Urbanistica INFORMAZIONI

Nuovi passi in avanti verso la definizione del progetto dell’Inu sulla riforma del Governo del territorio

A circa un anno di distanza dal XXXI Congresso di Bologna, il “cantiere” della legge sulla pianificazione e il governo del territorio ha prodotto alcuni significativi avanzamenti, testimoniati innanzitutto dall’articolato (ancora in bozza) pubblicato nelle pagine di questo numero della Rivista, e dal confronto serrato sui contenuti più qualificanti della proposta tra il gruppo di lavoro e i principali stakeholders all’interno e all’esterno dell’Istituto. Dopo aver ricevuto i commenti critici e il contributo migliorativo di quasi tutte le nostre Sezioni regionali, di un gruppo di giuristi che ha affiancato il gruppo di lavoro e del Consiglio direttivo nazionale, e dopo aver avviato un ciclo di appuntamenti che si è aperto con un incontro con i rappresentanti di un nutrito gruppo di Regioni iscritte all’Inu, [1] siamo in procinto di raccogliere le suggestioni di autorevoli interlocutori istituzionali, accademici e professionali nell’ambito di un Convegno che si svolgerà a Firenze l’8 novembre nell’ambito della XX edizione di Urbanpromo.
L’intensificarsi di un calendario di incontri e di seminari che dovrebbe culminare nella giornata di studio che intendiamo organizzare nei prossimi mesi presso la Camera dei Deputati non deve farci dimenticare che, soprattutto nella fase che si è aperta con l’avvio della XIX Legislatura, il contesto più generale in cui operiamo suscita non poche preoccupazioni circa la possibilità di far breccia sulla palese sottovalutazione dell’importanza di alcuni processi riformatori e di modernizzazione della disciplina e della pratica urbanistica, i cui risultati sono attesi in Italia ormai da troppi anni.
Non solo. I ritardi maturati in questo ambito specifico non si limitano a determinare una frequente competizione tra lo Stato e le Regioni relativamente all’esercizio della potestà legislativa, ma aprono il campo da un lato ad un impulso crescente alla deroga e alla semplificazione di un quadro normativo in realtà fin troppo complesso, e dall’altro ad un intensificazione del dibattito sull’autonomia differenziata destinato a generare un clima pericolosamente conflittuale. Con il duplice effetto di alimentare nel primo caso una pericolosa deriva che tende alla deregolamentazione, e nel secondo di circoscrivere imprudentemente il ruolo della amministrazione statale, soprattutto laddove quest’ultima potrebbe contribuire al superamento delle disuguaglianze socio-territoriali e a garantire l’unità del Paese.
A fronte di questo pericoloso allargamento degli ambiti in cui il bilanciamento tra l’interesse pubblico generale e le convenienze particolari è messo imprudentemente a repentaglio, la propensione ad estendere progressivamente i compiti del Testo unico per l’edilizia (Dpr 380/2001) – invadendo e incorporando settori di competenza urbanistica come, ad esempio, la rigenerazione territoriale ed urbana – costituisce una rischiosa tendenza che è necessario sottoporre ad un attento monitoraggio. Come allo stesso modo sembra ormai necessario porre sotto osservazione le ‘grandi manovre’ autonomiste e il loro impulso ad eludere il pieno riconoscimento dei Lep, quasi che l’applicazione degli standard minimi di servizio pubblico, indispensabili per garantire in tutto il territorio nazionale i “diritti civili e sociali” tutelati dalla Costituzione, possa costituire solo una possibilità, e non invece una condizione imprescindibile ai fini della implementazione dell’Intesa sull’autonomia differenziata concessa alle Regioni.
Riproponendo un punto di vista che avevo già presentato in occasione dell’appuntamento congressuale bolognese, è dunque il caso di sottolineare che l’Istituto non vuole limitarsi alla formulazione di un disegno di legge di principi generali. Né intende ridursi a proporre il dissolvimento di quella indeterminatezza implicita nella applicazione della dottrina della disciplina concorrente al governo del territorio che era stata introdotta nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione, ma che nessuno ha finora provato a dissipare. Al fine di superare questa impasse, il testo di legge proposto dall’Inu intende optare piuttosto per un modello normativo ‘multifunzionale’, che vuole essere in grado cioè di affiancare alla formulazione dei principi fondamentali e delle regole generali del governo del territorio, anche la disciplina di alcuni argomenti di legislazione esclusiva dello Stato, nonché l’individuazione di quelle materie in cui la presente legge provvede ad operare una delega ad emanare i necessari decreti legislativi nell’ambito dei principi e dei tempi ivi definiti.
Nel proporre questo nuovo, ambizioso paradigma si intende evitare che la sfiducia nella capacità realizzativa della pubblica amministrazione incoraggi un’attività legislativa perennemente di corto respiro, con provvedimenti auto-applicativi che sperano di poter fare a meno del potenziamento e della riqualificazione delle competenze tecnico-progettuali e della burocrazia dello Stato, che sono scese ormai da tempo sotto il livello di guardia (Cassese 2019). È dunque per questo motivo che l’articolato che abbiamo messo a punto, subito dopo aver enunciato i principi fondamentali e le finalità del governo del territorio, provvede alla definizione del quadro procedimentale nel quale può operare la rigenerazione territoriale e urbana, integrandosi in modo sinergico con gli obiettivi del contenimento del consumo di suolo e della messa in sicurezza del territorio. Operando in questo modo, la proposta dell’Inu cerca di impedire che una materia così complessa e promettente per la riqualificazione del territorio antropizzato possa essere sbrigativamente affidata ad una riscrittura del Testo unico dell’edilizia, o ad altri provvedimenti ancor più riduttivi e di corto respiro.
Si deve peraltro alla convinzione che tra la formulazione di una iniziativa di legge sul governo del territorio e il varo di una nuova agenda urbana vi debba essere una sostanziale continuità se nel testo proposto dall’Inu figurano questioni di particolare rilievo per l’avvio di una nuova stagione riformista. Si fa riferimento, ad esempio, al chiarimento delle condizioni a cui è subordinata la durata delle previsioni edificatorie e dei vincoli urbanistici, o al “superamento di una fiscalità immobiliare interessata solo all’ammontare del prelievo ed indifferente agli effetti urbani” (Stanghellini 2022: 7). In entrambi i casi l’Inu intende riconfigurare un terreno fondamentale di proposta e di rinnovamento, con cui rilanciare finalmente la collaborazione tra l’amministrazione pubblica e gli operatori economici privati, situazione quest’ultima che ha rappresentato in passato non solo un campo privilegiato per la sperimentazione di nuove pratiche urbanistiche, ma anche un ambito soggetto a frequenti contrasti e a ricorrenti criticità.
Conviene sottolineare a questo punto che – nel predisporre un nuovo testo di legge sulla pianificazione e il governo del territorio che l’Italia aspetta ormai da troppo tempo – l’Inu non può fare a meno di ripensare alla sua lunga storia, e alle differenti situazioni in cui ci siamo trovati quando abbiamo provato a collaborare con le istituzioni per sostenere con risposte innovative l’ansia di cambiamento che attraversava il nostro sistema economico e sociale. In tali condizioni abbiamo concorso il più delle volte a sostenere processi evolutivi che erano già in atto, ma che erano ancora fermi ad uno stadio germinale, laddove negli ultimi anni il dibattito pubblico e la percezione diffusa della domanda di cambiamento appare profondamente modificata, e alla consapevolezza che la società contemporanea si caratterizzi per una sostanziale iniquità e per una distribuzione asimmetrica della ricchezza corrisponde ormai una ricerca di soluzioni individuali, incentrate quasi esclusivamente sulla aspirazione al miglioramento dei propri livelli di reddito.
Se in questo mutato contesto vogliamo produrre conseguenze durature tanto nel dibattito urbanistico nazionale, quanto nei sistemi regionali di pianificazione, dobbiamo essere in grado di dimostrare che le nostre proposte possono operare un’autentica inversione di tendenza relativamente a quei comportamenti che hanno finora ostacolato la modernizzazione del Paese (Talia 2020).
La traccia di tale lavoro è riconoscibile sia nel contributo di Carlo Alberto Barbieri e Paolo Galuzzi, sia, soprattutto, nei principali contenuti della nostra proposta di legge.
Vi sono almeno due specifici passaggi di quest’ultima che mi preme richiamare in apertura. Il primo – già citato in precedenza – riguarda un aggiornamento degli standard urbanistici, che ad oltre cinquant’anni dalla approvazione del Di 1444/1968 debbono essere rivisitati per tener conto dei mutamenti manifestati dalla domanda sociale, e per far fronte alle nuove questioni introdotte dal climate change e dall’inserimento in Costituzione (art. 9) del principio fondamentale della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni. Come abbiamo già avuto modo di osservare, il passaggio da un approccio prevalentemente parametrico nel dimensionamento degli standard all’impiego di nuovi criteri quali-quantitativi, che si rendono invece necessari per prefigurare le nuove dotazioni urbanistiche, avviene contemporaneamente all’introduzione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) che devono essere definiti e attuati dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali nell’erogazione dei servizi ai cittadini, in quanto connessi alla garanzia di talune aspirazioni fondamentali dei singoli quali il diritto alla salute, il diritto all’istruzione, il diritto all’assistenza sociale. [2]
Nella misura in cui il riferimento obbligato ai Lep può rappresentare un fondamentale contrappeso nei confronti dei rischi per l’unità nazionale imputabili ad un progetto di autonomia regionale differenziata che tenda a cristallizzare i divari esistenti e minacci di aumentarne le disuguaglianze, la proposta dell’Inu offre un importante ancoraggio per promuovere al più presto una serie di misure volte a garantire “il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati, ai differenti livelli, dal processo di pianificazione”.
Quanto al secondo contenuto della nostra proposta che intendevo richiamare, esso riguarda la proposizione di una forma del piano in cui si manifesti la necessità di sostituire progressivamente il principio di conformità con quello di coerenza. [3] Per effetto di questa transizione, la disciplina urbanistica potrebbe essere chiamata ad utilizzare un paradigma ben più ampio e complesso, che si fonda sull’esigenza di garantire l’accordo sostanziale, da parte di ogni nuovo strumento di pianificazione, con gli obiettivi e gli indirizzi fissati dai piani sovraordinati. Ne consegue indubbiamente l’urgenza di un differente modo di porre in relazione i contenuti dei piani urbanistici regionali, provinciali e comunali, facendo leva su un modello di pianificazione atto a favorire la flessibilità degli strumenti urbanistici e contemporaneamente a ridurre il ricorso alle varianti urbanistiche. Oltre ad aumentare in termini più generali l’efficienza complessiva del governo del territorio, una evoluzione di questo tipo potrebbe condurre evidentemente ad una significativa estensione del metodo della copianificazione, che nel nome della coerenza delle scelte compiute dalle differenti amministrazioni locali potrebbe sviluppare funzioni significative – e finora raramente esercitate – di indirizzo, di coordinamento e di programmazione.
Dovrebbe apparire pressoché indiscutibile che questo importante cambiamento di prospettiva nella valutazione della congruenza tra le scelte compiute dai soggetti ed attori della pianificazione non solo determina l’irruzione di una certa dose di discrezionalità all’interno del processo decisionale, ma contribuisce alla delimitazione di un più ampio margine di manovra per la stessa progettazione urbanistica, che fino ad ora ha lamentato sovente la presenza di un eccesso di vincoli burocratici nella verifica di conformità delle scelte proposte dal planner.
Nella misura in cui le condizioni urbanistico-territoriali della trasformabilità tenderanno a modificarsi, i compiti del progettista e quelli del tecnico istruttore che opera nella pubblica amministrazione sono destinati a subire un corrispondente mutamento, che presuppone un differente orientamento dei programmi formativi adottati non solo dall’università, ma anche dalle istituzioni a cui è affidato l’aggiornamento professionale e la specializzazione di questi profili. Il percorso di una riforma del governo del territorio è dunque legato in misura non irrilevante alle iniziative che verranno adottate per ‘preparare la strada’ ad un profondo cambiamento della cultura e degli strumenti della pianificazione, ed è anche per questo motivo che l’Inu ha deciso di affiancare alle iniziative che puntano all’avanzamento della proposta di una legge sul governo del territorio, anche uno specifico impegno sui temi affrontati dalla “Riforma dei saperi”, che il MIUR ed il Cun hanno lanciato nel 2018, ma che riteniamo debbano aprirsi all’esterno del circuito accademico, coinvolgendo in misura significativa anche la pubblica amministrazione e il mondo delle professioni.
Nei prossimi mesi l’attività dell’Istituto punterà pertanto ad approfondire le relazioni esistenti tra l’evoluzione della legislazione in materia di pianificazione e di disciplina urbanistica da un lato, e il rafforzamento, quantitativo e qualitativo, dei soggetti ed attori che dovranno farsi carico di questo rinnovamento radicale dall’altro. Oltre a dedicare a quest’ultimo tema il nostro Convegno nazionale del 2024 – che si svolgerà a Milano nel mese di gennaio – le prossime iniziative dell’Istituto punteranno a tenere insieme questi due aspetti, nella convinzione che il successo di un processo di riforma ambizioso come quello che abbiamo concepito dipenda al tempo stesso dai contenuti innovativi della proposta di una nuova legge e dalla capacità di far leva su una nuova generazione di progettisti, tecnici e rappresentanti delle istituzioni in grado di interpretarne e applicarne le principali prescrizioni.

Riferimenti

Cassese S. (2019), La svolta. Dialoghi sulla politica che cambia, Il Mulino, Bologna.
Stanghellini S. (2022), “Tra passato e futuro”, Urbanistica Informazioni, no. 305 Special Issue, p. 6-7.
Talia M. (2020), “Il senso della nostra storia”, Urbanistica, no. 165-166, p. 4-7.

[1Il 18 ottobre 2023 abbiamo incontrato i rappresentanti di Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto.

[2Cfr. artt. 16 "Dotazioni e servizi" e 17 "Dotazioni urbanistiche e territoriali minime e inderogabili" della proposta dell’Inu.

[3Vedi soprattutto l’art. 14 "Strumenti di pianificazione urbanistica" della proposta dell’Inu.

Data di pubblicazione: 25 novembre 2023