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Le ultime alluvioni agiranno, finalmente, come campanello d’allarme?

Con le grandi alluvioni che hanno colpito in settembre l’Italia (in particolare l’Emilia Romagna e la Toscana) ma anche vaste aree dell’Europa continentale (Austria, Polonia, Romania e Repubblica Ceca) e insulare (Regno Unito), abbiamo assistito, ancora una volta, a drammatiche scene di persone e attività devastate e in rovina.
Sappiamo che le alluvioni sono uno dei molti rischi che sono ormai molto più probabili a causa del cambiamento climatico e che rappresentano solo l’ultima manifestazione di una vulnerabilità dei sistemi antropici sempre più evidente.
Vi è una inderogabile urgenza di affrontare questi fenomeni attraverso un’azione coordinata multilivello di cooperazione internazionale, che richiede la condivisione di una strategia globale, di collaborazioni, solidarietà e responsabilità.
Qualora qualcuno non se ne fosse accorto, siamo inequivocabilmente di fronte ad una sfida che non ha confini politici in quanto questi eventi sono chiaramente correlati all’aumento delle temperature e alla maggiore instabilità atmosferica che la Terra sta sperimentando a causa dei cambiamenti climatici. Per queste ragioni, tali fenomeni non possono più essere gestiti con strumenti tradizionali e senza una visione condivisa a livello internazionale e le azioni da mettere in campo richiedono un profilo non solo pragmatico e concreto ma soprattutto devono essere significativamente efficaci per avere un impatto reale nella mitigazione del cambiamento climatico e per proteggere le generazioni attuali e future.
Eppure, si ha la sensazione che i governi nazionali riescano a farsi trovare impreparati, mancando l’obbiettivo di prendere misure decisive per affrontare gli ormai noti rischi climatico-ambientali e aspettando eventi di crisi estrema per stanziare le necessarie risorse economiche e impegnarsi ad agire.
Così agendo perdono l’opportunità di aumentare la resilienza dei territori attraverso azioni che possano ridurre gli effetti negativi quando si verificano eventi di crisi e, aspetto fondamentale, perdono l’occasione per portare benefici molto più ampi, in grado di generare esternalità positive al fine di ridurre le disuguaglianze spaziali socio-sanitarie.
Infatti, la crisi climatica globale agisce su diversi fronti dell’organizzazione delle società.
L’aumento delle temperature è solo uno degli effetti che possiamo osservare che ha portato a un aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi, come ondate di calore, siccità, alluvioni e tempeste. Nel 2023, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO 2023) riferisce che il numero di disastri naturali legati al clima è raddoppiato negli ultimi vent’anni. Le temperature estreme hanno avuto impatti devastanti su molti paesi: nel 2022, ondate di calore in Europa hanno causato decine di migliaia di morti, mentre in Pakistan le inondazioni hanno sommerso un terzo del paese, con gravi conseguenze umanitarie. Oltre agli eventi estremi, l’innalzamento del livello del mare sta minacciando milioni di persone che vivono in aree costiere. Secondo le stime del National Oceanic and Atmospheric Administration (Sweet et al. 2022), il livello del mare potrebbe aumentare di circa 0,3-1 metro entro la fine del secolo, con conseguenze catastrofiche per le città costiere e gli ecosistemi marini.
Ma la crisi climatica ha profonde ripercussioni anche sui mercati internazionali. Le perdite economiche dovute ai disastri naturali sono in aumento, con un costo globale stimato in circa 200 miliardi di dollari all’anno negli ultimi dieci anni (Munich Re’s 2021). I settori più colpiti includono l’agricoltura, il turismo, la pesca e l’energia. Le regioni più vulnerabili, come l’Africa subsahariana e il sud-est asiatico, affrontano le maggiori difficoltà, con milioni di persone a rischio di insicurezza alimentare, migrazioni forzate e conflitti geo-politici per l’accesso alle risorse naturali.
Per non parlare dell’impatto sugli ecosistemi. è ampiamente documentato quanto il cambiamento climatico stia anche provocando danni irreversibili agli ecosistemi terrestri e marini. La perdita di biodiversità è accelerata, con specie che non riescono a migrare o adattarsi ai nuovi climi. Gli oceani, che assorbono circa il 90% del calore in eccesso prodotto dal cambiamento climatico, stanno subendo fenomeni di acidificazione e deossigenazione, minacciando barriere coralline e catene alimentari marine.

Crisi climatica e pianificazione

La crisi climatica mondiale rappresenta una delle sfide più urgenti e complesse del XXI secolo: si tratta di una condizione ed una realtà di fronte alla quale non possiamo più chiudere gli occhi. Già nel 2021, il Rapporto IPCC, evidenziava che le attività umane hanno determinato l’aumento della temperatura media globale di circa 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali, avvicinandoci pericolosamente
alla soglia critica di 1,5°C indicata dall’Accordo di Parigi del 2015.
Mentre le cause del cambiamento climatico sono ben documentate, la questione di come affrontarlo in modo efficace è ancora oggetto di dibattito a livello internazionale.
In questo contesto, la pianificazione territoriale e urbana assume un ruolo centrale, poiché può influenzare direttamente la resilienza di città, territori e comunità attivando una diversa organizzazione e gestione delle risorse naturali – oltre che delle attività antropiche –, e supportando la transizione verso economie a basse emissioni di carbonio.
I principali fronti d’azione della pianificazione, a tutti i livelli, sono la mitigazione, ovvero la riduzione delle emissioni di gas serra, e l’adattamento, ovvero la capacità di affrontare gli impatti già inevitabili del cambiamento climatico.
La mitigazione comprende interventi come la promozione di infrastrutture sostenibili, la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili e la gestione efficiente delle risorse naturali. Ad esempio, le città possono ridurre le emissioni attraverso il rafforzamento quali-quantitativo del trasporto pubblico, la promozione della mobilità sostenibile, l’efficientamento degli edifici verso modelli a ‘energia zero’ e l’implementazione di sistemi di gestione circolare dei rifiuti.
L’adattamento è altrettanto cruciale e implica la progettazione di spazi urbani in grado di resistere a eventi climatici estremi: se l’uso di soluzioni basate sulla natura, come la creazione di parchi e zone urbane drenanti per assorbire le acque piovane, appare come una delle azioni più efficaci e sostenibili per ridurre il rischio di inondazioni, altresì esse chiamano in campo la responsabilità della pianificazione quale telaio di riferimento generale entro cui integrare e collocare con coerenza le diverse iniziative e azioni. In particolare attenzione va posta nell’attivazione di una pianificazione e progettazione di reti e telai verdi, finalizzate a creare spazi urbani (come parchi, giardini e aree sportivo-ricreative, tetti verdi) che migliorano la qualità dell’aria, riducono il fenomeno delle isole di calore e aumentano la capacità di assorbimento delle acque meteoriche.
Nonostante i progressi che si possono apprezzare in alcune esperienze, esistono ancora numerose difficoltà che ostacolano una pianificazione climatica efficace. Una delle principali è la mancanza di fondi per finanziare progetti di adattamento su larga scala, specialmente nei paesi in via di sviluppo.
Secondo il Global Climate Finance Report del 2022, l’attuale flusso di finanziamenti per il clima è ben al di sotto di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi su scala mondiale (Climate Policy Initiative 2022). L’Agenzia europea per l’ambiente (EEA 2023) ha calcolato un indicatore per stimare le perdite economiche legate a eventi climatici estremi: nel 2022, nell’Unione europea si sono verificati danni per 52,3 miliardi di euro di danni (le perdite più costose tra 1980 e 2022 si sono registrate in Slovenia per un importo pari a 3.245 euro pro capite).
In aggiunta. Un ulteriore aspetto fondamentale da considerare per affrontare le sfide del cambiamento climatico riguarda la partecipazione delle comunità locali nei processi di pianificazione e programmazione. Un approccio partecipativo si pone l’obiettivo di dare voce alle diverse componenti della popolazione e in particolare alle categorie meno rappresentate e più vulnerabili, assicurando che le loro preoccupazioni, istanze e bisogni siano considerati nella definizione delle agende d’azione. Questo non solo rafforza la giustizia socio-spaziale, ma promuove anche la conoscenza e la consapevolezza dei rischi, promuovendo una cultura della prevenzione.

Dobbiamo aspettare un ulteriore disastro per ottenere una risposta adeguata?

La crisi climatica globale richiede un’azione urgente e coordinata a livello internazionale, nazionale e locale: la pianificazione territoriale e urbana può e deve svolgere un ruolo di primo piano in questa lotta, promuovendo l’adattamento e la resilienza attraverso soluzioni innovative, integrate e sostenibili.
Tuttavia, per garantire il successo delle strategie di adattamento, è fondamentale innovare il quadro legislativo di riferimento per l’indispensabile coordinamento delle iniziative di programmazione e pianificazione nazionale e regionali.
è noto che nel 1966, i grandi eventi distruttivi (frana di Agrigento e alluvioni di Firenze e Venezia), conseguenti a periodi di sfruttamento incontrollato del territorio, generarono nella società e nella politica reazioni proattive: l’enorme risonanza sulla stampa e sull’opinione pubblica della frana di Agrigento consentirono all’allora ministro Giacomo Mancini di cogliere la circostanza per riprendere, con inconsueta determinazione, il tema (proibito dal governo allora in carica) della riforma della Legge urbanistica 1150/1942.
Oggi è arrivato il momento di dare finalmente attuazione non più alla (mai realizzata!) riforma urbanistica ma al dettato costituzionale innovato nel 2001 e di legiferare a livello nazionale in materia di principi per il governo del territorio rispetto ai quali definire coerenti leggi di disciplina regionale adeguate alle sfide imposte anche dai cambiamenti climatici.
Se affrontata in modo proattivo, la crisi climatica può trasformarsi in un’opportunità per ripensare i paradigmi dello sviluppo urbano, creando città più sostenibili, vivibili e resilienti, con benefici per la collettività.
La pianificazione, opportunamente innovata, ha le caratteristiche per svolgere un ruolo centrale in questo processo.

Riferimenti

IPCC - Intergovernmental Panel on Climate Change (2021), Climate Change 2021: The Physical Science Basis https://report.ipcc.ch/ar6/wg1/IPCC... https://report.ipcc.ch/ar6/wg1/IPCC....
Munich Re’s (2021), NatCatSERVICE: Natural catastrophe losses worldwide https://www.munichre.com/en/solutio... https://www.munichre.com/en/solutio....
Sweet W. V., Hamlington B. D., Kopp R. E., Weaver C., Barnard P. L. et al. (2022), Global and Regional Sea Level Rise Scenarios for the United States, NOAA Technical Report NOS 01 [https://oceanservice.noaa.gov/hazards/sealevelrise/noaa-nostechrpt01-global-regional-SLR-scenarios-US.pdf https://oceanservice.noaa.gov/hazar....
WMO - World Meteorological Organization (2023), State of the Global Climate 2023 https://library.wmo.int/records/ite... https://library.wmo.int/records/ite....

Data di pubblicazione: 20 ottobre 2024