Urbanistica INFORMAZIONI

Le competenze e i saperi dell’urbanista tra vecchie e nuove sfide

Tra le molte conseguenze, in gran parte ‘preterintenzionali’, che sono state determinate dalla riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001, vi è molto probabilmente anche quella di aver modificato in profondità il ruolo e le competenze dell’urbanistica, trasferendoli al dominio ben più vasto, ma sovente inesplorato, del governo del territorio.

Soprattutto se teniamo conto di questa notevole estensione del campo di applicazione delle discipline che concorrono allo studio e alla trasformazione dei sistemi territoriali e insediativi, non possiamo fare a meno di sottolineare che il ‘mestiere’ degli urbanisti ha registrato in quest’ultima fase cambiamenti particolarmente significativi. Che sono riconducibili sicuramente al notevole incremento dei saperi e delle conoscenze tecniche che si rendono necessari proprio a causa della accezione polimorfa e “onnipotente” acquisita dalla nozione di governo del territorio (Mantini 2015). Ma che risiedono al tempo stesso nella progressiva perdita di centralità che il progettista ha registrato all’interno dei processi e delle procedure tecnico-amministrative a seguito della attribuzione al responsabile unico di procedimento (il Rup) di compiti e responsabilità fondamentali nella programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione di quegli interventi di trasformazione urbana che prima gli venivano riconosciuti.

E se tale complessa materia è ancora in cerca di una soddisfacente definizione ad oltre vent’anni dalla revisione del testo costituzionale, questa apparente inerzia trova un’ulteriore motivazione nella difficoltà di superare l’indeterminatezza implicita nella applicazione del principio di disciplina concorrente al governo del territorio, che ha fatto sì che lo Stato e le Regioni competessero sovente nell’esercizio della potestà legislativa.

A fronte del continuo incremento delle questioni che sono ancora in cerca di definizione – dal contenimento del consumo di suolo alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, o dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili alla esplicitazione delle funzioni assegnate a comuni, province e Città metropolitane – la storia infinita della riforma urbanistica si è dunque caratterizzata, negli ultimi decenni, per la presentazione di numerosi disegni di legge, sovente anche con il contributo dell’Inu, ma nessuno dei quali è riuscito finora ad andare in porto.

Nella consapevolezza dell’urgenza di una nuova legge per il governo del territorio, l’Istituto ha deciso di concentrare la propria riflessione, da qui al XXXI Congresso di novembre, sulla proposta di un articolato, agile ma risolutivo, che consenta di rendere più solida e coerente la legislazione regionale, di aggiornare la forma del piano attraverso un soddisfacente bilanciamento dei contenuti regolativi e di quelli strategici, di contrastare in tutto il territorio nazionale la dissipazione del territorio ed infine di promuovere un diffuso ricorso agli strumenti della rigenerazione urbana.

Conviene a questo punto ricordare che l’innovazione del processo di pianificazione non può essere affidata solamente all’approvazione, pur determinante, di una legge di principi sul governo del territorio. Laddove il processo di riforma non potrà fare a meno di puntare, come abbiamo detto in apertura, non solo sulla revisione dei contenuti normativi della pianificazione, ma anche sull’ampliamento e l’aggiornamento delle competenze dell’urbanista, è necessario affiancare alla proposta di un nuovo articolato normativo una iniziativa culturale che contribuisca a irrobustire il profilo tecnico-scientifico e operativo del planner. Tale azione si rende necessaria ora che questa figura professionale è chiamata a rinunciare sempre più spesso ai contenuti autoriali del progetto urbanistico, e a proporre in cambio un più ampio ventaglio di conoscenze e di specializzazioni, con cui partecipare con autorevolezza alla elaborazione di strumenti di pianificazione a carattere interdisciplinare.

In questa progressiva transizione da un milieu professionale caratterizzato dalla piena identificazione dell’urbanista con il piano a cui sta lavorando, ad un contesto nel quale tendono viceversa a prevalere i rapporti di consulenza ‘a termine’ erogati a favore di una vasta area di committenza, si assiste in molti casi alla perdita di visibilità e di responsabilità dell’urbanista nella nuova mappa del potere amministrativo, e di conseguenza al manifestarsi di una lunga serie di criticità, che impediscono al processo di pianificazione di apparire convincente e realizzabile, e al progettista di mantenere inalterata la capacità di identificarsi con il destino di una comunità e di un territorio con i quali è entrato in contatto (Talia 2017).

A seguito della affermazione di questo nuovo paradigma, accade sovente che il grande disegno riformatore che aveva ispirato le principali iniziative dei maestri dell’urbanistica si scomponga nei molteplici rivoli di una revisione normativa permanente, in cui la stessa separazione – nel processo di pianificazione – tra direzione politica e azione tecnico-amministrativa rischia di offuscare le responsabilità che venivano tradizionalmente assegnate al planner, e a comportare l’abdicazione – da parte delle istituzioni rappresentative – al compito di fornire chiari indirizzi di governo.

Nella prospettiva indicata la necessità di ricondurre la pianificazione al riconoscimento di principi etici ampiamente condivisi sembra dunque ritornato attuale, e con essa la possibilità che la riscoperta di queste importanti risorse valoriali sia in grado di saldarsi efficacemente con una specifica e rinnovata abilità nel declinare con sapienza il bagaglio metodologico ed esperenziale dell’urbanista (Talia 2018). Perseguendo contemporaneamente le doti della lungimiranza e della passione civile da un lato, e quelle del rigore e della competenza tecnica dall’altro, è giunto il momento di ridare smalto e concretezza all’idea, cara all’urbanistica moderna, che l’interesse generale sia riconoscibile e concretamente perseguibile, e che si riesca a individuare una sorta di “verità pubblica” (Secchi 2015) in grado di ispirare i principali orientamenti strategici del piano.

L’apertura di un nuovo campo di collaborazione con le istituzioni formative e il mondo della ricerca

La nuova mappa disegnata dalle nuove pratiche urbanistiche tende dunque a evidenziare cambiamenti assai rilevanti nella domanda di profili tecnico-amministrativi che l’Università non sembra ancora in grado di registrare, e tanto meno di soddisfare. In considerazione del progressivo declino dei corsi di laurea in pianificazione, e della difficoltà di assicurare la riconoscibilità dell’urbanistica nelle strutture dipartimentali, nel manifesto degli studi e nelle scuole di dottorato, si apre un nuovo spazio di collaborazione tra le istituzioni della formazione superiore e il mondo complesso e variegato dell’associazionismo e degli ordini professionali, tanto che l’Inu può intestarsi un’azione di supplenza non richiesta, ma essenziale, al fine di ricondurre l’urbanistica al centro del dibattito pubblico, e di richiamare la straordinaria attitudine della nostra disciplina a ispirare in egual misura competenza e passione civile.

In vista dell’apertura di questo nuovo campo di collaborazione è dunque necessario fare in modo che l’atteggiamento rinunciatario espresso negli ultimi anni dal mondo accademico non costringa il planner a perdere il contatto con la realtà da governare. Si tratta in primo luogo di contrastare la tendenza ad un marcato indebolimento della tensione emotiva che ha lungamente caratterizzato la formazione delle decisioni in urbanistica, e al tempo stesso di impedire che da questa de-responsabilizzazione discenda la rinuncia ad esercitare compiti fondamentali di orientamento e di sintesi nei confronti del governo del territorio.

All’attività di riflessione e di indirizzo svolta tradizionalmente dalle nostre Riviste e dalle giornate di studio aperte alla comunità scientifica (la prossima si svolgerà a Napoli il 16 dicembre 2022), l’Inu ha recentemente associato la collaborazione con importanti istituzioni pubbliche – in primo luogo il CNR e l’Aics – nello svolgimento di alcuni importanti progetti di ricerca, che confidiamo ci potranno consentire, ad esempio, di approfondire l’impatto delle nuove tecnologie dell’informazione sull’ampliamento dei quadri conoscitivi, e sulla costruzione di scenari finalizzati alla innovazione dei processi decisionali in urbanistica.

Grazie a questa attività di collaborazione e di sperimentazione, l’Inu avrà la possibilità di affiancare nei prossimi mesi le iniziative assunte nel campo della riforma urbanistica allo sviluppo di nuove metodologie con cui supportare la pubblica amministrazione nella assunzione di scelte determinanti per il futuro delle nostre comunità urbane.

Coerentemente con i risultati di questa attività di ricerca, l’adozione di un approccio riformista in materia urbanistica potrà giovarsi non solamente degli auspicabili progressi compiuti nella predisposizione di una nuova legge di principi sul governo del territorio, ma anche dei significativi avanzamenti maturati grazie all’impiego degli apparati digitali dell’informazione relativamente al ricorso all’Urban Intelligence, e alla possibilità di accrescere il grado di trasparenza, di consapevolezza, di collaborazione ed efficacia del lavoro urbanistico.

Riferimenti

Mantini P. (2015), “Principi e politiche del governo del territorio nella prospettiva della riforma costituzionale”, Il nuovo diritto amministrativo, vol. 4, p. 6-24.

Secchi B. (2015), “Note al testo di Pizzorno”, in A. Pizzorno, P. L. Crosta, B. Secchi (a cura di), Competenza e rappresentanza, Donzelli, Roma, p. 44.

Talia M. (2017), “Una rivoluzione silenziosa è alle porte”, Urbanistica, no. 157, p. 8-13.

Talia M. (2018), “Storia, passione, competenza: tre parole guida per una nuova stagione urbanistica”, Urbanistica, no. 161, p. 20.

Data di pubblicazione: 23 maggio 2022