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Le città tra bilanci energetici e valorizzazione dei patrimoni umani, sociali e culturali

Le note che seguono riguardano alcune riflessioni relative alle tematiche di valorizzazione dei patrimoni umani, sociali e culturali che possono e devono caratterizzare le discipline pianificatorie proponendo una visione integrata delle questioni ormai non più eludibile.
Negli ultimi 50 anni il paesaggio urbano ha subito un’espansione accelerata che non ha previsto un’attenta valutazione per quella che è la “vocazionalità del suolo”. Lo sviluppo delle superfici impermeabilizzate è largamente attribuibile a strategie di pianificazione territoriale che non hanno tenuto in considerazione la perdita irreversibile del suolo, gli effetti ambientali collegati, la qualità della risorsa sacrificata e l’esistenza di strumenti capaci di valutarla.
Il risultato della diffusa competizione tra i diversi usi del suolo ha generato impatti ambientali quali la progressiva perdita di terreni fertili e/o di forte valenza naturalistica, il rischio di inquinamento sempre più diffuso, l’interruzione di corridoi naturali di comunicazione e di migrazione, la compromissione degli originari habitat e biotopi naturali o semi-naturali. In molte aree dell’Europa e dell’Italia il suolo è soggetto a processi degradativi gravi e talvolta irreversibili, che sono il risultato della domanda crescente e, spesso, poco sostenibile da parte di quasi tutti i settori economici, della concentrazione della popolazione e delle attività in aree localizzate, dell’impatto dei cambiamenti climatici e delle variazioni di uso del suolo.
L’evoluzione delle principali dinamiche di cambiamento di copertura ed uso del suolo sul territorio nazionale, soprattutto nell’ultimo ventennio, evidenzia una progressiva diminuzione della superficie destinata ad aree agricole, spesso particolarmente fertili, a favore di aree artificiali e di territori boscati ed ambienti semi-naturali.
In particolare, i territori boscati e gli ambienti naturali o semi-naturali hanno conquistato quasi 60.000 ettari, mentre le aree agricole sono diminuite di oltre 140.000 ettari di cui circa 80.000 ettari sono stati “artificializzati” a favore di nuove aree residenziali, industriali e commerciali nonché di servizi, aree estrattive, strade, ferrovie, ecc.
La crisi finanziaria ed economica globale di cui siamo ormai tutti consapevoli, si aggiunge, aggravandole, alle numerose crisi che interessano l’intero ecosistema e minacciano in modo reale i livelli di progresso raggiunti ma anche la qualità complessiva del sistema ambientale. In particolare la crisi finanziaria aggrava gli effetti in quei settori delle attività dell’uomo direttamente dipendenti dalla produttività e dalla capacità di resilienza dei servizi ecosistemici e del capitale naturale, producendo effetti addirittura perversi in particolare nei Paesi in deficit di sviluppo.
Nel caso dell’energia, garantire allo stesso tempo la sicurezza delle fonti di approvvigionamento, la copertura della domanda e l’accesso all’energia, insieme a coerenti e responsabili politiche e misure per invertire il fenomeno del riscaldamento globale, implica importanti investimenti sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, con la piena integrazione delle misure di mitigazione nelle politiche economiche dei paesi dell’area OCSE e di adattamento negli investimenti di aiuto allo sviluppo.
Nonostante le difficoltà che derivano dalla crisi economica, la più grave da molti decenni, la comunità internazionale non può nascondere o rimandare gli impegni dichiarati e deve continuare a sostenere gli sforzi fatti finora e anche ad aumentarli.
Le minacciose sfide globali che ci troviamo di fronte offrono alla comunità internazionale l’opportunità di impegnarsi e unire gli sforzi di tutti per raggiungere gli obiettivi di sviluppo già adottati utilizzando lo sviluppo sostenibile come un motore da tutti condiviso.
Per assicurare un’efficace inversione di tendenza, le azioni, gli impegni devono concentrarsi su un modello di crescita e di sviluppo caratterizzato da sostenibilità nel lungo periodo. Bisogna assolutamente evitare il pericolo di permettere che la crisi finanziaria mondiale fermi il processo di costruzione di un’economia a basso contenuto di carbonio, mettendo in risalto l’opportunità costituita dallo sviluppo dell’innovazione e della tecnologia ambientale per creare posti di lavoro e valore aggiunto.
Investire appena il 2% del valore di mercato di tutti i beni e servizi del mondo in 10 settori chiave potrebbe avviare una transizione verso la riduzione delle emissioni e l’uso efficiente delle risorse. È questo il messaggio del Programma ambientale delle Nazioni Unite .
I dieci settori identificati come chiave per l’economia ecologica globale sono: fornitura di energia agricoltura, edilizia, pesca, foreste, industria che comprende l’efficienza energetica, turismo, trasporti, gestione dei rifiuti e gestione dell’acqua. Di questi ben sette settori un aspetto della nostra contemporaneità che in sintesi amiamo definire “città”.
Le città diventano quindi il nocciolo della questione. Le città però non rappresentano solo un’alta concentrazione di problemi. Esse sono anche il simbolo dei sogni, delle aspirazioni e delle speranze della società. La gestione del patrimonio umano, sociale, culturale e intellettuale è perciò altrettanto importante quanto la gestione del loro patrimonio fisico.
L’attuale crisi ambientale ed energetica e la conseguente necessità di ridurre gli impatti ambientali impone un nuovo approccio culturale orientato al controllo della domanda energetica e della qualità ambientale attraverso strategie di sviluppo che portino alla costruzione e alla gestione consapevole di eco città. La pianificazione urbana deve essere più che un mero esercizio tecnico per diventare un’azione cosciente di valorizzazione dei diversi patrimoni della città, fisici e non fisici. L’evidenza dimostra che la forma e la densità degli insediamenti urbani influenzano fortemente il consumo energetico a livello della città e riducono le emissioni pro capite di carbonio. Il consumo di energia è in costante aumento nelle città e ad oggi, a livello europeo, tale consumo è responsabile di oltre il 50% delle emissioni di gas serra causate, direttamente o indirettamente, dall’uso dell’energia da parte dell’uomo. La pianificazione territoriale può contribuire ad affrontare i cambiamenti climatici e, così facendo, contribuire alla sostenibilità globale.
Se la questione ambientale si pone come prioritaria nella società contemporanea, l’attuazione di politiche volte a favorire uno sviluppo sostenibile diventa sempre più necessaria. Al fine di contenere fortemente i consumi energetici ed i livelli d’inquinamento di aria ed acqua e di limitare lo spreco di suolo, è opportuno che il sistema delle regole, a tutti i livelli di governo del territorio, sia complessivamente ristrutturato.
La riduzione delle emissioni e delle concentrazioni di sostanze inquinanti è vantaggiosa sia all’ambiente sia alla salute umana. La tutela dell’ambiente favorisce il miglioramento della qualità della vita. La riduzione dell’uso delle risorse ambientali e la mitigazione dell’inquinamento sono alcune delle principali strategie da seguire per migliorare la qualità urbana.
Nella lotta contro i cambiamenti climatici, l’impegno dell’UE si concentra soprattutto sulla riduzione dei consumi e lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili.
I passi che l’UE sta sviluppando per operare una decarbonizzazione efficace dal punto di vista dei costi e per ridurre i gas ad effetto serra, tenendo conto della competitività industriale e della massimizzazione dei benefici economici, tra cui l’innovazione, la crescita e l’occupazione. Il rapido sviluppo del “Quadro 2030” dell’Unione europea in materia di clima ed energia, indispensabile al fine di garantire la continuità delle politiche climatiche ed energetiche dell’UE, nonché per assicurare il necessario grado di stabilità e prevedibilità per gli operatori economici. In questo contesto, le fonti energetiche rinnovabili (tradizionali e innovative) e l’efficienza energetica continueranno a essere vitali per porre le nostre economie su una traiettoria a bassa emissione di CO2, e rimanendo quindi al centro dell’azione dell’UE.
La sostenibilità, in generale, fa ormai parte della natura delle cose, introdurla come criterio base per un buon governo del territorio, fa sì che dalla scelta degli obiettivi, alla valutazione delle risorse fino alla definizione degli interventi, occorra ricercare nuove coerenze interne e compatibilità ambientali di scala superiore tese a determinare un diverso giudizio di valore sul territorio.
Per la riduzione delle emissioni di CO2 le realtà locali (provincie, comuni e città) svolgono un ruolo fondamentale. La mobilità locale, gli standard energetici e l’infrastruttura per il riscaldamento degli edifici e la realizzazione di centrali per la produzione di energia da fonti rinnovabili dipendono direttamente da decisioni prese a livello locale.
In base a tali presupposti si rende necessario pervenire alla soluzione di alcune questioni che riguardano:
- Quanta CO2 è riconducibile alle attività svolte nella città e quali sono le fonti di emissione principali?
- Persiste la possibilità di ridurre le emissioni? Quali sono gli interventi necessari e quali i campi d’azione?
- È possibile raggiungere, nel lungo periodo, i limiti di emissione consigliati dall’Intergovernmental Panel for Climate Change (IPCC)?
Tuttavia, con il nuovo sistema pianificatorio introdotto ormai in modo diffuso nel nostro Paese, si passa, da un sistema di pianificazione rigido legato alla mera applicazione di strumenti prevalentemente zonizzativi ad un altro sistema in cui occorre definire le cosiddette invarianti territoriali ed occorre individuare con maggiore chiarezza le variabili strategiche. Prendono corpo, di conseguenza, in maniera dialettica, inedite relazioni conoscitive e valutative per la costruzione del piano di cui a priori non possono essere definiti del tutto i caratteri.
Si tratta di aprire da subito uno spazio di ricerca territoriale sia di progetto che di gestione che potrà essere percorso solo con gradualità attraverso operazioni differenti che tengano conto delle situazioni di contesto. Le azioni di mitigazione e adattamento hanno obiettivi convergenti. Nelle aree urbane spesso sono coincidenti. La loro integrazione ne aumenta l’efficacia locale e globale.
Questo si traduce in un’efficace azione finalizzata a mettere in campo buone pratiche e nuove regole per costruire città meno energivore, per sostenere una nuova prassi della pianificazione e della progettazione, il che comporta in via prioritaria assumere una strategia tematica integrata nei piani urbanistici strutturali e in quelli operativi provinciali e comunali.
Nuove metodologie ed approcci disciplinari si affacciano nel panorama scientifico. Riconoscendo che lo spazio urbanizzato è determinato dall’interazione di sistemi economici, ecologici e sociali, il Landscape Urbanism (Waldheim 2006), propone un processo di pianificazione dinamica in cui gli spazi aperti ed i sistemi naturali diventino l’elemento importante del progetto, l’interazione tra sistema naturale e sistema costruito diventa la base per definire la forma del territorio.
Questo nuovo approccio al progetto urbano, sviluppato poi nel concetto di Ecological Urbanism (Mostafavi), può essere una opportunità per intervenire su un territorio, come quello italiano, compromesso da decenni di crescita incontrollata delle aree urbane e da un inconsapevole saccheggio delle risorse ambientali.
Agire sugli aspetti strutturali dei sistemi urbani, da adeguare al climate change significa non solo riqualificazione edilizia, ma efficienza energetica delle città: il bilancio energetico d’insediamento. Molti degli interventi hanno tempi medi di realizzazione brevi. Investire nella riqualificazione energetica delle città significa promuovere investimenti in settori a rapida attivazione e diffusione; aiuta la crescita di settori industriali ad elevata innovazione tecnologica; riorienta i consumi finali. Ma non solo, una politica meno energivora per le città, che operano per l’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni, favorisce la sicurezza e la salute dei cittadini, per un migliore clima sociale .
In tale quadro la qualità della vita assume un carattere fondamentale per innescare processi di sviluppo. E qualità della vita significa sicuramente trovare sistematicamente soluzioni per la qualità ambientale (traffico; inquinamento aria, acqua, suoli; parchi e verde, ecc., ma anche telelavoro ed e. govenment), per la qualità dell’istruzione (strumento fondamentale per mantenere la qualità “obiettivo” una volta ottenuta) per la qualità sociale (il fenomeno della casa e dell’immigrazione, come dell’abusivismo immobiliare, fiscale, trasportistico, ecc.), per la qualità della sicurezza dei cittadini, per la qualità del lavoro (in termini di sicurezza, salute, ambiente, ecc.), per la qualità della salute, per la qualità organizzativa, per finire alla qualità dello sviluppo prescelto.
Un miglioramento della qualità della vita complessivo come su descritto determinerebbe inoltre un migliore posizionamento del territorio nella competitività complessiva invogliando maggiori investimenti, determinando attrazione turistica e residenziale.

Data di pubblicazione: 23 ottobre 2015