L’Istituto Nazionale di Urbanistica piange la scomparsa di Paolo Avarello. Presidente dell’INU dal 2001 al 2005, è stato anche segretario generale e direttore delle riviste Urbanistica e Urbanistica Informazioni. Stefano Stanghellini lo ricorda nel testo che segue.
Le nostre lacrime sono dovute. Paolo Avarello ci ha lasciati, discretamente, silenzioso, come era nel suo modo d’essere. Professore universitario dapprima a Pescara, poi a Roma Tre, era attaccatissimo alla sua funzione educativa in urbanistica, che praticava come una missione, ed orgoglioso dell’affetto che i suoi studenti gli manifestavano. Persona di straordinaria cultura, non solo urbanistica, con un altissimo senso del dovere, non ha mai chiesto niente. Ha sempre dato.
Divenuto Segretario nazionale dell’INU nella straordinaria presidenza di Giuseppe Campos Venuti, lo affiancò e sostenne nell’organizzazione del XX Congresso di Palermo nel 1993. Fu quello il Congresso del rilancio politico-culturale dell’Istituto e dell’inizio del suo risanamento finanziario, un congresso tutto incentrato sulle “politiche urbane” declinate su cinque macrotemi: il regime immobiliare, i piani e le istituzioni, la mobilità, le politiche comunitarie, la questione ambientale.
Subito dopo, quando successi a Campos Venuti, ebbi la fortuna di averlo al mio fianco per due mandati. Paolo era molto di più di un Segretario nazionale. Quale studioso, prima ancora che come dirigente dell’Istituto, aveva maturato il convincimento che la pianificazione di concezione dirigistica ed “a cascata” dovesse essere accantonata e che il piano dovesse essere riformato, reso più aderente ai bisogni delle comunità, aperto al confronto con il mercato, fattibile, semplificato nella costruzione e nella gestione.
Persona schiva, riservata, sempre garbata verso tutti e mai polemica, era tuttavia molto fermo sui convincimenti disciplinari che si era formato e che confluirono nel progetto di riforma urbanistica che l’INU presentò al XXI Congresso di Bologna nel 1995 e poi precisò negli anni successivi, proprio grazie al suo accurato lavoro di affinamento. Cinque i pilastri della riforma: la pianificazione di area vasta, il rinnovamento del piano comunale con la differenziazione dei contenuti strutturali e di quelli operativi, un nuovo regime immobiliare fondato sulla perequazione urbanistica, l’integrazione nell’urbanistica della questione ambientale, la fiscalità immobiliare per l’attuazione dei piani.
Paolo non era solo un fine intellettuale, ma anche un impeccabile organizzatore, capace di rendere efficiente il funzionamento degli uffici dell’Istituto nella nuova sede di Piazza Farnese, scrupoloso nell’assicurare la rappresentanza dell’Istituto in ogni occasione, impegnato nella crescita delle competenze tecniche delle pubbliche amministrazioni.
Prima del Congresso di Bologna, ricordiamo la Rassegna Urbanistica di Venezia, in cui i piani raccolti dall’Istituto invasero la nuova sede dell’IUAV appena inaugurata nell’ex cotonificio di Santa Marta. Dopo il Congresso di Bologna, la prima Rassegna di Urbanistica Europea nel Palazzo dei Congressi dell’EUR: ci sentivamo piccoli piccoli rispetto alla grandiosità dell’evento e del luogo. Poi la quarta Rassegna Urbanistica Nazionale alla Stazione Marittima di Venezia: trasformata in grande spazio espositivo e convegnistico e poi ripristinata nella funzione di terminal crociere nel corso di una notte. Nel mentre, l’identità dell’Istituto veniva rafforzata e allestito un progetto di riorganizzazione e potenziamento delle attività editoriali che tuttora permane. La presenza di Paolo garantiva che tutto ciò che si pensava di fare per la crescita dell’Istituto sarebbe stato fatto, e che il livello culturale sarebbe risultato sempre alto e inattaccabile.
Passavamo ore ed ore a ragionare sulle strategie da porre in essere per affermare le idee forti dell’urbanistica rinnovata, per sviluppare i rapporti con le Istituzioni senza che andasse persa alcuna opportunità, per valorizzare le competenze tecniche dei nostri soci ed allargare la base associativa dell’Istituto verso i neolaureati ad aprirla verso altre discipline, per intessere nuove relazioni in tutti i campi che avevano a che fare con l’urbanistica. E alle riflessioni seguivano le azioni. Pensiero e azione: a Paolo piaceva scherzare sulla compresenza e sulla ripartizione di queste caratteristiche fra noi due.
Divenuto Presidente nazionale nel 2001, ha continuato ad adoperarsi per l’innovazione urbanistica. Memorabile il convegno che lo stesso anno promosse a Firenze su “pianificazioni separate e governo integrato del territorio”. Un problematico aspetto dell’evoluzione italiana della pianificazione, quello delle pianificazioni separate, che gli stava molto a cuore insieme con le prospettive della pianificazione di area vasta, la crescita delle capacità di governo delle Amministrazioni, il collegamento delle previsioni con le politiche di investimento, la semplificazione normativa. A Paolo si deve anche il consolidamento del “Rapporto dal Territorio” nella produzione scientifica dell’Istituto, quale quadro di conoscenze che sia di stimolo per il rinnovamento complessivo dell’urbanistica italiana.
Paolo ha incoraggiato la nascita e il decollo di Urbanpromo, che nel 2004, sotto la sua presidenza, esordì in via sperimentale nell’ambito della quinta Rassegna Urbanistica Nazionale, che questa volta a Venezia invase i padiglioni dell’Arsenale con oltre mille pannelli espositivi. Da allora, finché gli è stato possibile, con le riflessioni frutto del lavoro universitario e della partecipazione al dibattito culturale, è stato una presenza continua e gratificante nelle successive edizioni della manifestazione. Tanti i ricordi, che lo scorrere delle raccolte fotografiche di Urbanpromo rinnova con profonda nostalgia.
Come Direttore di Urbanistica, la rivista statutaria dell’Istituto che ha diretto per molti anni dopo la sua presidenza, ha promosso la nascita del “Premio Urbanistica”, che dal 2006 valorizza le iniziative più apprezzate dai partecipanti alla manifestazione. Di limpida onestà e assoluta correttezza nei confronti di tutti, Paolo nutriva tuttavia una diffidenza di fondo per l’uomo, e soprattutto per l’uomo investito del potere accademico, profilo che lui, professore universitario, conosceva bene. Diffidando delle giurie, volle che il Premio venisse assegnato su base referendaria. E a questa sua decisione il Premio si mantiene fedele.