Due temi segnano questo numero: la rigenerazione urbana e la nuova attenzione per il Mezzogiorno.
La rigenerazione urbana è certamente un tema di “moda” e all’ordine del giorno dei media e Urbanistica Informazioni non può non occuparsene anche perché caratterizza non solo il dibattito professionale e scientifico, ma perché rappresenta, con diverse declinazioni, anche l’attività delle pubbliche amministrazioni (si veda il servizio su piani, programmi e progetti nel Lazio e i numeri recenti di UI). Si incrocia con la rigenerazione urbana, proponendosi come pratica innovativa il ri-uso temporaneo di spazi inedificati, di territori interclusi, di edifici pubblici e privati dismessi. Si tratta di una pratica che ha avuto molti successi sia nelle forme legali che “illegali” nelle città europee così come nel sud e nel nord del mondo.
L’interesse e l’attenzione ai casi proposti ci propone una sorta di esplorazione non solo nei confronti delle potenzialità dell’uso temporaneo rispetto all’abbandono e al degrado, ma anche come ripensamento “dei meccanismi e degli strumenti tradizionalmente usati nella disciplina urbanistica e nella progettazione architettonica” (Berni). In molte città si sono sviluppate esperienze legate alla gestione degli spazi e dei beni comuni attraverso forme di cittadinanza attiva che interviene con azioni di mobilitazione delle comunità. Usi temporanei che si propongono come vere e proprie azioni di difesa del suolo, di attenzione alla qualità urbana e del territorio con un approccio alla rigenerazione ambientale ed energetica.
Il Sud Italia è stato posto al centro dell’attenzione di questo periodo da due fattori diversi ma sostanzialmente concomitanti.
L’approvazione (dicembre 2015) della legge urbanistica della Calabria che va, finalmente nella direzione di adattare alle “realtà amministrative istituzionali calabresi gli strumenti, superando il modello di Piano Strutturale uguale per tutti (…) e semplificando enormemente il processo di formazione dello strumento urbanistico, affiancando la costruzione del quadro conoscitivo certificato alle dirette responsabilità della Regione” (De Luca). Una nuova stagione di governo del territorio in Calabria come la definisce l’assessore Franco Rossi, finalizzata a “mettere in campo buone pratiche e nuove regole per fare città meno energivore, per sostenere una nuova prassi della pianificazione e della progettazione sostenibile”.
Il secondo fattore significativo per il Sud è rappresentato dalla pubblicazione da parte del Governo, nel novembre dello scorso anno, delle “Linee guida per il Masterplan per il Mezzogiorno”. Tutti i dati anche negli ultimi anni continuano a descrivere un Paese sostanzialmente diviso in due parti “dove il Sud è quello più indietro rispetto a molti indicatori e standard europei e internazionali e dove il Nord invece si attesta sulle medie”. Quanto andrebbe proposto per la costruzione del Masterplan è un approccio davvero innovativo orientato nella direzione di “aumentare la coesione sociale e consentire una maggiore e migliore mobilità delle persone, delle merci e dei dati” (Cipollini). Il Governo deve produrre un progetto politico fattibile legato a strategie interconnesse e deve indicare opere e interventi. “Le Linee guida sono un primo passo ma lasciano troppa discrezionalità. (…) serve un solido piano per le infrastrutture con i dettagli dei finanziamenti, un crono programma di spese, con sanzioni e interventi sostitutivi per i fondi non spesi, la revoca e/o i commissariamenti per le amministrazioni che non rispettano il piano e i tempi, anche con il condizionamento di fondi dei POR a regia congiunta (Stato-Regioni) finalizzata ad una maggiore cooperazione interistituzionale e integrazione amministrativa, su respiro nazionale.” (Moraci)
I due temi del numero ripropongono un’ulteriore questione da sempre presente nelle pratiche e nella disciplina urbanistica: la contraddizione tra “emergenze” e i “tempi lunghi” del Piano e dell’urbanistica.
Ogni giorno le città e i territori sono investiti da fenomeni che impropriamente chiamiamo emergenze quali: inquinamenti, alluvioni, flussi migratori … Sono processi dei quali prendiamo coscienza quando esplodono, ma che caratterizzano e condizionano la vita non solo urbana. Fenomeni profondamente diversi dal passato per frequenza, intensità e impatti e che mettono radicalmente in discussione gli strumenti consolidati con i loro tempi e le loro procedure e soprattutto mettono in discussione l’idea di un Piano che possa “regolare tutto” per un tempo indefinito.
Questa discussione sui tempi, è una questione che in urbanistica continua ad essere un tema rilevante. Bernardo Secchi dice “In un’epoca quale l’odierna, connotata da un rapido accorciamento degli orizzonti temporali per i quali la maggioranza degli attori, delle istituzioni e dei soggetti sembra costruire i propri programmi, l’urbanista appare come uno dei pochi che ancora si occupi in modi diretti ed espliciti della costruzione di un futuro che si distenda nel lungo periodo”. (Secchi 2000)
Campos Venuti, per citare un altro maestro che ha avuto la fortuna di lavorare per quasi trent’anni a Reggio Emilia, su tre piani successivi, rivendica la continuità amministrativa e professionale come una delle condizioni che hanno consentito la costruzione della qualità urbana di quella città.
Il tempo presente è però segnato come dice Aldo Bonomi “dai flussi del globale che impattano nel locale mutandone forme di convivenza, forme dei lavori, economie e società, cultura e antropologia”. Noi urbanisti dobbiamo imparare a stare in questo tempo e costruire il Piano come un processo, un percorso che deve inevitabilmente essere capace anche giuridicamente, di cambiarsi, di modificarsi. Non esiste più la condizione in cui, come ancora nel secolo scorso, si disegnava la città, oggi è possibile solo definire alcune linee guida molto solide e strategiche riferite alla tutela del suolo, al paesaggio, alle infrastrutture, al trasporto pubblico, con attenzione alla qualità urbana, che significa prevenire e gestire le “emergenze” fisiche e sociali.