Urbanistica INFORMAZIONI

Leggi urbanistiche e compiti per gli urbanisti

Il tema della legge di governo del territorio continua ad attraversare le vicende politiche e amministrative del nostro paese con alterne attenzioni e con esiti certamente controversi.
Le proposte presentate dall’ex ministro Lupi, con grande spiegamento di forze mediatiche e con la conseguente mobilitazione di tutte le tradizionali associazioni che non vogliono riformare la legge del 1942, sono, come avviene ormai da decenni, evaporate con le dimissioni del ministro rimandando a “tempi migliori” la ripresa del solito stanco dibattito.
Sul versante delle Regioni registriamo una evidente difficoltà nella redazione e nella attuazione dei nuovi strumenti urbanistici da parte dei Comuni, il bilancio, a dieci anni dall’introduzione della nuova legge urbanistica in Campania conferma come le leggi e i “piani riformati siano un nodo ancora aperto e non sufficientemente risolto” (Moccia e Sgobbo). La ridotta efficacia dei piani, l’eccessiva burocratizzazione e i tempi drammaticamente lunghi per la loro approvazione costituiscono la ragione e la giustificazione per l’introduzione in modo sistematico, fino a farla diventare una regola, della “deroga”, che rappresenta il percorso di governo senza o al di fuori del piano. Complice il ridotto investimento immobiliare caratterizzato da una domanda limitata e disinteressato alle aree dismesse, ai capannoni vuoti, alle aree edificabili e gravato da ampie quote di invenduto e di proposte immobiliari irrealizzabili. Siamo in presenza cioè di una offerta che nessuna domanda sembra in grado di assorbire.
Gli esiti della pianificazione territoriale e paesaggistica, sintetizzato nella rassegna curata da De Luca, dopo tre lustri si conclude con un “cacofonico eclettismo” come se “il Paese fosse un federalismo dove ognuno si sta ritagliando un proprio ed autonomo percorso”.
In questo quadro si deve evidenziare l’insostenibilità di una continua erosione di risorse ambientali fondamentali, comprese quelle non riproducibili come il suolo la cui trasformazione non appare più plausibile. Secondo i dati del Rapporto ISPRA 2015 il consumo di suolo in Italia continua a crescere, “mediamente 55 ettari al giorno, con una velocità compresa tra i 6 e i 7 metri quadrati di territorio che, nell’ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo”. Tali dinamiche non sono giustificate da aumenti di popolazione e di attività economiche. I dati mostrano la gravità della progressiva erosione della risorsa suolo a fini edificatori e infrastrutturali con pesanti ripercussioni sul paesaggio e sull’ambiente. Sono cambiamenti praticamente irreversibili che incidono sulle funzioni del suolo e riguardano spesso terreni fertili.
Il consumo di suolo e le sue conseguenze evidenziano l’esigenza di avviare politiche strutturali per affrontare i problemi che derivano dalle condizioni di rischio idrogeologico che interessano una parte consistente del territorio italiano e che impongono, non solo nel caso ligure Curato da Balletti e Soppa, “di esplorare forme di piano, progetto e gestione innovativi” facendo un salto culturale che permetta di “abbandonare da un lato la concezione incentrata sul rincorrere le emergenze e dall’altro l’illusorio obiettivo della ‘messa in sicurezza’ passando ad una politica attiva di convivere con il rischio”.
Alla fragilità del territorio si affiancano i nodi da sempre in attesa di soluzione: le periferie, tornate sui media perché teatro di conflitti, occupazioni di case, scontri interetnici; il disagio sociale; la domanda insoddisfatta di bisogni che crescono nella “città dei poveri”. Le recenti situazioni di conflitto hanno caratteristiche nuove rispetto la storia dei conflitti urbani in Italia sono infatti quasi sempre segnati dall’intreccio tra crisi economica e convivenze interetniche. Le domande che si pongono le città sono quelle avanzate da Silvia Saccomani: “Quali sono le nuove e prevalenti caratteristiche dei conflitti che si generano nelle periferie urbane? Quali sono i temi al centro di questi conflitti? Capire (…) quali sono i fattori prevalenti in gioco è una condizione per definire strategie ed azioni di contrasto a processi di esclusione sociale, come parte di nuove politiche urbane, senza cadere in eccessive semplificazioni”.
La legge per il governo del territorio, il riordino amministrativo (comuni, provincie e città metropolitane) e risorse aggiuntive per case e trasposto pubblico sono gli strumenti che abbiamo di volta in volta rivendicato e individuato come possibili percorsi e soluzioni. E certamente, come sostiene la Presidente Silvia Viviani, siamo ancora convinti che “semplicità, rigore e attualità” contenuti nella proposta di “riforma mancata” dell’INU possano consentire un percorso razionale e riformista, ma certamente a fianco di una attenta critica e analisi dell’esperienza condotta in questi ultimi venti anni dalle Regioni che hanno riformato (chi più chi meno) il proprio apparato legislativo, indispensabile per comprenderne i limiti, dobbiamo costruire un percorso di proposte, anche normative, amministrative e di progetti, che possano misurarsi con il nuovo quadro di risorse pubbliche limitate; con un possibile rapporto pubblico/privato che non può più trovare sostegno nella remunerazione della rendita immobiliare e neppure nella “vendita di territorio” per finanziare le opere; con la necessità di ridefinire cosa significa interesse pubblico nel processo di piano e come uscire dal binomio urbanistica/malaffare per ritrovare la ragioni del buon governo.
La certezza normativa, possibile con una legge di principi del governo del territorio che superi l’attuale babele urbanistica regionale, accompagnata da una norma che fermi il consumo di suolo e incentivi fiscalmente i processi di rigenerazione urbana, sono le premesse per aprire “Una nuova stagione di progetti”, come la chiama Silvia Viviani, incentrata sulla difesa del suolo e sul welfare urbano dando così alle città e ai Sindaci nuovi strumenti per affrontare i bisogni e gestire i conflitti.

Data di pubblicazione: 27 giugno 2015