Ad oltre cinque anni dal terremoto di Amatrice, e dopo che gli eventi sismici del Centro Italia del 2016 e del 2017 hanno manifestato fino in fondo la loro potenzialità distruttiva, è difficile sfuggire alla convinzione che anche in questa occasione il processo di ricostruzione rischierà di evidenziare la ricorrente inettitudine del nostro Paese ad utilizzare le pur consistenti risorse messe a disposizione per favorire la ‘rinascita’ delle aree così duramente colpite da un evento calamitoso.
L’incapacità di apprendere dagli errori già compiuti in passato, la difficoltà di aderire ad una corretta gestione del rischio e le resistenze operate da un quadro normativo intricato e disomogeneo possono condizionare anche in questo caso le politiche pubbliche messe in atto dalle amministrazioni centrali e locali, ma alcune importanti novità possono favorire un significativo cambio di rotta già nell’immediato. Si pensi ad esempio alle iniziative promosse dalle istituzioni commissariali al fine di realizzare un ascolto capillare del territorio, che è stato in grado finora di ispirare l’adozione di un differente regime autorizzativo che dovrebbe consentire di accelerare l’approvazione degli interventi di ricostruzione e l’apertura di nuovi cantieri. In linea con queste modifiche procedurali (si veda, a tale proposito, l’Ordinanza n. 100 del 9 maggio 2020), l’attribuzione ai professionisti del compito di autocertificare la conformità urbanistica degli interventi di ricostruzione, di determinare l’importo del contributo e di stabilire i tempi tecnici assegnati agli uffici comunali e a quelli speciali per lo svolgimento delle loro funzioni ispettive dovrebbero consentire una sensibile accelerazione delle procedure di appalto e l’assegnazione di poteri speciali al Commissario straordinario per la trattazione delle situazioni più critiche. Naturalmente il superamento delle principali criticità presenti nell’area del cratere – frammentazione del sistema insediativo, ampiezza del patrimonio abitativo non utilizzato, aggravamento della situazione demografica – richiederà cambiamenti ben più radicali, ma i passi in avanti che sono stati finora compiuti testimoniano l’avvio di un percorso comunque promettente.
È peraltro evidente che innovazioni anche più importanti potranno discendere dalla attuazione del Pnrr e del Fondo complementare di oltre 30 miliardi di euro per quanto concerne gli scenari della ricostruzione della regione appenninica. Ciò, almeno, se questi strumenti straordinari di finanziamento e di pianificazione sapranno far uscire le politiche per la rinascita dell’area del cratere da quella ‘gabbia’ settoriale che ha finora penalizzato le iniziative che puntavano a favorire il rilancio dei territori investiti da una calamità naturale di particolare gravità come gli eventi sismici del Centro Italia del 2016-17. Nella prospettiva indicata l’efficacia del governo del territorio dovrà affidarsi alla capacità di proporre una visione di insieme nella quale la disciplina urbanistica riesca a integrarsi con le politiche di settore (mobilità e infrastrutture di servizio, energia, reti naturalistiche, ecc.), proponendo uno scenario tendenziale nel quale i problemi delle aree interne potranno trasformarsi in promettenti occasioni di intervento.
Nel contesto innovativo che si va delineando, l’Istituto nazionale di urbanistica ha dunque ravvisato la possibilità di offrire il suo contributo con approfondimenti, analisi e proposte che intende mettere a disposizione delle istituzioni più direttamente impegnate nella ricostruzione del Centro Italia. Per quanto riguarda ad esempio l’attività del Commissario straordinario Giovanni Legnini, l’Inu ha avviato un’attività di supporto tecnico - scientifico che vede direttamente coinvolte le Sezioni Inu delle quattro regioni più direttamente investite dal terremoto, che con il coordinamento di Roberto Mascarucci stanno supportando sia i Comuni del cratere, sia gli Uffici speciali per la ricostruzione. Attraverso la formulazione di indirizzi e la elaborazione di report conoscitivi, l’Inu si è impegnata a collaborare alla predisposizione e alla cura di un quadro d’insieme che accompagni la ricostruzione fisica degli edifici, utilizzando, ove possibile, la progettualità intercomunale e ricorrendo ai Programmi straordinari di ricostruzione già regolati dall’Ordinanza n. 107 del 22 agosto 2020.
Parallelamente a questa interessante iniziativa, l’Inu ha poi avviato una stimolante e impegnativa collaborazione con alcuni atenei di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria (L’Aquila, Roma Tre, Università di Camerino e Università di Perugia) e il Consorzio di ricerca REDI finalizzata allo sviluppo di un programma di studio e di ricerca per la rinascita delle regioni dell’Appennino centrale interessate dal sisma del 2016-17.
L’Accordo quadro che l’Inu ha sottoscritto con queste istituzioni accademiche è aperto alla collaborazione con altri gruppi di ricerca che operano anche all’esterno dell’area del cratere, e ha già prodotto un primo ampio Report dal titolo “Progetto di rinascita del Centro Italia: Nuovi sentieri di viluppo per l’Appennino centrale interessato dal sisma” che è stato coordinato da Massimo Sargolini (e che verrà pubblicato entro il prossimo mese di ottobre).
Nel suo complesso questa articolata iniziativa intende promuovere la ricerca scientifica sui nuovi percorsi di sviluppo connessi alla green economy, in forme che possono rendere concreta una strategia di ripopolamento di aree fragili e vulnerabili che sono attualmente marginali rispetto alle dinamiche dello sviluppo, ma che risultano al tempo stesso ricche di valori e di concrete potenzialità. Con metodologie di ricerca che si stanno ancora definendo, si punta a testare l’interesse e la praticabilità dei risultati di uno studio che mira a individuare i principali lineamenti di una fertile interazione tra comunità locali, amministrazioni regionali e governo centrale.
In vista della definizione di nuovi scenari di intervento lo studio intende approfondire alcuni assi strategici, che riguardano rispettivamente:
la descrizione e la valutazione critica delle nuove forme dell’abitare, della mobilità, della erogazione dei servizi, anche a partire da una ridefinizione dei rapporti tra aree interne e aree più densamente urbanizzate;
la riorganizzazione del sistema delle attività produttive – dai servizi al manifatturiero e dalle attività agro-silvo-pastorali al turismo – ridisegnando in profondità le relazioni delle aree interne con le economie di valle;
la sperimentazione di forme virtuose di integrazione territoriale, che nel rispetto dei caratteri identitari della regione appenninica sviluppino i rapporti tra risorse naturali e patrimonio culturale, e fra aree interne e poli urbani di riferimento;
la revisione e la modernizzazione del sistema del welfare al fine di garantire l’accesso ai servizi sociali ritenuti indispensabili per la salute e la qualità della vita a tutti i cittadini delle aree interne, praticando modelli organizzativi in grado di garantire al tempo stesso la qualità e l’efficienza dei servizi erogati. I risultati, ancora largamente provvisori, delle attività che l’Inu ha sviluppato a sostegno delle iniziative che puntano alla ricostruzione e alla rinascita della regione appenninica dimostrano la tendenza di questo campo di interesse a costituire un importante ‘laboratorio’ nel quale le innovazioni della strumentazione urbanistica saranno associate sempre più strettamente alla capacità del governo del territorio di realizzare una marcata integrazione tra la pianificazione e le altre discipline di intervento. Nei prossimi anni questa spinta al coordinamento è probabilmente destinata a progredire ulteriormente, soprattutto se il Pnrr dedicherà alla messa in sicurezza delle aree più duramente investite dal sisma non solamente la sua straordinaria dotazione finanziaria, ma anche quella non comune capacità di anticipazione che dovrebbe aver ereditato dal dibattito sulle strategie di uscita dalla crisi pandemica.