Urbanistica INFORMAZIONI

Parliamo ancora di futuro

L’insistenza con cui siamo abituati a pensare al tempo che verrà costituisce l’evidente riflesso delle motivazioni contrastanti che influenzano la meditazione sul futuro, e che ci spingono a mettere in discussione costantemente i nostri orientamenti e la nostra stessa identità.
In una continua alternanza tra speranza e timore, tra ansia cognitiva e prefigurazione dei cambiamenti che ci aspettano, il pensiero proiettato nel futuro tende il più delle volte a sovrastare gli sguardi che pure vengono indirizzati al passato. Siamo spinti in questa direzione da un modello culturale che si è affermato anticamente in Occidente e che sembra ispirarsi tuttora alla tradizione della civiltà greca, e alla predilezione di quest’ultima per una concezione teleologica della spiegazione scientifica (Jonsson 2000). Ne consegue pertanto il prevalere di un approccio che punta inesorabilmente verso una continua rielaborazione del passato come fonte primaria della previsione di eventi che sono ancora in gestazione, e che segnalano l’esistenza di una “freccia del tempo” che ci spinge incessantemente a reinterpretare l’esperienza del mondo e del suo divenire (Dorato 2013).
In anni recenti questa tensione verso il futuro sembra aver subito un improvviso contraccolpo, che probabilmente è destinato a protrarsi ancora per molto tempo. Come ho avuto modo di osservare di recente sulle pagine di Urbanistica informazioni (Talia 2022), i drammatici accadimenti che hanno caratterizzato l’ultimo triennio – prima la pandemia, poi la crisi energetica, quindi l’accentuarsi del cambiamento climatico e, infine, l’esplosione della guerra in Ucraina – sembrano destinati ad alterare il modo in cui siamo abituati a pensare al destino del nostro Paese e dell’intero Occidente.
Percorrendo questo tornante della storia siamo ormai dinanzi ad una perdita di controllo sul futuro che genera sgomento e incertezza nell’opinione pubblica e nella stessa comunità scientifica. È proprio per questo motivo che alcuni mesi fa avevamo deciso di esorcizzare la paura suscitata da questa situazione di indeterminatezza intitolando la XIII Giornata Internazionale di Studio Inu “Oltre il futuro: emergenze, rischi, sfide, transizioni, opportunità”, ma a fronte di tale scelta prudenziale il dibattito vivace e stimolante che ha caratterizzato la nostra iniziativa, e gli oltre 400 contributi che sono stati offerti alla discussione nel corso del Convegno di dicembre costituiscono un’ottima ragione per nutrire fiducia sullo stato della ricerca, e sulla volontà di mettere a fuoco con coraggio le responsabilità individuali e collettive che animano questa riflessione.
Da quanto abbiamo appreso esaminando le vicende più recenti, l’analisi del futuro non corrisponde solamente ad una scelta tecnica, ma consente di mettere in luce una componente fondamentale dell’identità individuale e di quella collettiva. Se proviamo a identificare un profilo che permetta di individuare l’esistenza di uno spartiacque tra “reazionari” e “progressisti” (Marizza 2022) – o tra chi non riesce a distogliere lo sguardo dalla rievocazione del passato, e chi preferisce invece far leva sulla capacità di immaginare il futuro – il dibattito sulle grandi questioni che caratterizzeranno il nostro sistema sociale ed economico (o la stessa agenda urbana) potrà ritrovare quella nitidezza che, fino allo scorso decennio, contrassegnava il confronto tra la destra e la sinistra.
Oltre al venir meno delle implicazioni ideologiche di un dibattito politico sempre più asfittico, la discussione tra conservatori e innovatori oggi consente di affrontare un tema particolarmente caro agli urbanisti, che riguarda la capacità di formulare ipotesi attendibili circa l’evoluzione dei principali indicatori a partire da due differenti punti di vista. Mentre nel primo caso tale speculazione attribuisce allo studio del passato il compito di suggerire un possibile svolgimento dei principali indicatori, nel secondo la prefigurazione di nuove linee di tendenza che si vorrebbero anticipare chiama in causa la possibilità di mettere a punto una tecnica istituzionalizzata di previsione, che sia finalmente in grado di dare un senso al futuro.
Molto probabilmente la competizione su questi temi rischia in ogni caso di non intercettare la questione forse più significativa, che risulta associata al sospetto che le previsioni degli urbanisti possano dimostrarsi poco attendibili, se non addirittura fuorvianti, anche a prescindere dal punto di osservazione che viene adottato.
Laddove infatti il prestigio delle previsioni economiche viene raramente messo in discussione, pur a fronte della palese incapacità di queste ultime di anticipare le profonde crisi strutturali che hanno investito ciclicamente l’economia capitalistica, gli scenari tendenziali disegnati dagli urbanisti si scontrano inevitabilmente con le critiche serrate degli osservatori quando non riescono a pronosticare il cambiamento dei processi insediativi.
Questa disparità di trattamento è legata molto probabilmente alla sostanziale differenza dei ‘materiali’ utilizzati dagli economisti e dagli urbanisti per le loro previsioni, che per i primi tendono ad affidarsi alla labilità delle analisi congiunturali, mentre per i secondi devono fondarsi su procedure ben più codificate, che sono tali da produrre conseguenze assai rilevanti sul dimensionamento dei piani anche nel lungo periodo.
Dal momento in cui la previsione non costituisce quasi mai il frutto di una elaborazione individuale, ma tende piuttosto a rappresentare il frutto di processi sociali di apprendimento, possiamo ritenere che l’università, le istituzioni culturali e la ricerca territoriale debbano svolgere in questa fase un ruolo particolarmente significativo. Esse possono fare in modo che le scelte della pianificazione vengano effettuate utilizzando gli stimoli offerti da un contesto contrassegnato da un vero e proprio cambio di paradigma, nel quale la transizione ecologica e quella digitale possono modificare in profondità gli strumenti della pianificazione e le pratiche tecnico-amministrative.
Nel corso di questo profondo mutamento è comunque verosimile che il nostro specifico campo di interesse subisca la minaccia di una ulteriore perdita di reputazione, e che i saperi che hanno finora contribuito ad alimentare e ad arricchire di significato la valutazione, l’orientamento, il disegno e la regolazione dei processi di trasformazione urbana e territoriale non riescano a tenere il passo con l’urgenza delle scelte imposte dalla attuale congiuntura. Per effetto di questa crescente involuzione dei riferimenti cognitivi delle decisioni di interesse collettivo, si rischia pertanto di ampliare ulteriormente il solco che separa ormai da tempo la corsa impetuosa delle discipline scientifiche e delle innovazioni tecnologiche dal cammino assai più lento ed incerto degli studi a carattere umanistico. Come è stato recentemente sottolineato, tale settore, nel quale si colloca almeno in parte la nostra disciplina, non sembra in molti casi di possedere una capacità critica all’altezza degli avvenimenti e delle linee di tendenza più recenti, con l’effetto di determinare “uno sbilanciamento, una specie di disallineamento nella presa complessiva dell’intelletto contemporaneo sulla realtà” (Schiavone 2022: 21) che non sarà facile recuperare.
In considerazione di questo ritardo, che interessa pertanto la filosofia, la riflessione storica e la politica prima ancora dell’urbanistica, e che fa sì che la capacità critica di questo ambito composito di indagine si dimostri sempre meno all’altezza degli eventi che pure siamo chiamati a fronteggiare, il nostro Istituto può offrire il suo contributo (utile, anche se certamente non risolutivo) in almeno due direzioni. È questo il caso, senza dubbio, della proposta della Legge di principi a cui l’Inu sta lavorando da tempo, e che può contribuire al tempo stesso al superamento dei conflitti inter-istituzionali attualmente conseguenti dalla assenza di una chiara separazione tra le competenze attribuite allo Stato e alle regioni nel governo del territorio, a un ridisegno della forma del piano che si proponga di migliorarne l’efficacia e di accelerare i processi decisionali, ed infine all’inserimento in una cornice unitaria di alcuni provvedimenti fondamentali che sono ancora in cerca di una adeguata definizione normativa, e che spaziano dal contenimento del consumo di suolo e dalla messa in sicurezza del territorio, alla evoluzione e all’aggiornamento degli standard urbanistici e alla rigenerazione urbana e territoriale.
Ma c’è un secondo terreno di iniziativa verso cui conviene indirizzare il nostro impegno, che riguarda la possibilità di contribuire alla riduzione di quel gap cui facevamo riferimento in precedenza, mettendo in campo l’intera capacità di elaborazione che siamo in grado di esprimere grazie alla attività delle Communities e delle nostre riviste, e alle iniziative di confronto promosse in sede nazionale o a livello regionale dalle sezioni dell’Inu. L’obiettivo di fondo riguarda in questo caso la messa a punto di una visione di insieme, che ci aiuterà a fare ordine nella moltitudine caotica di informazioni di cui possiamo disporre con facilità, ma che spesso risultano totalmente prive di un concreto valore cognitivo.
È ragionevole supporre che la nostra capacità di fare sintesi nel mare dei big data, e di tenere insieme interpretazioni e punti di vista spesso dissonanti, potrà ricondurre l’urbanistica al centro del dibattito pubblico come non accadeva più ormai da molti anni, ristabilendo in questo modo il suo primato non solo nel favorire l’affermazione delle competenze specialistiche nel governo del territorio, ma anche nel promuovere una accentuata vocazione all’impegno e alla passione civile.

Riferimenti

Dorato M. (2013), Che cos’è il tempo? Einstein, Godel e l’esperienza comune, Carocci, Roma.
Jonsson B. (2000), Dieci pensieri sul tempo, Einaudi, Torino, p. 110-112.
Marizza P. (2022), “Futuri immaginati n. 2”, Stroncature, 4 dicembre [https://stroncature.substack.com/p/futuri-immaginati-2 [https://stroncature.substack.com/p/futuri-immaginati-2]].
Schiavone A. (2022), L’Occidente e la nascita di una civiltà planetaria, Il Mulino, Bologna, p. 21.
Talia M. (2022), “Le prospettive dell’urbanistica riformista in una complessa fase di transizione”, Urbanistica Informazioni, no. 305 special issue, p. 8.

Data di pubblicazione: 19 febbraio 2023