Urbanistica INFORMAZIONI

La complessa parabola del PNRR e il suo impatto sul governo del territorio

Giunti ormai al termine di un’estate molto nervosa e preoccupata, in cui l’ansia per lo stato dell’ambiente e per gli effetti del cambiamento climatico si è sommata all’inquietudine dettata dal peggioramento delle previsioni degli esperti sull’andamento della nostra economia, abbiamo cominciato ad interrogarci sulla necessità di aggiornare gli scenari tendenziali che avevamo messo a punto solo pochi mesi prima.
L’esigenza di una più complessa revisione è resa più urgente dall’annuncio, pubblicato nel mese di agosto, di una imminente e consistente rimodulazione del PNRR, e dal conseguente sospetto che anche questa stagione, pur così promettente, finirà per tradursi in una sequenza di occasioni mancate. Come abbiamo già avuto modo di segnalare su questa stessa Rivista, esiste infatti il timore che le aspettative dettate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza possano scontrarsi con la sostanziale incapacità di affrontare con successo quella drammatica lotta contro il tempo che ci viene sollecitata dal rispetto delle regole europee, e che ci consentirebbe al contrario di cambiare in profondità il funzionamento delle nostre istituzioni, di attenuare i principali squilibri socio-economici e territoriali del nostro Paese e, non ultimo, di esaltare il ruolo e il prestigio della disciplina urbanistica che viene praticata (Talia 2021).
Naturalmente le preoccupazioni riguardanti il futuro percorso attuativo del PNRR non sono una novità, e anche l’Inu ha sottolineato da tempo l’assenza, nell’intero processo realizzativo previsto dal Piano, di adeguanti strumenti per la messa a terra degli imponenti flussi finanziari che sono stati programmati per i prossimi anni. Ma ora che cominciano ad essere pubblicate le prime analisi approfondite sulla partecipazione dell’Italia al Next Generation EU, è sempre più evidente la tendenza del nostro Paese a procedere per linee settoriali, quasi mai in grado di interfacciarsi con i territori dove verranno realizzati gli investimenti. Ne consegue il pericolo, per i progetti finanziati, di non riuscire ad integrarsi con le politiche regionali e locali che fanno ricorso alle risorse ordinarie o ai fondi strutturali, e la tendenza perversa ad ignorare le potenzialità offerte dai processi di pianificazione già avviati, e a trascurare le risorse cognitive che si rendono disponibili nelle differenti realtà (Viesti 2023).
In assenza di una visione del Paese al futuro richiesta ripetutamente dai più autorevoli organismi nazionali e internazionali, tende peraltro a manifestarsi un preoccupante ritardo delle iniziative che avrebbero dovuto promuovere quella riforma della pubblica amministrazione che pure il PNRR definisce “abilitante”, e che dunque dovrebbe essere in grado di favorire in misura sostanziale il successo dell’intero progetto. In assenza di tali misure, le principali disfunzioni sembrano destinate a penalizzare in particolar modo la progettualità degli enti locali, che viene compromessa al tempo stesso da un preoccupante deficit di autonomia finanziaria e dal perdurare di pratiche neo-centralistiche nei confronti dello Stato, e nel rapporto tra regioni e comuni.
Conviene sottolineare che questo rafforzamento dell’apparato amministrativo alla scala locale, qualora verrà realizzato, non potrà farsi carico unicamente di una domanda di modernizzazione finora insoddisfatta. Esiste infatti un sostanziale gap della spesa pubblica tra l’Italia e il resto dell’Europa che va colmato, e che ha visto passare gli investimenti pubblici da oltre il 3% del Pil italiano nella prima decade del secolo fino a poco più del 2% nel 2016-2018, con una riduzione del capitale pubblico in valore assoluto che costituisce un evento sostanzialmente inedito e assai preoccupante (Anci 2022).
In questa prospettiva tutt’altro che incoraggiante, le amministrazioni comunali sembrano destinate a pagare il prezzo più gravoso, pur a prescindere dalla loro stessa dimensione, o dalla solidità delle strutture tecnico-amministrative che sono a loro disposizione. Anche se non possiamo certamente negare che tra Roma città capitale e un comune di poche centinaia di abitanti dell’Appennino esistono differenze particolarmente significative nelle condizioni di partenza e nella possibilità di intercettare nuove risorse finanziarie, è l’intera rete delle amministrazioni comunali a dover far fronte ad impegni assai rilevanti per quanto concerne dapprima la progettazione dei nuovi interventi, e poi una rapida realizzazione delle opere finanziate, e questo con organici largamente insufficienti sotto il profilo quantitativo e qualitativo (Viesti 2023).
La maxi rimodulazione del PNRR di cui si sta parlando in questi giorni, e che abbiamo citato in precedenza, offre una semplificazione particolarmente evidente di questa esposizione delle politiche degli enti locali ad un modello di programmazione che premia la fattibilità dei progetti finanziati anche a prescindere dalla capacità dei nuovi interventi di creare utili sinergie con le politiche pubbliche già promosse dalle amministrazioni. Si pensi ad esempio alla scure abbattutasi sull’anello ferroviario di Roma a proposito della realizzazione del lotto 2 “Vigna Clara-Tor di Quinto (a doppio binario)”, alla quale sono stati tolti 175 milioni di euro sui 262 disponibili dal quadro economico dell’opera, che se appare giustificato dalla impossibilità, allo stato attuale, di rispettare le scadenze del Piano di Ripresa e Resilienza, ovvero di affidare i lavori entro il 2023 ed aprire il nuovo tracciato a metà 2026, pone a repentaglio l’obiettivo della chiusura dell’anello ferroviario romano su cui si fondano – a partire dagli anni ‘80 del secolo scorso – le principali strategie urbanistiche per l’area romana che sono state messe a punto.
Ma il tema della distribuzione territoriale delle risorse finanziarie mobilitate dal PNRR non può limitarsi agli aggiornamenti, per quanto sostanziali, sulla realizzazione delle grandi opere infrastrutturali. Pur tenendo conto dell’importante decisione di allocare il 40% delle risorse del PNRR nel Mezzogiorno, vi è l’evidente pericolo che il Piano determini un aggravarsi e non il ridursi delle fratture territoriali italiane non solo tra il Nord e il Sud del Paese, ma anche tra le singole regioni e all’interno di queste ultime.
L’assenza di specifici criteri in grado di operare una redistribuzione delle risorse verso i territori in maggiore difficoltà non solo ci consente di dubitare che il problema dell’indebolimento operativo degli enti locali potrà essere superato entro breve tempo, ma ci fa sospettare che la realizzazione del PNRR non produrrà novità significative nemmeno nei livelli dei servizi effettivamente offerti a livello territoriale nell’ambito delle funzioni fondamentali assegnate alle regioni e agli enti locali (Gabriele e Marchionni 2023).
Ne consegue pertanto che il processo di attuazione dell’autonomia differenziata non ha ricevuto quella accelerazione che ci si aspettava dopo il varo del PNRR, soprattutto per quanto concerne la mancanza di una chiara definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e dei servizi che dovranno essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale.
Considerazioni di questo tipo non possono giungere inaspettate, se solo si considera che l’impulso impresso nel 2017 dalle richieste di autonomia delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna non ha ancora prodotto un modello di decentramento amministrativo che sia in grado di sciogliere i numerosi nodi incontrati lungo il percorso di attuazione dell’autonomia differenziata. Oltre al grande tema della perequazione in sede di redistribuzione del gettito fiscale, vi è la necessità di tener conto dell’obiettivo di assicurare una sostanziale coerenza tra le scelte di programmazione e i vincoli di bilancio del Paese, attribuendo finalmente al governo del territorio – e alla sua riforma – il compito di esaltare la ‘capacità’ delle istituzioni e delle comunità di realizzare il benessere e la crescita dei propri territori, intesi non solo come oggetto di politiche, ma anche come risorsa per lo sviluppo locale (Donolo 2015).

Riferimenti

Anci (2022), Gli investimenti per comuni e città nel PNRR, dossier, 10 giugno 2022.
Donolo C. (2015), Regioni come territori capaci: governo regionale e qualità dei territori, Treccani https://www.treccani.it/enciclopedi....
Gabriele G., Marchionni E. (2023), “Il regionalismo differenziato tra equilibri di bilancio e diritti civili e sociali”, Menabò di etica ed economia, no. 194.
Talia M. (2021), “I tempi dell’urbanistica (e quelli del PNRR)”, Urbanistica Informazioni, no. 292, p. 6-7.
Viesti G. (2023), Riuscirà il PNRR a rilanciare l’Italia?, Donzelli, Roma.

Data di pubblicazione: 24 settembre 2023