovrebbe puntare da un lato a mettere in risalto la cornice di riferimento delle iniziative di governo del territorio, magari spingendo con decisione verso l’approvazione di una riforma urbanistica più generale sulla scorta del testo predisposto dell’Inu, e dall’altro a rafforzare la convinzione che in assenza di una consapevole politica di piano gli obiettivi di modernizzazione e, insieme, di riduzione delle disuguaglianze e di incremento della sostenibilità e della resilienza non potranno essere conseguiti.
Anche per le considerazioni che abbiamo appena richiamato il “Salva Milano” può costituire pertanto un interessante caso di studio per ragionare intorno ad entrambi questi approcci che a prima vista sembrano addirittura antitetici, ma che ad un esame più approfondito potrebbero rivelarsi complementari. Si pensi ad esempio alle conseguenze che questo nuovo provvedimento potrebbe comportare per la solidità del nostro sistema di pianificazione, dal momento che è nella stessa relazione introduttiva della nuova proposta di legge che si fa riferimento esplicito alla “vetustà e inadeguatezza delle disposizioni legislative in materia urbanistica [che] sono ormai evidenti alla luce delle nuove competenze in materia assunte dalle Regioni e dagli enti territoriali”. Secondo il Ddl 1987 ciò comporterebbe più semplicemente la necessità di un chiarimento interpretativo in grado di tener conto dell’evoluzione normativa in tale materia, ma da questa considerazione di carattere più generale è facile estrapolare conseguenze più risolutive, che potrebbero condurre ad esempio ad una riforma dei principi su cui si regge la legge urbanistica ferma al 1942 e alla definizione di una legge sulla rigenerazione urbana in grado di integrarsi con gli strumenti e le procedure della pianificazione.
Per quanto riguarda infine la conferma dell’utilità del piano, le conseguenze a medio e lungo termine del provvedimento in questi giorni in discussione sembrano muoversi in direzione contraria, soprattutto laddove l’ulteriore ampliamento del concetto di ristrutturazione edilizia finirebbe per sottrarre anche gli interventi edilizi più rilevanti alla verifica della strumentazione urbanistica attuativa, e di favorire al tempo stesso un ricorso crescente a titoli abilitativi sempre più semplificati e autocertificati. Oltre a comportare un’ulteriore contrazione del potere di indirizzo e di discussione sui cambiamenti della città che viene abitualmente assegnato alle comunità urbane, una scelta di questo tipo finirebbe per contrapporsi ai risultati più interessanti della riflessione disciplinare di questi ultimi anni. [2] Al tempo stesso essa risulterebbe altresì contraddittoria nei confronti delle stesse finalità del nuovo testo unificato sulla rigenerazione urbana, soprattutto laddove esso prevede che i comuni non cerchino di disinnescare gli strumenti di governo del territorio già previsti dal nostro ordinamento, ma si dotino di piani di rigenerazione urbana che contemplano il perseguimento di obiettivi di sostenibilità, di miglioramento energetico, di sviluppo sociale ed economico, e di realizzazione di nuove infrastrutture.
Come ho già avuto modo di segnalare nell’ultimo numero di Urbanistica Informazioni (Talia 2024), il dibattito urbanistico italiano sta attraversando in questi mesi un periodo di particolare confusione, ma non è possibile escludere che questo stesso disorientamento possa favorire nei prossimi mesi l’apertura di una fase comunque propizia per l’avvio di un processo riformista. Nei loro interventi sul “Salva Milano” molti protagonisti della scena pubblica (tra cui un certo numero di rappresentanti di partiti di maggioranza e di opposizione, l’Ance, Legambiente, alcune sigle sindacali, gli ordini professionali e altri soggetti autorevoli), anche quando sostengono la necessità di varare un provvedimento a tutela di dirigenti e funzionari della amministrazione locale e degli interessi dei cittadini, guardano con favore alla elaborazione di una legge di riordino dell’intera materia urbanistica.
Naturalmente sappiamo bene che soprattutto in questo caso non conviene eccedere con l’ottimismo, ma se vogliamo provare ad uscire dall’angolo in cui siamo finiti, forse questo potrebbe essere il momento giusto.

[1Si fa riferimento, in particolare, ai pronunciamenti dei rappresentanti di Inu Lombardia e alle mie considerazioni del 3.12.2024 all’indomani dell’approvazione del Ddl 1987 e del voto favorevole della Camera dei deputati, variamente ripresi dagli organi di stampa e consultabili sulla piattaforma web dell’Istituto.

[2È questo il caso senza dubbio del volume di Palazzo e Cappuccitti (2024).

Riferimenti bibliografici

Di Bacco S. (2024), “Salva Milano/Italia: il discrimine tra «nuova costruzione» e «ristrutturazione edilizia» dell’articolo 3, comma 1, lettera D) del Testo unico dell’edilizia”, DIAC Diario, 16 dicembre.
Palazzo A. L., Cappuccitti A. (2024), Rigenerazione urbana. Sfide e strategie, Carocci Editore, Roma.
Talia M. (2024), “Grande è la confusione sotto il cielo”, Urbanistica Informazioni, no. 316, p. 7-8.

Data di pubblicazione: 30 dicembre 2024